Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Boca do inferno

By 25 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Perché proprio il Portogallo?
Mi era stato offerto un ‘viaggio premio’ dopo il conseguimento della maturità.
Avevo sognato da sempre di visitare il Portogallo, senza nemmeno comprendere la ragione di quella scelta. Per questo non riuscii a dare una risposta esauriente ai genitori che me lo chiedevano.
Una terra che mi attraeva: il punto di partenza per varcare l’oceano; patria di navigatori; il nome Coimbra mi diceva qualcosa ‘ma cosa?-; c’era forse il fascino della non lontana Madera (ricordi di una canzone dei miei nonni: ‘con te una notte a Madera’); anche Fatima destava interesse. Desideravo conoscere la gente del Portogallo, forse sarei riuscito a comprendere ciò che loro chiamano ‘saudade’, la parola che Antonio Lopes Pires Nunes descrive come la soave malinconia che s’instaura nell’intimo ed &egrave, al tempo stesso, profondo dolore e dolce nostalgia, a volte appositamente procurata perché dà piacere, ed &egrave la caratteristica del popolo portoghese.
Vada per il Portogallo, quindi.
^^^
Lisboa, aeroporto Portela de Sacavem,a 7 chilometri dalla città.
Taxi per il VIP Hotel, in Rua Ferrao Lopez, al centro. Il nome &egrave altisonante, VIP, ma &egrave un albergo a tre stelle, con una cinquantina di camere, ed ha il vantaggio di essere al centro della città.
L’autista, che si sforza di mischiare portoghese a spagnolo, italiano’ saputo che vengo da Roma, mi dice che anche Lisboa &egrave distesa su sette colli’, ma che Roma non ha ‘O Tejo’ (il Tago) né si affaccia quasi sull’Atlantico.
Lisboha ha quattro linee di metrò’
Siamo all’Hotel. Accoglienza cordiale, col receptionist che parla italiano.
Bella camera, abbastanza ariosa, al quarto piano.
Scendo poco dopo, curioso nella Hall. C’&egrave un box, ancora chiuso. Il cartello avverte che si tratta di un’agenzia turistica. La hostess &egrave a disposizione dei clienti dalle 15 alle 17 e dalle 21 alle 23!
Su una parete una bella gigantografia del Ponte 25 aprile, unica arcata, lunga, che scavalca il Tago.
Chiedo dove poter mangiare: al ristorante dell’Hotel o, poco distante, alla ‘bacaleria’, dove si vantano di saper fare il baccalà (o’ bacalahau) in 1001 modi! Il baccalà &egrave quasi il piatto nazionale, comunque lo trovi dappertutto.
Per adesso mi contento di un tramezzino e di una spremuta di pompelmo.
Bighellono.
Alle 15 si apre il box del turismo, entra una ragazza. Piacevole, anzi bella, attraente, alta, polposetta ma non grassa, con lunghi capelli neri.
Entro, mi regala uno splendido sorriso. Allegro, cordiale. Mi fa segno di sedere. Volto ovale, carnagione scura. La targhetta che porta sul petto indica un nome: Ahmes.
‘Bom dia”
‘Buongiorno.’
Mi guarda fisso.
‘Italiano?’
‘Si, Italiano. Lei parla la mia lingua?’
‘Mia madre &egrave Italiana.’
‘Come mai quel nome’ Ahmes?’
‘E’ un nome egiziano. Ahmes era la moglie di Tutmosis I, il Faraone della XVIII dinastia’ mio padre &egrave Egiziano, ed &egrave nella marina mercantile. Io sono nata a Lisbona.’
‘Interessante una Italo-egiziana del Portogallo!’
Il suo sorriso fu ancora più smagliante.
Guardandola attentamente, ora, notavo qualcosa che faceva tornare la mente alle donne d’Egitto, il colore della pelle, le gote alte’
‘Posso esserle utile, signor?’
‘Mario, Mario Morini, ma’ mi chiami Mario!’
‘Grazie, Mario”
‘E diamoci il tu.’
‘D’accordo.’
Era logico che mi chiedesse il motivo per cui ero a Lisbona. Si interessò del mio desiderio di iscrivermi alla facoltà di chimica industriale, lei frequentava il secondo anno di storia dell’arte, veniva dalla scuola per il turismo, era abilitata ‘Guida-interprete’. Aveva quasi ventidue anni.
Stavamo scambiandoci confidenze, come vecchi amici.
Le dissi che volevo conoscere qualcosa di Lisbona ed anche di altre località.
Quella sera era libera, dopo le 21, mi propose di andare a fare un giretto per Lisbona notturna, avremmo assaggiato le leccornie della vecchia Coinfeitaria Nacional, in Rua do Correiro, che sin dal 1828 faceva i migliori dolci del Portogallo. Poi avremmo attraversato il Ponte 25 Avril, e saremmo andati a bere qualcosa in una piccola discoteca che frequentava lei.
Programma attraente, specie con una ragazza, che a quel che si vedeva, era molto bella.
Non dovevo preoccuparmi per l’auto, avremmo usata la sua utilitaria.
La serata fu veramente interessante e piacevole.
Ahmes mi presentò ai suoi amici. Simpatici come lei e molto socievoli.
Era una ragazza splendida, vestita in modo semplice ma tremendamente sexy. Le sue forme erano perfette, affascinanti.
Auto, ballo, pub.
Fummo vicini, molto vicini. Sentivo il suo tepore, il suo profumo. Ne ero attratto, eccitato.
Nell’accompagnarmi in Hotel, mi propose di andare col gruppo guidato da lei, in un giro di un paio di giorni: Fatima, Nazaré, Batalha, Alcoba’a’
Accettai.
Appuntamento alle otto del mattino.
^^^
Fu puntualissima. Ero l’unico del mio albergo a prendere parte a quel tour. Pullman nuovo, comodo, ben climatizzato.
Dei quaranta posti erano occupati una trentina.
Mi aveva riservato un posto accanto a lei, in prima fila. Dove era il microfono e il libro degli appunti.
Fu spontanea. Mi accolse col suo solito sorriso e con una bacio sulla guancia.
Contatto delizioso.
Gonnellina celeste, blusa bianca.
Bellissima.
Imboccammo la superstrada: attraversammo Santarém (da Santa Irmé, Irene) nella fertile Ribatejo (riva del Tago); poi Tomar, sulle rive del Nabao, ed infine Fatima, su un altopiano a 350 metri sul mare e distante 50 chilometri dall’Atlantico.
Ad attendere il gruppo era un sacerdote, che invitò tutti a seguirlo. Avrebbe parlato del santuario, delle apparizioni, l’avrebbe condotto a visitare la Basilica, il luogo dove i tre pastorelli avevo visto la Madonna.
Ahmes mi tirò da parte.
‘Se vuoi, ti parlo io di Fatima, sulla terrazza del caffé che sta qui vicino.’
Non potevo desiderare di meglio.
Disse che poi mi avrebbe fatto fare un rapido giro sui luoghi più interessanti.
Non per essere sacrilego, ma per me di veramente interessante c’era lei e i suoi’ luoghi!
Mi suggerì di consumare il pranzo per conto nostro, in un localino che conosceva lei, caratteristico e non coinvolto nel turbine turistico.
Prospettiva deliziosa.
La sera, aggiunse, saremmo giunti a Nazaré, all’Hotel Praia, nell’avenida Vieira Guimaraes, e l’indomani mattina avremmo potuto bagnarci nel mare, tra le bianche tende di stile medievale che erano in fila sulla spiaggia. (Per questo mi aveva suggerito di portare il costume da bagno).
Non attendevo che l’indomani, per ammirare lei, in costume!
^^^
La realtà fu superiore ad ogni attesa e ad ogni immaginazione.
Ahmes era una visione incantevole.
Quello che notavo, nel suo due pezzi che sembrava spruzzato su lei, era la forma del seno e del fondo schiena.
Due tettine, della giusta proporzione con corpo, perfettamente emisferiche; lo stesso per il culetto: una mezza anguria deliziosamente disegnata e posizionata.
‘Cosa hai da guardarmi così?’
‘Sono affascinato’.’
E le accennai, con garbo, allo splendore delle sue forme e alla particolarità che mi sembrava aver rilevato.
Sorrise.
Andammo a sedere all’ombra, di fronte alle onde dell’oceano che si frangevano sulla battigia.
‘Non devi meravigliarti. Io ho ereditato molto da mio padre, Egiziano. Hai visto le statue delle donne d’Egitto? Come &egrave riprodotto il loro seno? Il loro sedere? Gli scultori hanno rappresentato la realtà. Questa &egrave una caratteristica di alcune etnie nilote che noi riteniamo ‘superiori’.
‘Ma tu sei ‘superiore’, Ahmes, superiore e insuperabile.’
‘Grazie, sei galante!’
‘No, sincero.’
Eravamo su un telo, molto vicini, si voltò e mi sfiorò la guancia con un bacio. Fu spontaneo, irresistibile, abbracciarla, lambire le sue labbra con le mie, e le mani cercarono di constatare anche la compattezza del suo seno. Duro come la pietra.
Non si allontanò.
Rimanemmo così, guardando il mare.
^^^
Io ero incantato ed eccitato, ma dai suoi sguardi presumevo che non ero indifferente ad Ahmes. La sera ci abbracciammo e baciammo, appassionatamente, lungo il viale deserto che costeggiava il mare. Quando fummo in Hotel, dinanzi alla sua camera, la fissai significativamente, mi sorrise, mi sfiorò il volto con una carezza e le labbra con un bacio, scrollando lentamente la testa.
Si tornava a Lisboa.
Nel pomeriggio era in programma una gita lungo la costa: Cascais, e veduta della ‘Boca do inferno’, sulla costa, non lontano da quella cittadina. Una grotta naturale creata dall’incessante erosione delle potenti ondate dell’oceano sulla scogliera. L’acqua entra spumeggiando e rumoreggiando, ribolle impetuosamente in quella che &egrave chiamata anche la ‘caldaia del diavolo’. Chissà quante volte l’aveva visto e udito quello spettacolo, Ahmes, ma si aggrappò a me, e io la tenni stretta.
Eravamo al riparo dagli occhi degli altri turisti. Le sfiorai le labbra. Aveva uno sguardo strano, con bagliori splendenti.
‘A cosa pensi Ahmes?’
Le guance si infiammarono. Sorrise.
‘Boca do inferno, quando ero dalle suore, con quel termine designavamo’ dati i racconti scioccanti che ci facevano’ chiamavamo’ il nostro sesso’ il sesso femminile”
‘E chi era il diavolo?’
‘O diabo, il diavolo, era, di contro, il sesso maschile.’
La strinsi a me.
‘Naturale, Ahmes, naturale. Il diavolo &egrave nell’inferno che si trova a suo agio.’
Mi guardò maliziosamente.
‘Impertinente, descarado’sfacciato.’
Dovevamo tornare a Lisbona. La baciai e ci avviammo al bus.
Salimmo, contrariamente alle altre volte, che andavamo al sedile anteriore, accanto all’autista, ci rifuggiammo nell’ultima fila. Si limitò ad avvertire che stavamo rientrando, seguendo la litoranea, e che ci sarebbe stato tempo libero, fino alla cena, o jantar.
Le cinsi la vita, allungando la mano sulla bella tettina, e posi l’altra sul suo grembo.
Mi guardò stringendo le labbra.
Strinsi appena la mano, sentii i riccioli del suo pube.
‘Inferno encantador!’
Si irrigidì, sporse il bacino.
‘Seilà o qué o diabo, chissà che pensa il diavolo”
‘Espera tornar na seu reino’ spera di tornare nel suo regno.’
Ci baciammo.
Sapevamo tutti e due che il nostro incontro casuale non poteva finire lì.
Eravamo eccitati, i nostri sensi erano esaltati, sentivamo di desiderarci. Tanto. Ed &egrave naturale la conclusione di tale bramosia.
Ahmes mi disse di attenderla nella mia camera. Mancavano oltre due ore alla cena.
Ero talmente impaziente, ansioso, che, salendo in camera pensai che non sarebbe venuta.
E se fosse venuta, come mi dovevo far trovare? Cos’ com’ero? In pigiama? In vestaglia da camera? Già a letto?
Ebbi appena il tempo di rinfrescarmi e sentii grattare all’uscio.
Era lei. Splendente. E appena entrò si avvinghiò a me in un bacio impetuoso, appassionato. Le mie mani la cercavano, smaniose.
Fu un frenetico spogliarci reciprocamente. Ansiosamente.
Il letto era li.
Fu un insieme di baci, sempre più curiosi, golosi, di esplorarci.
Un corpo meraviglioso, scultoreo, quasi bronzeo. Forme e proporzioni irreali.
Ero su lei, e stavo entrando in lei, nel calore del suo inferno e il mio diavolo sbuffava, e l’inferno l’accoglieva come io suo signore, il re nel suo regno’
La perfetta sincronia dei nostri movimenti, pur nel nostro primo incontro, dimostrava che eravamo fatti uno per l’altro; anche il nostro piacere incalzava con lo stesso ritmo, fino a travolgerci deliziosamente, voluttuosamente. Sobbalzò, vibrò, con un sordo gemito, e giacque mentre il tepore del mio seme l’invadeva.
Ero su lei, e ancora in lei, sul morbido e accogliente suo seno. Le baciavo gli occhi, le labbra’
‘Cosa dici, querido, d’a boca do inferno?’
‘Che &egrave l’entrada do paraìso, del paradiso’ e tu do diabo? Del diavolo?’
‘O meu anjo da guarda’ il mio agelo custode”
^^^ ^^^ ^^^

Leave a Reply