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Brava la mia Cagna

By 9 Ottobre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Credevo che quello del clistere fosse un’usanza da praticare in solitaria. Non avrei mai pensato a quanto mi avrebbe sconvolto avere degli spettatori. Uno in particolare: il mio Padrone.
Era qualche tempo, infatti, che mi diceva che avrebbe voluto assistere, ma, ammetto la mia stoltezza, non lo avevo mai preso troppo sul serio. Nemmeno quel giorno, quando ancora una volta mi aveva ribadito che al prossimo clistere sarebbe stato presente. Fu divertito dalla mia faccia quando, rientrando a casa, lo trovai ad attendermi davanti al portone: un portone di quelli antichi, di legno, con il battente in ottone lucido.
– ‘Ce ne hai messo di tempo ad arrivare a casa, Cagna. Lo sai che il tempo del tuo Padrone &egrave prezioso’.
– ‘Non mi aspettavo di vederti, Padrone’. Ed ero sincera. I miei occhi, liquidi di emozione ed eccitazione, non riuscirono a trattenere il desiderio, finalmente appagato, di avere ancora il mio Padrone per me, per il mio corpo, per i miei gemiti, per il mio piacere. Perché il piacere di questa Cagna bastarda &egrave quello di far vibrare l’anima del suo Padrone.
– ‘Abbiamo un appuntamento, io e te, Cagna, te ne eri forse dimenticata?’ La sua voce, tagliente come una lama affilata, arrivò in profondità nelle viscere, facendomi tremare le gambe. Sapevo a cosa faceva riferimento, ero perfettamente consapevole di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, ma mai avrei pensato, immaginato, anche solo vagheggiato di quella sensazione così sconvolgente che, di lì a poco, avrei sperimentato.
Entrammo in casa. In silenzio. Solo il rumore dei miei tacchi e delle sue scarpe a farci compagnia. Mi prese per un braccio, obbligandomi a voltarmi, e mi baciò con una violenza quasi animalesca. La sua lingua si insinuò nella mia bocca senza che io potessi opporre resistenza alcuna: sentivo quella sensazione di calore bagnato che mi mandava in visibilio: il contatto delle nostre bocche, delle nostre lingue, delle nostre labbra aveva il potere di stravolgere totalmente i miei sensi, e d’improvviso l’universo non contava più nulla. Non so dire quanto quel bacio durò, ma lentamente il mio Padrone mi spinse verso il bagno. Aprì la porta e mi lasciò scivolare all’interno, girandomi, cosicch&egrave potessi guardare la mia immagine riflessa nello specchio. Le sue mani sul mio viso: ‘guarda la cagna che sei. Guarda i tuoi occhi e la tua bocca. Adesso urlerai, piangerai, ma ti farò sentire come non &egrave mai successo prima. Adesso stenditi a terra. Sarà mia cura preparare il clistere che sarò direttamente io a inserire nel tuo culo di cagna’.
Sbarrai gli occhi, ma allo stesso tempo sentii montare fra le cosce un’eccitazione sconosciuta. Desideravo che il mio Padrone facesse di me ciò che nella sua mente aveva già progettato nei più piccoli dettagli. Appoggiò le sue mani forti e decise sulle mie spalle, obbligandomi così a inginocchiarmi.
– ‘Sdraiati, cagna. Voglio vedere il tuo bel culetto per aria’. Così feci, senza fiatare, senza opporre resistenza. Sentii sulla schiena il freddo del pavimento e la morbidezza del tappetino del bagno: un contrasto reso ancora più meraviglioso dal fatto che fui costretta a girarmi per raggiungere la posizione richiesta dal mio Padrone. Non potevo vedere nulla, sdraiata a terra così, ma potevo ‘sentire’ tutto. I passi del Padrone che armeggiava nel mio bagno come fosse suo. Lo sentii aprire la sacca in cui c’&egrave tutto l’occorrente per preparare il clistere; lo sentii aprire l’acqua e immaginai che stesse saggiando la temperatura ideale di quel liquidi trasparente che, di lì a poco, sarebbe stato catapultato dentro di me. Quella preparazione mi sembrò durare un’infinità di tempo, ma ad un certo punto compresi che tutto doveva essere pronto.
Il mio Padrone si avvicinò a me, fino a sentire il suo fiato caldo accanto al mio orecchio. ‘Adesso, Cagna, ti benderò. Tu non vedrai nulla. Ma credimi, sentirai tutto’. Sentii il mio corpo irrigidirsi e subito dopo avvertii una stoffa morbidissima avvolgermi la testa e bendarmi lo sguardo. Mi sentivo isolata dal mondo, come in una nuova dimensione. Sentivo la presenza del mio Padrone accanto a me, e cercai di acuire i sensi per capire quando tutto sarebbe iniziato.
Tutto era già iniziato, ma io non lo sapevo ancora. Il primo colpo sulle chiappe arrivò improvviso e fortissimo, pronto a togliermi il fiato. No, a quello proprio non avevo pensato. Mi mancò il respiro e dovetti trattenermi a lungo, per non urlare. A quel colpo ne seguirono altri, non molti, ma uno più forte dell’altro. ‘Pensavi che mi sarei limitato a infilarti una canula nel culo e a guardarti mentre ti riempi? Usa la fantasia cagna, e va oltre ogni tua aspettativa’.
Non riuscivo a parlare, sopraffatta dall’emozione e dall’eccitazione di qualche cosa che non potevo proprio immaginare. E poi la sentii. La canula, sottile e non particolarmente fredda, entrarmi nel culo con precisione chirurgica. A quello ero pronta.
Il Padrone aprì la valvola e, come per magia, sentii il liquido caldo penetrare lentamente dentro di me. Era una sensazione incredibile da provare: totalmente isolata dalla realtà circostante, del tutto immersa nel desiderio del mio Padrone, alla merc&egrave dei suoi istinti e dei suoi desideri. Mentre il liquido caldo penetrava dentro di me, goccia a goccia, mentre sentivo le mie viscere gonfiarsi a poco a poco, avvertii il Padrone avvicinarsi.
La sua mano si insinuò fra le mie cosce, penetrandomi senza troppi complimenti. ‘Sei un lago, Cagna. Ti piace essere trattata così. Ti piace sentirti completamente in mio potere’. ‘Si padrone’, riuscii a rispondere fra un mugolio e l’altro. Sentivo il suo indice muoversi dentro di me senza ritegno, frugare nella mia intimità completamente allagata dai miei umori. Desideravo che mi trattasse così, che facesse del mio corpo ciò che più desiderava. Sentirmi totalmente in suo potere senza poter opporre resistenza mi mandava in estasi. Mentre lui si occupava della mia fighetta, sentivo riempirmi sempre di più e le mie viscere cominciarono a contrarsi. Il liquido scorreva dentro di me e io sentivo di riempirmi senza sosta. Senza sosta. Mi sembrò un tempo infinito, fino all’ultima goccia.
Quando quel trattamento terminò, cominciai ad avere paura. Perché non sapevo esattamente che cosa aspettarmi. Il desiderio di liberarsi arriva immediatamente, e non puoi opporre resistenza. E’ necessaria una concentrazione e un dominio di se’ non semplici da mettere in pratica, specie quando il tuo Padrone &egrave tutto intento a prendersi cura del tuo clitoride, con una pazienza e una dedizione fortissime.
– ‘Padrone. Ho bisogno di liberarmi’. ‘Lo so, Cagna’. Potevo intuire la sua espressione, quel sorriso ammaliante e apparentemente gelido che nasconde un’espressione intelligente e furba. ‘Ma non ti do il permesso. Ancora no. Nessuno sconto’.
Iniziai a sudare freddo. Tutto quel liquido caldo dentro le mie viscere iniziava a far sentire la sua presenza e il mio Padrone continuava, senza sosta, a torturare il mio clitoride. Fu un lampo. Un secondo. E avvertii una fitta dolorosissima e lancinante proprio fra le labbra. Una goccia di cera bollente aveva colpito il clitoride con una precisione chirurgica. Non riuscii a trattenere un grido di dolore e di sorpresa.
– ‘Cagna’ Te l’ho detto che sarebbe stata una lunga notte. Voglio portarti al limite, voglio che tu capisca chi comanda, voglio che tu comprenda che puoi farcela e che c’&egrave tanto in te. Se solo decidi di fidarti di me. Del tutto.’
Sentivo il mio corpo fremere e contrarsi, fra il desiderio di rilassare tutti i muscoli e la necessità invece di tenerli tutti tesi, pronta alla prossima goccia di cera bollente.
– ‘Girati, cagna’.
Mi girai con la schiena a terra, completamente nuda e esposta alle voglie del mio Padrone. La colata di cera arrivò sui capezzoli prima, sulla pancia poi. Lenta, lunga, implacabile. Il mio corpo si contorceva dal dolore e dal desiderio, dall’eccitazione e dal bisogno. Era come volerlo sentire dentro la mia pelle. Dentro alle ossa. Urlavo, mi contorcevo, ma lo desideravo, come un bisogno assoluto.
Le sue mani percorrevano i disegni di cera impressi sulla mia pelle, come scultore che plasma la sua creatura artistica. Ogni tocco un brivido, ogni goccia una pugnalata. ‘Padrone. Ti prego. Ho bisogno di liberarmi’. Ripetei come un ritornello. Voleva sentirmi supplicare e sebbene non potessi vedere la sua faccia, avrei potuto dipingere la sua espressione.
Fermò all’improvviso il suo trattamento. Mi prese le mani e mi fece alzare.
Ebbi un momento di esitazione, perché la testa mi girava. Sentii le sue mani sulla mia testa, come a fermare il mondo attorno a me. ‘Respira profondamente’. La sua voce arrivò alle mie orecchie con una dolcezza infinita, che ebbe il potere di calmarmi e di darmi la forza per affrontare quel che, in cuor mio, sapevo sarebbe successo di lì a poco.
Mi prese per le mani, avvicinandomi al servizio del bagno.
– ‘Conosci la posizione. Quella che ti rende cagna. Donna e Cagna. Adesso, se vuoi, puoi liberarti’.
Mi avrebbe vista come mai prima. Completamente nuda, pronta a liberarmi, in una situazione di totale vulnerabilità e imbarazzo. Non ho mai permesso a nessuno di guardarmi in questo momento di infinita intimità. E ora il mio Padrone era lì davanti a me, ed io ero vista, esposta, con gli occhi bendati. Dovevo solo decidere se lasciarmi andare, del tutto, senza possibilità di ritorno, oppure mantenere ancora un pizzico di dignità. Un pizzico. Era il momento di decidere. Saltare o non saltare.
E io saltai.
E fu come un fuoco che divampa improvviso, che incendia dal basso e arriva al cervello. Le gambe mi tremavano, il cervello completamente vuoto. Fu molto più forte di un orgasmo, perché figlio dell’umiliazione e del compiacimento del mio Padrone. Lui mi guardava, lo sapevo, senza perdersi un istante di quello spettacolo. E fu quella l’idea che mi fece esplodere, con un suono così profondo da spaventare me stessa. Mi sentii come un animale in gabbia che all’improvviso viene liberato.
Fu fuoco. Ghiaccio. Tempesta. Fu tutto all’improvviso, e non saprei dire quanto a lungo durò. Ma seppi, nell’istante in cui finì, che non ero più la stessa.
– ‘Brava la mia Cagna. Ma adesso &egrave il mio turno’…

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