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Racconti Erotici Etero

Buon natale.

By 25 Dicembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Dicono che a natale si é tutti più buoni.
DIcono che natale é magico.

Bullshit!
Stronzate.
A natale, uno come James Gryson poteva solo aspirare a quello, un bar, una bibita alcolica moderatamente tosta, atta a catapultarlo lontano dalla sua vita di merda.
Prese un altro sorso della guinnes.
Sospirò.
Lei se n’era andata. Tempo prima. Con un altro.
“troia”, il pensiero era evanescente, lontano, come tutto nel momento alcolico di James.
Ma era la sua troia. Per un po’. Per qualche anno. Gli aveva regalato una vita estrema, al limite. E momenti che solo a ripensarci gli diventava duro tipo acciaio inox.
Poi se n’era andata.
Lo aveva marchiato, lasciato oscenamente ferito a dissanguarsi per il resto del tempo che gli sarebbe rimasto da vivere.

Si guardò attorno. Lo schifo. Ecco cosa vedeva. Un bar quasi vuoto, come il suo animo.
Nessuna luce in una notte oscura. Per quel che lo riguardava poteva morire domani. E nulla sarebbe cambiato. Al mondo non importava.
Si alzò. La gravità, a causa dell’alcool gli sembrò forte il doppio. Pagò le consumazioni con mente annebbiata.
Uscì. Il freddo lo accoltellò su ogni brano di pelle esposta. Se ne fregò. Per freddo che potesse fare, il suo cuore lo era di più.
Inaridito da un amore ustionante che gli aveva lasciato una cicatrice terribile.
Poi la vide.
Vestita di un cappotto, adescava i clienti. Una puttana. Carne da marciapiede.
In quel momento, lui non se la sentiva di stare solo. O forse, solo per un istante, avrebbe voluto essere differente. Più forte, più dignitoso.
In grado di resistere e andare avanti. Come sicuramente aveva fatto lei dopo averlo lasciato.

Estrasse il portafoglio e contò le banconote. Quella notte faceva freddo ma non c’era neve. Un natale privo di ogni magia natalizia. Lo schifo.
Guardò la donna. Mora, la pelle abbronzata o forse mulatta, le forme procaci. Lo sguardo si soffermò sulle rotondità abbozzate dal cappotto, invitanti.
Un ennesimo cliente passò e lei non sembrò riuscire a convincerlo a condividere letto e portafoglio per quella notte in cui tutti erano più buoni.

James non aveva mai creduto al natale. La sua bontà era bruciata, la sua carità arida quanto il deserto del Kazakistan.
Ma vedendo quella ragazza notò che anche lei sembrava abbattuta, spenta.
Non era diversa da lui.
Per niente.

Si avvicinò.
-Ciao. Vuoi compagnia?-, chiese.
-Quanto?-, chiese lui.
-Cinquanta per la bocca, cento per tutto il resto.-, disse lei. Era una scena a cui doveva essere abituata, inutile fingere.
-Come ti chiami?-, chiese.
-Nancy.-, disse lei.
-Io sono James.-, disse lui. Le allungò due banconote da cento. Fine del suo portafoglio. Per quel che gli poteva importare. Tanto di soldi ne aveva.
Era la vita, la sensazione di vivere davvero che gli mancava da troppo tempo.
E forse quella sera se ne sarebbe riapproppriato.
-Dove andiamo?-, chiese lei. Lui sorrise. Era la stessa domanda che le aveva sempre fatto lei una vita prima.
Finché non aveva deciso di abbandonarlo e lui aveva creduto, si era illuso inizialmente di essere forte abbastanza da andare avanti.
-Tu dove abiti?-, chiese.
-Non ho casa.-, disse lei.
-Allora di qua.-, borbottò lui. Tutto fottutamente normale.
O forse era così per via dell’alcool?
“Oh chissenefrega.”, mentalmente archiviò tutto quanto sino alla mattina dopo.

Entrarono a casa sua con calma. Il bilocale era quello che era. Da quando lei se n’era andata lui aveva cambiato tre case diverse ma mai era riuscito a dimenticarla del tutto. Neanche voleva.
Arrivarono al divano. Non aveva più avuto un letto da quando aveva scoperto che addormentarsi lì senza di lei era uno strazio, il peggiore dei tormenti.
-Cosa vuoi fare?-, chiese lei.
Lui non rispose, subito. Non aveva una risposta.
D’altronde era da tempo che non aveva risposte, a molte domande.
-Lo faccio con o senza preservativo. Non ho AIDS o porcate del genere. Cento in più se vuoi senza ma tu hai già pagato.-, disse lei. Sembrava imbarazzata dal suo silenzio o forse era una prostituta alle prime armi.
Lui sospirò. Lei era diversa. Lei aveva quello spirito da… Come definirla?
Lei non era lì.
Con rabbia cacciò i ricordi. Voleva vivere quella sera o no?
Perché se non voleva poteva tanto prendere la pistola che teneva sotto il divano e spararsi un colpo in testa.

Si avvicinò alla giovane. Avrà avuto qualche anno meno di lui. Ora che la vedeva notava che la sua pelle era ambrata, quasi dorata. Il taglio degli occhi era occidentale e denotava le origini miste della giovane.
-Baci con lingua sono venti in più.-, disse lei.
Lui sorrise. Se proprio doveva spendere per scopare, tanto valeva farlo bene o lasciar stare. Pagò anche quei venti.
E la baciò. Non fu un bacio casto, non dopo il secondo bacio. Al terzo la sua lingua vorticava nella bocca di lei mentre quella di Nancy andava all’esplorazione della sua.
Le mani ovviamente non rimasero immobili: il cappotto cadde a terra rivelando una mise leggera, sicuramente non raccomandabile viste le basse temperature.
Ma la temperatura nella stanza era più che sufficiente a renderla indicata e la temperatura della loro passione sembrava indicare la necessità di un ulteriore alleggerimento dell’abito.
La giacca di James cadde, il maglione fece la stessa fine poco dopo seguito dalla T-shirt di lei. Lui notò che recava una scritta.
“Good Girls go to heaven, Bad Girls go everywhere.”.
Sorrise. Proprio vero contemplò i seni della giovane. Sodi, piccoli ma sodi. Forse era un po’ magra ma in quel momento non voleva fare giudizi.
Solo godersi il momento.
Baciò il collo scendendo. Un gemito a stento trattenuto gli fece capire che la sua azione era gradita.
Continuò, scendendo lungo il petto. Sentì le sue mani andare a stuzzicargli i capezzoli e poi più in basso in una seducente carezza. Oddio, era una goduria e lui era parecchio che non scopava.
E rischiava di venire in fretta. Cercò di calmarsi.
Lei rallentò, come se avesse capito.
Lui si fermò un istante e scese, verso il basso, afferrò con le mani il bordo dei suoi leggins e li tirò giù.
Visione celestiale. Un tanga color carne la faceva sembrare nuda.
Baciò lo stomaco, girò e bacio la schiena. Sapeva che alle donne piaceva sentirsi amate e vezzeggiate, anche a quelle che si vendevano.
Ridava loro un po’ di dignità e forse era l’unica cosa che lui potesse sperare di dargli, a parte i soldi.
Curioso come riuscisse ancora a donare qualcosa che lui stesso non sentiva più di avere.
Si fermò un istante e sentì una mano di lei slacciargli la cintura e abbassargli i calzoni. Glielo tirò fuori.
“Mio dio.”, curioso come in quel momento potesse invocare anche solo per citazione un dio in cui aveva smesso di credere tempo prima.
In ogni caso la ragazza si era messa a segarlo. lentamente, senza esagerare, per farlo durare.
O forse era davvero alle prime armi.
Mah.
Comunque lui non voeva essere da meno: accarezzò la vulva da sopra il tanga. Gemettero in perfetta sincronia. Lui accarezzò l’interno coscia sino allo sfintere. Lei emise un “Ssssiiii”.
Lui le levò in tanga e si tolse completamente i calzoni.
Lei sorrise, sdraiandosi sul divano, invitandolo aprendo le gambe, mostrando un pube rasato.
Lui si avvicinò.
Puntò il glande all’imbocco della vagina. La penetrò. Lei affondò le unghie nel divano. Le piaceva
Lo capiva da tutta una miriade di segni vari. Dal viso, dall’umidore della vagina che era bagnata come poche altre, dalla passione con cui lei accoglieva le sue spinte pelviche. L’amplesso terminò poco dopo quando lui le venne dentro.
Si abbatté su di lei, stroncato dal piacere.. Lei lo baciò, come a suggellare una notte di passione vera.

Lui sorrise.
Per ora gli bastava. Gli andava bene.
Era troppo poco quello ma gli bastava. Era una panacea temporanea, un cataplasma dell’anima.
-Posso restare qui, stanotte?-, chiese lei.
-Resta pure tutto il tempo che vuoi.-.
Dopo tutto era natale, no?

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