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Camilla e il professore

By 15 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Non riuscivo a togliermelo dalla testa. Sapevo che era irrazionale, sbagliato, rischioso. Il più classico dei cliché: la studentessa modello e il professore. Ma avevo 24 anni ed ero prossima alla laurea, non ero una più una bambina ed ero stanca di essere sempre corretta, ligia alle regole; lui ne aveva 36, avevo già sostenuto il suo esame, non era il mio relatore ‘ dunque nessun conflitto di interessi.
Al corso non l’avevo notato, ‘Carino per essere un prof’ pensavo, ma nulla di più. Poi, all’ultimo anno, c’&egrave il seminario di approfondimento ed ovviamente arrivo in ritardo. L’aula &egrave piccolissima, sono tutti seduti in fondo e mi devo accontentare della terza fila. Lui &egrave più informale del solito, non sta alla cattedra ma &egrave appoggiato alla prima fila di banchi, &egrave vestito sportivo, scherza. &egrave a meno di un metro da me e non riesco a staccargli gli occhi di dosso, a non notare i suoi grandi occhi neri e le sue labbra carnose. Mi sembra che anche lui ogni tanto diriga lo sguardo verso di me. Ho una maglietta aderente che mette in risalto la mia terza abbondante e lo fisso con i miei occhioni azzurri. Forse lo imbarazzo perché all’improvviso distoglie lo sguardo.
Finita la lezione ho una sensazione strana, mi sento eccitata, bagnata. Appena arrivo a casa decido di optare per un bagno caldo, niente doccia. Ho una irrefrenabile voglia di masturbarmi, pensando a lui. Più ci penso, più mi eccito. Mi spoglio velocemente e mi immergo nella vasca: mi pizzico i capezzoli, la mia mano scende verso la patatina… e accendo subito il doccino, massima potenza ed acqua calda. Allargo le gambe e lo punto dritto verso il clitoride. Immagino che lui mi stia leccando, la sua calda lingua nella mia vagina. Sento l’orgasmo arrivare ‘ afferro la prima cosa che trovo, il botticino dello shampoo e lo infilo dentro la figa. Vorrei che fosse il suo cazzo, ed al solo pensiero mi esce dalla bocca un gemito ‘Siiiiii, arrivooooo. Eccomi’
La decisione &egrave presa. Voglio rischiare. Voglio lui. Ho cercato sul sito di facoltà quando riceve, dalle 18 alle 20, il martedì. Mi iscrivo e vedo che siamo solo in 4. Sarò la quarta.
Arrivo all’università alla 19, il cuore mi batte a tremila. In ascensore mi specchio: &egrave primavera, ho un vestitino bluette poco sopra il ginocchio, di quelli stretti in vita e a palloncino sotto; ballerine nere (non voglio dare nell’occhio), ma sotto ho una lingerie da capogiro. Voglio stupirlo con pizzo francese e seta nera, giochi di trasparenze, l’apparenza da brava ragazza…
In giro non c’&egrave nessuno, abbiamo un’ora e mezza prima che l’ateneo chiuda. Quando il ragazzo prima di me esce, sento il cuore in gola. ‘La signorina xxxx?’, domanda. Mi faccio coraggio ed entro. ‘Camilla’, rispondo. Non si aspettava di vedermi, glielo leggo in faccia. Non si aspettava neppure che entrassi chiudendo la porta.
&egrave alla scrivania, questa volta in camicia e completo. Mi siedo davanti a lui ed azzardo: ‘Non sono qui per farle qualche domanda sull’esame, già superato con 28. Sono qui perché &egrave da venerdì che non smetto di pensarla’. Non so se sto arrossendo o meno, ma mi sento bollente. Sono spregiudicata come mai nella mia vita.
‘Signorina, non credo di capire. Perché &egrave qui?’, mi risponde. Non ci credo che non abbia capito…
A quel punto mi alzo e cammino verso di lui. Arrivata alla sedia mi chino leggermente e gli sussurro all’orecchio: ‘Ho visto il modo in cui mi guardava venerdì, al seminario. Mi dica che non mi desiderava, che non mi ha fissata tutto il tempo chiedendosi come sarebbe stato toccarmi’. Siamo vicinissimi, ha un profumo buonissimo. Decido di continuare a parole: ‘Io non smettevo di pensarla, mi sono masturbata all’idea delle sue mani sul mio corpo’.
‘Signorina, &egrave sbagliato. Sono il suo professore, ho dieci anni più di lei’.
‘Non mi importa’, rispondo e passo all’azione. Basta parole.
Mi siedo a cavalcioni sulle sue gambe e mi sfilo il vestito, senza distogliere lo sguardo. Sono a meno di trenta centimetri dalla sua faccia, gli prendo le mani e le metto sui miei fianchi, poi le faccio salire fino all’altezza del seno. Mi avvicino e gli sfioro le labbra. Dirigo le sue mani sulle mie tette… &egrave a quel punto che abbassa ogni resistenza. Ormai &egrave mio.
Mi afferra la nuca e si alza, mi fa sedere sulla scrivania, le mia gambe sono intorno alla sua vita e mi infila la lingua in bocca. Sento il suo calore, le nostre lingue si attorcigliano sempre con più passione.
Mi fermo e, sempre fissandolo, gli slaccio la cintura, i bottoni e la zip dei pantaloni. Faccio con calma, ma più scendo con le mani più mi &egrave chiaro che il suo cazzo sia in erezione. Lo sfilo dai boxer e inizio a toccarlo. Lo voglio!
Scendo dalla scrivania e mi inginocchio: &egrave lì, davanti a me, grosso e completamente dritto. Comincio a leccargli la cappella, poi tutto intorno. Appena infilo delicatamente la punta in bocca e lo succhio, sento un gemito. Smetto, lo voglio fare impazzire.
‘Mi stai facendo impazzire’, accenna con un filo di voce… obiettivo raggiunto.
Sono tremenda, ma mi allontano. Cammino lenta verso la grande vetrata della stanza che dà sul cortile, l’idea che qualcuno passando possa vederci mi eccita ancora di più.
Voglio fargli ammirare il culo stretto in un tanga di pizzo nero, le gambe nude… poi mi giro verso di lui e mi tolgo il reggiseno: le mie tette sode sono davanti ai suoi occhi (e il mio sedere, forse, alla vista di qualche dirimpettaio).
Gli vado incontro, gli sbottono la camicia e appoggio i miei capezzoli ormai duri contro il suo petto. Il mio corpo &egrave aderente al suo… tocca a lui stupirmi. Ora: si inginocchia, come me prima, &egrave inizia a baciarmi l’ombelico, sento la sua lingua leccarmi vicino al bordo delle mutandine. Poi me le sfila… la mia figa quasi completamente depilata &egrave davanti a lui. Si rimette in piedi e inizia a baciarmi… sto impazzendo, sono bagnata ‘ gli sussurro: ‘Mi tocchi, professore’. &egrave ubbidiente, perché pochi secondi dopo le sue dita sono in mezzo alle mie gambe, a cercare il buchetto. Mi stringo attorno al suo collo, mentre infila due dita dentro… ‘Siiiii, dio, siiiii’. Mi sta masturbando da 30 e lode… tra poco toccherà al suo pene penetrarmi. Non vedo l’ora. Eravamo nella sua stanza di ricevimento, erano ormai le 19:20 e ci rimanevano solo 40 minuti per concludere al meglio il nostro primo incontro…
Aveva appena finito di masturbarmi, quando con due sue dita ‘ le stesse che poco prima erano dentro di me e mi avevano fatto godere immensamente ‘ mi sfiorò le labbra. Sentii i miei odori, e accolsi il suo invito a leccarle, mentre la mia mano destra iniziò a segarle il cazzo, ancora eretto. Non era ancora venuto, era un duro il professore!
Sempre fissandolo negli occhi, in modo da vedere ben impresse nelle sue pupille il piacere che gli stavo donando, continuavo a stringere nella mano il suo membro, a muoverlo su e giù, prima veloce, poi lentissima.
“E’ più bello quando a farlo &egrave la mano di qualcun’altro, non crede?”, gli dissi, mentre notavo che stava indietreggiando per appoggiarsi alla scrivania. Smisi di masturbarlo giusto il tempo di abbassarmi, stando ben attenta a far sì che i miei capezzoli sfiorassero tutta la lunghezza del suo addome, fino al pube.
“Le piace la Spagna, professore?”, gli sussurrai mentre feci scivolare il suo cazzo tra le mie tette e le strinsi. Bastarono pochi secondi perché avvertissi lo scorrere del suo caldo sperma tra i miei seni: la mia terza abbondante (o una quarta? Dipende dal tipo di lingerie…) accolse il nettare del suo piacere e ne venne ricoperta. Fu a quel punto che, inclinando leggermente la testa verso la parete vetrata alla nostra destra, vidi un’ombra dall’altra parte del palazzo, oltre il cortile, proprio sul lato delle biblioteche. Poteva trattarsi di uno studente o un bibliotecario che riponeva i libri nello scaffale… non mi importava chi fosse, ma in quel momento nulla mi avrebbe eccitata quanto la prospettiva di sbattermi il professore davanti allo sguardo di qualcun’altro. Mi stavo bagnando di nuovo…
Rimasi in ginocchio e, lentamente, mi spostai prima indietro, poi, verso la vetrata. Mi misi supina e divaricai completamente le gambe, ma coprendo la patatina con una mano. Inizia a toccarmi, a mugolare di piacere… gli occhi chiusi, la schiena inarcata.
Poco dopo sentii un’altra mano in mezzo alle cosce che scostò la mia, poi fu la volta del suo corpo, di nuovo aderente al mio. La sua lingua mi entrò nella bocca, mentre il suo pene si faceva strada, senza problemi, dentro la mia figa. Un’ondata di calore e di piacere pervase tutto il corpo, aumentando ad ogni suo colpo.
Stavo per venire, quando decisi di coinvolgere, almeno con gli occhi, qualcun’altro.
Mi alzai e questa volta feci mettere supino il professore. Una piccola succhiata alla punta del suo cazzo e mi girai… la posizione della libellula era perfetta: lo cavalcai di schiena e indietreggiai per penetrarlo in profondità, mentre con le braccia mi facevo forza e lo sguardo era diretto oltre i vetri, a cercare lo ‘spettatore’ che poteva gustarsi lo spettacolo delle mie tette che sballonzolavano ad ogni spinta. “Siiii, siiii. Scopami, dio, siiii”, gemeva il professore. Il suo cazzo era completamente dentro, ero eccitata all’inverosimile. “Eccomi, eccomi, arrivooooo”, urlai. I muscoli della mia vagina si contraevano e così, lui eiaculò dentro di me mentre mi eccitavo a pensare alla memorabile sega del terzo incomodo.
Erano le 20: il migliore orgasmo della mia vita.

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