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Cercando un nuovo studio, trovo una nuova segretaria…

By 8 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Era da mesi che cercavo uno studio, sia per avere una sede che non fosse casa mia, sia per delle funzioni di segreteria che attualmente mi mancavano. Professionalmente ero arrivato ad un punto in cui non potevo sempre andare dai clienti, ma si rendeva necessario riceverli qualche volta per parlare in tranquillità fuori dalle loro aziende, e poi non sempre potevo rispondere al cellulare, e neanche fare inviare dei fax a casa, pertanto doveva esserci una segretaria che in orario di ufficio prendeva le chiamate, gestiva un po’ di scartoffie diciamo, così io avrei potuto occuparmi a pieno dell’attività vera e propria.
Sono un consulente aziendale focalizzato sul miglioramento del clima in azienda, e delle conseguenti performance dei dipendenti. Ho una formazione in psicologia applicata e poi ho lavorato diversi anni presso aziende private, e le due cose si completano dandomi quella competenza che i miei clienti riconoscono. Affianco solitamente i vari componenti dell’azienda cliente per qualche giorno, e poi tiro le somme, proponendo le mie visioni per migliorare gradualmente clima e performance.
Tornando al discorso dello studio, iniziai a cercare sui siti delle agenzie immobiliari della zona, poi sui giornali locali, ma quasi tutti gli uffici proposti erano fuori dal mio target, o studi lussuosi in pieno centro con affitti da capogiro, oppure dei buchi come degli ex negozi in zone pessime, su strade iper trafficate.
Parlando con un amico venni a sapere che le mie esigenze potevano combaciare con quelle di altri professionisti, che si mettevano insieme per condividere l’affitto dei locali, avere una segreteria comune, anche se il loro lavoro non era necessariamente collegato.
Dopo questa dritta modificai la mia ricerca ed effettivamente i risultati come ‘ufficio indipendente in studio associato’ mi soddisfacevano maggiormente. Posti migliori, costi più abbordabili, una segreteria già presente, quindi anche l’incombenza di selezionare una persona ad hoc era già superata. Sicuramente il tutto poteva rendere la mia ripartenza in nuova sede molto più veloce e facile. Visitai alcuni studi, annotandomi pregi e difetti, ma non mi sentivo mai ‘a casa’ per vari motivi, il tipo di professionisti che già occupavano alcuni uffici, le location, e non da meno per il carattere di alcune segretarie alle reception, qualcuna troppo vamp, qualcuna troppo smorta.
Visitai una mattina uno studio, che era già occupato da due avvocati, un geometra e altri due consulenti e dove c’era una ragazza alla reception che mi accolse in un modo molto professionale ma anche abbastanza amichevole. Avrà avuto meno di trent’anni credo e fisicamente mi si era subito parsa ‘interessante’, ma la vidi solo per venti secondi, in quanto uno dei professionisti si era subito reso disponibile a farmi visitare l’ufficio libero, spiegarmi la loro realtà, i costi, e chiedendomi un po’di me e del mio lavoro, per accertarsi che corrispondessi ai loro canoni di tranquilla convivenza.
Finito l’incontro tornai a passare davanti alla reception, ma la ragazza era al telefono, e mi salutò solo con un cenno del capo e con un sorriso mentre parlava. Sicuramente era carina, ma avrei avuto piacere di scambiare due parole anche con lei, per capire se mi sarebbe andato bene il suo modo di fare con i miei clienti.
Mi presi qualche giorno per pensare ai vari uffici visitati, e mi resi conto che per valutare l’ultimo mi mancava proprio un parere sulla persona preposta alla segreteria.
Chiamai l’avvocato Angeli che avevo conosciuto e gli esposi con discrezione la mia necessità di conoscere meglio quella che sarebbe diventata una mia collaboratrice diretta, per evitare incomprensioni future.
‘non si preoccupi, Sara &egrave una brava ragazza, le piacerà il suo modo di fare’ disse l’avvocato per rassicurarmi.
‘Siccome voglio fare una chiacchierata senza interruzioni, ci sono dei giorni o degli orari in cui lo studio &egrave più tranquillo?’
‘Mah, non saprei risponderle, dovrei chiedere direttamente all’interessata’
‘Bene, allora se mi da l’email della segreteria chiederò direttamente alla ragazza quando preferisce dedicarmi un’oretta del suo tempo’
‘Va bene, glielo anticipo, intanto la saluto’
‘Buona giornata’

Detto, fatto:
< Buongiorno, sono Davide Ferrari, ho visitato lunedì il vostro studio associato e come anticipato all'avvocato Angeli avrei piacere di conoscerla meglio per capire se professionalmente ci troviamo in accordo e se le sue modalità lavorative sono in sintonia anche con il mio tipo di attività, cose per me molto importanti qualora scegliessi di esercitare nella vostra sede. Rimango in attesa di sapere da Lei quali siano gli orari preferibili in cui può dedicarmi indicativamente un'ora del suo tempo senza subire troppe interruzioni. Grazie Davide >

L’avvocato Angeli aveva avvisato subito Sara che avrebbe ricevuto una email da parte mia per scegliere quando fare una chiacchierata, e le aveva anche già detto di stare tranquilla, che avrebbe dovuto solo essere se stessa per presentarsi al meglio, ma alla fine aggiuse:
‘Sara, questo Davide &egrave un professionista che promette bene e anche una persona a posto, mi seccherebbe perdere questa occasione; veda di apparire al meglio quando verrà per il colloquio!’
L’avvocato Angeli, con i suoi anni e col suo fare paterno e autoritario, sapeva come ottenere quel che voleva, sapeva che dicendo così la ragazza avrebbe capito.
Sara ovviamente avrebbe fatto di tutto per non deludere il suo primo datore di lavoro, e oltre a questo la prospettiva di avere un nuovo collega/superiore più giovane di tutti gli altri le piaceva, un po’ d’aria nuova nello studio sarebbe stata sicuramente una cosa positiva, oltre che una sfida personale di poter dimostrare quanto valeva ad un’altro professionista.

Dopo aver valutato minuziosamente quale fosse l’orario più consono, evitando gli orari serali per non apparire equivoca, scrisse questa email:

< Buongiorno Sig. Ferrari, le confermo la mia disponibilità nella fascia di orario del primo pomeriggio, solitamente dalle 13.30 alle 14.30 lo studio &egrave ancora formalmente chiuso anche se lavoriamo, pertanto il telefono &egrave deviato verso la segreteria. Domani o dopodomani andrebbero bene come giornate. Rimango in attesa di suo riscontro. Cordialmente Sara Cervi >

Dopo qualche minuto, la mia risposta non tardò ad arrivare, direttamente dal cellulare:

< Buongiorno, confermo appuntamento per domani ore 13.30. Saluti Davide Ferrari >

Sara si rese conto che il giorno dopo era troppo presto per potersi preparare come voleva, avrebbe dovuto depilarsi, scegliere i vestiti con attenzione, gli accessori, e poi la mattina svegliarsi presto per farsi la doccia, i capelli, il trucco… si stava agitando, ma perch&egrave? In fondo poteva vestirsi un po’ meglio del solito senza fare tutti questi preparativi da serata di gala… ma tornando a casa quella sera mentre guidava si scoprì eccitata da questa visita dell’indomani:
in fondo lui era un bell’uomo per quel poco che aveva potuto vederlo, un giovane uomo professionalmente affermato che le ricordava quel dottor Sheperd di Grey’s Anatomy, di cui lei non perdeva una puntata, solo i capelli erano più corti e meno da attore. Forse quella somiglianza non era proprio la più adeguata, ma… forse si… ma forse somigliava anche vagamente per il suo portamento sicuro ad un ragazzo conosciuto anni prima durante una vacanza, che le aveva fatto ribollire il sangue…. ehi! Era arrivata a casa senza neanche ricordarsi la strada percorsa, persa nei suoi pensieri.
Entrò in casa e dopo essersi spogliata nuda si diresse in bagno per prepararsi, voleva una piccola rivincita nei confronti della sua vita abitudinaria, fatta di normalità, e voleva prendere questa occasione per rimettersi alla prova come donna, per vedere se sarebbe riuscita a suscitare un certo interesse nel suo interlocutore.
Ripassò con il rasoio le gambe per potersi permettere una gonna il giorno dopo, e salì fino all’inguine arrivando al suo boschetto incolto, decidendo di dare una sistemata anche lì, regolando i bordi per avere un aspetto ordinato anche laggiù. Normalmente non lo avrebbe fatto se non per andare in piscina, data la stagione invernale alle porte, ma quel giorno qualcosa l’aveva fatta ritornare frizzante, la motivazione l’aveva ravvivata.

Dopo essersi preparata fisicamente, Sara aprì l’armadio e iniziò a pensare cosa mettere l’indomani, voleva essere professionale ma allo stesso tempo accattivante, attirare l’attenzione su di sé come donna. Non si era mai sentita così sul lavoro, forse per l’età media dei professionisti dello studio, o forse perché non aveva mai pensato a se stessa come una segretaria sexy, ma solamente come la più gentile ed efficiente che gli altri potevano desiderare.
Dopo aver valutato più volte i possibili accostamenti, scelse un abito intero in lana marrone che sottolineava leggermente seno e fianchi, calza in tono più scuro coprente, e avrebbe messo uno stivale basso e comodo, ottenendo un’aria da mammina per bene, che non avrebbe attratto più di tanto le attenzioni di suo marito se l’avesse vista uscire di casa al mattino dopo. Avrebbe voluto osare una decolleté con tacco 8, ma sicuramente una gamba troppo scoperta l’avrebbe fatta imbarazzare non essendo abituata agli sguardi degli uomini, e non ultimo avrebbe generato domande da parte del suo geloso maritino se l’avesse vista diversa dal solito.
La notte, dopo qualche pensiero sul domani, passò tranquilla. Sara lasciò che suo marito si preparasse ed uscisse come al solito, poi si alzò e iniziò a vestirsi, scegliendo con cura l’ intimo, che anche se nessuno avrebbe visto, le dava quel tocco di femminilità e sicurezza del suo corpo. Scelse uno degli ultimi completi che aveva acquistato: un perizoma nero liscio ma dalle dimensioni minuscole, che a malapena copriva il suo folto boschetto incolto e dietro un filetto a T, e un push-up coordinato che le rendeva una mezza taglia in più. Infilò calze e vestito, e si diresse in cucina per fare colazione, era in perfetto orario.
Mentre mangiava fantasticava a vuoto sul nuovo collega/capo che ipoteticamente le avrebbe guardato con morbosità quel poco di gambe scoperte, facendole dei velati ed educati complimenti, notando la sua bellezza ed eleganza; si sorprese con sé stessa per un formicolio che sentiva fra le gambe, immaginandosi osservata e desiderata da un maschio che non fosse suo marito. Facendo un movimento sulla sedia sovrappensiero, si rovesciò addosso il caffelatte, riempiendo vestito e calze… Imprec’ con sé stessa per la distrazione e il danno fatto, e dopo aver pulito il grosso con una salvietta, si lanciò in camera alla ricerca disperata di qualcos’altro da mettere.
Tirò fuori più capi, ma l’orologio le ricordò che doveva ancora pettinarsi e truccarsi, quindi dovette decidere in fretta. La sua micetta che poco prima era stata solleticata da pensieri peccaminosi, era ancora calda e quel poco più di ormone che aveva messo in circolo nel suo corpo le fece fare una scelta leggermente azzardata per i suoi canoni: un altro vestitino, usato il capodanno prima, le parve l’unico capo adatto all’ occasione, anche se era aderente, corto e nero, e quindi anche le calze marroni e coprenti non ci stavano più, quindi prese delle calze color carne molto leggere per il periodo, che le facevano delle gambe stupende; dopotutto se le era anche depilate, se le poteva permettere.
Si pettin’ e trucc’ in fretta ma mettendo più cura del solito nel sottolineare i tratti del suo viso, e passando davanti alla scarpiera aperta prese l’unico paio di scarpe nere che potevano starci, quelle decolleté nere vernice che la sera prima aveva scartato nei suoi ragionamenti.
Guidò di fretta verso l’ufficio e trovato parcheggio si avviò sgambettando soddisfatta sui tacchi, notando gli sguardi degli uomini diversi dal solito, molto interessati dalle gambe quasi nude che si potevano vedere sotto il cappottino. Le calze leggere le facevano sentire una nuova sensazione di pelle su pelle, e le facevano sentire il fresco dell’aria mattutina direttamente sulla passerina, e tutto ciò contribuiva a rendere frizzante e diversa quella giornata.
Arrivò in ufficio leggermente accaldata per aver quasi corso, e tolto il cappottino si ammir’ riflessa sullo specchio dell’ascensore, controllando anche come sarebbe stata vista da dietro, e provò ad abbassarsi leggermente in avanti per vedere di quanto sarebbe salito il vestito…
Un brivido di eccitazione le partì dal basso ventre attraversando tutta la spina dorsale, immaginandosi gli uomini che in ufficio avrebbero potuto ammirare le sue gambe tese mentre si sarebbe abbassata per prendere un foglio dall’ultimo cassetto.
L’ascensore era arrivato al suo piano, e Sara ritornò in se stessa, varcando la porta dell’ufficio e andando dietro alla sua scrivania come ogni mattina.
La mattinata passò come sempre, solamente lei si sentiva diversa dentro. Quando a metà mattina si prese una pausa per andare alla toilette e prendere un caff&egrave alla macchinetta, un paio di suoi capi la videro passare e decisero casualmente di bere anch’essi il caff&egrave nello stesso momento. Ovviamente non potevano sbilanciarsi con commenti fuori dalla media, ma i loro sguardi su quelle magnifiche gambe solitamente coperte erano eloquenti, e le diedero conferma di quanto potesse fare mostrando solo una parte del corpo, figurarsi se fosse stata altrettanto ammiccante nei comportamenti! ma questo la destabilizzava, meglio fermarsi al look per ora.
Per stuzzicarli un po’, senza averlo programmato fece quello che aveva immaginato nell’ascensore, ovvero si abbassò per prendere delle bustine di zucchero anche se non erano finite, non stando a gambe tese, ma accovacciandosi, mostrando così una buona parte di coscia.
Le parve che i suoi colleghi fossero stati più vicini quando si rialz’, e le parve anche di sentire una certa tensione nell’aria; lei però civettando fece i caff&egrave anche per loro &egrave li porse con gentilezza maggiore del solito.
Era la prima volta che non si sentiva “ragazza” ma donna in mezzo a loro.
Finito quel breve intermezzo, la mattinata continuò normale, ma l’ora del suo colloquio si avvicinava, assieme a un po’ d’ansia.
Arrivarono le 12.30, e i vari professionisti scesero per andare a pranso, chi al bar chi a casa. Sara invece rimase in ufficio, si era portata il pranzo da casa per poter stare tranquilla.
Infatti quando non scendeva al bar, era solita mangiare qualcosa veloce e poi dedicarsi ai rapporti sociali: telefonate a familiari e amiche, Facebook, leggere qualche forum, e da qualche mese anche racconti erotici. Aveva scoperto che si eccitava davvero tanto quando i temi trattati nei vari racconti si incrociavano con i suoi gusti. Normalmente si bagnava soltanto internamente, ma a volte l’eccitazione era tale da bagnarle le mutandine,e Sara era costretta ad andare in bagno a finire di stuzzicarsi per riuscire poi a riconcentrarsi sul lavoro.
Alle 13.30 in punto suonò il citofono, lei aprì e scattò in piedi per controllare come le stava il vestito, si sistemò e si diresse verso la saletta riunioni per accendere le luci; diede un ultimo sguardo alla sala affinché tutto fosse perfetto, e attese nervosa il suo nuovo giovane probabile capo.
Dopo mezzo minuto bussando entrò lui, sotto un leggero piumino indossava un completo giacca e pantaloni in fresco di lana molto aderenti e una camicia senza cravatta, veramente vestito con gusto.
“Piacere, Davide Ferrari” dissi guardandola negli occhi con un sorriso ammiccante per qualche secondo;
lei ricambiò il sorriso con mio sommo piacere, rimanendo imbambolata a guardarmi per un attimo, e subito si riprese:
“Piacere, Sara Cervi. Prego si accomodi” fece lei avviandosi verso la saletta riunioni.
Fu questione di dieci passi ma potei ammirarla completamente da dietro, rendendomi conto delle sue forme interessanti e gustandomi quelle belle gambe scoperte che non erano niente male, slanciate dal tacco non eccessivo.
Quando fummo sulla porta, volutamente la feci andare avanti e chiusi la porta alle mie spalle, e vidi nei suoi occhi un istante di dubbio.
“Eccoci qui signorina Sara… ” feci io togliendomi il giubbotto, ” ho voluto incontrarla per conoscerla prima di valutare il mio possibile trasferimento in questo studio…” e mi sedetti di fronte a lei
Le farò un po’ di domande sul suo curriculum e sul suo modo di fare in generale, così da capire se siamo compatibili professionalmente, spero che per lei non sia un problema”
“No, nessun problema, chieda pure”
E iniziai una lunga chiacchierata, in cui spiegavo il mio punto di vista su varie questioni lavorative, chiedendole cosa avrebbe fatto lei, eccetera.
Stabilito un certo feeling, scelsi di chiederle qualcosa di più personale: cosa faceva nel weekend, gusti in fatto di cibo e di musica, le chiesi conferma se fosse sposata avendo visto la fede al dito e se avesse già dei figli.
Un’ora era passata, e iniziarono ad arrivare i professionisti dello studio, lei era sempre un po’ tesa, e glielo feci notare:
“Sara, la vedo tesa, forse la metto a disagio? Guardi che per dare il meglio di noi stessi in tutti gli ambiti, dobbiamo essere rilassati, lo dico sempre ai miei clienti”
“No no, sono sempre un tantino agitata ai colloqui…”
E mi alzai dalla mia sedia andando dall’altra parte del tavolo, posizionandomi dietro di lei e mettendole le mani sulle spalle, lasciandola ovviamente interdetta.
“Faccia un bel respiro profondo e abbassi le spalle” dissi con voce calma, e premetti leggermente le sue spalle verso il basso.
Mentre lei respirava approfittai per stringerle le spalle un paio di volte, come il più classico dei massaggi, e notai che da subito si era indurita per la sorpresa, ma non aveva coraggio di dire qualcosa.
Approfittai per continuare a tenere una mano sulla sua spalla e mi posizionai al suo fianco per parlarle guardandola negli occhi:
“Io so che lei é una brava ragazza e come impiegata mi darà molte soddisfazioni, lo ho già capito, é il mio lavoro capire le persone, ma voglio vederla più a suo agio, più sciolta, perché sono sicuro che dietro questa facciata di brava ragazza che oggi mi ha presentato c’&egrave molto di più… sono sicuro che lei ha delle ottime capacità, anche per seguire me in un campo professionale a lei nuovo”

Decisi di trasferire la mia sede in quello studio associato, in fondo il posto mi piaceva ed era logisticamente comodo sia per me che per i miei clienti; sicuramente il fatto che avrei potuto lavorarmi con calma quella segretaria, brava, professionale, ma un po’ ingenua e sprovveduta in questioni con l’altro sesso, mi stuzzicava molto.
Avrei tessuto la mia tela lentamente per metterla a suo agio, per poi stringerla in una stretta da cui non avrebbe più potuto liberarsi, o forse non avrebbe voluto…
L’anno era andato bene, perciò decisi di portare a pari il bilancio acquistando tutti i mobili per l’ufficio nuovi, compreso un divano in pelle bianca, per chiacchierate più informali con clienti e colleghi, e per fare qualche pisolino post pranzo.
Completato il trasloco di tutta la mia roba era ormai il 20 dicembre, e approfittai per passare un paio di giorni a cazzeggiare in ufficio, dal resto tutti i miei clienti stavano chiudendo le aziende, così sistemai tutte le scartoffie, chiamando più volte Sara per spiegarle alcuni punti salienti del mio modus operandi, e farle vedere per sommi capi dei progetti portati a termine con dei clienti; volevo che si interessasse al mio lavoro, e con soddisfazione vidi che apprezzò il mio operato all’avanguardia nel settore dei servizi alle risorse umane.
La differenza di età 26 / 36 anni probabilmente la invogliava a darmi del tu, ma io non fui accondiscendente e tenni sempre un certo distacco dandole del Lei, pur chiedendole cose personali e raccontandole aspetti del mio lavoro che si fondevano con la mia personalità.
Volevo che mi conoscesse ma a distanza, volevo essere sul suo piedistallo, il professionista bello e da ammirare per i suoi modi affabili, che la trattava bene ma che le sapeva dare ordini non replicabili.
Ci salutammo per l’inizio delle vacanze di natale, dandoci appuntamento il 7 gennaio.
Le diedi il mio numero di cellulare come tutti gli altri professionisti, chiedendole il suo per eventuali emergenze.
Quando ritornammo al lavoro a gennaio, lei era particolarmente rilassata, e più bella di quando l’avevo lasciata.
Lasciai passare le prime settimane tranquille, dopotutto dovevo ancora adattarmi al nuovo posto e anche studiarla bene per capire che tipo di ragazza era. Lavorando poco insieme non avevo grosse possibilità di capire come andasse la sua vita privata e se le potevo interessare come maschio, e quindi decisi di invitarla a pranzo un venerdì.
Il giorno prima, la chiamai al suo numero interno:
‘Sara? Venga nel mio ufficio appena ha un attimo che ho due comunicazioni da farle’
‘Va bene, mi dia 5 minuti e sono da lei’
Dopo poco, sento bussare alla mia porta e le dico di entrare.
Entrò un po’ timorosa, e disse:
‘Mi dica pure signor Ferrari’
‘Sara, si sieda pure qui davanti…’ e mi alzai in piedi passando davanti alla scrivania, appoggiandomi al bordo proprio davanti a lei.
Per guardarmi doveva inclinare la testa verso l’alto, perch&egrave ero praticamente attaccato alle sue ginocchia.
‘Domani a pranzo devo incontrare un altro professionista con cui collaboro a volte, ed un nostro importante cliente comune; dovremo realizzare insieme un progetto per questa azienda, e ho bisogno della sua presenza per prendere appunti mentre discuteremo, di certo non posso mettermi io con blocchetto e matita.
Per questo ho bisogno che lei sia presente, anche con la sua bella presenza, mi capisce vero?’
‘Si…’
‘Quindi si prepari adeguatamente all’incontro, e scelga un abbigliamento elegante e non volgare, che le dia qualche anno in più, il mio cliente apprezzerà sicuramente. E se questo progetto va in porto, sicuramente ne beneficerà anche lei indirettamente’
‘Certamente. Posso chiedere in che tipo di locale saremo?’
‘Si, dimenticavo, ristorante da Brando, lo conosce?’
‘Si certo, sono stata una volta, &egrave un posto molto carino e si mangia veramente bene’
‘Bene, a domani allora’
L’indomani misi uno dei migliori completi su misura che avevo, mi preparai con maggiore attenzione del solito data l’importanza del progetto in ballo: avevamo fatto una proposta per riorganizzare tutta la parte uffici di una grossa azienda della zona, sia dal punto di vista logistico che del personale, e questo avrebbe generato lavoro per circa 6 mesi, facendoci guadagnare prestigio oltre che denaro.
Arrivai in ufficio e vidi com’era vestita Sara: sicuramente aveva scelto un tailleur scuro che le dava qualche anno in più, e anche il trucco era veramente curato, come anche i capelli. Essendo seduta alla sua scrivania non potevo vedere quanto corta fosse la gonna e che calze e che scarpe indossasse. Questa era la parte che mi interessava di più…
Aspettai una decina di minuti, e la chiamai:
‘Sara, gentilmente mi faccia un espresso e me lo porti, grazie’
Non le avevo mai chiesto di portarmi un caff&egrave, anzi, lo avevamo bevuto insieme qualche volta con gli altri colleghi alla macchinetta, e soprattutto non mi ero rivolto mai con un tono così autoritario nei suoi confronti, ma la volevo vedere servirmi alla scrivania vestita come le avevo chiesto.
Dopo un minuto entrò dalla porta aperta con molta solerzia, come se stesse eseguendo qualcosa di cui si era dimenticata, e si mise di fianco alla scrivania, porgendomi il caff&egrave.
‘Questo tailleur le dona molto! Complimenti!’
‘Grazie! Grazie!’ disse lei arrossendo
Guardandola negli occhi continuai:
‘Vedo che anche capelli e trucco sono perfetti, sapevo che potevo contare sulla sua professionalità anche in queste cose’
‘Grazie, mi lusinga’
‘Ma mi faccia vedere che scarpe ha scelto…’
Lei fece due passi indietro e fece notare lo stesso decollet&egrave nero in vernice che indossava la prima volta del nostro colloquio, al massimo sarà stato un tacco sei o otto.
‘No, no, no, qui non ci siamo! Devo farle un appunto per la scarpa! Quel tacco va bene per una giornata normale in ufficio, non di certo per andare a pranzo fuori con un cliente! Ma insomma, Sara! Non aveva qualcosa di un po’ di più… ‘
Lei già destabilizzata dal mio rimprovero, aspettava la parola che non avevo detto per capire cosa volessi davvero. Era totalmente in panico, si sentiva sbagliata, si sentiva fuori luogo per l’occasione, non poteva neanche tornare a casa, perch&egrave non aveva scarpe più alte, o più sexy o più vistose…
‘Adesso scendiamo a prendere un caff&egrave e le compro io delle scarpe come si deve, non &egrave accettabile andare a pranzo così! Si prepari, che andiamo subito, parlo io con gli altri ‘
Lei, in balia delle onde su cui l’avevo gettata, rispose solo ‘Va bene’ a testa bassa, e uscì dal mio ufficio.
Feci due chiamate agli altri professionisti e inventai una balla per andare via una mezz’oretta.
Presi cappotto e uscii dall’ufficio, arrivando alla reception.
‘Pronta?’
‘si, eccomi!’
Scendemmo senza parlare in ascensore, e una volta usciti dal palazzo le dissi:
‘Sara, scommetto che lei nella sua vita privata non fa uso di scarpe con tacco, vero?’
‘Non tanto…’
‘Beh, almeno per le occasioni, avrà qualche tacco dieci o dodici! Almeno, ci sa camminare??’
‘Si, qualche matrimonio di amici, ma solo per poche ore, poi non le metto in altri casi…’
Dopo pochi minuti fummo davanti al negozio che avevo pensato, mentre le aprii cavalleresco la porta le dissi:
‘Dai che qui adesso troviamo qualcosa di adatto, non si preoccupi’
Passai in rassegna veloce le scarpe in mostra, e individuai quelle che potevano fare al caso nostro.
Le indicai alla commessa senza parlare e questa chiese il numero a Sara.
Erano delle decollet&egrave nere classiche, a punta, tacco a spillo, veramente eleganti e sexy allo stesso tempo, di produzione ovviamente italiana, e con un costo di circa duecento euro.
Sara senza fiatare provò le scarpe, le calzavano perfettamente, si alzò in piedi e sfilò nel negozio, mostrando tutta la bellezza dei suoi polpacci tesi.
‘Guardi che gambe le fanno queste scarpe! Non trova anche lei?’ dissi rivolgendomi alla commessa, che si profuse in complimenti nei confronti di Sara e della sua eleganza.
Prima ancora che Sara finisse, estrassi la carta di credito e la porsi alla commessa, dicendo:
‘Queste le indossa subito, che abbiamo un evento importante e si deve abituare. Le altre le butti pure via lei. Grazie’
Sara non parlava, ma nella sua testa dovevano esserci sicuramente mille pensieri che si accavallavano, neanche lei sapeva bene cosa dire e cosa non dire. Perch&egrave buttare le altre? Sono mie! Ma dal resto mi ha appena pagato quelle nuove, non posso dire niente… E poi come faccio a spiegare stasera quando rientro a casa tutta questa storia?
Uscendo dal negozio, si rivolse a me come una bambina che ringrazia di un regalo:
‘Grazie davvero, sono bellissime, ma mi sento in imbarazzo…’
‘Solo vedere come le stanno per me &egrave già un ringraziamento, poi vederle calzate da lei prossimamente mi ripagherà ampiamente della spesa, non si preoccupi. E poi, &egrave un investimento per l’incontro di oggi; le sue caviglie sopra questi tacchi non passeranno inosservate al nostro cliente…’
Lei mi guardò intensamente per un istante negli occhi, tenendo per se quello che in quel momento sentiva dentro, e ci avviammo verso l’ufficio.
Durante il tragitto le dissi:
‘Facciamo una prova, entriamo a bere un caff&egrave in questa caffetteria, a quest’ora &egrave piena di bancari, vediamo se fa l’effetto desiderato’
E aprii di nuovo la porta per farla entrare davanti a me.
Appena mise piede nel locale, tutti i presenti più o meno discretamente la squadrarono, soffermandosi sulle gambe e sui tacchi, che la slanciavano non poco.
Ci avvicinammo al bancone per ordinare e io mi avvicinai ancora di più a lei, sfiorandole quasi i capelli con le mie labbra e le sussurrai:
‘Visto? tutti hanno guardato…’
Lei se ne era accorta e si girò verso di me con un sorriso ed uno sguardo di intesa, era compiaciuta dal fatto di essere stata osservata da tutti quei maschi. I nostri volti erano ad un palmo uno dall’altro, vista anche la calca.
Bevemmo il caff&egrave, e tornammo in ufficio, e anche per la strada più di qualche sguardo lo attirò.
Salendo in ascensore, le dissi:
‘Se vuole una scusa per stasera, le altre scarpe si erano rotte il tacco, e queste ha dovuto comprarle al centro commerciale per poter andare al pranzo di lavoro, erano le uniche del suo numero. Spero non sia un problema.’
‘Si va bene, non c’&egrave problema’ disse lei guardando il pavimento, ma sapeva che avrebbe subito un terzo grado da suo marito, a cui non avrebbe mai detto la verità, ovvero che si era eccitata mentre uno dei suoi capi le pagava senza batter ciglio un paio di scarpe che la rendevano così sexy, e che quello strano e inaspettato stato di eccitazione era perdurato, forse per le scarpe così alte, forse per la camminata vicina ad un uomo così sicuro di s&egrave, fino al rientro in ufficio, lasciandola intimamente umida per il resto della mattinata.
Arrivò mezzogiorno, e uscii dall’ufficio per avviarmi, il ristorante distava circa venti minuti dal nostro ufficio.
Giunto nell’atrio, chiesi:
‘Sara… Allora come andiamo con le nuove scarpe? Ha provato ad esercitarsi qui nel corridoio?’
‘Si, sono andata su e giù un paio di volte, non &egrave male, ma sono alte!’
In quello che lei si alzava per farmi vedere come avrebbe camminato, mi voltai ignorandola e dirigendomi verso la porta:
‘Io scendo e recupero l’auto, la attendo all’entrata tra qualche minuto’
Quando arrivai di fronte all’ingresso lei stava uscendo dal portoncino, io velocemente scesi dall’auto, feci il giro e la precedetti aprendole la porta, gustandomi il suo sedersi sul sedile con la gonna che saliva, e la bellissima piega che prendono i piedi femminili quando su tacchi appoggiano sul tappetino dell’auto.
‘Le scarpe le stanno veramente bene, scelta azzeccata’ e chiusi la porta.
Salii al posto di guida e iniziai a guidare rilassato, dando regolarmente qualche sguardo alle ginocchia scoperte di Sara. Notai con piacere che ad ogni curva e frenata lei non faceva niente per evitare che la sua gonna risalisse, e dopo qualche chilometro le cosce erano mezze scoperte.
Le spiegai più nei dettagli quali fossero gli elementi dell’incontro, del contratto, e le parlai del cliente in generale.
‘Conto nella sua professionalità come le ho detto dal primo giorno: sono sicuro che lei ha delle buone capacità, sia per inserirsi nei discorsi in modo intelligente, e anche per interessare il cliente sotto tutti i punti di vista…’ e continuai:
‘Poi, ho il suo numero, e se ci fosse la necessità le darò delle indicazioni su cosa fare e cosa dire via messaggio, magari mentre il cliente parla con l’altro consulente’
‘Va bene, cercherò di fare meglio che posso’
Arrivammo al ristorante, e ci fermammo al bancone dell’ingresso per attendere gli altri.
‘Sara, prende intanto un aperitivo?’
‘Mah, si, dai, spritz con campari’
‘Scusi, due spritz, uno aperol e uno campari’ e mentre dicevo campari feci un chiaro cenno al cameriere di pomparlo. Sara era girata e stava guardando fuori.
Ci servirono i due bicchieri, e sorseggiammo per una decina di minuti stuzzicando delle patatine.
Sicuramente le aveva fatto effetto, perch&egrave il suo sguardo era cambiato, e anche la sua postura sui tacchi era molto più disinvolta. La mia intenzione non era assolutamente quella di farla ubriacare, ma di scioglierla un pochino per farle eseguire quello che avevo in mente.
Arrivarono il mio collaboratore e il cliente, a cui presentammo Sara, e questi come previsto fu più volte distratto dai tacchi a spillo; lo avevo visto in altri incontri che una volta una sua collega e una volta una cameriera lo avevano notevolmente distratto con le loro calzature…
Ci accomodammo, inziammo a chiacchierare dell’affare, e iniziarono ad arrivare bevande e cibi, tutto molto buono, e il clima che si era creato era piacevole, anche se era rimasto professionale.
Nella pausa fra primo e secondo non si era ancora sbilanciato sull’affidarci o meno l’incarico, e così mandai un messaggio a Sara:
‘appena servono il secondo, accavalla le gambe lasciando fuori dall’angolo del tavolo il ginocchio in vista, e ondeggia la gamba facendogli vedere la scarpa. Fai finta di niente e continua a parlare e sorridere’
Lo inviai ma continuai a scrivere per finta, per evitare che il cliente facesse collegamenti fra il mio scrivere e il leggere di Sara.
Appena lesse, Sara ebbe un sussulto, potei vederlo nella sua espressione per qualche secondo, oltretutto avevo volutamente usato il tu, e questo probabilmente l’aveva confusa, proprio come desideravo.
La guardai fissa negli occhi per comunicarle la fermezza di quanto le avevo ordinato, e lei dopo aver incrociato il mio sguardo fece un impercettibile cenno di conferma e abbassò gli occhi sul piatto.
Arrivarono i secondi, e con un tempismo perfetto, non appena il cliente inziò a masticare, Sara facendo finta di sistemarsi sulla sedia, accavallò le sue bellissime gambe e puntualmente l’occhio interessato del nostro amico iniziò ad alternarsi fra di esse e il piatto.
La discussione aveva preso la piega voluta, il cliente per poter guardare la scarpa ondeggiare dava risposte sbrigative, e ci fu più facile portarlo al punto di arrivo, ma anche se già sicuro del risultato ottenuto, volevo ora sfruttare la situazione per spingere Sara oltre il suo limite.
Le mandai un altro messaggio: ‘fai cadere il tovagliolo e mentre lui te lo raccoglie sfioralo con la punta della scarpa’
Lei mi fece due occhi per farmi capire che volevo troppo, ma il mio sguardo fu perentorio, e con un cenno le intimai di procedere.
Lei, come prima, intuendo che non poteva esimersi dal seguire le mie indicazioni, abbassò lo sguardo studiando il momento più opportuno. Appena il cliente si girò per guardare la sala alle sue spalle, Sara fece cadere il tovagliolo e subito accennò a chinarsi per raccoglierlo, ma lui la fermò abbassandosi vicino alle sue gambe, e lei con una maestria degna di un’attrice fece per sistemarsi di nuovo sulla sedia, accarezzando la gamba di lui per un buon tratto, scusandosi subito con un’aria da santerellina:
‘Mi scusi, pensavo di appoggiarmi alla gamba del tavolo e invece era la sua’
Ero sicuro che troieggiare in presenza di tre maschi, obbligata e allo stesso tempo in una situazione sicura, le piacesse, potei coglierlo nella sua espressione di soddisfazione negli immediati secondi successivi al fatto.
Finimmo di pranzare ottenendo il lavoro dal committente, ci salutammo, e salimmo di nuovo in macchina per rientrare in ufficio.
Accesi la radio e volutamente non dissi niente a Sara, che era sicuramente in attesa di un feedback da parte mia. Durante il tragitto sorridevo, soddisfatto dell’esito dell’incontro, e lei approfittò per attaccare bottone:
‘Davide, le posso chiedere se &egrave soddisfatto di come &egrave andato questo incontro? Le condizioni con cui hanno confermato il lavoro sono buone?’
‘Sicuramente si poteva portare a casa qualcosa in più, soprattutto per quanto riguarda il pagamento…
Ma sono molto soddisfatto, questo &egrave un lavoro importantissimo per qualificarsi come professionisti di un certo livello. Poi, se vogliamo parlare del suo intervento all’incontro, come prevedevo &egrave stato determinante per distrarlo, quel feticista…! Ha recitato davvero bene, molto maliziosa ma mai sfacciata’
Sara sorrideva compiaciuta per aver dato il suo contributo alla riuscita dell’affare, e notandolo, le dissi:
‘Sara, la vedo soddisfatta di averci aiutato a portare a casa il lavoro… ma credo che lei sia soddisfatta anche della sua performance esibizionista…’
Lei continuava a sorridere ma non sapeva cosa rispondere in quella situazione ambigua che si stava creando…
‘Credo anche che lei sia appagata per aver eseguito quello che le avevo ordinato, e credo che questo le causi un piacere mentale profondo… forse fino ad ora nessuno glielo aveva fatto provare, ma credo che lei abbia una naturale vocazione per questo, o sbaglio?’
Lei non rispose, guardando con insistenza fuori dal finestrino, ed io con un ghigno sul volto alzai il volume della radio.
Era vero, era in una sensazione di tranquillità e appagamento data dal fatto di aver soddisfatto il suo capo che le aveva fatto delle richieste con la sua solita fermezza, che già aveva potuto apprezzare la mattina nel negozio di scarpe. Questo nuovo status di aver compiaciuto il boss le dava una leggera euforia, stava scoprendo una parte di s&egrave che non aveva mai esplorato e che la faceva sentire coerente con quanto sentiva dentro di se.
Il lunedì arrivai in ufficio tardi e trovai Sara che imprecava con il pc, lamentandosi che non vedeva il server, e non poteva quindi scaricare la posta, e questo sarebbe stato probabile anche per tutti gli altri utenti dello studio.
Essendo il più giovane, fui incaricato di risolvere il problema e contattare l’assistenza se fosse stato necessario. Andai nello sgabuzzino dove era installato e feci l’accesso, trovando effettivamente un errore nel backup che probabilmente bloccava il corretto riavvio delle varie applicazioni.
Sistemai e riavviai il tutto, stando a guardare lo schermo imbambolato che procedeva nelle varie operazioni.
Una volta terminato l’avvio, diedi una controllata alle connessioni internet, alla rete, e al sistema di gestione della posta elettronica. Avvisai Sara che tutto funzionava, che avvisasse anche gli altri.
Mi venne però una perversa illuminazione: vediamo se da qui si può vedere la posta degli altri o la cronologia… Si trova sempre qualcosa di compromettente!
La posta non era visibile se non con le password dei singoli utenti (giustamente!) ma la cronologia era stata registrata: andai a vedere solo quella che mi interessava di più, quella di Sara.
Per farla breve, fra tante pagine visitate, c’era almeno un accesso al giorno ad un sito di racconti erotici, al mattino o in pausa pranzo, e diversi accessi alla sua casella di posta privata. La sprovveduta usava l’account lasciandolo aperto, senza fare il logout ad ogni sessione, e quindi dal server ero entrato nelle cartelle del suo pc, e ovviamente del browser, da dove mi era possibile entrare direttamente nella webmail.
Vidi diverse email indirizzate ad un utente del sito di narrativa erotica, e presi in corpo tutto e inoltrai alla mia casella personale. Stessa cosa feci per la cronologia di navigazione.
Una volta nel mio ufficio, presi la cronologia e andai a visitare tutte le pagine che rimandavano a racconti erotici, per capire quali gusti avesse. Molto interessante: la ragazza fra le varie letture si capiva che prediligeva le storie in cui le protagoniste femminili venivano dominate. Lessi anche tutte le email che mi ero inoltrato, mi feci un’idea ancor più chiara della situazione: marito non molto presente, insoddisfazione a letto e voglia di trasgredire mai esplicitata, sicuramente non mi ero sbagliato di molto nelle valutazioni nei suoi confronti: stava bene nell’essere leggermente sottomessa da una controparte maschile ed era nella sua indole di compiacere il maschio.
Andai a pranzo e mi presi il tempo per pensare a cosa fare, come utilizzare queste condizioni non solo per uno scontato ricatto a sfondo sessuale, ma per far divertire anche lei che in questo clima avrebbe sicuramente trovato la strada della sua vocazione, trasformandosi definitivamente.
Decisi di lasciar passare tutta la settimana, ignorandola completamente, fino a giovedì pomeriggio quando la chiamai nel mio ufficio:
‘Sara venga qui’ e misi giù il telefono.
Lei arrivò subito, e rimase in piedi davanti alla mia scrivania, volutamente non le dissi di accomodarsi ma le chiesi di attendere qualche istante che dovevo finire un’operazione a pc.
Lasciai passare un lunghissimo minuto, con lei che friggeva in piedi in mezzo alla stanza.
‘Allora, Sara, domani probabilmente dovrebbe passare di qui un mio vecchio cliente, ma lo sapremo solamente domattina se ce lo conferma via email perch&egrave sta rientrando dalla Cina dove ha una sede, e i voli sono a rischio per il maltempo’
‘Ok, cosa dovrei fare?’
‘Mah niente nello specifico, ma si metta carina che voglio fare bella figura, quindi no ballerine n&egrave pantaloni, chiaro?’
‘Si, va bene, non si preoccupi’
‘Bene, ora vai’
Questo cliente non esisteva neppure, volevo solo prepararla all’inizio del suo declino.
Il venerdì mattina la avvisai che il cliente non sarebbe venuto, e le diedi appuntamento nel mio ufficio a mezzogiorno con una scusa.
Puntuale bussò alla mia porta e la feci entrare; gli avvocati erano in tribunale quel giorno, e gli ultimi due colleghi che erano in studio stavano andando a pranzo e li salutammo proprio quando lei stava entrando nel mio studio. Fortunatamente le condizioni erano maggiormente a mio favore.
Ero consapevole che quel momento avrebbe segnato in modo indelebile la vita di Sara, ed essendo io un perfezionista mi ero preparato una bozza di discorso, per non scordare niente ed essere incisivo.
‘Sara, si sieda pure’
‘Mi dica pure signor Ferrari’
‘Sara, ora le farò un discorso molto importante: sono sicuro di quello che le dissi al nostro primo incontro, cio&egrave che lei &egrave una brava ragazza e la sua professionalità sicuramente l’avrei potuta apprezzare col tempo.
Sono certo che la sua presenza &egrave indispensabile per il buon funzionamento di questo studio’
‘Grazie’ rispose lei, visibilmente agitata
‘Purtroppo sono venuto a conoscenza di alcune cose che non giocano a suo favore…’
‘Cio&egrave??’
‘Non mi interrompa!!!’
‘Mi scusi’ fece lei a testa bassa
‘Ho qui alcuni documenti che ora le farò vedere’ e le passai le stampe della sua cronologia di navigazione, continuando ‘Questi sono gli ultimi mesi della sua navigazione, anche se stampati in piccolo, le ho sottolineato gli accessi ad un sito che sicuramente non &egrave confacente alla sua attività in questo ufficio’
Lei era già rossa in volto e stava iniziando a tremare e respirare in modo convulso, anche se continuava a sfogliare velocemente le pagine che le avevo passato.
Ripresi: ‘come può vedere, ogni giorno c’&egrave una sottolineatura, questo vuol dire che lei &egrave un’abitudinaria di quel sito ma spesso l’orario di accesso corrisponde con l’orario di lavoro. Lei sa cosa significa una cosa del genere?’
Le lacrime iniziavano a rigarle il volto, cadendo sui fogli e non osava neppure alzare lo sguardo verso di me.
‘Non ha niente da dire a riguardo?’
Fece cenno negativo con la testa, continuando a singhiozzare, avendo intuito in che guaio si fosse cacciata agendo con leggerezza.
‘Credo che gli altri associati a questo studio debbano sapere’
‘No, la prego!’ disse lei piangendo ormai a dirotto ‘le prometto che non ci andrò più!’
‘Le promesse su una cosa del genere non valgono niente, quello che &egrave fatto &egrave fatto!’
‘No, dai, la prego, non lo farò più!’
E mi dedicai nuovamente al pc, lasciandola piangere.
Lanciai la prossima stampa che avevo preparato, era un compendio delle sue email, avevo scelto quelle più significative e avevo sottolineato gli orari in cui erano state spedite
Le porsi un fazzoletto, si asciugò e cercò di darsi una sistemata, ma continuava a singhiozzare, era proprio sconvolta.
‘Adesso…. mi licenzierete… come faccio… io….’
‘Sara, poteva pensarci prima, ora dovrà andare a casa e spiegare a suo marito anche il motivo del licenziamento. Legga anche questa pagina’ e le porsi un foglio.

Lunedì 15 dicembre, 10:24

dopo un avventura durante un’estate di qualche anno fa, le mie fantasie
si sono accese, le mie voglie anche e adesso mi rammarico di non aver avuto
altre esperienze e conoscenze che mi avrebbero permesso di essere più
soddisfatta.Naturalmente non posso confessare queste cose a mio marito, non
capirebbe e sarei costretta a confessargli quale episodio ha scatenato queste
mie voglie ….ed essendo gelosissimo figuriamoci se capirebbe.
Per questo mi ritrovo ad immaginarmi preda di uno o più marpioni che si
approfittano di me, colpendomi proprio nelle mie debolezze, con inganni
o tranelli o ricatti….per cui non ti fare problemi, non penso che nessuna cosa
tu scriverai mi potrà far altro che eccitare. Mi piace sicuramente immaginarmi
dominata (in maniera soft) da un vero maschio, che mi spinge a fare cose mai
fatte prima (tipo rapporti con altri sconosciuti, oppure andare a casa
ricoperta del loro sperma)…e mi piace anche immaginare di sentirmi
apostrofata in una certa maniera (tipo ecco la brava mogliettina tutta dolce
che invece riesce a prendere questi cazzi dopo essersi fatta sfondare)…mi
piacerebbe implorare “basta”,ma dopo numerosi affondi arrivare a godere come
mai prima e chiederne ancora, salvo poi piangere alla fine non appena divento
consapevole di quello che ho fatto….giurando che non succederà mai più…mai
poi…

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Giovedì 18 dicembre, 15.46

mentre ero in un locale a festeggiare con una mia amica, sono stata tampinata
per tutta la sera da un tipo veramente intrigante, molto elegante e educato, ma
simpaticissimo e che riusciva a farmi ridere (io adoro questo tipo d’uomo) e
alla fine &egrave riuscito a passare ad argomenti più spinti sempre però senza cadere
nel banale e offensivo…insomma, mi ha convinta, a fine serata, a farmi
riaccompagnare in macchina da lui…io ho trovato una scusa con le mie amiche
(ero naturalmente già fidanzata) e sono uscita insieme a lui…mi
ha riaccompagnato vicino casa e qui si &egrave fermato…mentre guidava la sua mano
aveva provato più volte a toccarmi le cosce (e anche qualcos’altro)ma io mi ero
sempre ritirata, ma ridendo…una volta fermi si &egrave fatto più insistente, ma
sempre senza esagerare…e anche le mie lamentele non erano granch&egrave (lo
riconosco, il tipo mi piaceva e in quel momento non stavo pensando al mio
ragazzo) fatto sta che dopo un pò ho permesso a lui di toccarmi e dopo un pò
anche io toccavo lui…siamo finiti a masturbarci a vicenda…e lui insisteva
affinch&egrave glielo prendessi in bocca…lo ammetto…dopo che lui mi ha fatto
venire, un pò gliel’ho leccato….ma poi lui &egrave venuto e quando ho sentito il
suo seme sulla mia mano, mi sono come destata dal torpore in cui ero caduta…
mi sono ricomposta e sono scappata via….

Lesse solo poche righe e riesplose in un pianto disperato; oltre a minare il suo lavoro in quel momento mettevo anche a repentaglio il suo matrimonio.
‘Quindi oltre a leggere cose sconce, scrive anche delle sue perversioni durante l’orario di lavoro! Bene!’
Lasciai passare un po’ di tempo e ripresi:
‘Si dia un contegno, non siamo a scuola, siamo al lavoro, e lei ha una certa età, si prenda la responsabilità delle sue azioni!’
Lei continuava a guardare in basso e non diceva niente, si asciugava solamente il naso con il fazzoletto appallottolato nella mano.
‘Ora lei si prende un pomeriggio di ferie, avviso io gli altri che durante la pausa non stava bene, così ha il tempo per calmarsi prima del rientro di suo marito, ma avrà anche tutto il weekend per pensare alle sue azioni e alle conseguenze’
Presi un mio biglietto da visita, lo girai e scrissi in corsivo: ‘Ad ogni problema c’&egrave una soluzione’ e glielo porsi.
‘Quando avrà pensato se c’&egrave qualcosa che può farmi cambiare idea sull’informare i colleghi e far arrivare queste email a suo marito, mi mandi pure un messaggio’

Sara si prese il pomeriggio per se: un bagno caldo per rilassarsi, un pranzo veloce, divano, pensando a cosa fare e cosa dire a suo marito e al signor Ferrari, che anche se poteva essere un bastardo a ricattarla, aveva pienamente ragione, in quei momenti che si era presa all’interno dell’orario lavorativo non era la sua testa che ragionava, ma i suoi ormoni in fermento da qualche mese.
Cazzo! non si riconosceva quasi per questo errore fatale che aveva commesso.
Riprese in mano il bigliettino da visita con la scritta ‘ad ogni problema c’&egrave una soluzione’ e si fece coraggio, non poteva permettersi di perdere il lavoro, tanto più in questo periodo, e poi non voleva assolutamente che venisse generato un casino con suo marito, che non l’avrebbe riconosciuta da quelle email e sicuramente l’avrebbe cacciata di casa come la peggiore delle fedifraghe, sputtanandola con gli amici comuni e la sua famiglia!
Facendo appello alla sua troiaggine in erba, pensò che forse avrebbe potuto sistemare tutto accucciandosi sotto la scrivania del signor Ferrari, facendogli dimenticare progressivamente le sue colpe, ma non sarebbe mai riuscita a chiamarlo o ad affrontarlo di persona per proporgli quella soluzione.
Pensò che non era la classica segretaria succhiacazzi che cerca di ingraziarsi il capo con favori sessuali, e neppure voleva diventarlo, anche perch&egrave questo poi avrebbe potuto pretendere pompini a vita in cambio del suo silenzio, e poi un giorno avrebbe potuto anche chiederle di più.
Per quanto schifo le facesse questa situazione di ricatto sessuale in cui rischiava di mettersi, si accorse che le sue gambe si stringevano per dare sollievo alla sua passerina formicolante, e subito si vergognò di questo, ma capì che questo effetto glielo aveva generato l’immagine di lei sotto la scrivania intenta a mungere un fallo di notevoli dimensioni, che apparteneva proprio a quel bell’uomo che le aveva comprato le scarpe e l’aveva accompagnata a pranzo.
Scacciò quel pensiero riportandosi da sola alla realtà, alzandosi e andando alla finestra, pensando ancora ad altre soluzioni per togliersi da quella situazione paludosa.
Il pomeriggio stava per finire, e non voleva assolutamente passare tutto il weekend con il dubbio atroce sul futuro della sua vita di coppia e lavorativa.
Si rassegnò e decise di chiedere al signor Ferrari quale poteva essere il pegno da pagare per cancellare tutto. Non aveva alternativa.
Prese il telefonino, scelse il contatto e iniziò a scrivere: ‘Buonasera Andrea, ho pensato tutto il pomeriggio a quello che ho fatto e vorrei sapere se c’&egrave un modo per rimediare, mi affido alla sua esperienza e al suo buonsenso. Grazie Sara’

Dopo qualche minuto le risposi:
‘Dato che tu hai portato la tua vita privata nel luogo di lavoro, io porterò la mia autorità lavorativa nella tua vita privata, in tutti gli aspetti, condizionandola insindacabilmente. D’ora in poi ti darò del tu e tu continuerai a darmi del lei. Potrai solo chiedere chiarimenti alle mie indicazioni, e mai ribattere a quanto ti verrà ordinato.
Attendo tua conferma che &egrave tutto chiaro e che accetti le condizioni’
‘Si, &egrave tutto chiaro, accetto’
‘Bene, domenica sera ti farò sapere come dovrai vestirti lunedì.’

Domenica sera, prima di cena, le inviai il primo messaggio:
‘Domani tacchi, piedi nudi, jeans attillati e scollatura bene in vista’
Il lunedì Sara si presentò come le avevo richiesto, mettendomi di buon umore. Quando arrivò in ufficio io ero già lì e lei vedendo le luci accese, mi chiamò:
‘Signor Ferrari, buongiorno, volevo sapere se devo venire a farle vedere che mi sono vestita come richiesto oppure passa lei quando le viene più comodo?’
‘Vieni tu qui fra una mezz’ora e portami un caff&egrave’
‘Va bene, a dopo’
Era tremendamente sexy con la sua voce così accondiscendente, sapendo anche che non avrebbe potuto ribellarsi.
Quando entrò in ufficio faceva bella figura, il jeans le fasciava abbastanza bene le gambe, le scarpe la slanciavano, e la camicetta con cardigan lasciavano intravedere l’inizio del decolt&egrave.
Mi porse il caff&egrave sul tavolo e le dissi:
‘Bene Sara, ha eseguito alla lettera, ma la scollatura &egrave insufficiente. Avanti, sbottoni almento un paio di bottoni, voglio vedere tutto il taglio fra le tette. Spero che abbia un reggiseno presentabile’
E con la testa bassa, dopo qualche istante di esitazione Sara sbottonò la camicia come richiesto, facendo vedere bene le sue giovani bocce e il reggiseno, che fortunatamente era carino. Poi mi guardò, attendendo la mia approvazione.
La giornata passò normalmente, ma il suo abbigliamento decisamente più trasgressivo non passò inosservato ai colleghi, che apprezzarono questo suo cambiamento, chiedendomi se sapevo qualcosa, ma io negai, facendo degli apprezzamenti a mia volta.
Al termine del pomeriggio, la chiamai nel mio ufficio.
‘Sara, domani ti vestirai con una minigonna che non deve superare metà coscia, voglio che metti in mostra quelle gambe che hai, sennò mi incazzo!’
‘Va bene, va bene…. Altro?’
‘No, &egrave sufficiente così per i vestiti, ma voglio un trucco meno da brava ragazza, dai! Su! Impegnati!’
‘Va bene signor Ferrari, a domani’

Il martedì eseguì come da indicazione, e appena arrivò in ufficio venne direttamente a farmi vedere come era vestita.
‘Eccomi sig.Ferrari, va bene la gonna?’
‘Fai un giro, vediamo come ti sta’
Ammirai le sue gambe e le diedi conferma che poteva andare.
Anche quel giorno alcuni colleghi le fecero dei complimenti per le gambe che aveva messo in mostra, e questo la fece arrossire, ma anche sentire fiera del suo corpo e dell’effetto che faceva sugli uomini.
La sera venne direttamente senza che la chiamassi. Bussò e la feci entrare.
‘Signor Ferrari? Domani come devo vestirmi?’
Le diedi le indicazioni per il giorno successivo, volevo vedere le sue tette completamente in mostra, e avrebbero dovuto vederle anche gli altri.
Mercoledì si presentò con un balconcino di tutto rispetto, e gradevole alla vista di tutti, che commentarono nell’arco della giornata.
Il giovedì le ordinai di indossare un vestito aderente e che non ci fosse reggiseno, volevo vedere i suoi capezzoli ballonzolare quando si muoveva
Anche quel giorno eseguì obbediente la richiesta.

La sera, la convocai come il solito:
‘Domani voglio vedere un vestito molto attillato e corto, sempre tacchi ma autoreggenti’
‘Scusi?’ fece lei con un tono incredulo
‘Si, hai capito bene, avevi forse da ridire?’
‘No, no, volevo solo essere sicura di aver capito…’ disse ritornando al suo tono accomodante ‘solo che non so come giustificare a mio marito questo abbigliamento, già ieri sera ha visto che preparavo i vestiti abbiamo discusso e alla fine litigato per la gonna troppo corta’
‘Sara, questi sono affari suoi, veda di prepararsi adeguatamente per domani, il resto a me non interessa’
‘Va bene, buonasera’ e rassegnata uscì dall’ufficio

L’indomani arrivai in ufficio e lei era già lì al suo posto, mi fermai davanti alla sua scrivania:
‘Vediamo se hai eseguito… ‘ e mi abbassai per guardarle le gambe, ma il bordo dell’autoreggente non si vedeva. Al che la guardai e le dissi: ‘Allora???’
Non sapeva cosa fare, si sentiva a disagio a mostrarsi, ma il mio sguardo insistente non le lasciava scampo.
Si sistemò sulla sedia facendo salire l’abito quel tanto da mostrare la balza in pizzo delle calze. Io presi in mano il cellulare e le feci una foto all’istante. Lei mi guardò perplessa e arrabbiata per il gesto, ma non osò dire niente.
Entrai nel mio ufficio e la chiamai a metà mattina per farmi portare un caff&egrave, ero l’unico nello studio che se lo faceva portare, a insaputa di tutti gli altri che se lo andavano a prendere da soli.
Quando entrò nel mio ufficio con il bicchierino in mano, le dissi:
‘Appoggia pure qui e poi vieni qui vicino che guardiamo insieme questa fattura, non capisco una cosa’
La richiesta la fece trasalire, ma suo malgrado girò dietro la scrivania e attese che io sorseggiassi il caff&egrave, dopodich&egrave ad un mio gesto si avvicinò alla mia poltrona, in evidente imbarazzo. Sapeva di essere più nuda dei giorni precedenti, e questo la faceva sentire indifesa.
‘Adesso appoggia i gomiti sulla scrivania, così leggerai meglio per me questo racconto, e intanto io potrò guardarti il culo… poi vedremo cosa fare…’
Lei mi guardò sperando che desistessi dalla mia richiesta, ma fui chiaro:
‘Ricordati che devi fare tutto quello che dico, altrimenti…’
Sul pc avevo aperto una pagina del sito di racconti erotici che lei solitamente guardava, e avevo scelto un tema di suo interesse.
E così dopo una inziale titubanza sbloccata da un mio leggero schiaffo su un suo gluteo, iniziò a leggere il racconto a bassa voce, mentre io mi ero messo comodo sulla poltrona.
Dopo qualche paragrafo, le misi una mano sulla chiappa, e iniziai a massaggiarla solo superficialmente; contemporaneamente nel racconto si stavano descrivendo le scene di un amplesso.
Sentii la sua voce farsi tremolante.
Sicuramente il racconto non le dispiaceva, continuava a bagnarsi le labbra fra una frase e l’altra, spostava il peso da una gamba all’altra stringendo le cosce, era eccitata.
‘Ti piace questo racconto, dì la verità!’
Lei non rispose e le diedi uno schiaffo sul culo ‘Rispondi! Troia!’
‘Si, mi piace’ disse piano
‘Sicuramente ti stai bagnando… sentiamo…’
Le infilai rapido una mano sotto il vestito, e non avendo la barriera dei collant, sentii il calore fra le cosce che si trasformava in umidità a contatto con il tessuto della mutandina
‘mmh mmmmh, senti qui sta cagnetta tutta bagnata… Dai, continua a leggere! Puttanella…’
E appena riprese a leggere inziai a toccarla attraverso le mutandine, sentendo una bella gnocca gonfia di eccitazione.
Le scappò un sospiro quando toccai evidentemente il clitoride, al che decisi di scostare la mutandina ed entrare dentro di lei con due dita, senza tanti complimenti, mentre le sfioravo il clitoride ad ogni affondo con le dita rimaste fuori. Smise di leggere e appoggiò la faccia sul tavolo, era un lago.
‘Brutta troietta, se avevi voglia di essere sgrillettata bastava chiedere!’ e aumentai il ritmo.
Iniziò ad ansimare, e a venire incontro all’andirivieni delle mie dita dentro di lei.
Avevo tutta la mano bagnata, stava sbrodolando di brutto quella zoccola!
Con una voce flebile, si girò verso di me dicendo:
‘Signor Ferrari, la prego, sto per venire, non si fermi!’
E immediatamente io estrassi la mia mano, lasciandola interdetta.
‘ma, ma….’
‘Se vuoi godere mi devi pregare, altrimenti mi fermo’
‘La prego, mi faccia godere, non ce la faccio più’
E ricominciai a masturbarla come prima.
‘Cosa sei? Solo una cagna che ha bisogno di cazzo, dai ripetilo!’
‘Si, sono una cagna che vuole il cazzo…’
‘Di nuovo e ad alta voce!’
‘Sono una cagna… mmmm mmmmm che vuole il cazzo…. Oh, si, si si vengo, vengo!’ disse ansimando, e iniziò a stringermi le dita con le contrazioni della sua intimità, spingendo indietro il culo perch&egrave entrassi di più in lei.
L’orgasmo la fece tremare e si accasciò sulla scrivania, lasciando la figa slabbrata e rossa in bella mostra verso di me.
Dopo poco si riprese, e gli ansimi furono sostituiti dai singhiozzi di un pianto sommesso:
‘Oddio, cosa ho fatto….. sono proprio una poco di buono….. non avrei dovuto accettare di starle vicino… &egrave vero che la carne &egrave debole, mi sentro proprio…’
‘Ti senti un po’ troia? E’ la parola che volevi dire? Beh fai bene, senti qui come me lo hai fatto ingrossare!’ e le presi una mano con decisione, appoggiandola sul mio pacco gonfio e facendole sentire la durezza del cazzo in tutta la sua lunghezza.
‘Sentito??’
Lei sbarrò gli occhi e si mise l’altra mano davanti alla bocca per la sorpresa, rimanendo come imbambolata.
‘Più avanti te lo faccio sentire tutto dentro se ti comporti bene….. vedrai che ti piacerà…. tu un cazzo così non lo hai ancora provato. Quello di tuo marito dopo non lo sentirai neanche più quando te lo metterà!’
Lei cercò di divincolarsi dalla mia presa, e anche se cercava di controllarsi, scappò dall’ufficio scossa.

Il venerdì sera intorno alle otto mandai un sms a Sara:
‘Ti sei asciugata prima di montare in auto prima?’
E alle dieci non aveva ancora risposto.
Le feci uno squillo, consapevole del rischio che avrebbe corso a casa, se per esempio avessi deciso di chiamarla a quell’ora.
Capì che quello era un richiamo per la sua inadempienza, e mi rispose:
‘Si’
‘Bene, non permetterti più di non rispondermi quando ti chiedo qualcosa’
Non le scrissi altro, lasciandola in sospeso fino a sabato, quando nel primo pomeriggio le scrissi:
‘La prossima settimana potrai venire a lavoro vestita come vorrai ma sempre con tacchi’
‘Va bene, grazie’
Ovviamente quella non era la mia vera richiesta, quindi continuai a torturarla via sms:
‘Non penserai che quello &egrave il programma della prossima settimana?’
‘Mi dica pure il resto’
‘Voglio andare ogni sera a casa rilassato, e il mio pene dovrà avere ogni sera un colore diverso’
‘Cio&egrave?’
‘Brutta scema, me lo dovrai succhiare ogni sera, e voglio che ogni giorno tu abbia un rossetto diverso’
Non rispose neppure questa volta, così dopo dieci minuti la chiamai, ma non rispondeva.
Sicuramente aveva messo silenzioso… Tornai a chiamare subito e non rispose ugualmente.
Appena chiusi la chiamata, mi arrivò il suo messaggio:
‘Va bene ;-(‘
Pensai: ti faccio vedere io cosa sono delle vere lacrime, a forza di spingertelo in gola!
In quel momento mi scoprii eccitato da quella immagine che mi si prospettava per la settimana a venire, così decisi di tirarmelo fuori, menarlo un pochino e appena fu al suo massimo, presi il cellulare e feci due foto al mio manganello in tiro, davanti e di lato.
Mandai subito un messaggio di uozapp a Sara:
‘Pensa che bello, nascosto tutto nella tua bocca…’
e subito le allegai le due foto che avevo fatto.
Anche se la situazione ricattatoria le faceva ancora schifo, di sicuro vedere il mio cazzo per la prima volta non l’aveva lasciata indifferente, infatti mi rispose con un emoticon dagli occhi sbarrati di sorpresa e uno con la gocciolina di sudore sulla fronte…
La situazione mi aveva scaldato, quindi le risposi:
‘Muoviti, vai a comprare i rossetti, zoccola! Li voglio vedere tutti belli nuovi nel tuo cassetto lunedì, tutti della stessa marca così sceglierò il colore a sorpresa, te lo metterai davanti a me solo in quel momento e lo terrai tutto il giorno, fino alla sera.’
‘Ok’

Venne il lunedì ed entrai con un ghigno in ufficio, guardando Sara dritto negli occhi:
‘Buongiorno Sara, come va? Passato bene il weekend?’
‘Si, signor Ferrari’
‘Fatto shopping?’
‘Si, si, sono stata in centro e ho fatto compere’
‘Bene, mi faccia vedere’
E arretrò con la sedia, tirando anche il cassetto al suo fianco, dove si vedevano bene in riga i 5 rossetti.
‘Oggi direi il primo verso di lei’
Lei lo prese e lo aprì con cura, avvicinandolo alle labbra. Si fermò, mi guardò negli occhi, e con fare da vera troia si passò il rossetto più volte sulle labbra, ottenendo un bell’effetto.
‘Bene, il colore del giorno &egrave rosa. Non &egrave il mio preferito ma va bene per iniziare la settimana. La aspetto nel in ufficio con il mio caff&egrave fra quindici minuti.’
Quando entrò in ufficio era confusa, pensava forse che avrei anticipato l’ora della sua penitenza, ma la rassicurai:
‘Sara non si preoccupi, io sono uno di parola, si rilassi pure perch&egrave fino a stasera sarà una giornata normale per lei’ e continuai dandole dei compiti d’ufficio da eseguire nella giornata.
La giornata passò tranquilla. Nel tardo pomeriggio andai in bagno e mi rinfrescai l’uccello; poi alle diciotto in punto, orario in cui staccava, la chiamai nel mio ufficio.
Lei era in evidente imbarazzo, appena entrata rimase sulla porta.
‘Chiudi la porta a chiave, non vorrai mica che i tuoi capi vedano qual’&egrave il tuo hobby!?’
Si girò, chiuse la porta e si avvicinò alla mia scrivania con la testa bassa, rimanendo in piedi in attesa delle mie indicazioni.
Io scostai la poltrona dalla scrivania e mi girai di lato, accomodandomi meglio sulla sedia.
‘Cosa aspetti? Metti giù le tue cose e vieni qui! Non dovrò mica dirti tutto io?!’
Appoggiò borsetta e cappotto sulla sedia e girò attorno alla scrivania, trovandosi di fronte a me.
‘Allora? Cosa aspetti? O ti dai una mossa o il mio silenzio ti costerà molto di più!’
Si inginocchiò, io nel frattempo aprii le gambe, e lei avanzò accucciandosi fra i miei piedi, poi mi guardò negli occhi come a supplicarmi di non farglielo fare, ma io distolsi lo sguardo slacciandomi la cintura e le dissi:
‘E’ inutile che fai tanto la schizzinosa, a tutte le donne piace il cazzo, e ancor di più avere in bocca quello del proprio capo.’
Sempre in silenzio timidamente allungò le mani sopra la mia cerniera e la abbassò, sciolse anche il bottone, e scoprì i boxer, che si stavano lentamente gonfiando.
‘No, voglio che me lo succhi tirandolo fuori dalla cerniera, e muoviti prima che diventi duro’
Mi riabbottonai e feci uscire col suo aiuto il cazzo mezzo duro dal buco della cerniera.
Non era ancora duro e lei lo prese in mano, scappellandolo lentamente, e mise subito le labbra sopra, inghiottendolo senza nessuna sensualità e chiudendo gli occhi
‘Ehi, vedi di succhiarmelo con passione, non come un robot!’ e le presi la nuca, dandole un ritmo che mi piaceva.
Dopo i primi minuti, il meccanismo era ben lubrificato e lei iniziava a sciogliersi, sicuramente la femmina che era in lei era consapevole di trovarsi a soddisfare il suo maschio dominante, e aprofittai per apprezzarla e apostrofarla allo stesso tempo:
‘Eh, tutta impacciata all’inizio ma adesso vai su e giù bene vedo!’
Lei continuava regolare.
‘Si, si, sei capace di succhiare, senti che labbra e che bocca! Mi hai lasciato il rossetto sul cazzo? Controlla!’
E così fu costretta ad aprire gli occhi.
‘Ti avevo detto come volevo andare a casa queste sere… vedi di impegnarti!’
E iniziò ad aumentare la profondità delle succhiate, muovendo le labbra in fondo all’asta, lasciandomi così delle tracce del suo rossetto rosa.
‘Brava la mia puttanella… vedi che se vuoi sai soddisfare le mie richieste e rendermi felice!? Continua!’
Ripresi a dirle sconcerie, e vedevo che servivano a farla rimanere su di giri.
‘Ora voglio sentire la tua gola quanto &egrave profonda…’
E lei subito andò a succhiare a fondo, ma senza inghiottirmi la cappella come volevo io.
‘Questo non &egrave prendere il cazzo in gola, questo &egrave solo succhiare fino in fondo. Adesso ti spiego’
E appoggiai le mie mani dietro la sua nuca, praticamente intrappolandola. Lei se ne accorse e per un attimo cercò di liberarsi, senza successo.
Iniziai a tirarla sempre più verso di me, cosicch&egrave era costretta a succhiare in poco spazio, quasi soffocando.
‘Ora stai ferma e respira col naso’ e la tirai a me piano, sentendo la cappella aderire alla sua gola.
Mi stava scoppiando.
‘Stai calma, respira piano’ le dissi rassicurandola, e continuai a spingere finch&egrave non lo aveva inghiottito tutto, e a quel punto iniziai ad andare dentro e fuori di poco, lasciandoglielo in gola.
Iniziò ad avere gli occhi colmi di lacrime per lo sforzo, ma per fortuna era portata a questa attività, infatti non aveva nessun conato con il mio palo di carne piantato in gola.
‘Bravissima, sapevo che avevi la stoffa per diventare una vera scrofa da ufficio, senti qui!’
E smisi di piantarglielo in gola.
‘Prova superata, ora finisci di succhiarmelo, e vedi di bere tutto’
Lei richiuse gli occhi e si dedicò a farmi venire con tutte le sue capacità, evidentemente voleva finire prima possibile, e la accontentai, in fondo era solo la prima sera!
Mi lasciai andare e dopo poche pompate le scaricai in bocca tutti i miei schizzi di sborra bollente.
Lei rallentò e rimase attaccata con le labbra finch&egrave i miei spasmi finirono, al che si staccò e deglutì, con un espressione di ribrezzo che però durò poco sul suo volto.
Aprì gli occhi e attese un mio cenno per alzarsi.
‘Lo so che anche se eri obbligata a succhiare, in fondo ti &egrave piaciuto. Sii sincera, ora sei bagnata, vero?’
Lei non voleva rispondere, l’avevo colta in flagrante.
‘Ricordati che le bugie hanno le gambe corte! Non te lo dicevano da piccola?’
‘Si…’
‘E allora, devo controllare o mi confermi da sola che la tua patatina &egrave tutta bagnata?’
‘Ha ragione’ disse a testa bassa
La tenni sulle spine per degli interminabili secondi…
‘Sei stata brava e anche sincera, ora puoi andare, buona serata!’
‘Buonasera sig.Ferrari’

I giorni successivi si ripeterono uguali, solo con labbra di colore diverso. Lei prese confidenza e alla fine della settimana fu totalmente autonoma in tutta l’operazione, con mio sommo gradimento.
Solo uno sforzo dovetti fare per mantenerla su di giri, insultarla sempre con aggettivi volgari, e questo mi garantiva il suo impegno nella prestazione. Sapere di essere una succhiacazzi non era come sentirselo dire dal proprio capo!

Ero proprio rilassato, dopo una settimana regolarmente munto da quella puttanella della mia segretaria, la mia mente era libera e distesa, e passai un sabato fantastico con degli amici sulla neve.
Approfittai anche di mostrare loro qualche foto, le autoreggenti, il suo culo, lei inginocchiata che succhiava il giorno del rossetto rosso… e loro ovviamente gradirono non poco, esprimendo la loro invidia e apprezzando pesantemente quella ragazza che non si poteva intuire chi fosse, ma le cui forme erano di sicuro interesse.
Il pomeriggio quando rientravamo verso casa, mi arrivò un messaggio di Sara:
‘Buon pomeriggio signor Ferrari, scusi se la disturbo. Volevo sapere se devo acquistare qualcosa per la prossima settimana, perch&egrave domani sarò impegnata tutto il giorno con una cerimonia. Grazie’
Avrei voluto punirla, perch&egrave lei avrebbe dovuto solo attendere le mie istruzioni, ma da un lato apprezzai il suo preoccuparsi in anticipo di poter eseguire eventuali richieste, segno che si stava assoggettando ai miei voleri in modo accondiscendente.
‘Sara, sei una brava troietta se ti preoccupi di soddisfare le mie richieste ancor prima che le faccio. Non preoccuparti, non serve comprare niente per la prossima settimana’
‘Grazie, buona serata.’
‘A che ora hai la cerimonia domani?’
‘Alle 11′
Non le risposi più, ma lei non rischiò di chiedere nulla.
La domenica mattina mi svegliai, andai a fare una breve corsa e poi feci colazione.
Ancora accaldato mi spogliai e mi diressi verso la doccia nudo. Guardandomi allo specchio decisi di regolare i miei peli pubici, e di eliminare quelli che spuntavano alla base del pene e sulle palle.
Mentre facevo queste operazioni di toelettatura maschile, con il mio membro barzotto, decisi di farmi delle foto. Mi stuzzicai un po’ e una volta in tiro ne feci altre, selezionandole poi sul cellulare.
Puntuale, alle 10.30, iniziai ad inviarle a Sara, ad intervalli di cinque minuti una dall’altra, sperando che lei fosse in compagnia del suo maritino, che non immaginava minimamente che tipo di immagini stavano turbando la mente della sua donna. Dopo l’ultima alle 10.50, scrissi:
‘Buona cerimonia mentre pensi al mio manganello’
Lei rispose solo ‘grazie’
Verso le 14.00, sicuramente a pranzo da qualche parte, le scrissi nuovamente:
‘Vai in bagno e fammi vedere che biancheria hai indossato oggi per l’occasione. Hai tempo mezz’ora’
Dopo una ventina di minuti mi arrivarono un paio di foto di lei mezza spogliata, in cui si vedeva il suo intimo.
Senza dilungarmi in descrizioni posso dire che era sicuramente interessante, per nulla da sfigata, perizoma e reggiseno minimal, rosa lucido.
La sera alle otto le scrissi ancora:
‘La prossima settimana imbiancheremo l’ufficio, quindi sarà possibile che arrivi a casa macchiata, avvisa tuo marito’
‘Va bene’

Il lunedi arrivai in studio ed ero al cellulare, salutai Sara velocemente ed entrai nel mio ufficio, e puntualmente lei dopo un quarto d’ora entrò sorridente portandomi il caff&egrave.
‘Grazie Sara, che gentile!’
‘Signor Ferrari, ma davvero devono venire a dipingere l’ufficio?’
‘Ma no scema, con quello che ti ho detto intendevo anticiparti la penitenza della settimana…’
‘Cio&egrave?’
‘Cio&egrave…. lo vedrai dopo. Vieni da me quando arrivo dopo pranzo e vedremo cosa fare’
Rientrai dopo pranzo e le dissi di aspettare che l’avrei chiamata io. Dopo qualche minuto le dissi di raggiungermi.
‘Siediti qui accanto a me (avevo preparato due sedie) e leggiamo questo racconto ad alta voce’
Lei diventò rossa, ma lentamente venne al mio fianco e si sedette.
‘Coraggio, inizia!’
Avevo scelto un racconto breve, per ridurre al minimo i tempi di permanenza nel mio ufficio.
Quando finì di leggere, era visibilmente accaldata, e le dissi:
‘Questa settimana andrai a casa ogni sera con un po’ del mio seme addosso, quindi preparati senza fare storie, e penso che leggere ogni giorno un racconto possa creare la giusta atmosfera’
Mi alzai in piedi e le misi una mano sulla spalla per farla restare seduta.
Calai i pantaloni e tirai fuori l’uccello già duro, lo presi in mano e iniziai a menarmelo.
‘Ora scelgo dove venire, e tu non potrai pulirti finch&egrave non arriverai a casa, chiaro?’
‘Ma… io…’
‘Ma io un cazzo, se non ti va bene sai quali sono le conseguenze’
‘Si, ha ragione’
‘E poi vedrai che sentire un liquido caldo sulla pelle &egrave piacevole, come un olio per i massaggi’
Lei abbassò la testa rassegnata, attendendo la mia successiva indicazione.
Pensai un attimo dove venire, sempre menandomelo lentamente, e poi le dissi:
‘Adesso lo prendi in mano tu così accelleriamo il tutto. Dai, menamelo per bene!’
E la sua mano impugnò l’asta facendo su e giù in modo meccanico, ma subito la ripresi dandole qualche indicazione e migliorò la sua performance.
Quando l’arrivo si avvicinò, ripresi in mano il mio attrezzo lasciandola sorpresa:
‘Sbottonati la camicetta, fammi vedere di che colore &egrave il reggiseno che hai oggi’
Lei eseguì, e io mi avvicinai a lei, me lo stavo menando all’altezza del suo collo.
‘Tieni aperti i bordi della camicia, non vorrai stare tutto il pomeriggio con delle macchie che tutti vedono! Solo tu dovrai sapere che sei sporca del mio seme, e sentirti una maiala’
Accellerai lo smanettamento e mi avvicinai più possibile puntanto in mezzo alle tette: eiaculai ad alta pressione, e tutto il suo decolt&egrave fu riempito di schizzi, il reggiseno pure, e subito gli schizzi più abbondanti inziarono a colare dentro al reggiseno, e poi passando in mezzo alle tette giù verso l’ombelico.
L’avevo osservata con attenzione: non aveva distolto un attimo lo sguardo dal mio uccello, e al momento dell’eruzione aveva un mezzo sorriso di soddisfazione, che tradiva la sua apparente freddezza.
Mi asciugai delle ultime gocce strusciando la cappella sul reggiseno, e le feci subito una foto col cellulare mentre lei cercava di pulirsi, ma la ripresi:
‘Richiudi la camicetta e torna al tuo posto, non azzardarti ad andare in bagno!’
Si ricompose per quanto possibile, ma la camicetta se guardata bene rivelava delle macchie umide.
Il giorno dopo ripetemmo l’esperienza, allo stesso modo del giorno prima, ma le feci togliere prima il reggiseno, rimanendo completamente a petto nudo in mezzo all’ufficio. Stessa procedura, ma i miei schizzi bollenti colarono tutti sulla pancia andando a finire all’attaccatura dei suoi jeans, qualcosa entrò probabilmente, qualcosa sbordò, ma ugualmente le intimai di rimettere su il maglione così come si trovava.
A metà pomeriggio passai a chiederle come andava:
‘Sara, tutto bene oggi pomeriggio?’
Le porte di un paio di uffici erano aperte, quindi doveva parlare piano, ma sicuramente la situazione rendeva tutto più intrigante.
‘Si, si, tutto bene’
‘Non ti senti appiccicosa?’
‘Ho deciso di spalmare tutto in modo che si asciugasse prima, e adesso va meglio’
‘Bene, domani metti un bel perizoma nero che cambiamo obbiettivo’
Lei sbarrò gli occhi, non sapeva cosa dire, ma il mio sguardo sadico la fulminò, rimettendola al suo posto.
L’indomani dopo pranzo la chiamai, e leggemmo un ulteriore racconto che le piacque particolarmente perch&egrave vidi che si agitava spesso sulla sedia mentre me lo leggeva.
Terminato, le dissi di appoggiarsi sulla scrivania rimanendo in piedi, aprire la cerniera dei suoi pantaloni senza calarli.
Essendo di poco più alto di lei, estrassi l’uccello e lo infilai dentro i suoi jeans blu scuro, a contatto con le sue chiappe e con il perizoma nero che aveva indossato.
Lei girò la testa e mi guardò con un misto di eccitazione e di paura, io le sorrisi e tenendola per un fianco iniziai a muoverla affinch&egrave i tessuti e la sua pelle scorressero sulla mia cappella bollente.
Questa cosa mi piaceva, e lei se ne accorse:
‘Ma &egrave caldissimo!’
Io accellerai il ritmo, e lei mi assecondava, segno che queste pratiche iniziavano a piacerle.
‘MMM vengo!’ e dopo pochi sfregamenti le contrazioni scaricarono tutto il liquido bollente fra i pantaloni, il perizoma e le sue tonde natiche.
Lei si lasciò scappare un gemito di approvazione…
‘Hai proprio un bel culo! Mi sa che prima o poi te lo ripasso…’ le dissi mentre ritiravo il mio attrezzo.
Lei esterefatta si voltò a guardarmi senza dire niente, e io approfittai per richiuderle i jeans e conservare il tutto al suo posto.
‘Oggi pomeriggio pensa al mio cazzo bollente ogni volta che ti siedi, e pensa anche a quanto ti &egrave piaciuto sfregartelo sul culo…’
Gli ultimi due giorni della settimana ripetemmo la deposizione del mio seme sulle sue natiche e anche davanti al suo perizoma, che avevo voluto sempre nero per aumentare la visibilità dei residui.
Il suo monte di venere era gonfio, ma questo gonfiore era dovuto all’enorme quantità di peli, che trovai strana per una della sua età, che altresì aveva della lingerie di buon gusto, ma questo mi diede l’idea per escogitare qualcosa per la settimana successiva…

‘Sara, questa settimana lascerò a riposo la tua passera sbrodolosa”
Lei mi guardò con aria interrogativa, aspettando la continuazione.
“Si, ho degli incontri formativi a Milano e stasera parto, poi venerdì in giornata rientro con calma, magari visito la città se il meteo permette”
“Ah, ok…” disse lei vagamente sconsolata
“Non preoccuparti, mi prenderò cura di te anche a distanza”
La sera ero in hotel a Milano, e mandai un messaggio a Sara ordinandole di non toccarsi intimamente fino al mio ritorno.
I giorni che passai a Milano fra lezioni e conferenze mi assorbivano completamente, e non pensai minimamente a Sara, se non per il fatto di trattenermi una settimana intera per poi scaricarmi completamente dentro o fuori di lei alla prima occasione.
Ma così non era per lei, infatti quei giorni li passò nervosa, abituata com’era a ricevere le mie morbose attenzioni e non tanto spesso quelle del marito.
Infatti, dopo il secondo giorno la tensione in casa era palpabile, lei era in astinenza e lui ovviamente non capiva questo suo nervosismo, anche perché nelle ultime settimane era stata sempre tranquilla, e ora si trovava davanti una persona diversa. Lui nella sua testa non immaginava minimamente che ciò era dovuto alla mancanza di uccello, non fisicamente, ma soprattutto mentalmente. Pensando che sabato l’avrebbe scopata come d’abitudine, non realizzò che avrebbe dovuto dominarla più spesso, e la tensione di lei crebbe finché scoppiò in un litigio partito da una sciocchezza, ma con radici ben più profonde.
Al di là della scintilla, lui a fine litigio le aveva chiesto insistentemente quale fosse il motivo del suo comportamento degli ultimi giorni, e lei aveva continuato a negare che ci fosse un motivo alle sue tensioni, escludendo tassativamente quelle lavorative che lui aveva provato a nominare.
Persino lei stessa non si era capacitata di questa sua tensione costante, e non l’aveva collegata all’assenza del suo boss. Aveva preso in parola l’ordine di non toccarsela, perché inconsciamente sapeva che rispettare quegli ordini la appagava, ma anche perché il suo capo in qualche modo riusciva a leggerle nel pensiero, e al suo ritorno non sarebbe riuscita a nascondere nemmeno una solitaria masturbazione.
Dopo il litigio a metà settimana era sfumata anche la prospettiva di attizzare un po’ il suo maritino e di farsi montare, pur sapendo che non avrebbe portato a casa quella soddisfazione che provava con il suo capo.
Non sapeva cosa fare, e il giovedì pomeriggio mi scrisse una lunga mail dall’ufficio, di quelle contorte che solo le donne sanno scrivere, quasi confidandosi per la sua situazione domestica, e chiedendo implicitamente una mia parola di conforto.
Le risposi di chiamarmi dopo le 18.
“Sara! buonasera!”
“Salve signor Ferrari, come stanno andando i suoi incontri?”
“Bene, bene, tutto molto interessante. In ufficio tutto bene?”
“Oltre alle mail che le ho girato, qualche chiamata…”
E iniziò a farmi un report dei giorni passati. Alle fine le chiesi:
“Ma non ti sei annoiata senza di me? Senza qualche porcheria da fare insieme?”
“Beh….”
“Dai, sii sincera, hai letto dei racconti sporchi in ufficio, vero?”
“…si…”
“E ti sei toccata la passerina?”
“No, quello no, ma non ce la faccio più, a casa ho un casino, in ufficio ….”
“Ehi, ehi…” la interruppi sul nascere ” a me non interessano i tuoi affari, mi interessa solo che mi obbedisci, ricordando qual &egrave la tua posizione, e non devi rompermi i coglioni con i tuoi cazzi familiari, a meno che non sia io a chiederti qualcosa, chiaro? Ricordati che sei diventata la mia segretaria succhiacazzi! ”
“Si ha ragione, scusi, ma non riesco a capire cosa mi sta succedendo in questi giorni! Mi scusi!”
“Te lo dico io Sara, tu sei nata per essere scopata e dominata mentalmente, e se questo ti manca vai in astinenza…”
Silenzio dall’altra parte…
“Ora ti faccio stare meglio subito, ma mi devi ascoltare attentamente”
“Va bene” disse lei con voce tremolante
“Quel gatto nero che hai tra le gambe potrà anche piacere a tuo marito, ma per i programmi che ho io per te non va assolutamente bene, non hai mica settant’anni!”
“Quindi cosa dovrei fare?”
“Adesso, invece di andare a casa, passi per l’estetica che é vicino al nostro ufficio, li lavora una mia amica che ho già preavvisato, lei ti darà una regolata al boschetto, secondo delle indicazioni che le ho dato”
“Cio&egrave?” Fece lei incredula
“Ti sistema, ti rende presentabile, diciamo. Tu non devi dire niente, solo lasciarla fare.”
“Ma poi, come faccio a spiegare a mio marito che mi vedrà in doccia diversa dal solito? Non mi sono mai depilata così tanto…”
“Beh forse &egrave ora di farlo, non hai neanche trent’anni!”
“Ma…”
“Senti, ho già deciso, quindi non ribattere, preferisci che ti rompa per un po’ di pelo tagliato o per delle mail che potrebbe ricevere? Dai, vedi di usare la testa, che sei intelligente!”
“Va bene, vedrò di trovare una scusa…” fece lei rassegnata.
“Se fai la brava saprò premiarti a dovere…”
“Mmmhh” fece lei ritrovando un po’ di brio.
“Pensa in questi termini: ti piace il mio uccello, desideri prenderlo, se ti fai bella per me poi io ti faccio godere. Se invece rimani pelosa come piace a quello sfigato di tuo marito il suo cazzo non ti fa godere comunque, quindi non hai nessun vantaggio a rimanere come sei ora… giusto?”
“Beh, insomma…” provò a controbattere Sara
“é inutile che cerchi di giustificarti, sai quanto me che ciò che ho detto é la verità”
E le diedi tutte le indicazioni per raggiungere l’estetica, raccomandandole di inviarmi foto del risultato da più angolazioni.
La mia amica estetista era stata da me istruita durante un massaggio rilassante che avevo fatto un paio di settimane prima, e la depil’ totalmente, lasciando il suo pelo folto solo in una striscia larga tre dita, che partiva da appena sopra le grandi labbra e si allargava verso l’alto, rimanendo entro una dimensione da riempire il davanti di un piccolo perizoma.
Ovviamente il servizio fu totalmente a mio carico.
Le foto che ricevetti su uozapp dopo cena mi confermarono che il lavoro era stato eseguito secondo le mie indicazioni, e mi restituirono un immagine invitante della sua fichetta, e di un boschetto ben curato che avrei volentieri tirato con forza, mescolando dolore e piacere.
Le risposi con una foto del mio uccello completamente eretto, appena uscito dalla doccia, riempiendola di complimenti per il risultato e per i bei buchi che si ritrovava, ora finalmente visibili, e preannunciando che l’indomani sarei andato a comprare un regalo per lei.
Il venerdì pomeriggio ero di ritorno e le mandai una mail in ufficio, dicendole che l’indomani avrebbe avuto dello straordinario da fare, e che ci sarebbe voluta tutta la mattinata.
La sera, finito di lavorare mi scrisse:
“Ora vado a fare la spesa, ma dopo non so come dire a mio marito dello straordinario di domani, non ho mai lavorato il sabato”
“Non preoccuparti, troveremo cosa dire, a dopo.”
Dopo mezz’ora chiamai a casa loro con numero nascosto e proprio come volevo rispose lui.
“Pronto?”
“Buonasera, sono Andrea Ferrari, uno dei titolari di Sara, mi scusi se la disturbo a quest’ora ma sto rientrando da Milano e abbiamo un imprevisto lavorativo. Avrei bisogno di parlare con Sara, la trovo?” Il mio tono era stato ovviamente educato e quasi timido.
“Eh, in questo momento non é in casa, credo arriverà più tardi”
“Beh guardi sarebbe gentilissimo, ma non vorrei disturbare a ora di cena, le può anticipare che il nostro cliente Mionetto domani ha chiesto un incontro per definire alcuni punti degli incontri che dovranno partire lunedì, e non sono nella posizione di poter rinviare, sono costretto mio malgrado a chiederle di passare in studio domattina.”
“Ah, va bene… glielo riferisco…”
“Se non &egrave un problema mi faccia chiamare al cellulare quando rientra”
“Va bene, buonasera”
“Buonasera, e scusi ancora il disturbo”
Quando Sara rincas’ mi chiamò subito, ovviamente scossa per la sfrontatezza con cui avevo chiamato in casa sua.
La telefonata fu formale, il marito infatti era nelle vicinanze, e io stetti al gioco, rispiegandole tutto in modo ironico, mentre lei rispondeva in maniera professionale.
Dentro la telefonata le dissi anche di vestirsi bene, un tailleur scuro con autoreggenti color carne, ovviamente tacchi, e che l’intimo era a sua discrezione.
Ci salutammo in modo distaccato, rimandando ulteriori indicazioni a messaggi sms.

La mattina dopo Sara si svegliò e trovò un mio messaggio che le dava appuntamento in una piccola pasticceria vicino all’ufficio per la colazione.
Si preparò in tutta fretta salutando il marito ancora a letto, dicendo che avrebbe fatto colazione al bar perché era tardi. Passò un ultima volta in bagno e mise in borsa il suo profumo migliore, per metterselo solamente fuori casa, evitando eventuali sospetti del marito.
Una piacevole tensione la percorreva tutta, immaginandosi già a fare colazione col suo boss ben vestito in quella pasticceria molto intima.
Io l’aspettavo fuori, vestito di tutto punto, e quando arrivò era veramente carina, un misto fra appena svegliata e già eccitata.
Aprii la porta e la feci entrare davanti a me, toccandole velocemente il culo stretto nella perfetta forma della longuette. Lei si girò spalancano gli occhi per il piacevole contatto.
Ci sedemmo ad un tavolino e facemmo colazione, e le raccontai un po’ della mia settimana; vedevo che pendeva dalle mie labbra.
Avevamo trovato libero il posto più nascosto del locale e approfittai per tirare fuori dalla valigetta un pacchetto regalo, e lo misi sul tavolino davanti a lei.
Era lusingata, non sapeva cosa dire, Così le presi la mano e guardandola dritta negli occhi le dissi:
“Stai diventando sempre più brava, ma devi essere anche bellissima, più di quello che già sei… Coraggio, aprilo!”
Lei si emozionò per le mie parole, e tremante aprì il pacchettino che conteneva un completo fatto da bustino, perizoma, reggicalze, veramente bellissimo. Era senza parole, non aveva mai visto probabilmente intimo tanto ricercato, ed effettivamente mi era costato una fortuna rispetto a quello che solitamente si può trovare nei negozi dei centri commerciali.
“Non so cosa dire! é bellissimo…”
“Non serve dire niente, vedi di uscire da qui e farti trovare già vestita prima che io arrivo in ufficio”
La destabilizzai tornando ad un tono imperativo.
“Vai, che io pago qui e poi passo a prendermi il giornale, che leggerò mentre tu ti occuperai del mio uccello”
Lei uscì scossa dai miei modi ma eccitata, io pagai e passai in edicola con calma, per lasciarle il tempo di prepararsi e anche di attendermi.
Quando varcai la porta della ufficio la trovai che mi attendeva in piedi. Si fece avanti per cercare di baciarmi, ma la presi per le braccia fermandola, e le dissi di seguirmi nel mio ufficio.
Mi misi alla scrivania, aprii il giornale e le dissi:
“Avanti! In ginocchio sotto la scrivania!”
E lei obbediente si abbassò, gattonando fin sotto il tavolo, avvicinandosi ai miei pantaloni.
Una volta in posizione prese l’iniziativa ricordandosi le esperienze di qualche settimana prima, abbassò la zip e fece uscire il mio cazzo mezzo duro, iniziando a leccarlo per tutta la sua lunghezza, portandolo in pochi istanti al massimo turgore. Ad un certo punto se lo infilò in bocca e iniziò un pompino coi fiocchi; si sentiva che il cazzo le era mancato, se avesse potuto lo avrebbe inghiottito per averlo tutto per sé.
Io intanto giravo le pagine del giornale ma non riuscivo a leggere, e approfittavo per fare apprezzamenti sulla sua opera, che mantenevano alto il suo impegno.
‘Senti come succhia sta vacca… mmm … vai vai così a fondo.. sei meglio di una professionista..’
Dopo cinque minuti in cui il suo respiro intenso e il rumore del risucchio facevano da sottofondo, decisi di fermarla nonostante il godimento che mi stava causando.
Misi una mano sotto la scrivania e spinsi via la sua testa, arretrando con la sedia.
Con un gesto deciso la strattonai per farla uscire da sotto il tavolo e la feci tirare su, in piedi di fronte a me, con il culo appoggiato alla scrivania. Era estremamente sexy, così elegante ma scompigliata dal lavoretto di bocca che stava eseguendo con passione.
Mi guardava con occhi carichi di voglia arretrata, al che mi avvicinai prendendole i capelli e iniziando a limonarla intensamente, ficcandole la lingua in bocca. Lei rispondeva con passione, percorrendo tutto il mio corpo con i palmi delle sue mani tesi dall’eccitazione.
Presi dalla foga del momento iniziammo a spogliarci a vicenda, continuando a slinguarci con passione. Le tolsi la giacca, slacciai i bottoni della camicetta uno ad uno e mi tuffai su quelle tette così sode, sorrette alla perfezione dal corpetto, mente continuavo a palpare culo e fianchi, giocando da sopra la gonna col bordo delle autoreggenti.
Ripresi a spogliarla e quando fu con il solo intimo mi staccati da lei per ammirarla; eravamo entrambi col fiatone, ma subito mi gettai nuovamente su di lei facendole sentire bene sul pube la mia erezione.
Volevo scoparla vestita di quell’intimo di classe che le stava così perfetto addosso…
La feci sedere sulla scrivania, mi abbassai e scostai di lato il perizoma, che mi mostrò finalmente il risultato della depilazione che avevo pensato per lei: semplicemente perfetto!
Iniziai a leccare le grandi labbra solo esternamente, da sotto a sopra, e già lei stava impazzendo, poi con il dito ne aprii una leggermente per leccare meglio la sua morbida intimità, e appena la punta della mia lingua passò sul clitoride, Sara con un colpo di bacino me la schiacciò in faccia tenendomi con la mano la testa ben piantata in mezzo alle sue gambe e scoppiò in un orgasmo inaspettato, che mi lasciò sorpreso, non credendo che fosse già eccitata a tal punto.
“Aaaaaaaaaaaaaaaaaa” gridò liberando tutta la tensione che aveva in corpo
Avevo tutto il viso bagnato dei suoi umori, e attesi qualche secondo per rialzarmi in piedi.
Mentre ancora si riprendeva mi spogliai di tutto e impugnato il cazzo glielo avvicinai al suo buco gocciolante:
quando sentì la mia cappella bollente che la sfiorava, si riprese e iniziò a baciarmi di nuovo con trasporto, e cingendomi con le gambe incrociate, mi tirava per farsi penetrare.
Guardai verso il basso e accertata la posizione del mio membro glielo piantai fino in fondo alla figa con un colpo solo, togliendole il respiro e facendole sbarrare gli occhi.
Iniziammo così una scopata con un ritmo sempre crescente, e con suoni animaleschi; eravamo entrambi presi dentro, e stavamo godendo come due maiali, quando le squillò il telefono nella borsetta. Imprecai mentalmente ma continuai a chiavarla finché il cellulare smise di suonare, e appena riuscimmo a concentrarci nuovamente, raggiungemmo simultaneamente l’orgasmo.
Io cercavo di far entrare più uccello possibile e lei mi facilitava in questo aprendo le gambe come una vera troia.
Le scaricai dentro la sborra di tutta la settimana, e lei continuò a tremare dal piacere per diversi secondi, tenendosi aggrappata e graffiandomi tutta la schiena nel tentativo di tirarmi ancor di più dentro di sé.
Quando i nostri corpi si rilassarono, il mio cazzo parzialmente ammosciato presto smise di fare tenuta e i suoi abbondanti umori uniti al mio sperma iniziarono a gocciolare sul pavimento.
Uscii da lei e mi sedetti sulla poltrona a riprendere fiato, mentre lei si era distesa di schiena sulla scrivania, lasciando le gambe a penzoloni.
Dopo qualche minuto riaprii gli occhi e avendo davanti quella visione, ripresi subito forza. Avvicinai la sedia e mi gettai sulla fica bene aperta, che si offriva invitante al mio sguardo.
Presi a leccarla a piena lingua, facendola tirare su di colpo, piacevolmente risvegliata dal suo torpore post orgasmo.
Leccai per cinque minuti come un forsennato, inebriato dal profumo della sua giovane fica, e quando inserii anche due dita a stimolarla prese la tangente e arrivò ad un altro orgasmo in breve tempo.
La lasciai nuovamente tramortita sulla scrivania, e andai ad aprire la finestra per prendere una boccata d’aria.
Il cellulare tornò a squillare e lei non rispose, e appena smise iniziò a squillare il telefono dell’ufficio.
Lei riconobbe il numero sul display e si agitò:
“Cazzo, &egrave mio marito!”
“E rispondi no?”
Scese dal tavolo e prese la cornetta rispondendo professionalmente come se non sapesse chi fosse.
Poi abbassò la voce:
“Si amore, sai che non rispondo al cellulare quando lavoro, che c’&egrave?”
Lui iniziò a parlare, e io approfittai per andarle vicino, metterla a pecorina appoggiata alla scrivania, sempre col telefono in mano.
Intuite le mie intenzioni, iniziò a parlargli con calma, dicendo che il boss era andato a prendere il caff&egrave col cliente, e che aveva cinque minuti per stare al telefono con lui.
Ancora barzotto la penetrai e iniziai a stantuffarla piano, con lei che mi guardava girando la testa e continuando a parlare con il suo ignaro maritino, con un ghigno sul viso. Che troia questa ragazza!
Ad un certo punto non ce la facevo a trattenermi e iniziai ad accellerare, ma questo causava un tremolio della sua voce, che avrebbe ovviamente insospettito il suo interlocutore, quindi, bella bagnata per la situazione creatasi fu costretta a congedarlo dandogli appuntamento per pranzo. Questo giochetto le era piaciuto molto, infatti appena ripose la cornetta, si girò nuovamente e con voce roca disse:
“Sfondami, spaccati tutta!”
Le mollai uno schiaffo sulla chiappa con tutta la forza che avevo, riprendendola:
“Devi darmi del lei, troietta!” E mollai un altro sonoro schiaffo.
“Mi sfondi, la prego, voglio essere spaccata!”
“Oh, ecco, ora ci siamo!”
E presi i suoi fianchi iniziai a sbatterla violentemente, facendola urlare ad ogni colpo.
Perfino la scrivania si stava spostando, e i miei colpi erano talmente forti che i coglioni sbattendo su di lei iniziavano a farmi male.
Stavano aumentando sempre più le sue grida finché iniziai a sentire la sua figa stringermi a intermittenza e lei perse definitivamente il controllo:
“Ah, si, si, si, sfon-da-mi tuttaaaaaaa. Aaaahhhhh, vengo, vengo, mmm mmm”
Ed ebbe il suo quarto orgasmo della mattina, che la lasciò sfinita sulla scrivania.
Io ero ancora pieno, e volevo scaricarmi su di lei.
La voltai a pancia in su, e glielo piantai nuovamente nella figa slabbrata, ma era talmente larga e bagnata che non resistetti oltre pochi affondi; lo tirai fuori e appena il tempo di prenderlo in mano che schizzai su tutta la lunghezza del suo sinuoso corpo, arrivando con il primo schizzo sotto il mento, altri sulle tette e sulla pancia, e gli ultimi approfittai per farli cadere sul suo pelo pubico.
Presi un minuto per ritornare ad un respiro normale per poter parlare, e preso da una istantanea perversione raccolsi il perizoma e glielo feci indossare, dicendole:
“Così ti porterai il mio seme addosso fino a casa, fino a quando abbraccerai tuo marito”
Lei era ancora stralunata dall’ orgasmo quando le dicevo queste cose.
“Ora scendi e puliscimi l’uccello!”
E obbediente si accucciò nuovamente ai piedi della mia poltrona, prendendo in bocca il mio cazzo moscio e pieno di umori miei e suoi, e con perizia me lo rese lindo, facendolo tornare barzotto.
“Basta succhiare! So che ti piace ma adesso é ora di andare”
La feci rivestire e la accompagnai alla porta rimanendo nudo, augurandole un buon weekend.
Prima di chiudere la porta la tirai a me e le cacciai di nuovo la lingua in bocca dicendole:
“Sei proprio una brava scrofa da ufficio! Ora vai a casa! Ci vediamo lunedì”
Lei mi guardava inebetita, al che le chiesi:
“Cosa c’&egrave?”
“…beh… grazie…. non avevo mai goduto in questo modo, lei mi fa perdere letteralmente la testa, non mi era mai successo… Mi sento una poco di buono per tutta questa storia, ma il mio corpo mi spinge ancora verso di lei…”
‘Vai a casa, per oggi basta cazzo…’

Arrivata a casa poco prima di pranzo, Sara vide suo marito in garage che puliva l’auto, e lei abilmente lasciò la sua nei parcheggi comuni, in modo da evitarlo e andare direttamente a farsi una doccia. Temeva che lui avrebbe potuto sospettare qualcosa, i capelli messi male, il trucco, o semplicemente l’odore acre di scopata che lei ancora sentiva nelle sue narici. Entrata in casa, si tolse i vestiti e restò con l’intimo che le era stato regalato dal suo capo, ammirandosi allo specchio da tutte le angolazioni, e facendo delle smorfie sensuali.
Sul più bello sentì girarsi la chiave nella porta d’ingresso: il sangue le si gelò all’istante, mentre immobilizzata pensava a tutte le cose che avrebbe potuto fare per nascondersi o coprirsi.
Spettinata, con dell’ intimo nuovo addosso, autoreggenti, appena tornata dall’ufficio… non sarebbe stato facile da giustificare. Se poi suo marito avesse guardato meglio, avrebbe visto che il perizoma era ancora umido, e se addirittura lo avesse tolto, avrebbe visto che fra il tessuto e il pelo c’era qualcosa di appiccicoso…
Tanta paura non l’aveva mai avuta da adulta; ora rischiava così facilmente il suo matrimonio, tutto perché si ammirava vestita da zoccola allo specchio.
Furono pochi interminabili secondi.
Come era entrato, suo marito uscì dopo aver preso qualcosa in ingresso, non accorgendosi che lei era rientrata, lasciandola a fare i conti con un improvviso calo di adrenalina che le fece mancare la forza nelle gambe.
Si accasciò sul tappeto della camera, con la schiena appoggiata al letto, cercando di riprendersi.
Dopo qualche minuto raccolse le forze e si rialzò, tolse il completino e le calze e nascose tutto in una zona sicura dell’armadio, ripromettendosi di lavare il tutto a tempo debito.
Si infilò in doccia e mentre l’acqua scendeva sul suo corpo, si ritrovò a pensare a quanto aveva goduto quel giorno; pensa e ripensa alle posizioni, alle sensazioni provate, presto si scoprì bagnata e inevitabilmente le sue dita scivolarono sulla fichetta e prese ad accarezzarsi con estrema lentezza, cercando di riprovare le sensazioni di poco prima. Qualche minuto e il tocco delle sue dita unito ai piacevoli ricordi le fecero raggiungere un silenzioso orgasmo, gustato pienamente.
Uscita dalla doccia si guardò allo specchio, e vide il suo boschetto col nuovo taglio, effettivamente era carino, anche se non ci aveva mai pensato. Si ricordò però che non aveva avvisato suo marito di questo nuovo look in mezzo alle gambe, ma immediatamente le venne un’idea, e l’avrebbe realizzata durante il pranzo.
Dopo essersi messa comoda ma comunque carina, si mise ai fornelli e rapidamente cucinò un primo e un secondo fra i preferiti di suo marito.
Quando lui rientrò, sentiti i profumi che arrivavano dalla cucina si affacciò curioso per salutarla e anche per capire che aria tirava.
Dopo aver chiacchierato qualche minuto, si sedettero a tavola, mangiarono tranquillamente, e a fine pasto lei disse:
“Amore, devo scusarmi per come é andata questa settimana, stanotte ci ho proprio pensato! Sono stata nervosa e insopportabile, e volevo chiederti scusa….”
“Beh, effettivamente sei stata piuttosto difficile da sopportare!”
“Si, me ne rendo conto, ma non so darmi una spiegazione! Forse gli ormoni, non so proprio cosa pensare…”
“Magari stasera puoi farti perdonare in qualche modo…” fece lui allusivo
Lei sorrise ammiccante, facendo intendere che la cosa si poteva fare, allettandolo non poco.
Ma ripreso in mano il discorso, lei si portò vicina a lui e con il modo più sexy possibile gli disse:
“Devo farti una confessione, ma promettimi di non arrabbiarmi”
“Mmmm, sentiamo….”
“Ecco, sai, ieri sera dopo che per tutta la settimana ero stata così nervosa, ho pensato di distrarmi andando dall’estetista a depilarmi…”
“Ah, bene…” fece lui dubbioso non capendo ancora dove stesse la confessione
“Però, a differenza del solito ho deciso di fare una cosa che non avevo mai fatto…”
“Cio&egrave?”
“Eh, l’estetista me l’ha proposto perché mi ha visto molto appesantita, e io avevo voglia di cambiare qualcosa e ho accettato”
“Ma cos’hai fatto???”
Abbassando la testa disse sotto voce:
“Mi sono fatta depilare… anche il mio boschetto…”
“Come?” Fece lui destabilizzato “Rasato? Tutto??”
“Ma no, solo modernizzato un po’ il tutto… beh, non vuoi vedere?”
E con fare birichino si alzò dalla sedia abbassando lentamente i pantaloni della tuta e le mutandine, scoprendo quel boschetto ben delineato.
Si passò la mano sopra al pube, aspettando la reazione del marito.
“Beh, ecco… Si… mi piace….”
Lei tornò a tirare su i vestiti coprendo tutto di nuovo, dicendo:
“Bene, allora stasera la vedrai meglio quando mi farò perdonare!” Concludendo il discorso e mettendosi a rassettare la cucina, lasciandolo a bocca asciutta.
Quando arrivò la sera, dopo la pizza in compagnia di una coppia di amici, rientrarono a casa e si prepararono per la notte.
Lei indossò un babydoll invitante, voleva da un certo punto di vista riprendere la sua vita di coppia dimenticando le sensazioni provate con Andrea, stuzzicando il suo uomo affinché si prendesse cura di lei e delle sue necessità.
Una volta a letto, iniziarono i preliminari come tante altre volte avevano fatto; lei scese con la bocca sul membro di lui già duro e lo imboccò con naturalezza, iniziando a giocarci. Quando si trattò di succhiare seriamente, dopo aver preso il ritmo, Sara si rese conto che quell’uccello non era tanto quanto quello del suo capo, e questo le fece provare una certa delusione, sentendo che la sua bocca non veniva riempita allo stesso modo.
Poi fu il turno di lui, che scese a leccarla, e iniziò a godere perché tutta la passsera era ancora sensibile dall’utilizzo intenso fatto in mattinata.
“Allora, ti piace di più leccare la mia fichetta così?”
“Amore, ma che dici, certo che mi piace!” Continuando a leccare
“Dai, basta, ora scopami!”
“Non ti riconosco, non hai mai parlato così!”
“Beh stasera mi va di farlo. Allora, vuoi montarmi o no?”
Lui non se lo fece ripetere e le fu subito sopra, infilandola alla missionaria.
Lei era molto bagnata e dilatata, e questo non passò inosservato:
“Wow, che bagnata che sei stasera!”
“Mmm già, avevo proprio voglia! Ora non fermarti!”
Lui così spronato si scatenò per quanto fosse nelle sue possibilità, ma il vero godimento di Sara era ancora lontano. Iniziò a fare dei sospiri un po’ più forti mandando su di giri il suo uomo, che nel giro di qualche minuto fu prossimo all’orgasmo.
Sentiva il suo pene andare dentro e fuori, ma la sensazione era molto leggera, non sentiva battere la grossa cappella fino in fondo alla sua vagina, non sentiva quella certa grossezza riempirla totalmente.
Delusa, decise di concentrarsi sulle sensazioni per poterne godere, ma l’orgasmo non si avvicinava, mentre il marito era al limite…
Cercò di incitare il suo maschio ma la forza che in quel momento la batteva non era paragonabile all’intensità con cui il suo capo l’aveva sbattuta per una lunga ora.
Accortasi che il marito stava per venire, si mise anche lei ad ansimare rumorosamente, regalandogli l’illusione di averla fatta godere. Sentendola, lui non riuscì più a trattenersi ed eiaculò come un coniglietto.
Rimasero abbracciati per dieci lunghissimi minuti, in cui però Sara vagava con i suoi pensieri a tutte le esperienze provate nelle ultime settimane; anche se in un certo senso erano state obbligate, le avevano fatto scoprire una nuova taglia di uccello, e soprattutto le erano piaciute.
Si scrollò il marito di dosso, ormai quasi addormentato, e andò in bagno per farsi un bidet, ma in realtà voleva concludere la serata, perché non avrebbe potuto dormire in quello stato di godimento incompleto.
Prese il cellulare e cercò le foto del cazzo nerboruto del suo capo; trovatele si sedette a gambe larghe sul bidet aprendo l’acqua, e non appena fu calda avanzò facendo sbattere il getto sul clitoride, e scorrendo le foto iniziò a toccarsi, venendo in pochissimo tempo, stringendo i denti per non emettere alcun suono.

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