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In montagna in Val di Fassa giocavo spesso con Carlo.
Ci incontravamo d’estate già da qualche anno, lui un bel ragazzo e io una bambina.
Carlo leggeva spesso e io mi mettevo a cavalcioni delle sue gambe.
Ero mingherlina e a 14 anni sembravo ancora una bambina, i capezzoli accennavano appena a crescere, ma di tette non se ne parlava. Anche il bacino non si era ancora allargato, insomma vestita apparivo piatta e acerba, i capelli corti tosati alla maschietto non aiutavano.
Eppure qualcosa in me si muoveva.
Un giorno mi misi a cavalcioni delle sue gambe, stavo girata verso di lui indietro quasi sulle ginocchia, e dato che Carlo le teneva leggermente larghe io stavo proprio a gambe aperte mostrandogli le mutandine sotto il gonnellino.
Mi accorsi dei suoi sguardi furtivi, lui, ragazzo di 17 anni non voleva farsi vedere da una bambina di 12, ma ormai me ne ero accorta e continuavo a ostentargli le mie mutandine.
“Hai mai baciato una ragazza?” gli chiesi sfacciatamente.
“Si.” mi rispose “E tu hai mai baciato un ragazzo?”
“Si.”
“Baci da innamorati o sulla guancia”
“Sulla guancia”
“Quelli non contano”
Mi fece arrossire, una cosa così innocente riuscì in quello che non avevano fatto le mutandine.
“Vorresti provare?”
Annuii, ero curiosa e non volevo farmi scappare l’occasione di baciare un ragazzo addirittura di 5 anni più grande.
Mi avvicinai al suo corpo spostandomi sulle sue gambe, Carlo mi aiutò mettendomi le mani sulle cosce e tirandomi a sé.
Sentire le sue mani provocò un brivido di eccitazione al mio corpo che non passò inosservato.
Prese il mio viso con le mani e accostò le sue labbra alle mie, e quando apri leggermente le labbra io lo seguii nei movimenti. Fu il mio primo vero bacio, un signor bacio, con la sua lingua che cercava la mia e io che lo ricambiavo. Poi le sue mani che arrivarono sotto il gonnellino e mi avvolsero le natiche tirandomi a sé, facendo aderire le mie mutandine ai suoi pantaloni che nel frattempo si erano gonfiati.
Trovai molto piacevole quella pressione e per accentuare il piacere cominciai a spingere a mia volta.
Mi ritrovai bagnata, confusa, concertata da quelle sensazioni ma desiderosa di continuare.
Carlo passò una mano davanti accarezzando le mutandine già umide ma lo fermai.
“Aspetta, non voglio che mi vedano essere toccata lì sotto”.
“C’è qualcuno in casa tua?”
“No, è libera. Ci andiamo?”
Presi Carlo per mano e andammo a casa mia, lo feci sedere su una sedia e mi rimisi a cavalcioni.
Ripresi a baciarlo facendo aderire il mio corpo al suo, abbracciandolo e con il desiderio di sentirlo mio.
Ora mi muovevo più liberamente senza la preoccupazione di qualcuno che vedesse e presi a spingere decisamente contro il bozzo dei suoi pantaloni.
Ogni pressione era qualcosa di fantastico, una piccola scossa di piacere che scuoteva il mio corpo.
Carlo riprese a toccarmi davanti e questa volta entrò con le dita nelle mutandine.
Esplorava la mia topina con le dita, e io ero contenta di farmi esplorare, in breve arrivò anche al mio bottoncino del piacere, quello che qualche volta avevo toccato nella mia intimità.
Carlo mi toccava con più decisione provocandomi più piacere ed eccitazione di quanto sapevo fare io.
Alla fine, mi provocò un orgasmo lungo e intenso che mi tolse il fiato.
Carlo attese che mi riprendessi poi mi chiese: “Ti va di farlo senza le mutande?”
Rimasi sorpresa da quella domanda, ma annuii.
Mi tolsi le mutandine fradice, e lui si tolse pantaloni e mutande, foderando un bellissimo uccello in erezione.
Tornai a cavalcioni e appoggiai la topina a quel palo di carne che presi a strofinare.
Stavo per venire quando mi fece spostare, puntare la sua cappella contro le labbra della mia topina.
Fui squassata dall’orgasmo mentre Carlo mi penetrava per la prima volta con alcune spinte decise.
Il dolore del suo membro che si faceva strada dentro di me fu coperto dal piacere di quell’orgasmo e il suo uccellone prese a scorrere nella mia topina stretta ma lubrificata.
Carlo mi tirava a sé afferrandomi per le natiche nude per lasciarmi andare con gesti sempre più decisi e rapidi fino a quando non sentii il suo sperma riempirmi.
Restammo abbracciati attendemmo che la sua eccitazione scemasse, poi ci baciammo e mi alzai in piedi facendolo uscire.
Era sporco del mio sangue e il suo sperma arrossato mi colava lungo le gambe, non ci stava tutto dentro di me. Dovetti andare a lavarmi.
Ero felicissima, non solo avevo baciato, ma ero anche stata sverginata.
Ci rintanammo in casa mia altre volte a baciarci e fare l’amore, fino a quando le nostre vacanze non finirono, e non rimasi incinta solo perché non avevo ancora raggiunto la fertilità.

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