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Racconti Erotici Etero

Chiara e i 5 sensi

By 28 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando c’&egrave un nuovo arrivo in azienda, mi viene spontaneo seguirlo con attenzione. Probabilmente questa &egrave una curiosità classica a molti: scoprire com’&egrave la nuova persona con cui si passeranno molte ore della giornata, decifrare se sia una persona affine o con cui non ci sarà feeling, rischiando attriti da mal di testa. Se poi il nuovo arrivo piomba nel proprio ufficio, l’attenzione &egrave doppia.
E se il nuovo arrivo &egrave una donna che dà l’impressione d’essere più o meno coetanea ? Beh, si attivano immediatamente gli ormoni, si comincia a stare dritti sulla sedia, a sfoggiare sorrisi e gentilezze.
Chiara &egrave una quarantenne a cui daresti tranquillamente almeno 5 anni in meno: magra, capelli lunghi, occhi da cerbiatto, un naso un po’ a patata che non stona in un viso davvero molto, molto bello. Scoprirò col tempo se abbia fatto o meno concorsi di bellezza ma nel dubbio la considero una donna da sfilata; la vedrei bene a 20 anni in costume che sfila su passerelle per concorsi in qualche località di mare, specie con quel culetto che non nasconde minimamente, vestendo sempre con pantaloni attillati.
Donna sorniona alla mattina, particolarmente vispa al pomeriggio: silenziosa e con broncio nelle prime ore lavorative, mostra dopo pranzo simpatia e capacità d’attirare l’attenzione con argomenti vari, senza però esporti più di tanto.
La fiducia la dà a pochissime persone, così dice. E rimasi sorpreso quando in un pomeriggio d’Agosto mi confessò che la storia con il suo compagno non stava andando per niente bene. Liti, a volte a muso duro e con grida che i vicini sicuramente ascoltano. Ha mai alzato le mani ? No, quello no, mi assicura. Ma da quel pomeriggio diventai il suo confidente, la persona a cui quasi quotidianamente raccontava i suoi pensieri, quanto le accadeva a casa, con le emozioni che esprimeva in modo forte, rendendo i racconti quasi se li vivessi pure io con lei.
Chiara &egrave bella, ha tutto per attirare l’attenzione e spesso al lavoro noi ometti ci giriamo indietro nell’osservarla dopo aver incrociato il suo sguardo.
Un sabato pomeriggio mi squillò il citofono e rimasi molto sorpreso nel sapere che era lei. Eppure non le dissi dove abitavo, questo significava che si era interessata e voleva farmi una sorpresa. Questo il secondo momento in cui mi sentii importante e accesi sempre di più l’attenzione verso di lei. L’incontro in realtà fu un semplice dialogo, durato un paio d’ore, vero, ma molto semplice, leggero come se ci conoscessimo da sempre.
I dialoghi al lavoro si sostituivano sempre più da incontri fuori dall’orario lavorativo e in ognuno di esso cresceva l’interesse, per lei e che speravo fosse reciproco: un concerto di Liga, a urlare insieme; un abbraccio stretto; una mano che casualmente sfiora il suo seno; ore a passeggiare e a parlare. Quante seghe nel tornare a casa, copiose, con l’uccello che diventava duro in un attimo e capitava spesso di dovermi fare una seconda sega poco dopo la prima.
Un dettaglio per me fu il sapere che eravamo lontani parenti anche se la sorpresa bloccò per un paio di giorni i nostri incontri e le nostre confidenze.
Un giorno arrivò al lavoro vestita in una maniera che mi tolse il fiato, non solo per il buon gusto e per il fatto che stesse molto bene ma soprattutto perché tendeva a non mostrare troppo il suo corpo. Ed invece quel lunedì arrivò con pantaloni, jeans, neri, aderentissimi. Stivali neri, tacco a base quadrata, almeno 10 cm. Maglia collo largo, grigio chiaro, stretto, che metteva il risalto un seno sospeso nell’aria, sicuramente retto da reggiseno con ferretto. L’apoteosi quando si alzava per spostarsi alla sala stampanti, con le sue gambe lunghe, magre ma sode, che lasciano uno spiraglio di luce tra di esse. Inevitabile osservarla quando passava davanti alla mia scrivania, con quel culetto a mezza luna che passava veloce davanti ai miei occhi ma lasciava un ricordo vivo per alcuni secondi. Inspiravo profondamente quel profumo di muschio bianco. Del resto me lo disse sempre, in amore tutti e 5 i sensi andavano sviluppati: la vista era logorata da quanto la guardassi; l’olfatto era impregnano dei profumi che tutti i giorni metteva; gli altri 3 vennero presto esauditi. Si era vestita così attraente per l’aperitivo che mi propose in mattinata. Fuggimmo alle 18 dall’ufficio, come sempre si raggiungeva il luogo dell’appuntamento seguendo strade differenti; arrivai prima io al parcheggio, in una fredda serata di ottobre. Sentii dei tacchi avvicinarsi alla mia macchina e la vidi fiondarsi nella mia macchina “presto, via da qui che ho visto mia cognata nei paraggi”.
Andammo in una zona industriale del paese accanto, parcheggio deserto. “non ti piaccio come sono vestita ?” La domanda era palesemente provocatoria, sapeva bene che avrebbe potuto attrarre anche un cieco.
Si mise seduta sulle mia gambe, tirai indietro il sedile e ci baciammo: labbra morbidissime, le più morbide mai baciate. Come sempre, tutto ciò che faceva era di classe.
Si staccò ed ecco il primo assaggio del terzo senso: l’udito. Il modo che mi sussurrò all’orecchio la frase “guarda che ce l’ho curata” la ricordo come fosse detta in questo momento: una voce diversa da quella che tutti conoscevamo al lavoro, una voce che mostrava voglia, passione ma non buttata al vento ma mirata al momento. Abbassai d’istinto il sedile, lei sopra di me. Il quarto senso, il tatto, finalmente: le mie mani sul suo culetto, lo palpavano a mano aperta, lo massaggiavo con vigore, spingendo il suo bacino contro di me. Mentre lei cominciò a baciarmi il collo, mi sollevò la maglia, mi baciò i capezzoli, il petto…che labbra morbide, bagnate al punto giusto, con la punta della lingua che faceva capolino di tanto in tanto. Una lentezza ricercata nello sbottonarmi i pantaloni, attendendo con sapienza che il mio membro fosse al massimo della sua espressione. Quando lo vide, mostrò meraviglia e poco importa se fosse reale o se finse di apprezzarlo; quelle labbra morbide che presero in bocca la cappella fecero aumentare la grossezza del cazzo, che credetti già al massimo. Chiara non era una mangiatrice ma gustava, il tempo con lei si fermava e quel pompino era di un piacere di livello superiore a quello avuto da altre. Forse si accorse che continuando così avrei posto fine al momento e con un’agilità sorprendente si fiondò sul sedile del passeggero, si abbassò i jeans neri rivelando uno slip nero con lacci che in un batter d’occhio sciolse. Una leggera peluria, in effetti ben curata e venne il momento del quinto senso, il gusto: mi misi in ginocchio davanti a lei e gustai il suo nettare. Pure la fighetta era fatta bene, con labbra poco sporgenti e bagnata “il giusto”, non fradicia ma pronta per accogliere la voglia che riempiva la macchina. La leccai e l’udito che prima era solo stuzzicato, ora veniva turbato dai suoi mugugni. Una donna dolce e spiritosa che mostrava tutta la sua passione. E quel corpo così perfetto mi trasportò in una dimensione nuova. La leccavo, con il cazzo che sentivo di una durezza mai avuta prima. Mi teneva la testa Chiara, godeva Chiara, gemendo in maniera che non poteva fingere fintanto che le sue carezze sui capelli divennero sempre meno dolci tanto da muovermi la testa lei su di sé. “basta, ti voglio”. In un secondo mi misi sopra di lei, niente preservativo, ci fidammo l’uno dell’altro e cominciai a pomparla forte. Il membro entrò nella sua fighetta, fino in fondo, dando un paio di colpi prima di rimanere fermo in lei, spingendo con il bacino quasi volessi trovare una nuova strada dentro di lei.
Tornai a darle colpi forti, gememmo insieme ad ogni colpo, lei sembrò ad un certo punto in ipnosi, con gli occhi girati all’indietro e le unghie sulla mia pelle. Andammo avanti a colpi forti per un po’ di tempo, con le pareti che si stringevano sul mio cazzo. Si urlava, si godeva e quando venni dentro di lei, si lasciò andare in un sorriso che mi riempì il cuore. Gli occhi lucidi, il respiro affannato. Chiara, la donna dei 5 sensi.

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