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Racconti Erotici Etero

Come in un sogno

By 19 Marzo 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Ehi!’.
Arianna non si voltò del tutto né si arrestò, limitandosi a rallentare appena il passo e guardare il ragazzo con la coda dell’occhio.
‘Torna subito qui’, continuò lui, perentorio.
Non la conosceva affatto, ma, in pochi secondi, una cosa di lei era sicuro di averla intuita: minare quell’indipendenza, quella sicurezza, quella sfrontatezza dimostrate poco prima l’avrebbe certamente indotta ad una reazione, e avrebbe regalato a lui qualche minuto in sua compagnia.
Come previsto, la sconosciuta si fermò, voltandosi con, dipinta in volto, un’espressione a metà tra il divertito e l’irritato.
‘Come dici, prego?’, gli chiese in tono minaccioso.
‘Cosa prendi?’, ribatté lui, accennando un sorriso.
Arianna restò in silenzio per un istante di troppo, quanto bastò al suo interlocutore per continuare a tenere le redini della conversazione.
‘Immagino che ora inizierai a ricoprirmi di improperi. Se non bevi qualcosa, rischi che ti si secchi la gola’, continuò il ragazzo, ‘Allora, cosa prendi?’.
La giovane non trattenne una risata. ‘Dietro la tua straripante arroganza vedo che conservi un briciolo di premura, complimenti. Prenderò una birra anch’io’, concluse, rivolgendo un cenno alla bottiglia, piena per metà, che il suo interlocutore stringeva in una mano.
Nell’istante in cui il ragazzo ne chiedeva un’altra al barista, Arianna cercò con gli occhi le sue due amiche, immobili all’ingresso del pub. Mimò al loro indirizzo che le avrebbe spiegato quanto accaduto in un momento successivo ancora indefinito, e le guardò uscire dal locale ridacchiando tra loro.
‘Allora’, esordì lo sconosciuto, mentre la ragazza assaporava il primo sorso della sua bevanda, ‘Dimmi un po’, baci tutti quelli che ti lanciano un’occhiata?’.
Arianna rise nuovamente. Stavolta, però, la sua era una reazione studiata, volutamente sarcastica. ‘Un’occhiata? Ma se mi hai mangiata con gli occhi per tutta la sera! Un’occhiata la chiama lui!’.
‘Non mi pare che tu mi stessi propriamente ignorando. E quel vestito, poi, non è certo un deterrente’.
In effetti, l’abito nero indossato dalla ragazza non lasciava troppo spazio all’immaginazione, scoprendo le sue sinuose gambe e rivelando le seducenti linee della schiena grazie ad una generosa scollatura che la esponeva quasi completamente.
Arianna non si scompose. Replicò fissando lo sconosciuto dritto negli occhi azzurri che la scrutavano a sua volta. ‘Non bacio chiunque mi guardi. Solo chi mi va. Qualche problema, paparino?’.
Il ragazzo la osservò divertito.
‘Cos’hai da ridere?’, incalzò Arianna.
‘Devo dire che quest’atteggiamento da femme fatale ti dona’, disse lui. Nel farlo, col dito accarezzò delicatamente una guancia della ragazza, scivolando lungo la sua pelle fino al mento. Arianna ebbe un sussulto quasi impercettibile, ma che non passò inosservato. ‘Dovrai solo perfezionarlo per renderlo più credibile, se vuoi che qualcuno ci caschi’. Lei, ancora una volta, non ebbe il tempo di replicare. Con un gesto fulmineo, il ragazzo le sollevò il mento e le posò le labbra sulle sue. Fu un bacio più dolce, meno fugace di quello improvvisato dalla giovane in precedenza. Poco più che uno sfioramento, ma bastò ad entrambi per gustare reciprocamente il sapore della loro pelle.
Nei minuti successivi, l’atmosfera sembrò rilassarsi. I due deposero le armi, abbandonandosi a discorsi normali e toni decisamente più cordiali, mentre finivano di bere le birre ordinate.
‘Non sei di qui, vero?’, chiese il ragazzo.
Arianna ebbe, così, modo di parlargli dei suoi viaggi, della sua vita. Gli disse che si sarebbe fermata nel capoluogo siciliano solo il tempo necessario ad imbastire la sua tesi di laurea. Lui si dimostrò interessato agli studi della ragazza. Palesemente, non fingeva per far colpo su di lei, ma, anzi, partecipava attivamente alla discussione, vertente per lo più sugli anni bui del Medioevo e dell’Inquisizione. Parlarono di stregoneria, di arte, degli spunti sui quali Arianna stava lavorando e di quelle che sarebbero state le sue mosse successive, già a partire dall’indomani. Lo sconosciuto era incantato dalla passione dimostrata dalla ragazza. Ammirava i suoi occhi brillare e le sue gote arrossarsi mentre s’infervorava raccontandogli delle ingiustizie, delle torture subite da povere donne innocenti, del contrasto tra quelle indicibili atrocità e le stupefacenti bellezze architettoniche che si trovava di fronte appena decideva di visitare nuove aree della città.
‘Ma qui sto parlando solo io!’, protestò lei dopo diversi minuti. ‘Non so ancora nulla di te!’.
‘La mia vita non è poi così interessante’, si limitò a dire lo sconosciuto, ‘Porto avanti una piccola attività di famiglia che mi dà da vivere e mi fa incontrare molta gente. Tuttavia, questo richiede tempo e dedizione. Quindi, sfortunatamente, non posso viaggiare quanto vorrei’.
‘E’ il rovescio della medaglia. Ogni aspetto della vita ne ha uno’, concluse Arianna.
‘Già, ma io, di solito, mi soffermo a cercare il lato positivo delle cose’.
‘E sarebbe?’.
‘In questo caso, il poter abbordare belle ragazze nei locali con la scusa di saperne di più dei loro viaggi’, ribadì lui con un largo sorriso.
‘Ah, è così? Ma guarda tu che razza di gente c’è in giro da queste parti!’, replicò dandogli una leggera spallata.
Risero ancora per qualche secondo, poi lo sconosciuto richiamò l’attenzione del barman, che gli si avvicinò immediatamente. ‘Dieci minuti alle quattro’, disse, guardandosi intorno e notando che il locale si era quasi completamente svuotato, ‘Chiudi tu qui, così, intanto, io e la signorina andiamo a far due passi?’.
‘Certo, nessun problema’, si limitò a ribattere il ragazzo in uniforme rossa, non tradendo emozioni all’infuori della semplice stanchezza alla fine di un lungo turno di lavoro.
‘Questo locale è l’attività di cui ti parlavo prima’, disse lo sconosciuto rivolto ad Arianna. ‘Ti va di sgranchirci le gambe fuori da qui?’, chiese.
La ragazza esitò per un attimo. Non sapeva nulla di lui, ma sondò i suoi magnetici e profondi occhi azzurri e decise che non poteva esserci cattiveria nascosta dietro quell’atteggiamento dolcemente spavaldo. Aveva semplicemente a che fare con un ragazzo sicuro di sé, conscio del suo fascino e che, come lei, aveva solo trovato stimolante la sua compagnia. Annuì, voltandosi verso l’uscita. Lo sconosciuto le posò una mano sulla schiena nuda, invitandola a precederlo. Era una mano grande e calda, che quasi le avvolgeva la schiena, con un tocco deciso eppure delicato.
Non appena messo piede in strada, Arianna avvertì un brivido causato dalla brezza notturna sulla sua pelle nuda. Lo sconosciuto non ne attese un secondo. Sfilò il cappotto e vi avvolse la ragazza per ripararla dal freddo, approfittando per cingerle le spalle con un braccio. Camminarono, così, abbracciati per le vie del centro, parlando e, di tanto in tanto, scambiandosi qualche leggero bacio sulle labbra.
‘Siamo arrivati’, disse a un tratto lo sconosciuto, appena dopo aver stuzzicato il labbro inferiore di Arianna stringendolo fra i denti.
‘Dove?’, chiese lei, quasi intontita dalle loro effusioni.
‘A casa mia. Io abito qui’, rispose il ragazzo, indicando con gli occhi un palazzo dall’aspetto massiccio alla loro destra.
Arianna, a questo punto, ebbe un momento di lucidità. ‘Ascolta’ io non”.
Lui non la lasciò proseguire. ‘Sta’ tranquilla. Questo non significa nulla, non voglio forzarti. Ci tengo solo a farti vedere una cosa che ti lascerà senza fiato. Fidati di me’.
Tra mille paure e pensieri che le affollavano la mente, ancora una volta Arianna decise di fidarsi di quel ragazzo. E la sua buona fede fu ben ripagata dagli eventi. Scoprì, nel giro di pochi minuti, che quell’affascinante sconosciuto viveva all’ultimo piano del palazzo. Che lo stabile era tra i più alti del centro. E che, seppur il piccolo bilocale apparisse poco più che come una sistemazione di fortuna, la terrazza di cui era dotato offriva una vista mozzafiato dell’intera città, a quell’ora completamente deserta e minuziosamente illuminata dalle luci dei lampioni disseminati per la ragnatela di vie e piazze che si estendeva sotto di loro.
Arianna restò a guardare quello spettacolo a bocca aperta, col ragazzo che si portò dietro di lei, abbracciandola e quasi affiancando il suo viso a quello della sua ospite. D’istinto, lei portò le sue mani sopra quelle di lui, strette attorno alla sua vita.
‘E’ bellissimo’, disse, in tono sommesso e reverenziale.
‘Ci tenevo che lo vedessi’, rispose lui. ‘Sei in città da così poco tempo. Eppure ne parli con una passione, un’ammirazione’ quasi come se ci fossi nata’.
‘Mi piace. Mi piace molto. E questo panorama’ sembra un sogno”.
‘A me piaci tu. Da morire’.
A quelle parole, Arianna sospirò, liberandosi dall’abbraccio del ragazzo e voltandosi verso di lui, schiena al parapetto.
‘Questa l’hai presa dal tuo play book?’, disse, sorridendo appena.
‘Play’ cosa?’, replicò lui, con aria confusa.
Arianna scosse il capo, come a voler scacciare un pensiero. ‘Niente, niente. Lascia stare. Usi spesso queste tecniche con le ragazze?’.
‘Non voglio mentirti. Non avrebbe senso. Mi piacciono le donne, mi piace corteggiarle, mi piace averle. Per mia fortuna, ho anche un discreto successo. Ma non uso mai tattiche predefinite. Non sono uno che considera le ragazze come oggetti prodotti in serie. Anzi, sono proprio le differenze ad attrarmi, le particolarità di ciascuna. Per definizione, questo esclude l’uso di tattiche, non trovi?’.
Arianna annuì. ‘E di me cos’è che ti attrae?’, chiese ancora.
‘Sei passionale. Non mi riferisco al sesso, quello non posso saperlo. Ma nella vita. Al pub mi hai baciato solo perché ti andava di farlo. Parlavi dell’Inquisizione come se l’avessi vissuta in prima persona. Sei una a cui piace vivere le proprie emozioni, liberandosi dalle briglie della conformità’.
La ragazza gli stampò l’ennesimo bacio sulle labbra.
‘E questo per cos’era?’, chiese lui.
‘Meritavi un premio per la tua sincerità. E per la tua perspicacia’, fu la risposta.
Si guardarono ancora negli occhi, come spesso era capitato da quando avevano iniziato a conoscersi, poco più di un’ora e mezza prima. ‘Non mi piacciono granché i premi di consolazione’, sussurrò lui.
Senza bisogno di altre parole, le loro labbra si incollarono, abbandonandosi, stavolta, ad un bacio vero, intenso, bagnato. Le loro lingue non esitarono dal dare libero sfogo ad una passione fino ad allora repressa. Quasi si avvitarono tanta era la foga con la quale ciascuno stava assaporando l’altra. Si strinsero ancora in un abbraccio.
Ci vollero diversi minuti prima che si staccassero per riprendere fiato. ‘Tutto questo è assurdo”, disse Arianna, col fiatone e un’espressione sorridente.
‘Magari è davvero tutto un sogno come dicevi’, replicò lo sconosciuto, avventandosi ancora sulle sue labbra.
‘Non conosco neanche il tuo nome”, insisté la ragazza, gettandogli le braccia al collo e godendosi quelle labbra voraci e quelle mani che iniziavano dalla sua schiena a spostarsi verso i fianchi e l’attaccatura dei glutei.
‘Neanche io conosco il tuo. Ma ti importa davvero? Puoi andar via, se vuoi. O goderti le emozioni che quest’assurdità può regalarti’, incalzò lui, prendendo a baciarle il collo.
Arianna sospirò più volte, lasciando che le labbra dello sconosciuto assaggiassero il suo collo. ‘Al diavolo”, concluse infine, prima di affondargli le dita tra i capelli per stringerlo a sé.
Non vi furono ulteriori obiezioni. Qualche istante dopo, la ragazza avvertì il suo vestito liberarle le spalle e scivolarle lungo il corpo, lasciandola coperta solo di scarpe e mutandine.
Lo sconosciuto la sollevò di peso e l’adagiò sul letto baciandola ancora, prima di riprendere a scendere lungo il collo, stringendo tra le labbra i capezzoli irti e continuando a stuzzicarla sull’addome, fino ad arrivare tra le sue cosce. Le sfilò le mutandine e, senza attendere oltre, si fiondò con le labbra e la lingua sul sesso già gonfio e bagnato di Arianna. La ragazza non mascherava i suoi gemiti mentre avvertiva quella bocca famelica assaporare i suoi umori e insinuarsi tra le sue labbra. La lingua dello sconosciuto la penetrava con veemenza, sembrava non voler sprecare una sola goccia del suo nettare. Lei non poté far a meno di stringere le sue gambe attorno alle testa del ragazzo e, con le mani, premere contro la sua nuca, quasi come per invitarlo a violare ancora più a fondo la sua intimità. Ci vollero solo pochi minuti, prima che Arianna si irrigidisse e iniziasse a tremare, lasciandosi travolgere da un orgasmo squassante e rumoroso, incitando il ragazzo a non fermarsi e sottolineando quanto piacere le stesse donando.
Quando rilassò i suoi muscoli, lui risalì lungo quel corpo accaldato e ansimante. La baciò per l’ennesima volta, facendole bere i suoi stessi succhi, di cui la sua bocca era impregnata.
‘Sei fantastica’, le disse, un istante prima di staccarsi da quel bacio e portare le gambe di Arianna sulle sue spalle. Così facendo, il sesso della ragazza venne ancora esposto, lucido di umori e di saliva, arrossato e gonfio per il piacere appena provato. ‘Non ho fatto nulla’, replicò lei, ansante. ‘Si, invece. Sai lasciarti andare completamente. Non sai quanto io trovi eccitante una donna capace di mollare il freno come fai tu’. Lo sconosciuto appoggiò il glande tra le labbra di Arianna, cercando un nuovo contatto oculare e, appena trovatolo, riempiendola completamente della sua virilità. La ragazza non trattenne un urlo di stupore e piacere per quell’intrusione così brutale e tanto attesa. Lui uscì e rientrò ancora di colpo in lei, facendola gridare nuovamente. Poi, i singoli colpi si tramutarono in un movimento continuo, profondo, incessante. I gemiti di Arianna e il rumore dello scroto dello sconosciuto che impattava violentemente contro l’ingresso fradicio del sesso della giovane, riempivano la stanza assieme all’odore della loro voglia.
Un secondo orgasmo travolse Arianna, mentre lo sconosciuto continuava, col suo membro teso allo spasimo, a violare la sua intimità. ‘Voglio berti”, sussurrò lei.
Lui non distolse lo sguardo dagli occhi della ragazza. Non l’aveva mai fatto per tutta la durata dell’amplesso. Anzi, in un certo senso non l’aveva mai fatto sin dall’inizio della serata. Affondò ancora in lei un’altra manciata di volte, quasi come a voler fissare nella sua mente la consistenza e l’elasticità di quelle pareti bollenti che gli avvolgevano il membro, stimolandolo con le contrazioni dovute all’indescrivibile piacere che le stava facendo provare.
Quando le porse la sua asta tesa, Arianna non perse tempo. Massaggiò lo scroto tanto gonfio che faticava a tenere in una mano, leccò per tutta la lunghezza quel palo di carne ripulendolo dagli umori che lo ricoprivano, poi imboccò un glande talmente grosso da invaderle e riempirle completamente la bocca. Quasi strabuzzò gli occhi tentando di farselo arrivare in gola e, appena lo sentì pulsare, serrò le labbra attorno a quel membro maestoso, ingoiando tutto il nettare denso e caldo che l’eccitazione dovuta al loro amplesso lo aveva portato a dispensare. Successivamente, lo lasciò scivolare fuori lungo il mento, accasciandosi esausta sul materasso.
Lo sconosciuto fece lo stesso, abbracciandola per sentire premuti l’uno contro l’altro i loro corpi nudi. Attesero di riprendere fiato, poi fecero una doccia, abbandonandosi nuovamente alla passione sotto il forte getto d’acqua del box. In seguito, si addormentarono l’uno tra le braccia dell’altra, mentre un timido sole iniziava a far capolino tra le spesse pareti degli antichi palazzi del centro.
Quando lo sconosciuto si risvegliò, di Arianna non v’era più traccia. Solo un vivido ricordo e un enorme vuoto, al pari di quelli lasciati da una celestiale visione onirica svanita troppo in fretta ma destinata a restare ben salda nella memoria, tanto da farle quasi acquistare una dimensione fisica, concreta.
Sul cuscino campeggiava un biglietto scritto a mano. ‘E’ stato un bellissimo sogno. Lo ricorderò per sempre. Arianna’.
Il ragazzo sorrise, tenendo il post-it tra le dita per non sgualcirlo. ‘Addio, Arianna’, sussurrò, rivolgendosi ad un punto indistinto fuori dalla finestra, ammirando un cielo della stessa tinta dei suoi occhi e cercando quel viso tra le nuvole soffici che si stagliavano su di esso.

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