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Creatura inottenibile

By 18 Settembre 2020Settembre 23rd, 2020No Comments

Lo avevo da tempo sperato, una miriade di volte supposto e fortemente auspicato, canzonando e sbeffeggiando dentro me stessa magari di poterlo mettere seriosamente in pratica, adesso però la realtà in maniera cristallina ed evidente mi mette alla prova, collaudando la mia reazione e scaraventandomi in faccia l’inesorabile impresa, l’intransigente e attesa azione, invero l’impietosa e la necessaria prova della verità. Al presente mi sento un poco esagitata e in certo senso turbata, però pure insolitamente euforica ed eccezionalmente impaziente, il cuore tamburella più del dovuto, anche perché ho aspettato questo momento anelandolo ogni santo giorno, al momento sono intimorita con il batticuore indosso che mi perseguita vessandomi. Provo a lenirmi i pensieri, tento di calmarmi, inspiro ed espiro intensamente, domandandomi nel mentre che cosa può essere che m’impaurisca e che mi costerni così tanto.

Lo so, probabilmente in cuor mio non lo voglio accettare né consentire, né tanto meno riconoscere, poiché si tratta di quell’archetipo e di quel conclusivo concetto di dare finalmente una sembianza, una definitiva struttura lineare, per quello che finora sono stati unicamente dei lontani discorsi, adesso però questo frangente m’atterrisce in modo anomalo e mi spaventa in maniera inconsueta. Con solerte malagrazia rientro rapidamente sui miei passi, il dubbio e l’insolito sgomento mi conduce verso il varco del motel, poiché m’appresto per entrare dentro l’autovettura, nel tempo in cui lo squillo acuto del telefonino mi frena e sicché rispondo, intanto che una squillante intonazione piuttosto virile annuncia:

“Ti sto aspettando, se hai fatto tardi non è nulla, se non te la senti dimmelo pure e finiamo prima di cominciare. Nessun dramma, non preoccuparti. Non voglio indisporti né infastidirti né tediarti più del dovuto” – mi riferisce lui in maniera amabile e garbata, con un tono cortese, attento, premuroso e inaspettatamente per me rassicurante.

“Sandro ascolta, non sono in grado di poterlo compiere, ho il timore, l’apprensione e la netta trepidazione che la nostra corrispondenza passionale si dissipi all’istante appena t’avvisterò di persona, perché questo non è ciò che desidero. Io ti voglio, certo che sì da schiattare, eppure non posso adocchiarti, preferisco non vederti, hai l’obbligo di restare solamente un verso, un puro accento” – gli espongo io di getto, forse in maniera sbrigativa e sommaria, indotta e suppergiù dubbiosa di non voler proseguire nell’intento, evitando in tale maniera di calarmi nel batticuore di quell’incontro.

Io onestamente non ero del tutto consapevole di quello che avevo affrettatamente e speditamente proferito, ero chiaramente affannata e palesemente confusa, mi ero talmente adattata, uniformandomi rinunciando alla nozione e alla credenza di non udire ulteriormente Sandro, giacché lui medesimo m’avrebbe indubbiamente catalogata e classificata per una mentecatta e strampalata ragazza sbarazzandosi in ultimo di me, tuttavia io dovetti scioltamente mutare opinione allorquando lui deliziosamente mi controbatté:

“Cara Nicoletta, eseguiremo il da farsi unicamente come tu vorrai. Arriva qua come avevamo statuito, batti tre volte alla porta, dopo quando avvertirai la chiave ruotare nella toppa, tutto ciò che dovrai compiere è solamente serrare gli occhi e aspettare là davanti all’uscio, perché il residuo dell’opera l’eseguirò io accuratamente con premura. Attenderò lietamente con gioia il tuo arrivo”.

Io mi sentivo inspiegabilmente rinnovata, apertamente rigenerata e indefinibilmente rifiorita, perché sia la fifa che l’apprensione, che in precedenza sconquassava la mente turbando il mio essere, al presente udendo l’accento avvolgente ed erotico di Sandro, si era rapidamente modificata in un’accanita e caparbia voglia, ovvero tra un implacabile e un’indiscussa incontenibile lasciva sete.

Io acciuffo sennonché il coraggio, non tentenno ulteriormente e mi butto, sopraggiungo là davanti come prestabilito e batto tre volte sulla porta, giacché esigui secondi dopo capto il cigolio sonoro della chiave che si sposta nella toppa, io sbarro gli occhi come previsto e repentinamente l’oscurità s’impadronisce del mio essere. Intuisco bene che vengo ghermita da palmi robusti, perché un lieve lamento fuoriesce dalla mia bocca, le mani lasciano l’invasione, per il fatto che brevi istanti dopo, qualche cosa di soffice e di levigato viene collocato sulla mia fronte coprendo interamente la zona degli occhi, in quel frangente capto e presagisco all’istante che ho a che fare con un grande fazzoletto vellutato. Questo qua, era scrupolosamente quello che desideravo ricevere, perché in questa modalità i miei acuti e vogliosi sensi si ridestano, dal momento che adesso ho unicamente occorrenza d’avvertire e di percepire lui, il mio individuo astruso, ermetico e imperscrutabile.

“Sono qua, eccomi Sandro, sono arrivata, dove ti trovi?” – sollecito io con un’irrequietezza zelante e con un’inedita alacre smania, che in verità confidavo e speravo di non conoscere a fondo.

“Sta’ tranquilla Nicoletta, non sono distante, sono a ridosso di te, mi senti?” – m’annuncia Sandro, con il suo accento erotico e suadente, assai accattivante e ingraziante che tanto eccitare mi fa.

La sua espressione mi perviene chiara e penetrante, avverto molto bene il suo alito, impulsivamente protendo il mio corpo di dietro bramando di toccare il suo, finalmente lo rintraccio, percepisco il suo cazzo che pressa in modo energico verso le mie chiappe calcando con smania. Io inizio a spostarmi in opposizione alla sua poderosa sporgenza, la stessa prospera ad ogni mia movenza, avverto comprensibilmente il suo corpo spogliato, mi giro e mi ritrovo dinanzi a lui, per di più, nonostante non possa vederlo, dispongo i palmi avanti muovendoli sul suo corpo, perché in quel libidinoso, indistinto e modico nitido frangente, i miei palmi diventano improvvisamente i miei occhi. Adesso palpeggio il torace di Sandro, mi soffermo sopra i suoi capezzoli e li tormento, risalgo per il collo e giungo alla sua faccia, ricercando le sue labbra che al tatto appaiono polpute.

“Nicoletta, sei un incanto di femmina, una meraviglia della natura” – mi riferisce lui appena, intanto che mi lambisce le dita, seguitando a tastarmi con vigore le chiappe.

Io accosto la mia bocca alla sua, con la lingua abbozzo saggiando le sue labbra, infervorata come sono divento ulteriormente famelica, allargo le labbra alla ricerca della sua lingua e la rintraccio, lei è passionale e determinata come lo sono io, sicché l’anniento, l’aspiro, bramo marcarla e possederla con lussuria, così come farebbe il maschio che sovrasta padroneggiando in maniera carnale, dissoluta e impudica le viscere d’una femmina in calore.

“Stella mia, ti desidero, gioia mia non sai quanto ho atteso questo momento” – borbotta Sandro con un suono affannato, per il fatto che con un’azione estemporanea mi sbatacchia, spingendo il mio corpo addosso a quello che suppongo sia un tramezzo di cartongesso.

Percepisco le sue mani che sollevano la mia gonna, io là di sotto non porto mutande, questo Sandro lo apprezza e gradisce parecchio, perché mi sfonda con un colpo perentorio e con un brontolio d’oggettivo e libidinoso apprezzamento, mi comunica infine che ho una deliziosa, esemplare e pelosissima nera fica, tutta da esplorare e da scassinare. Il timbro carnale e spinto di quei suoi vocaboli mi elettrizza, mi galvanizza ulteriormente spedendomi in completo visibilio, al momento nei miei paraggi non sussiste più niente, ci sono unicamente sregolate pulsioni, pervertiti sensi e viziosi significati, perché l’unica ed essenziale realtà corporale, è che il suo cazzo adesso vibra martellando dentro di me, nel massimo del suo splendore e nell’apice del suo vigore. Io lo capto per bene, sento che sdrucciola gradevolmente nella mia pelosissima fica in modo gagliardo e vigoroso, poiché si spinge fino a cagionarmi quasi un’inedita dolenza, perché non potendo più proseguire rimane là statico, fremendo e ribollendo contro le mie pareti vaginali.

In quella circostanza rimaniamo vicendevolmente invischiati e libidinosamente incuneati, io non mi controllo, perciò lo pungolo di proposito irrigidendo i muscoli della fica, fasciando e soffocando in tal modo il suo cazzo, perché in questo modo Sandro sdrucciola fuori dalla mia fenditura, per riappropriarsi subito dopo di quel delizioso pertugio, riguadagnando con una botta decisa quello che era stato poc’anzi interrotto. I nostri sospiri aumentano con la condotta famelica delle nostre spinte, le mie mani accerchiano la sua regione lombare scorticandola con prepotenza, lui mi sbatacchia in direzione del tramezzo di cartongesso con energia, i suoi palmi abbrancano le mie cosce congiungendole vicino alla sua regione lombare, Sandro si ferma per un istante, m’agguanta in peso per le chiappe e mi colloca su quel grande letto.

Al momento io avverto totalmente la sua struttura che si posa sul mio corpo, le nostre focose e intemperanti masse si sfregano concupiscenti, istintive e voluttuose a vicenda. Al presente non riesco a scorgere niente, non vedo il mio uomo misterioso, ciò nonostante è come se nella mia testa fosse impressa esplicitamente la sua figura, perché i miei palmi funzionano e in ultimo agiscono sostituendosi proporzionatamente al posto dei miei occhi. Il forzuto e il poderoso intimo piacere sta per appropriarsi di me, sta per invadermi, ho il distinto sentore che il suo cazzo pulsa vivamente, sono le ultime marcate avvisaglie, gli estremi evidenti indizi, Sandro sta per emettere lo sperma, perché pure il mio respiro si trasforma in un lascivo e libidinoso strepito, eppure in modo attento ed esperto, lui da navigato e pratico qual è, rallenta di proposito le spinte ritardando intelligentemente l’imminente eiaculazione:

“Ecco, sì, non fermarti, è meraviglioso, sto venendo, dai ancora, bagnami per bene, farciscimi come si deve, inondami tutta per bene” – lo invoco prontamente e diffusamente io, mentre lui accoglie ed esaudisce la mia intemperante, vigorosa e nerboruta lasciva richiesta.

Sandro aizzato e accalorato oltremisura com’è, accondiscende accordando la mia degenerata e viziosa invocazione, perché adesso gli affondi diventano maggiormente aggredenti e straccianti, la tensione spasmodica dell’orgasmo perviene come una grande detonazione, in quanto spostamenti scomposti e movenze spasmodiche, arruffano inevitabilmente il mio corpo scompaginandolo. Io mi dimeno e sbraito come un’esagitata, mentre lui ripiglia il ritmo troncato e poco dopo sborra abbondantemente di gusto sopra la mia pelosissima e nerissima fica, annaffiandomi globalmente con tutta la sua aitante, solida e nerboruta lattescente passione, saturandomi e appagandomi totalmente.

Io boccheggio e ridacchio simultaneamente, mi sento piacevolmente carica e traboccante, esageratamente energica e vispa, perché neanche nelle mie recondite e inaccessibili creatività, potevo calcolare né supporre di godere a tal punto. Nel mentre, cingo il mio individuo enigmatico, mentre lui mi bisbiglia vocaboli soavi e piacevoli. Ciascuna azione è ottimale, è ideale, ogni cosa è ineguagliabile, nessuna essenza sussiste, tranne che noi due. Ogni cosa è splendida e impeccabile, ma fino a quando il mio amante si separa dal mio essere, poiché capto distintamente che lui s’alza, io protendo le braccia, lo interpello, tuttavia lui non controbatte né reagisce, dal momento che io resto là, distesa su quel letto da sola.

In quella strana e inverosimile congiuntura, invero, un’inedita e strampalata percezione di disagio s’appropria irrimediabilmente del mio essere di femmina, ho anche adesso la grande fasciatura sulla fronte, in quanto non sono in grado d’adocchiare dove lui si trovi, perché attorno a me c’è solamente uno sconfortante e squallido silenzio, accompagnato da un deprimente e da uno sconsolante buio. Ben presto, infatti, la difficoltà e il malessere si converte in batticuore e in smarrimento, il timore annaspa, il turbamento arranca, potrei persino levare la grande fasciatura, però tutto questo ricercato e voluto incantesimo sfumerebbe di colpo, perlomeno comprenderei che cosa succede, tuttavia resisto, non posso, non voglio e rinuncio. Resto lassù nel letto, nella speranza che accada qualcosa, nella prospettiva d’udire un suono, nell’idea d’avvertire uno sfioramento.

Il tempo passa, io interpello Sandro, ma non ricevo riscontro alcuno, ho l’angoscia, l’inquietudine m’assale, ma non potrei descrivere né dire di che cosa ho concretamente preoccupazione. In realtà non mi sento reclusa o incatenata al letto, perché se soltanto lo desiderassi, potrei sfilarmi la grande fasciatura e tutto d’incanto si spiegherebbe, eppure preferisco di no. Da ultimo ascolto dei movimenti nelle vicinanze, appresso non odo più niente, mi sento di nuovo abbrancata dal panico, mentre un palpo dietro la testa mi procaccia un brivido lungo la schiena, non afferro che cosa stia capitando, fino a quando l’oscurità sparisce per lasciare spazio a una luminosità abbagliante, perché la grande fasciatura che portavo è stata finalmente rimossa.

Quello che inizialmente intravedo di fronte a me è la corporatura d’un maschio dall’aspetto gradevole, direi compassato e perfino sobrio, in quanto porta infilato un canovaccio circolarmente annodato alla vita. Eccolo, adesso a questo punto posso adocchiare la mia creatura ignota e segreta, in conclusione è una realtà tangibile, un’entità fisica niente male. Successivamente osservo che avanza nella mia direzione, si genuflette e appoggia la sua faccia tra le mie tette e poi digrada verso l’addome. Io non avverto nulla, la mia corporatura è come se fosse immobilizzata, i sensi sono come atrofizzati, sembrano neutralizzati, resi inefficaci, direi estinti.

Un disponibile, avvenente e riservato uomo, è al presente piegato fra le mie gambe, lui, precisamente il mio individuo imperscrutabile e sibillino, verosimilmente enigmatico, in completa dedizione alla fonte del mio intimo e naturale piacere.

Io però non provo nulla, non avverto né nutro niente. Sono probabilmente rincretinita, a tratti mi pare d’essere delirante. No, non mi sento per nulla dissennata né ammattita, modestamente lui non è più il mio individuo anonimo né inesplorato, perché adesso ha una generalità e persino una fisionomia.

In quel frangente m’allontano senza dire nulla ed esco, mentre galoppo via da quel motel, singhiozzo, patisco, soffro e compiango, ululando in modo inclemente e inevitabile la scomparsa del mio individuale e amato recondito segreto.

{Idraulico anno 1999} 

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