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Racconti Erotici EteroTrio

Da Lorena

By 21 Settembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Da Lorena
Ciao a tutte
Sono una attenta lettrice dei racconti di Milu e ho pensato che fosse giunto il momento di raccontarvi, attraverso quello che è diventato un amico per evitare i rischi che potete immaginare, la mia storia. Se avrete da commentare o scambiare opinioni potete scrivere al l’indirizzo email sh54321@libero.it
È una storia come tante, forse persino più banale di altre per il suo sviluppo, ma è la mia storia.
Leggendo i diversi racconti mi sono fatta l’opinione che la mia storia non sia né meglio né peggio di tante altre.
Mi sono ripromessa di raccontarvi tutto nel modo più reale possibile per farvela vivere come se foste state con me. E’ una storia che tocca più da vicino noi donne che gli uomini.
Lavoro da oltre dieci anni nella direzione commerciale di una multinazionale americana con diverse sedi nel mondo occupandomi dei grandi clienti. Avevo iniziato il mio primo lavoro serio lì e passando da diversi settori ero approdata al mio ultimo incarico facendo una discreta carriera. Ai tempi dell’inizio della mia vicenda avevo quarantadue anni, due figli ed un marito che amavo. Per fortuna l’ho ancora.
La sede dell’azienda era in periferia di Milano.
Sino ad allora la mia vita familiare ed aziendale era trascorsa tranquilla, carica di piacere e successi.
In azienda ero stimata e sapevo che piacevo abbastanza, anche come donna. Negli anni qualche timido approccio mi era stato fatto e avevo imparato a scivolare tra le eleganti avances dei colleghi sposati e no
La cosa mi divertiva e forse inconsciamente mi faceva anche piacere. Sono cresciuta in una famiglia dove il lavoro di papà dava un reddito soddisfacente e poi mi sono sposata con un professionista affermato, al suo già elevato reddito si aggiunse il mio e ciò mi permetteva/ permette di soddisfare i miei femminili piaceri sul vestire.
Vi confesso che ho una passione per le scarpe, ne ho così tante di tutti i tipi che ho vergogna, a volte, mentre le guardò nel grande spazio ad esse dedicato.
Come dicevo mi piace l’eleganza e per questo curo il mio fisico stando abbastanza attenta a quello che mangio (ma sono anche io umana e a volte derogo ai miei principi) aiutandomi per quanto possibile, nel tempo lasciatomi libero dall’essere mamma e moglie, con l’esercizio fisico in palestra.
La genetica mi ha aiutato; sono alta e con un buon fisico (qualcuno dice molto femminile) e nonostante l’età ed i figli ho un seno ancora tonico per essere una terza; anche il mio sedere, senza più essere quello dei mie venti anni, è ancora nei limiti e sufficientemente sodo. Tengo i capelli a caschetto perché li ritengo più pratici e poi perché mi incorniciano bene il viso. Il mio cruccio sono gli occhi color nocciola presi da mamma, lì avessi avuto verde acqua come quelli di papà.
Indosso sia vestiti che pantaloni, ma prevalentemente amo le gonne, spesso a tubino.
La mia vita familiare è quella di tantissime come me. Al mattino colazione con figli e marito e a sera la cena sempre con loro. Dal lunedì al venerdì al lavoro. Il sabato serve per fare quello che non si è riusciti a fare negli altri giorni. La domenica a messa ed un po’ di svago
Monotono? Direi normale
Marito fantastico, la persona giusta. Lo risposerei.
Sesso? Anche qui ritengo normale. Con i figli le esuberanze giovanili sono cadute; di solito, non sempre, si fa l’amore nei fine settimane salvo altri sporadici episodi durante le vacanze. Posso dire: non moltissimo, ma con soddisfazione.
Prima di incontrare mio marito avevo avuto dei fidanzatini, con il secondo di loro avevo fatto per la prima volta sesso completo. Mi era piaciuto ed anche con quelli giunti dopo ho fatto sesso con le dovute precauzioni.
Non ho mai fatto cose pazze, la maggior parte delle volte il sesso si consumava in auto, indi: seghe, pompini e con fatica a pecorina. Il culo? off limits.
Sono sempre stata monogama, fedele al ragazzo di turno, salvo una sola volta quando durante una breve vacanza con le amiche a Riccione, complice una serie di circostanze, mi sono lasciata andare con un simpatico olandese. Al rientro non dissi nulla al mio ragazzo. Poi la conclusione degli studi universitari e la conoscenza di quello che sarebbe diventato, dopo un giusto periodo di reciproca conoscenza, mio marito. Ed infine per arrivare ad oggi: il matrimonio ed il ruolo di moglie/mamma/lavoratrice.
Questa era la mia vita fino a quando comparve lui, Riccardo, nella mia vita.
Due anni prima avevano assunto un nuovo collega responsabile del marketing. Avevano deciso che serviva un responsabile di esperienza che oltre a progettare le campagne pubblicitarie potesse affiancare nelle trattative importanti gli incaricati dei rapporti con i clienti.
Proveniva da una nota società di consulenza ed aveva qualche anno più di me. Era un creativo, allegro, ed anche un discreto bell’uomo. Anche lui era sposato ed avevano una figlia.
Per me era un personaggio positivo e particolare. Elegante, ma disinvolto nel vestire; sempre sorridente e di aiuto agli altri per il lavoro. Non era un adone, ma poteva piacere. Magro, alto con un ciuffo ribelle di capelli in linea con la sua brillante ed estroversa personalità. Aveva degli occhi brillanti che sembrava ti perquisissero ogni volta che ti guardava e sapeva coinvolgerti come pochi altri ho conosciuto.
Entrammo da subito in sintonia.
Quando ero con lui anche il lavoro più noioso mi diventava passabile. Sapeva trasformare le difficoltà in qualcosa di intrigante. Mi piaceva la sua personalità, il suo dinamismo e modo di porsi e fare. Era certamente una persona fuori dal comune. Nel suo insieme, fisico e di persona, mi piaceva molto, ma non avevo mai fatto un pensiero su qualcosa di diverso dal collaborare insieme. Mi verrebbe da dire: un simpatico e piacevole amico, ma non a livello degli amici che frequentavamo in famiglia.
Avevamo già fatto delle trattative insieme presso alcuni importanti clienti con soddisfazione aziendale e reciproca soddisfazione visti i brillanti risultati ottenuti e ciò aveva cementato il nostro rapporto professionale.
Eravamo, per tutti, una coppia vincente.
Le trattative erano solitamente condotte in giornata. Si partiva alla mattina presto, si raggiungeva il cliente per la trattativa e solitamente si pranzava con lui; entro il tardo pomeriggio eravamo nuovamente a casa con la nostra famiglia.
Accadde che un nuovo potenziale importante cliente in Sicilia, nella zona di Agrigento, richiedesse la presenza societaria. Il boss affidò il delicato incarico a noi due raccomandandoci il successo. Prendemmo l’appuntamento, ma essendo la dislocazione del cliente lontana dall’aeroporto, (il più vicino era quello di Palermo) lo fissammo nel tardo pomeriggio pur sapendo che non saremmo potuti rientrare a casa in serata. Per la prima volta dovemmo dormire fuori casa
Il cliente conscio della nostra difficoltà ci disse di non preoccuparci per la serata e d il pernottamento; avrebbe pensato a tutto lui e sarebbe stato il nostro pigmalione.
Arrivammo direttamente all’ hotel, splendido, dove un cortese receptionist ci confermò la prenotazione fatta da …. e che per nostra comodità le camere erano state scelte sullo stesso piano anche se non contigue
La mia camera era bellissima. Vi era una zona soggiorno arredata con mobili del primo Novecento ed una grande camera da letto con un enorme letto a baldacchino; il bagno era grandissimo e dotato in eccesso.
Mi cambiai indossando un abito che potesse andar bene sia per l’incontro lavorativo che per la successiva serata supponendo che non potessimo rientrare in hotel per il cambio.
Anche Riccardo, il mio collega, agì allo stesso modo. Professionalmente elegante, ma in sintonia anche per la serata.
La trattativa si concluse positivamente ed il nostro cliente, un gentiluomo squisito, ci condusse poi in un elegante, ma discreto, ristorante dove gustammo i piatti tipici della Sicilia. Fu una lunga, piacevolissima, cena allietata da dell’ottimo vino.
Si chiacchierava con piacere, sereni e rilassati dopo il faticoso impegno lavorativo e scoprii numerose delizie siciliane che non avevo mai provato per cui era d’obbligo accompagnarle con un dedicato vino. Mi sentivo tranquilla e capace dei miei mezzi e partecipai con entusiasmo, con il senso del poi forse eccessivo, alla cena. Le portate si susseguivano e mi resi conto di essere piacevolmente brilla, ma ritenevo che sarei stata in grado di stare senza sforzo sulle mie gambe. Sbagliavo, poiché quando terminata la cena e salutato l’ospite quando Riccardo ed io decidemmo di fare due passi per arrivare al vicino posto taxi mi accorsi di ondeggiare come una piccola barca.
Riccardo si rese conto del mio “stordimento” e mi disse: forse hai esagerata, ma tranquilla ci sono io.
Arrivammo in hotel e ricordo che disse: ti accompagno in camera. Ricordo che entrammo in camera ed anche che mi sembrava di stare meglio tanto che quando Riccardo disse: un bicchiere solo noi due per festeggiare l’avvenuto contratto dissi volentieri di si. Prese dal piccolo frigo, in camera, un piccolo champagnino; riempì due bicchieri. Ci facemmo i reciproci complimenti per il successo avuto e bevemmo. Ricordo che bevvi tutto d’un fiato e da qui la mia memoria si fa confusa.
Mi svegliai la mattina nuda nel mio letto. Mi sentivo appiccicaticcia sul ventre, sotto le tette. Mi sentivo indolenzita, ma come posso dire: rilassata? Ebbi un flash, anzi più flash. Riccardo ed io che ci baciavamo, confusione, un altro corpo sul mio, ma non mettevo a fuoco. Sembrava più un sogno che realtà.
Mi dissi: ieri sera ho bevuto troppo e non ci sono abituata, che stupida, cosa sarà successo? Non ricordo nulla. Adesso mi faccio una doccia e passerà tutto.
Più tardi andammo in aeroporto, ma nessuno di noi due disse nulla sul rientro in hotel; i nostri discorsi si fermavano alla serata come se effettivamente nulla fosse successo.
Io rimuginavo sulla cosa, ma non ebbi il coraggio di affrontare l’argomento. Lui non diceva nulla.
Forse mi ero davvero sognata tutta, anche se Riccardo non mi sembrava il solito. Ci lasciammo ai taxi dell’aeroporto con un normale: ciao, ci vediamo domani.
Il giorno dopo vi fu un briefing in azienda e notai che non so per quale motivo i nostri sguardi, al contrario del solito, quasi non si incrociassero.
Mi sentivo in imbarazzo e non capivo il perché. Vi era tra noi una tensione forte e reciproca e non riuscivo a dare una giustificazione.
Ciò non ci impedì di accordarci per il solito caffè del pomeriggio alla macchinetta.
Ci incontrammo, ma quella tensione permaneva. Ad un certo punto lui disse: non dici nulla? Ed io: di cosa? Lui con gli occhi sgranati: di ieri sera, di stanotte.
Visto che lo guardavo perplessa disse: come non ricordi? Nel mio silenzio continuò: dobbiamo parlare, ma non qui.
Ci vediamo alle sei dopo il lavoro a … sarò lì con la mia macchina. Seguimi per favore.
Non sapevo che dire, che fare. Dissi: va bene.
All’ora concordata ero con la mia macchina dove era lui. Lo segui e notai che si allontanava dai luoghi frequentati ed infine prese una stradina sterrata nella campagna. Seppur perplessa lo seguii, non avevo alcun timore, mi fidavo di lui. Ero certa fosse una persona per bene.
Arrivammo in un luogo appartato e nascosto alla vista dei passanti che poi ebbi l’occasione di frequentare più volte.
Scendemmo dalle auto, ma lui mi invitò a salire subito sulla sua. Era la fine dell’inverno e le temperature erano ancora abbastanza rigide. L’abitacolo dell’auto era riscaldato quasi in eccesso per me e mi tolsi il cappottino mettendolo dietro. Lui si era tolto la giacca ed era in camicia.
Eravamo vicini in un ambiente ristretto, ma questo lo realizzai poi. Mi disse: davvero non ricordi nulla di ieri?
Ero imbarazzata e gli dissi: Riccardo di ieri ho dei ricordi tanto confusi da non sapere se siano realtà o fantasia che ho optato per fantasia. Lui: dimmi
Ricordo di un possibile bacio, poi di tanto caldo, poi nulla.
Lui rimase per un po’ silenzioso poi disse: adesso vediamo se posso aiutarti a ricordare.
Prendendomi di sorpresa allungò una verso il mio viso e con delicatezza mi accarezzò una guancia, poi fece scivolare le sue dita sulle mie labbra. Non sapevo che fare. Mi sentivo impedita, ma con la sensazione che quello che stava accadendo fosse già successo. Sentivo un calore pervadermi. Poi penserò che il mio corpo ricordava quello che la mente aveva messo da parte.
Non riuscii a respingerlo
Mi piaceva come mi accarezzava e mi piaceva come mi toccava le labbra. Mi disse: non muoverti. Rilassati.
Percepivo la sua vicinanza ed il suo respiro vicino il mio orecchio
Ad un certo momento sentii una mano sul seno. Lo accarezzò come l’altra mi accarezzò il viso.
Poi lo stringe, ritmicamente, come per saggiarne la consistenza. Ripete più volte questo movimento e questo “massaggio” mi piace e mi sento piacevolmente disponibile e non riesco ad oppormi.
Chiudo gli occhi. Non voglio vedere cosa sta accadendo
Sento il suo viso sul mio. Sono ad occhi chiusi ma percepisco distintamente la sua presenza. Le sue labbra si appoggiano sulle mie. Dovrei ribellarmi, sottrarmi perché so cosa sta per fare. Non vorrei, ma la sua lingua spinge sulle mie labbra, cerca uno spazio per entrare. Non so resistere a quella sensazione che mi ha pervaso. Sono calda in trepida attesa non so di cosa. La sua saliva si mescola alla mia.
E mentre la sua lingua rovista dentro di me, senza trovare resistenze, la sua mano continua a stringermi il seno. Segue un suo ritmo: toglie la lingua dalla mia bocca e la sua mano allenta la presa. Mi lascia un attimo in sospeso. Rientra con la lingua nella mia bocca e la sua mano si riappropria del mio seno.
Ed io? Io sto con la bocca socchiusa aspettando i suoi movimenti
Di lì a poco ha spostato la mano dal viso al fianco, poi sulla coscia. Sentivo quel movimento quasi fossi in una dolorosa attesa.
Strinsi istintivamente le cosce mentre sentivo la sua mano in grembo.
Avevo il fuoco dentro me. Mi sembrò di tornare ai primi giochi di sesso in auto con mio marito. C’era calore tra le mie cosce.
Le sue dita cercavano di aprirsi un varco. Volevo dire di no, ma la sua bocca sulla mia tramutò il mio no in un flebile suono. E poi lo volevo veramente? La sua mano era sotto la gonna e aveva trovato lo spazio per appoggiarsi sugli slip a contatto della mia preziosa intimità. Premette, palpò, per poi infilarsi sotto l’elastico dello slip. Le sue dita mi aprirono e scivolarono in me. Un dito si fece spazio tra i miei peli e si insinuò tra intime labbra iniziando il più dolce dei ditalini.
La mano prima appoggiata sul seno è intanto passata sotto il mio maglioncino fino a raggiungere il reggiseno. Lo ha spostato e a contatto diretto della mia tetta la palpa e gioca con il capezzolo.
Io aspetto come un’adolescente.
Mi solleva il maglioncino alla testa lasciandomi cieca
Sento le sue labbra sul seno e poi sul capezzolo che succhia e strizza tra la lingua e il palato. Non ha interrotto il movimento del dito nella mia passera e sento contemporaneamente il mio capezzolo entrare in profondità nella sua bocca e le sue dita entrare in profondità in quella mia fessura ormai fradicia in modo indecente.
Respiro con fatica attraverso il maglioncino. Ho la bocca aperta alla ricerca di aria di cui ho sempre più bisogno.
Ho perso ogni controllo ormai, respiri e gemiti si inseguono, sento che sto per capitolare definitivamente.

Il mio corpo si inarca, incapace di arginare quel piacere che si è fatto ormai ingestibile. Esplodo in un orgasmo che avrei voluto non arrivasse mai. Il calore che parte dalla vagina risale tutto il corpo facendomi tremare. L’ondata di piacere mi invade e mi sfinisce, annulla la mia volontà.
Mi toglie del tutto il maglioncino facendolo scivolare dalla testa
Sono distesa, rilassata, in posizione abbandonata sul sedile.
Lo intravedo guardarmi e godersi con soddisfazione lo spettacolo di una donna che ha fatto godere e in attesa dei suoi desideri.
Penso sia finita; non pensavo a lui.
Si muove come fosse proprietario del mio corpo. Mi toglie del tutto la camicetta e si piega sul mio seno
Penso a mio marito che vedrò stasera, ma mi distrae subito; la sua mano prende la mia e non mi ero accorta il suo pene era lì fuori dritto e nudo che aspettava. Me lo mette in mano e intanto infila la mano sotto la gonna di nuovo nella passerina. Inconsciamente allargo le gambe per favorire il passaggio. La gonna si ritrae verso l’alto.
Riprende a succhiarmi i capezzoli mentre mi sditalina. Io inerte, ma cosciente gli tengo l’uccello nella mano senza muoverla. E’ una sua esortazione che mi fa agire; che aspetti a segarmi?
Cominciare a muovere su e giù la mano. Intanto mi strapazza le tette e i capezzoli, ma è solo puro piacere. Sono delicatissima e sensibile in quei punti.
Infine mi mette ancora la lingua in bocca. Raggiungo in un attimo il mio secondo orgasmo. Glielo farfuglio in bocca in quello che è diventato un lungo appassionato bacio. Aspetta che mi rilassi, si stacca da me e si sposta sul sedile. Poi, sempre gentilmente, mi spinge la testa verso il basso.
Non ho aperto subito la bocca, ma non ero una ragazzina e non era la prima volta che facevo un pompino. Mio marito ne va matto.
Spinge il pene contro la mia bocca. Mi disse: fai così e così.
Cosa vuole insegnarmi? Poi capii. Mi diceva come gli piacesse essere succhiato
Mi fece stringere le dita ad anello alla base dell’uccello e poi mentre lo risucchiavo dovevo risalire con le dita verso il glande. Mi diceva: brava, brava, continua così.
Mentre sono piegata sull’uccello la sua mano è sul mio culo, lo palpa. Mi dice: hai un culo splendido, forse non lo sai, ma è uno degli argomenti preferiti tra noi maschietti in azienda. Per farlo stare zitto succhiai più forte.
Lui mise nuovamente la mano sotto la gonna tirandola sulla schiena e poi si infilò sotto i miei slip tornando da dietro alla mia passerina che sentivo ancora fradicia. Ricominciò a “lavorarmi” la passera. Era veramente bravo ed io sovraeccitata perché quando al dito in vagina aggiunse un altro dito che pian piano infilò nel mio buchino mi sentii morire. La doppia penetrazione mi portò ad un nuovo orgasmo. Non mi era mei successo di godere consecutivamente più volte e di mio marito non posso lamentarmi è attentissimo a me, ma….
Dovetti lasciare il suo cazzo per respirare e lui a sorpresa me lo sottrasse
Uscì dall’auto con il pene rigido in vista. Girò intorno l’auto e venne alla mia portiera. La aprì e senza chiedere nulla mi fece girare verso l’opposta portiera.
Non feci in tempo a pensare che mi ritrovai a pancia in giù, la testa schiacciata verso il suo sedile. Mi sollevò nuovamente la gonna sulla schiena, io non potevo muovermi e forse era quello che inconsciamente desideravo.
Armeggiò e riuscì a calarmi gli slip ai piedi, la sua mano era tra le gambe a toccarmi il clitoride e poi le sue labbra, la sua lingua sulle e dentro le mie labbra vaginali. Leccava in profondità dandomi inebrianti sensazioni . Poi usò solo le dita. Sentivo le sue dita muoversi dentro di me. Sapevo di essere già bagnata ed aperta, pronta a…. Ebbi la forza di dire o meglio di sussurrare: non dobbiamo, siamo sposati, dimenticando che molto facilmente non era la prima volta tra noi due.
Parole sussurrate al vento, non volevamo altro.
Le sue labbra abbandonarono la mia vagina. Sentii che si sollevava e poi lo sentii dire: ecco. E lentamente sentii la mia vagina aprirsi per accogliere il suo pene. Scivolò in me senza attriti favorito dai miei abbondanti umori.
Si fermò solo quando fu tutto dentro me. Cominciò a pompare tenendomi le mani sul culo. Sentivo i testicoli sbatterci; andava su e giù velocemente facendomi sballottare. Si spostò in avanti prendendomi con tutte e due le mani le tette, mi strizzò i capezzoli come fossero mammelle di una vacca da mungere e continuò a chiavarmi. Mi stava chiavando quello era il termine giusto.
Avevo gli occhi chiusi e la bocca perennemente aperte per il piacere. Non dovevo, ma era fantastico. Sentivo di nuovo il piacere salire. Ero un violino nelle sue mani
Ecco. Vengo, vieni anche tu puttanella. Era lui.
In un attimo di lucidità nella follia del momento: no dentro. Non sono protetta. Feci appena in tempo. Lo sentii velocemente uscire e sentii i suoi schizzi sul culo, tra i globi.
Rimasi ancora per qualche istante in quella posizione. Per fortuna o dispiacere non era venuto dentro, era mancato un attimo. Adesso non potevo credere a ciò che avevo/avevamo fatto
Mi disse: non muoverti. Si mosse lui e con un fazzoletto di carta mi asciugò amorevolmente i glutei dal suo sperma. In silenzio ci ricomponemmo.
Mi sollevai ed uscii dall’auto ricomponendomi. Attese al mio fianco poi mi accompagnò alla mia auto. Mi sedetti alla guida e ancora con la portiera aperta si allungò e disse: adesso ricordi.
Un lungo bacio impedì la mia risposta.
Misi in moto e mi avviai verso in casa più confusa di quando ero arrivata in quel posto. Ero un’adultera
Così cominciò la nostra relazione. Mi trovai in un rapporto adulterino senza averlo cercato, ma a cui non mi sottrassi. Perché? Ancora oggi non ho risposta.
A casa, quella sera, guardavo i miei figli e mio marito. Non trovavo nulla di diverso dal solito. Non era successo nulla, invece non era così; è che razionalmente lasciavo il mio rapporto con Riccardo fuori di casa, fuori dai miei affetti. Era solo sesso, un’attrazione fisica passeggera.
Ci ritagliammo un piccolo spazio per i nostri furtivi incontri a base di sesso. Una o al massimo due volte la settimana. Il tempo a nostra disposizione era molto limitato, per non indurci a difficili scuse con la famiglia, ci ritagliavamo al massimo un’oretta anticipando a volte l’uscita dall’ufficio.
Per i nostri incontri andammo nuovamente dove eravamo stati la prima volta. Non avevamo occasioni per stare fuori una notte ed avendo entrambi paura di andare, per le note implicazioni, presso un presso motel, per i nostri incontri c’era solo l’auto. A oltre quaranta anni tornavo a fare sesso come una ragazzina in auto.
Non chiesi mai come conoscesse quel posto. Uscita dall’ufficio mi recavo alla mia auto raggiungendolo ad un grande parcheggio esterno della metropolitana. Lì a volte lasciavo la mia auto e salivo sulla sua ed andavamo al nostro posto; altre volte andavamo con tutte e due le auto. Dipendeva da cosa dovevamo fare dopo. Dal parcheggio era circa dieci minuti di auto. Ci si inoltrava dopo un pezzo di tangenziale in una poco frequentata strada statale di collegamento tra paesini della cintura di Milano e poi in quel poco visibile tratturo che conduceva ad una cascina diroccata; meglio ancora della cascina erano rimasti alcuni bassi muretti di mattoni e pietra. C’era un piccolo spazio in terra battuta che doveva essere i resti dell’aia della cascina ed alcuni alberi di basso fusto che dovevano essere nati spontaneamente. Essi facevano di cinta ad uno spiazzo erboso dove non si era visibile da alcuno che non fosse espressamente venuto lì. Riccardo aveva nel suo portabagagli una coperta / trapunta cinese morbida che secondo le circostanze, i tempi a disposizione e la temperatura esterna, metteva per terra a fianco di un’auto. Era la nostra spartana alcova. S’era freddo si stava in auto.
Forse la ricerca di sicurezza poteva sembrare eccessiva, ma non mi spogliai mai completamente nuda.
Il tempo a disposizione era poco e poi anche se il posto era isolato vi era sempre il “non si mai”. Volevo essere pronta all’ eventuale imprevisto.
In quei giorni, quando concordavamo l’uscita, indossavo la gonna e prima di uscire dall’ufficio mi toglievo le mutandine mettendole in borsa. Quando ero lì non toglievo nemmeno la camicetta, la sbottonavo e lasciavo uscire il seno dal reggiseno senza nemmeno toglierlo. Come aveva fatto la prima volta lui, semplicemente lo abbassavo sotto.
Ciò a rifletterci faceva sembrare i nostri incontri più a rapporti a pagamento che altro e quando alle pause al caffè, se nessuno era presente, ne parlavamo ci ridevamo su.
Ci eravamo dati un modus vivendi tutto nostro. Mai uno scambio di telefonate o altro fuori dal rapporto di lavoro
Per un tacito accordo non parlavamo mai dei nostri coniugi, dei nostri figli e non si entrava mai in tematiche di famiglia
Io vivevo il nostro rapporto come un gioco a termine.
Quando andavamo con la sua auto, quei dieci minuti di percorso servivano ad anticipare il nostro amplesso. Mentre guidava gli estraevo il pene dai pantaloni e la mia mano impugnava il suo pene massaggiandolo in lungo ed in largo facendolo diventare duro ed ansioso di piacere. Mi piaceva accarezzarlo e sentirlo crescere nella mia mano o in bocca. Si, se il traffico lo permetteva non disprezzavo di prenderlo in bocca per un per un piacevole pompino che veniva interrotto una volta raggiunta la meta.
Sta di fatto che quando arrivavamo al nostro rifugio eravamo carichi sessualmente come molle pronte ad esplodere in quel poco tempo a disposizione.
Chi potevo sospettare che quella elegante coppia in auto si stesse recando in camporella. Io in quei momenti avevo tra le cosce un lago pronto ad essere navigato.
Impazziva per le mie tette. Me le torturava ed anche i capezzoli. Diceva: sono da mungere. Me le lasciava indolenzite; con la smania di succhiare succedeva che lasciasse dei pericolosi lividi che a casa dovevo mascherare. Quando dopo i nostri incontri tornavo a casa mi facevo la doccia stando ben attenta a nascondere con creme le segnate tette.
Ma c’era anche mio marito e capitò che volesse fare l’amore dopo che quel giorno avessi già avuto con Riccardo rapporti sessuali; alcune volte con qualche scusa riuscivo a rimandare, in altre non potevo e mentre facevo sesso non capivo se fossi eccitata al pensiero che solo poche ore prima un altro stava occupando il suo posto o se darmi della puttana.
Di certo mi sentivo desiderata e mi sentivo bene.
I rapporti tra Riccardo e me erano chiari. Nessun coinvolgimento familiare. Poiché non prendevo la pillola doveva usare sempre il preservativo.
Non prendevo la pillola non perché volessimo altri figli, due erano più che sufficienti, ma per evitare le sue fastidiose controindicazioni. Mio marito non usava il preservativo, ma era sempre molto attento e nel raro dubbio prendevo la pillola del giorno dopo.
Tra Riccardo e me valeva chiedere e provare quello che insieme si voleva fare, ma il mio culo era tabù. Avevo provato nel passato con mio marito senza riuscirvi, indi non se ne parlava, per cui il sesso con Riccardo si concludeva sempre in bocca o in figa nel preservativo. Se avevo qualche dubbio di sicurezza la sera stressa facevo l’amore con mio marito, ero brava nel provocarlo e nel non “si sa mai” poi prendevo egualmente la pillola del giorno dopo.
Riccardo mi aveva insegnato alcune cose nuove in fatto di sesso che non avevo mai fatto con mio marito, non perché bigotta, ma sono cose che in un normale rapporto di coppia non vengono considerate. Ebbi l’occasione di chiedere, in modo “intelligente”, in merito alle mie amiche che me lo confermarono
Lui mi diceva che se nei rapporti fuori dal matrimonio si facessero le stesse cose fatte con il partner che senso aveva tradire, se stai fuori dal seminato devi avere il coraggio anzi il piacere di provare il nuovo. Se così non fosse non sarebbe stato un rapporto tra amanti, ma un rapporto tra innamorati che avevano visto fallire il loro matrimonio e non avevano il coraggio di interromperlo per stare insieme. Un po’ contorto, ma spero comprensibile. Non essendo questo il nostro caso, stavamo benissimo nelle nostre famiglie non ci potevamo fermare all’usualità sessuale.
Ve ne descrivo alcuni, per me novità per voi non so.
Mi faceva mettere in una posizione dove la punta del suo pene toccando il fondo dell’utero mi faceva provare sensazioni uniche (scoprii dopo che toccava la cervice)
Giocava a tira e molla con i capezzoli surriscaldandoli e rendendoli così sensibili da poter quasi godere con la loro solo manipolazione.
Anche io avevo imparato qualcosa, a dire il vero me lo aveva insegnato lui, voleva che gli leccassi l’ano con la lingua mentre lo masturbavo e mi insegnò a mettergli un dito nel culo ed a toccargli la prostata mentre gli facevo un pompino. Diceva che gli aumentava il piacere. Il dito nel culo lo faceva “morire”, lo mandava fuori di testa. Entravo con il dito e toccavo leggermente la prostata; se lo toccavo più forte sobbalzava in avanti rischiando che il suo pene mi entrasse in gola provocandomi soffocamento e conati di vomito.
A proposito ,più volte mi propose e suggerì di prendere tutto il pene in bocca fino a farlo scivolare in gola. Ci provai una sola volta con esiti disastrosi e da quella volta nonostante le sue insistenze non volli più provare
Mi aveva insegnato a mettergli il preservativo, cosa che con mio marito non avevo mai fatto. Sosteneva che gli piaceva vedere le mie eleganti mani lavorare il suo uccello.
Impazziva quando indossavo le autoreggenti senza le mutandine (ossia sempre) e durante il tempo per arrivare al nostro luogo mi faceva tirare su pian piano la gonna per vedere dapprima la fine delle calze e poi il mio privato boschetto.
Si procurò un piccolo vibratore e a volte me lo faceva mettere in figa durante il piccolo viaggio. Quando arrivavamo gli saltavo addosso per avere subito il suo pene a spegnere quello che il vibratore aveva causato.
Amava leccarmi la figa per lunghi minuti portandomi a godere anche più volte consecutivamente. Quello scorrimento continuo mi eccitava facendomi bagnare in modo indecente ed in quei momenti con il culo esposto all’aria mi sentivo una vacca e lui diceva: sei la mi vacca. Si aiutava anche con le dita e con la sua capace lingua torturava la mi clitoride portandomi all’ orgasmo ed ancora sotto il suo effetto sentivo il suo cazzo entrare a fondo e pistonarmi riportandomi in una situazione di piacere.
Mi sono dimenticata di dirvi che durante il sesso davamo libero sfogo alle nostre fantasie ed al nostro vocabolario che sfociava anche nel turpiloquio.
Gli piaceva stringermi da dietro le tette mentre, mi scopava e diceva: vedi sei una vacca, dillo, su dillo. Ed io gli dicevo che era vero, che ero la sua vacca da montare.
Le sue mani si riempivano delle mie tette e faceva come le mungesse ed io ero divisa tra il piacere della sua mungitura e il pene che riempiva la mia vagina. Erano quelli i momenti più pericolosi. Era talmente alto il nostro livello di piacere che più di una volta successe che al suo: vacca ti monto; ti faccio figliare. Io fossi talmente presa che dicessi: monta la tua vacca. Rendila pregna. Scivolavo nell’incoscienza e solo dopo aver l’orgasmo ci rendevamo conto che era venuto davvero in me rischiandomi di mettermi davvero incinta; ma quando il piacere è tanto non si riesce sempre ad essere razionali
Due volte ci rendemmo conto che non aveva indossato il preservativo e dovetti provvedere come vi ho anticipato.
Nel suo manovre per procurarmi piacere avevamo scoperto un punto al interno della mia vagina che opportunamente sollecitato mi mandava fuori di testa.
Nel suo ravanare con le dita per un virtuale coito mi disse che aveva sentito sotto il dito come una rigorosità della parete della vagina. Aveva notato che sfiorandolo reagivo in modo incontrollato. Colpito dalla mia reazione fisica e dai i miei prolungati gemiti di piacere, stupito dalla scoperta, aveva insistito su quel punto. Avevo goduto con le sue dita come mai. Negli incontri successivi aveva perfezionato questa sua scoperta rendendomi schiava delle sue dita. Ad ogni incontro non poteva esimersi dal farmi godere in quel modo. Era un’onda che pian piano si propagava in me fino a sommergermi completamente. In quel momento non mi controllavo più. Aveva imparato a dosare i suoi movimenti fino a dosare i miei piaceri, in modo divertirsi a seconda di quello che fossero i suoi desideri.
Era capace di interrompere e rinviare il mio orgasmo più volte in quel modo sino a farmi impazzire e ad implorarlo.
Gli piaceva mandarmi fuori di testa, tenermi in suo possesso, e con la mia accondiscendenza mentre mi teneva sul filo dell’orgasmo mi diceva le cose più sconce e mi faceva acconsentire a tutte quelle cose che la sua fervida mente mi chiedeva.
Nella sua fantasia avrebbe volto portarmi a fingere di battere in un posto di sua conoscenza; mi sarei dovuta vestire in modo succinto e fare presenza su e giù in quel luogo e se qualcuno si fosse fermato avrei fatto una richiesta assurda per la professione, non so avrei dovuto chiedere 5000 euro per un rapporto motivando che era per me la prima volta. Nessuno avrebbe mai accettato e se per assurdo qualcuno avesse accettato avrei potuto dire che avevo cambiato idea, girarmi e correre da lui che mi aspettava nascosto dietro la siepe con la macchina pronta per una eventuale fuga, ma questo non glielo mai concesso. La fantasia gliela lasciavo, ma non ho voluto mai farla diventare realtà. Va bene trasgredire, ma è importante non superare quel limite che poi ti impedisce di tornare indietro. Ma ciò non scalfiva il nostro giocoso rapporto.
Provai, dovuto alla sua lingua sulla clitoride e ad altri accorgimenti, l’esperienza dello squirtire; fu tanto imbarazzante quanto favolosa.
Spesso ero sui sedili dietro dell’auto, a pecorina, mentre lui mi leccava o scopava stando all’aperto. La gonna arrotolata sulla schiena con lui in piedi fuori dall’auto, uniti solo dal suo pene nella mia micina, con il suo sguardo che spaziava per la campagna e mentre mi scopava era capace di raccontarmi quello che vedeva succedere intorno a noi. Era un po’ pazzo, ma mi piaceva.
Mi veniva spesso sul culo per poi ripulirlo con un fazzolettino di carta, mentre io dovevo pulire il suo pene solo utilizzando le mie labbra e bocca. Anche questo mi piaceva, specialmente se questa pulizia glielo rimetteva in tiro pronto per un nuovo gioco.
Fin dalle prime volte mi chiese, facendomi vedere il suo bel telefonino, posso farti delle foto o fari un video? Poi le vediamo insieme.
All’inizio mi opposi, poi mi convinse dicendo che li rivedevano insieme, erano solo per noi. Mi scoprii disponibile a questa nuova esperienza e a rivedere con lui spezzoni dei nostri amplessi che ci eccitavano nuovamente. I video e le foto erano tutti custoditi in un’unica cartella e diceva che quando avessi voluto li avrebbe cancellati tutti.
Ora mi rendo conto della mia incoscienza, e riflettendoci mi dò delle giustificazioni.
Anche noi donne sentiamo gli anni che fuggono e quella “ansietà” che cattura tanti uomini di età avanzata. Loro sono giustificati e noi? Comunque il mio era un piacevole gioco che ritenevo di poter interrompere quando volevo e che nulla andava ad influenzare del rapporto con la mia famiglia, che sciocca,
Da quella complicità i nostri rapporti durante le giornate lavorative cambiarono. Stavamo attenti che nessuno potesse sospettare del rapporto extra lavorativo che ci univa, ma vi erano piccoli cose difficilmente visibili ad altri che parlavano della nostra nuova complicità.
Quella mano che sfiorava la mia, il sentirmi il suo sguardo sul mio corpo come a rivedere il piacere a lui dato e ricevuto, quelle occhiate che dicevano: quando possiamo incontrarci? Mi piaci. Ti voglio.
Fu un periodo di intensa, leggera, spensieratezza extrafamiliare.
Nei giorni successivi i nostri rapporti sessuali si intensificarono, sarà stata la primavera. Rubiamo sempre più ore alla famiglia e su una, non prevista, richiesta del cliente siciliano con la scusa di completare il contratto organizziamo una nuova uscita. Non ci sembrava fosse vero.
Sapevo sarebbe stata una notte particolare e volevo prepararmi degnamente. In modo innocente gli chiesi se avesse qualche desiderio particolare. Avevo imparato da lui.
Questa era una delle cose che mi piaceva di lui. Non aveva paura o vergogna di chiedere.
Mi diceva sempre: domandare è lecito, rispondere cortesia. Diceva: puoi sempre dire di no. A posteriori poche volte dissi no alle sue richieste. Per quell’occasione lo stupii anticipandolo.
Mi rispose: sei una donna bellissima, espressione di assoluta femminilità, non voglio chiederti o dirti su cosa tu debba fare per questa occasione perché tu possa essere ancora più femminile e sensuale di quello che sei.
Ero sorpresa e un po’ imbarazzata dalla sua non richiesta, ma potevo capire cosa ci fosse dietro: era l’occasione per avere quello che abitualmente in casa non hai e che rimane nel limbo delle tue erotiche fantasie. Quella notte da trascorrere insieme poteva essere l’unica per tantissimo tempo.
Salvo il cliente siciliano che avevamo “ormai chiuso” gli altri non prevedevano trasferte coni pernottamenti e “provocarli” avrebbe dato nell’occhio.
Non vivo sulla luna e so cosa i maschietti si attendono da noi, o meglio vorrebbero la propria moglie santa e le altre puttane. Nel nostro caso io avrei dovuto essere la puttana, la donna delle fantasie erotiche inespresse.
Bene in fondo era quello che ero e volevo. L’avrei e mi sarei fatta contenta.
Sapevo che dopo la cena con il cliente saremmo andati direttamente in camera sua e non avrei avuto il avuto il tempo di ricambiarmi e organizzai la mia trasferta.
Andai a ripescare in fondo ai cassetti quell’ abbigliamento intimo che da non sposati si indossava per Capodanno (chissà perché solo a Capodanno, come se forse permesso solo quella notte).
Mi preparai per quel giorno: casta e professionale fuori, porca sotto. Fuori un completo di Versace, sotto un intimo di Cavalli; per me il migliore per la lingerie erotica anche se un po’ osé.
Slip traforati neri, modello non li vedo, impalpabili e trasparenti; autoreggenti grigio fumé (più pratici dei reggicalze) con reggiseno coordinato
Le scarpe erano con tacco a spillo, eleganti, senza essere eccessivamente alte.
Cenammo con il cliente. Sapendo cosa sarebbe seguito non mi preoccupai più di tanto dal preservarmi dal bere. Un leggero mio stato d’incoscienza avrebbe favorito la mia disponibilità ed alleggerito i miei sensi di colpa.
Non vedevo l’ora terminasse la cena che mi parve infinita. Quando terminò ed il nostro cliente andò sentii la passera pulsare di eccitazione. Dissi a Riccardo: andiamo non ne posso più. E lui: anch’io e dal suo sorriso compresi che intendevamo la stessa cosa
Nel taxi la sua mano sfioravo la mia coscia trasmettendomi un doloroso calore. Non so come facemmo a nascondere a taxista i nostri desideri.
Entrammo quasi di corsa in hotel. Per fortuna l’ascensore era al piano e non dovemmo attendere. Premette il pulsante del nostro piano, il quinto.
Non appena l’ascensore si mise in movimento mi prese tra le braccia e mi schiacciò con il culo contro la parete, il suo pene che sentivo magnificamente duro, spingeva contro il mio grembo. Schiacciò un tasto e stoppo l’ascensore; gli dissi sei pazzo. Aveva uno sguardo arrappato mentre mi premeva la sua bocca sulla mia cercando la mia lingua. Infilò la mano sotto la gonna sentendo che indossavo le autoreggenti.
Bellissima porca fu il suo commento. Spinse le dita da sotto lo slip nella mia passera entrando senza difficoltà grazie ai miei liquidi da eccitazione.
La ravanò. Si fermò. Mi disse: sei fradicia: quanta voglia hai? Tanta, fu la mia risposta che lo fece felice.
Fece ripartire l’ascensore e giungemmo abbracciati alla mia camera rischiando di farci vedere da qualcuno. Eravamo fuori cotenna.
In camera vuole che mi spogli da sola e che gli faccia vedere come fossi vestita sotto.
Intanto si siede sul letto e aspetta. Capisco: vuole uno strip. Mi sembra l’occasione giusta. Vorrei fare sesso, ma posso resistere ancora qualche minuto.
Lentamente mi levo la giacchetta. Decido di cominciare dall’alto, levo la camicetta offrendogli la vista delle tette contenute nel traforato reggiseno
Non avevo indosso molto altro. Faccio scivolare la gonna a terra offrendomi in autoreggenti, slip, anche questi traforati che lasciavano intravedere i peli del pube, ed i tacchi alti.
Mi dice: sei bellissima e non resiste più al richiamo del sesso. Si fionda tra le mie cosce e come un invasato, non mi leva gli slip, li strappa (erano costati una fortuna).
Infila la lesta e la lingua nella mia passera come volesse mangiarla. Poi si solleva e si spoglia velocissimo. Mi prende per mano e quasi mi getta prona sul letto. In un amen sento il suo cazzo in quella che era diventate un’ardente fornace.
E’ un trapano quello che va su e giù dentro me dandomi paradisiache sensazioni, ma sul più bello, mentre mi stava finalmente scopando alla grande in un letto, accadde che la suoneria del mio cellulare trillasse. A quell’ora potevo solo essere mio marito a cui mi ero dimenticata di fare la consueta telefonata, complice cena e vino e poi…
Non potevo non rispondere. Riccardo si tirò indietro estraendo il membro permettendomi di alzarmi.
Ero nuda in piedi; sentivo la passera dilatata, vogliosa ed e un calore diffuso, mi sembrava persino di perdere umori dalla vagina. I capezzoli, eccitati, mi dolevano. Volevo sesso.
Al cellulare cercai di fingere con voce affannata: scusa sono appena uscita dalla doccia; è stata a una pesante giornata; ti avrei chiamato a momenti.
Si, ma è quasi mezzanotte e mi stavo preoccupando.
No, no, hai fatto bene è che la cena con il cliente è andata lunga; sai come succede. Dimmi. Tutto ok?
Nel mentre vidi Riccardo alzarsi dal letto e porsi dietro me che lo guardavo stupita.
Si inginocchiò dietro me e con le mani prese i miei glutei spingendoli di lato e poi con la lingua iniziò un piacevole ripasso della mia zona intima, dalle labbra vaginali all’ano. Un lampo di piacere mi arrivò alla testa tanto da non capire cosa mio marito mi stesse dicendo. Le gambe mi cedevano. Poi lentamente, ma con una decisione a cui non potei oppormi, mi spinse verso il bordo del letto. Gli facevo segno di stare fermo, ma inutilmente. Mi fece sedere sul letto e poi mi spinse indietro e mi trovai con le gambe a penzoloni, aperte, con lui nel mezzo che mi leccava la passera.
Parlavo con mio marito al cellulare che mi chiedeva, chiedeva …ed io avrei voluto chiudere la telefonata, ma non potevo.
La sua lingua picchiettava su vagina e clitoride dandomi un piacere che in quel momento non avrei desiderato.
Approfittando della situazione mi fece girare a pancia in giù con le gambe poggiate al pavimento. Capii subito cosa volesse fare. Con il capo gli dicevo no, no .. …inutile. Provai a dire a mio marito che ero stanca e sarei andata, dopo la nostra telefonata, subito a dormire, ma non intese e continuò a parlare su cosa potessimo fare il successivo week end.
Riccardo mi sollevò un po’ dietro facendomi divaricare le gambe mettendomi nella posizione più giusta per quello che voleva fare. Mentre ero al telefono con mio marito mi penetrò nella passera che lo stava attendendo bagnata da prima. Ero combattuta da quanto avveniva. Da una parte quell’imposizione mi feriva; dall’altra mi stava dando piacere. Riuscivo a parlare con mio marito, ma non potevo immaginare che il peggio dovesse ancora venire.
Estrasse il pene e pensai con un po’ di dispiacere: ci ha rinunciato, meglio.
Quando sentii la sua lingua infilarsi nel mio ano ebbi i primi dubbi che si concretizzarono quando il glande spinse contro il mio, sin ora, inviolato ingresso del “secondo canale”. Sentii un dolore bruciante, quando favorito dalla sua salivazione lubrificante, il glande riuscì a superare l’anello anale. Il suo pene si aprì ruvidamente e velocemente un passaggio nel mio culo e si fermò solo quando fu tutto dentro. Pur dolorante, sentivo i suoi testicoli contro il mio sedere
Mise una mano davanti la mia bocca per contenere un mio grido. Dopo rimase fermo e confesso che assimilai abbastanza velocemente la nuova presenza in quel nuovo posto. Poi portò una mano e le dita ad accarezzarmi davanti. Il dolore/fastidio fu superato da quella manovra e complice un mio mentale e fisico rilassamento iniziò a muoversi del mio inesplorato canale.
Avrei gridato, non so esattamente per cosa ma avrei gridato. Ma c’era mio marito a telefono e dovevo terminare la telefonata.
Amore sono veramente stanca, mi metto a dormire, ne parliamo domani.
Non stancarti troppo. Buonanotte amore. Ci vediamo domani. Sentii il suo bacio telefonico.
Mi sentii una merda,
Girai il capo gli dissi: stronzo, bastardo. Aveva un sorriso piaciuto. Dai, è fatta; senti quanto è bello. Hai un culo fantastico, sarebbe stato un peccato non dargli la giusta attenzione.
Finalmente poté muoversi nel culo senza provocarmi dolore e questo nuovo tipo di penetrazione in fondo non era così male, al contrario di quanto pensassi prima, anche lo scoparmi nel culo mi dava sensazioni di piacere; diverse rispetto la normale penetrazione, ma egualmente piacevole. Forse è un piacere psicologico di trasgressione unito alla masturbazione clitoridea o altro che non so, comunque non male.
Non sentivo più dolore ed il “danno” era fatto. Ricordo che poggiai la testa su un braccio e mi misi comoda mentre Riccardo adesso si muoveva più velocemente dentro il mio culo.
Poi la sua mano lasciò la mia clitoride, ma prese la mia per farsi sostituire nella masturbazione
Mi fece sollevare il busto e da dietro prese le mie tette e mi montò, o meglio inculò, come si monta una vacca. Avevo il suo viso vicino al mio orecchio e lo sentivo mentre diceva: puttana, puttana te lo sfondo questo culo
Ciò al posto di farmi incazzare mi piaceva. In fondo solo una puttana poteva farsi scopare mentre era al telefono con il marito. Anche lui doveva essere molto eccitato perché mentre io venivo per la prima volta con un misto di orgasmo anale e clitorideo anche lui sborrò per la prima volta nel mio di dietro.
Cadde su me, steso a bocconi. Mi dava leggeri baci sul collo e mi chiese: ( quello che fanno tutti gli uomini) ti è piaciuto? Dissi: si, ma non voglio più che accada mentre sono a telefono. Mi resi solo dopo conto di avergli detto che poteva mettermelo nel culo se non fossi stata al telefono.
Poi riprendemmo ad amoreggiare, la nostra carica sessuale era straordinaria, penso ciò fosse principalmente alla consapevolezza che difficilmente avremmo avuto una altra notte solo per noi. Dopo di un bellissimo 69, che permise a lui di tornare con il pene in erezione, volle nuovamente penetrarmi alla pecorina. Sentivo l’ano indolenzito, ancora aperto e ne ebbi la conferma quando dopo averlo inserito in vagina cambiò orifizio. Non sentii dolore, solo un leggero fastidio che in breve sparì. Mi inculava mentre con le dita di una mano mi masturbava, poi mi chiese di masturbarmi da sola perché voleva dedicarsi completamente a miei buchi, così li chiamò.
Alternava il possesso del canale anale con quello vaginale; un po’ l’uno, un po’ l’altro, interrotto solo da quei brevi istanti necessari per bassare dall’uno all’altro. Lo fece numerose volte. Mi sentivo scavata e posseduta
Producevo umori in quantità industriale e godevo, godevo.
Non poteva purtroppo essere eterno e lo compresi quando avendo il pene nella mia vagina cambiò posizione portandosi avanti nella sua preferita posizione. Quella dove mi tiene da sotto le tette nelle sue mani, quando fa così so che è prossimo a venire.
Infatti bastarono ancora pochi movimenti del pene che disse: vengo, vengo e lo sentii fermarsi in fondo a me completamente appoggiato con il bacino sul mio culo. Doveva averne fatto tanto di sperma poiché mi parve di sentirlo scorrere in me.
Mi era venuto dentro senza che indossasse il preservativo, ma sapevo lo avesse nudo. Gli permisi di venire in me perché avevo voglia di sentire il suo sperma invadermi la vagina e comunque in quella straordinaria notte non mi passò nemmeno per la testa di negarglielo.
Poi cadde al fianco trascinandomi con sé. Mi diede leggeri e dolci baci su spalle e nuca mentre una sua mano cercò la mia.
Si sollevò verso me facendomi girare, per quanto possibile, il capo per suggellare con un profondo bacio quel momento. Poi tornò al mio fianco.
A quel punto il viaggio, il lavoro, la cena, il sesso presero il sopravvento e la stanchezza si impossessò di me.
Ebbi giusto il tempo di alzarmi e lavarmi sommariamente passera e culo, mi tolsi l’intimo e mi misi nuda al suo fianco per dormire. Mi fece girare di spalle e cosa inusuale prese da sopra, chiusa nella sua mano, una mia tetta. Appoggiò il viso sulla mia schiena e dopo non so perché neanche un minuto dopo dormivo.
Fui svegliata durante la notte da una strana sensazione, Riccardo. Non credevo che potesse avvenire durante il sonno. Ero di spalle a lui con una gamba sollevata appoggiata alla sua che in quel modo me le teneva divaricate ed il suo pene era dentro me che percorreva avanti ed indietro la mia vagina.
Sapete cosa disse?
Finalmente ti sei svegliata, pensavo di dover fare tutto da solo. Le sue mani mi stavano impastando le tette come fossero una novità. Mi sentivo la passera calda e ricettiva, ma ero tutta ricettiva. Mi piaceva.
Accoglievo con piacere il suo pene. L’ esserne consapevole mi fece partecipare attivamente alla nuova copula, non cambiammo sino a che lui non mi diede per la terza volta quella notte il suo sperma. Non raggiunsi l’orgasmo ma fu egualmente piacevole. Mi sentivo calda come una gatta che faccia le fusa.
Poi mi tirò a sé infilandomi il braccio sotto il fianco e appoggiati l’una all’altro, beandoci del calore dei nostri corpi, viso a viso, ci baciammo lungamente e dolcemente scambiandoci come per gioco lingua e saliva. Stava albeggiando e Riccardo disse: è tardi meglio che torni nella mia camera prima che qualcuno mi veda uscire dalla tua; il solito “non si sa ma”i. Si alzò e vestì sommariamente per tornare alla sua camera, ma prima tornò a me che supina sul lenzuolo lo guardavo.
Con gesto improvviso spostò il lenzuolo che parzialmente mi ricopriva lasciandomi scoperta e nuda alla sua vista. Gli dissi: che fai?
Lui con un sorriso smagliante mi disse: voglio vedere per l’ultima volta questa notte quanto sei bella. Si allungò su me e con la mano toccò delicatamente la mia patatina facendo scivolare le dita sui peli che la coprono. Poi si piegò e le diede un leggero bacio che fece risalire alla pancia e poi, prima ad un capezzolo e poi all’altro; infine arrivò al mio viso. Un casto bacio sulla fronte sul naso e poi le sue labbra sulle mie. Leggere, non premevano. Spinsi piano le mie contro le sue e sentii la sua lingua far capolino e d insinuarsi tra le mie labbra. La accolsi nella mia bocca andandogli incontro con la mia. Fu un dolce, lento, ultimo bacio poi si rialzò ed andò, quando giunse alla porta si rigirò mandandomi un ultimo bacio con la mano. Uscì.
Mi ricoprii con il lenzuolo; volevo ancora dormire. Pensai che mi sarei ricordata a lungo di quella notte. Mi addormentai.
Il rientro a Milano fu formalmente normale, ma eravamo consapevoli che eravamo più uniti.
La sera, ciascuno era presso la propria famiglia nella sua normalità
Quel giorno, a casa, presi la pillola del giorno dopo.
Mi piaceva la penetrazione anale, ma a mio marito non concessi mai, nonostante non fossi più vergine, il culo. Primo motivo: non me lo chiese mai avendo avuto già tanti rifiuti nel passato. Secondo motivo: non mi sentii di proporglielo io, avevo il timore di scatenare giustificati sospetti.
Ci pensavo Riccardo a soddisfare quello che avevo scoperto essere una mia nuova voglia. (forse mi faceva sentire gran puttana). Mi piaceva essere posseduta in quello che ritenevo un depravato atto sessuale. Quante volte gli chiesi di affondare con più forza il cazzo nel culo e di trattarmi come una vacca.
Da quel giorno, in Sicilia, il mio culo divenne per Riccardo il buco preferito per concludere la scopata. Ormai non metteva più il preservativo. Sapeva dove depositare con gioia il suo seme. Ciò non significa che io non stessi attenta a qualche, non voluto, sbaglio.
Continuavamo ad incontrarci al solito posto quando un giorno accadde qualcosa che mi sconvolse
Era un bel giorno di primavera. L’erba era verde e la natura invitava a fare l’amore nel nostro “rifugio”. Vi era una temperatura invidiabile, l’ideale per fare l’amore all’aperto. Eravamo andati lì con tutte e due le auto per poterci stare più tempo. Quel giorno, come spesso, ero prona sul piumino mentre il cazzo di Riccardo mi stava martellando la vagina.
Avevo gli occhi velati dal piacere e vidi un’ombra avvicinarsi a noi. Lo dissi a Riccardo senza convinzione, convinta che fosse una specie di miraggio
La mia mente ebbe un sobbalzo quando lui accentuando la pressione delle mani sulle mie spalle mi costrinse ad abbassare la testa verso il basso dicendo: non preoccuparti è un amico
Ero alla pecorina sul tappeto, le sue mani mi tenevano giù mentre il suo cazzo mi dava piacere, ero impossibilità fisicamente e mentalmente a reagire. Mi tirò su per le spalle; avevo davanti la bocca un cazzo che spingeva sulle mie labbra per entrare. Tenni la bocca chiusa facendo no con la testa, ma Riccardo diceva, mi sussurrava: lasciati andare, non preoccuparti, è un amico e le sue mani mi tenevano ferma. Stavo vivendo un sogno mai razionalmente voluto. Mi sentivo persa e socchiusi le labbra mentre una mano mi sollevava la testa. La mia bocca si apre ed in quei pochi attimi quel cazzo ha superato la barriera delle mie labbra e denti. Sentivo Riccardo che continuava a dirmi: brava, fallo, è un amico
Lasciai che penetrasse in bocca ancor più, poi mi scopò la bocca, io non facevo nulla per favorirlo, mi limitavo a tenere la bocca aperta. Era lui che si muoveva in profondità e lateralmente obbligandomi ad aprirla sempre più. Realizzai che fosse un cazzo di dimensioni superiori a quei pochi che avevo conosciuta nella mia non intensa vita sessuale.
Quando la situazione si cristallizzò. Quando intesero che non mi sarei ribellata a quella doppia penetrazione Riccardo ad alta voce disse: questo è il cazzo grosso che volevi.
Non era vero. Era una sua fantasia, più volte da lui avanzata nei momenti più intensi dei nostri rapporti sessuali, ma io non avevo mai detto sì.
Ma ormai che cambiava?
Inaspettatamente sentii il cazzo di Riccardo abbandonare la mia vagina sostituite dalle sue dita alla ricerca del punto che mi faceva uscire dal mondo umano. Avevo già accettato mentalmente, per la mia prima volta, di essere in tre a fare sesso. La mossa di Riccardo me lo fece accettare meglio. Ero in nuovo gioco che mi stava piacendo, dovevo però stare attenta che il cazzo dello sconosciuto non si spingesse troppo a fondo facendomi soffocare. Per impedirlo strinsi le labbra. Si accorse di quella che sembrava una mia collaborazione perché disse a Riccardo: alla tua puttana piace, me lo sta succhiando. Non era così, ma era quello che pareva.
Pensavo avremmo continuato così, ma ad un tratto il cazzo lascio la mia bocca lasciandomi davvero come si dice “a bocca aperta”. Furono brevi istanti. Anche le dita di Riccardo avevano abbandonato la mia vagina, ma non ebbi il tempo di realizzare che mi ritrovai nella situazione precedente. Solo che adesso avevo l’uccello di Riccardo in bocca e quello dello sconosciuto che premeva per entrare in figa. La diversa dimensione impedì un immediato ingresso in vagina. Lo avevo sentito premere, una spinta che era continuata sino a quando il glande non ebbe superato l’ingresso. Era di una dimensione mai provata e si fece largo con un po’ di fatica per penetrare nel mio fertile ricettacolo. Riccardo, precedendo qualche mio rifiuto, mi teneva immobile per le spalle mentre l’altro mi teneva per i fianchi.
Riccardo mi diceva: ferma, un attimo e passa. Poi mi dirai.
Intanto il cazzo dello sconosciuto aveva superato l’ingresso allargandomi e stirandomi le piccole labbra. Poi era scivolato in avanti facendosi largo nel tunnel. Sentivo le pareti della vagina stirarsi per permettere il passaggio (ritengo che le precedenti lubrificazione dovute al “lavoro” delle dita di Riccardo aiutarono)di quel “cazzone” che dopo non molti movimenti occupò con naturalezza tutto lo spazio disponibile dandomi una sensazione di riempimento mai provata. Il fastidio provato dalla grossa intrusione si tramutò in breve in piacere. Quel fastidio fu presto superato da nuove sensazioni, mi sentivo piena e non c’era punto da lui non toccato e sollecitato.
Riccardo ben conosceva le mie reazioni fisiche e colse subito il mio conseguente cambiamento. Il mio silenzioso no era diventato un silenzioso sì.
Disse: brava, adesso lascia fare a noi; lasciati trasportare…. Vedrai
Ormai ero nelle loro mani; aspettavo e godevo
Mi feci per la prima volta spogliare completamente. La camicetta, il reggiseno e la gonna furono gettate sul cofano dell’auto. Le mutandine erano già nella mia borsa.
Mi rimisero nella posizione lasciata. Il cazzo dello sconosciuto ormai mi dava solo un grande piacere, ed io mi affannavo a ricambiare dando lo stesso piacere con la bocca a Riccardo. Lo sconosciuto mi fece avere il primo orgasmo di quel giorno.
Avevano le idee chiare; chissà se avevano già fatto insieme sesso con qualche altra come me?
Lo sconosciuto mi fece alzare, si distese e mi fece sedere sul suo cazzo. Adesso lo guardavo in viso. Era un uomo di circa quaranta/cinquanta anni, con un viso virile e corporatura muscolosa. Aveva il petto villoso e capelli neri, gli occhi erano azzurri. Poteva essere un bell’uomo.
Mi tirò per le braccia in avanti schiacciandomi su lui. Mi trovai il viso contro il viso. Non volevo, ma una sua mano mi tenne premuta la testa verso lui. La sua bocca andò verso la mia schiacciandola e la sua lingua si fece largo nella mia bocca, ma facevo resistenza. Ero un bacio non voluto, ma quando il cazzo di Riccardo mi entrò improvvisamente in culo ( non avevo capito la manovra, adesso la capivo) aprii la bocca e quel bacio divenne voluto; gli succhiai la lingua quasi volessi portargliela via. Mentre il cazzo di Riccardo ed il suo simultaneamente mi penetravano provai una inaspettata e sino allora sconosciuta doppia. M sentii ancora: aperta, usata. Ero una bambola con cui giocavano. Ma era una bambola goduriosa e perversa che non stava subendo, ma partecipava
Si muovevano velocemente nei miei orifizi ed in quel modo il cazzo dello sconosciuto e gli stimoli datami nel culo dal cazzo di Riccardo mi portarono ad un portentoso orgasmo. Lascia la bocca dello sconosciuto per gridare il mio piacere.
Non interruppero il loro veloce movimento, che rallentò solo quando Riccardo mi vide rilassata e più disponibile che mai.
Si staccarono da me mettendomi nuovamente a pecorina. Questa volta, completamente partecipe, mi misi bene con le gambe divaricate ed il culo che spingeva all’indietro per meglio favorire la penetrazione dello sconosciuto. Così riuscivo a tenere la testa più in alto e meglio imboccare il cazzo di Riccardo che carezzandomi il viso disse: adesso tocca a me venire.
Mi sentii in dovere di ricambiare il piacere attraverso lui avuto e seppur con le mani poggiate a terra per sostenermi utilizzai la bocca e lingua per dargli il maggior piacere; lui per aiutarmi teneva le mie tette in mano spingendole verso l’alto.
Lo sconosciuto aveva nuovamente introdotto, ormai senza alcuna resistenza, il cazzo in vagina, ed aveva ripreso a scoparmi con colpi profondi. Sentivo ancora piacere, ma avevo appena avuto un orgasmo ed al momento ero sazia.
La passera era calda ed ancora sensibile, ma dopo i due orgasmi avuti il terzo era ancora lontano. Ci vuole il giusto tempo per tutte le cose, anche per il sesso.
Mi dedicavo all’uccello ed ai testicoli di Riccardo che erano belli duri come il suo pene. Adesso ero in grado di intendere e mi chiedevo, dopo quella performance, quanto sperma dovevano contenere quelle palle e quanto ne avrebbe eruttato con il proposito di berlo tutto e non perderne una goccia per farlo contento.
Il trenino “lavorava” bene.
Il cazzo dello sconosciuto mi entrava in profondità, come un treno nella galleria, ed in quella posizione arrivava a toccarmi la cervice provocandomi spasmi del corpo che si riflettevano sul pompino che stavo facendo inducendomi a muovere in modo improprio la bocca. Come con Riccardo il toccamento della cervice mi procurava piacere e dolore insieme. A Riccardo la mia fellatio piaceva; gli stavo con una mano accarezzando i testicoli quando sentii le prime contrazioni del suo pene; avvisaglie del suo prossimo orgasmo. Mi concentrai ancor più sul mio lavoro di bocca. Grazie ai nostri rapporti ero migliorata molto nell’arte del pompino; peccato non potessi fare la stessa cosa a casa con mio marito. Portai la bocca a succhiargli solo la parte terminale del pene, il glande. Lo feci un po’ di volte poi mentre la mia mano alla base del pene sopra i testicoli, facendogli un movimento di sega, richiamava lo sperma dal basso.
Le sue mani spinsero la mia testa verso il basso come a guidarla in quegli ultimi istanti che precedono il piacere ed è in quel momento che disse: brava la mia vacca da monta, chissà se questa è la volta buona.
Cercai di alzare il viso, non comprendevo, ma le sue mani mi riportarono sul suo cazzo per continuare il mio “lavoro”.
Potei cogliere, mentre il capo mi veniva spinto verso il basso, un cenno come d’intesa tra lui e l’altro.
Udii il seguito: adesso ti riempiamo insieme. Realizzai solo in quel momento rammentai che lo sconosciuto era a cazzo nudo, ma non riuscii a sottrarmi perché Riccardo spinse il cazzo in avanti in fondo la bocca mentre già il primo schizzo di sperma la stava riempiendo e per non soffocare dovetti deglutire mentre altri schizzi la riempivano. Distratta da ciò, in ritardo sentii un calore nella vagina. Lo sconosciuto stava riempendomi del suo seme. Impegnata nel non soffocare dallo sperma di Riccardo e da lui tenuta ferma per la testa; non potevo dare verbalmente il mio disappunto, ma solo agitarmi per esprimerlo.
Agitai il corpo per dire il mio no allo sconosciuto, ma il risultato è che mossi solo il culo dandogli ulteriore piacere a quello che sicuramente stava già provando. Sentivo il suo cazzo in fondo appoggiato contro la cervice spingere ancora come se volesse arrivare dove nessuno fosse mai arrivato. Era una ulteriore sensazione di dolore e godimento insieme e se fosse possibile sentii il suo pene ingrossarsi e l’utero allargarsi per contenerlo; poi espresse con un lungo sì la sua apoteosi ed io sentii una massa fusa caldissima riempirmi la vagina che mi portò ad un passo da un ulteriore orgasmo. Mi stravolse fisicamente. Non fu una brutta sensazione anzi. Fu l’unica volta che ben sentii la voce dello sconosciuto. Fu una stilettata al cervello: si, tutto dentro.Vediamo se riusciamo a mettere incinta questa vacca. Poi il silenzio e tutto finì.
Ero consapevole che il mio utero non avesse mai ricevuto così tanto sperma.
Lo sentii abbandonare la vagina ed il proprietario di quel membro si staccò da me. Sentii dei movimenti dietro me ed un ciao forse rivolto a Riccardo.
Rimanemmo io sul piumino e Riccardo in piedi che mi guardava.
Si chinò per aiutarmi a rialzare.
Così come era cominciata finì. Sentii lo sconosciuto allontanarsi senza passarmi davanti e Riccardo dire: è tardi dobbiamo andare.
Ebbi l’occasione di vedere il filmino che come al solito Riccardo si era premurato di riprendere. I momenti essenziali del video furono:
-bocca e dita di Riccardo in figa mentre il cazzo dello sconosciuto mi era in bocca
-cazzo di Riccardo in bocca, cazzo dello sconosciuto in figa
-cazzo dello sconosciuto in figa mentre il cazzo di Riccardo era in culo
E per arrivare al momento epico il cazzo di Riccardo che riempie di sperma la mia bocca mentre quello dello sconosciuto mi riempie di sperma la vagina. Ne ha prodotto così tanto che straborda lungo il suo pene.
Infine sono ripresa, collassata, a carponi sul piumino mentre la sborra dello sconosciuto scivola dalla vagina lungo le cosce per poi impregnare il piumino.
Presi dalla mia borsetta dei fazzoletti di carta e mi tolsi i residui di sperma da dosso.
Mi rivestii in silenzio. Mi sentivo uno schifo. La gonna era stropicciata, le autoreggenti rotte, il reggiseno era macchiato, ma soprattutto mi sentivo “sporca” io.
Sentii un ciao, a domani, di Riccardo ed il rumore del motore della sua auto che si allontanava. Il bastardo non aveva avuto il coraggio di rimanere solo con me.
A casa feci una doccia ed utilizzai una spugna dura che graffiava la pelle. Volevo togliermi quella lurida sensazione che sentivo addosso. Ritenni di aver toccato il fondo. Come potevo guardare in faccia mio marito, far finta di nulla in famiglia?
Fu una sera e dei giorni a seguire molto “duri”.
Dopo quella volta gli incontri con Riccardo si diradarono. Mi ero resa conto che avevo esagerato in quel gioco e volevo prendermi il giusto tempo per capire. Riccardo comprese e si rese disponibile senza farmi pressing.
Non vuol dire che interrompemmo i nostri rapporti sessuali, semplicemente diminuirono gli incontri in attesa di ben focalizzare cosa volessi/mo davvero.
Poi, non prevista, Riccardo ebbe una promozione di prestigio dalla multinazionale e si trasferì con la famiglia nel giro di poche settimane definitivamente a Londra e tutto si risolse.
Facemmo un ultimo incontro qualche giorno prima che partisse. Fu bello, ma un po’ un ”amarcord”; in quell’occasione cancellò dal suo cellulare in mia presenza tutti i files che ci riprendevano nei nostri giochi. (un po’ mi dispiacque, ma non si poteva rischiare)
Tornai ad essere una moglie esemplare; mamma premurosa ed attenta come lo ero sempre stata. Riccardo non lo vidi e sentii mai più. Finiti i giochi sessuali non vi era più motivi di contatto. Sono passati sette anni da allora; ho avuto un altro figlio, sicuramente di mio marito. Non ho più avuto amanti.
Oggi, anche se raramente ed in particolari momenti, mi capita ancora di pensare a quel periodo. Razionalmente mi dico che non dovrà più accadere, ma so che è un auspicato.
Non so se Riccardo fosse rimasto a Milano se davvero sarei riuscita a rinunciarvi.
Vi chiedete se mi manca Riccardo? Onestamente mi mancano più le sensazioni che mi davano piacere: il brivido di un rapporto adulterino, i piaceri degli orgasmi, il modo diverso di fare sesso, la sensazione di tornare per qualche ora giovani e liberi, ma non si può pensare di avere tutto il piacere senza rinunciare all’amore di un marito che ti ama e ami e della famiglia, indi un consiglio da chi ha provato: godetevi la vita, ma non dimenticate di usare il cervello

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