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1
Ci sono occasioni nelle quali le donne impiegano ore a farsi belle e alla fine non sono neanche soddisfatte del proprio aspetto. Poi, così a caso, arriva un momento in cui neanche provano a farsi belle, indossano la prima cosa presa dall’armadio, in tre minuti risolvono trucco e parrucco, e senza sapere come o perché, guardandosi allo specchio si scoprono talmente belle e sensuali da meravigliarsi da sole.
Per Sabrina, quella normale mattina di lavoro, ricadeva nella seconda casistica. La combinazione del tutto casuale tra vestito capelli e trucco, la rese orgogliosa del suo aspetto.
Prima di uscire di casa, guardandosi allo specchio, si era trovata particolarmente affascinante. Durante il tragitto poi aveva cercato conferma della cosa in ogni vetrina e superficie riflettente. Quel giorno, nella sua mente, l’unico aggettivo con cui descriveva se stessa era ‘‘strafiga’’, che non era neanche un aggettivo, ma a lei, non interessava, rendeva l’idea in maniera perfetta.
Il vestitino estivo che indossava era uno di quei comunissimi e banali vestiti di cotone elasticizzato, lungo fino all’altezza delle ginocchia e con due spacchi laterali, profondi si, ma non in maniera eccessiva. Forse era per il modo in cui il tessuto elastico aderiva alle sue forme, ma i suoi fianchi, di cui spesso si lamentava, quella mattina apparivano ai suoi occhi sinuosi e piacevoli, perfetti ed invitanti.
Mentre si specchiava in una vetrina, girandosi a tre quarti per un istante fugace, pensò a delle ipotetiche mani maschili, che dopo aver accarezzato la piacevole curva dei suoi fianchi, avrebbero proseguito il sensuale tragitto verso il sedere.
Il sedere era l’unico dettaglio del suo corpo che l’aveva sempre resa orgogliosa, figurarsi quella mattina. Molti uomini nel corso degli anni avevano manifestato deciso apprezzamento a riguardo, aiutandola a rafforzare la sua autostima. Quella mattina sbirciando allo specchio il suo lato B avrebbe voluto darsi una pacca da sola, così in mezzo alla strada, e fanculo i passanti, che si godessero lo spettacolo.
Il caso aveva reso quella mattina come tante, così particolare che Sabrina trovava sensuale addirittura il suo décolleté. A differenza del fondoschiena, la sua seconda scarsa (prima abbondante sarebbe stata una definizione più veritiera) di seno non l’aveva mai fatta sentire seducente. Avrebbe sempre voluto giocare con qualche scollatura particolare, ma mancando la materia prima da esporre, si era sempre dovuta limitare.
Quella mattina invece, no. Specchiandosi nell’ennesima vetrina, trovava molto seducente il modo in cui lo scollo ad U del vestitino invitava ad ammirare il suo décolleté. La scollatura era relativamente profonda e lasciava alla vista la parte superiore del seno, lasciando intravedere anche il colore del reggiseno in tinta.
Passando una mano con fare sensuale nella chioma riccia e rigogliosa, si pentì di non aver messo un intimo più sensuale quella mattina, prima di ricordarsi che la giornata sarebbe trascorsa lenta e monotona dietro ad una scrivania, con la sola compagnia del suo collega, che a stento si rendeva conto lei fosse donna. Questi aveva occhi per tutte, non si perdeva mai un bel sedere, una scollatura o un bel paio di gambe, ma mai una volta che avesse soffermato lo sguardo su di lei.
Quando però giunse dinanzi all’edificio dove lavorava, Carlo l’aspettava seduto alla solita panchina, la sigaretta già tra le dite in attesa di essere accesa in sua compagnia, notò qualcosa di diverso nel suo sguardo.
Gli occhi dell’uomo non la guardavano come tutte le altre mattine, con lo sguardo di chi sta solo aspettando compagnia per fumarsi l’ultima sigaretta prima di salire in ufficio. Gli occhi di Carlo la fissava con interesse, era lo sguardo di un uomo la cui attenzione è stata catturata.
”E se mi ha notato anche lui, sono proprio una figa esagerata stamattina”

2

Quando però Sabrina si avvicinò di più a Carlo, si rese conto che lo sguardo intenso e concentrato restava fermo, non la seguiva. Gli occhi del collega erano puntati su altro, qualcosa o qualcuno alle sue spalle.
La donna non si girò per vedere l’oggetto della sua attenzione, limitandosi a fissare il collega, aspettando si rendesse conto della sua presenza. Gli occhi di questi, fissi e sgranati, iniziarono a muoversi seguendo qualcuno che in quel momento passò dinanzi a Sabrina.
Nel momento stesso in cui la vide, per Sabrina tutto divenne chiaro, ovvio e scontato. La donna che aveva rapito l’attenzione di Carlo le fece calare tutta l’autostima miracolosamente salita alle stelle quella mattina. Se fino a quel momento si era sentita una strafiga, in quel momento si sentì di colpo ripiombare a terra.
La donna che Carlo stava spogliando con gli occhi, quella si corrispondeva in pieno alla sua idea di strafiga, anzi, ne definiva un nuovo e altissimo significato. Gambe chilometriche messe in risalto da una minigonna a falde che minacciava di sollevarsi ad ogni alito di vento. Un seno prosperoso che stava vincendo la lotta per liberarsi dalla scollatura e saltare fuori ad esplorare il mondo. Labbra carnose impreziosite da un colore rosso accesso, capelli lunghi e neri incorniciavano un volto perfettamente truccato.
A Sabrina bastò dare un’occhiata in giro per vedere l’effetto che la donna faceva a qualsiasi uomo, ed anche donna. Tutte le persone nel raggio di una decina di metri, erano concentrate nell’osservare lo spettacolo che ancheggiava su tacchi a spillo.
L’attenzione di tutti però, già concentrata sulla donna, da lì a poco, per un scherzo del caso, sarebbe stata letteralmente inchiodata sulle grazie di lei. In molti la guardavano sperando che un soffio di vento animasse la cortissima gonna a falde, ma purtroppo quella mattina di inizio estate, il vento non sembrava intenzionato a concedere niente ai numerosi occhi famelici. Ciò che però il vento non volle regalare, giunse per gentile dono della piccola borsetta della donna. Questa scivolò dalla mano della modella venuta da chissà quale passerella, finendo a terra e lasciando uscire dal suo interno alcuni piccoli oggetti.
La donna si fermò di colpo, osservò per un istante la borsa rovinata a terra per poi abbassarsi a raccogliere gli oggetti. Ciò che fece la gioia di molti passanti, fu il modo in cui la donna si abbassò, invece di abbassarsi sui talloni, tenendo le gambe chiuse per difendere la propria intimità da sguardi indiscreti, chinò il busto in avanti tenendo le gambe ferme ed allungate, leggermente divaricate. Quando il busto formò un angolo di circa novanta gradi con le lunghe e affusolate gambe, la ridotta gonna a falde non poté fare più niente per assolvere alla propria funzione primaria.
Un meraviglioso sedere sodo e tondo, avvolto in una sensuale brasiliana di colore rosa a rete che niente lasciava alla fantasia fece orgogliosa mostra di se.
Anche Sabrina, nonostante per ovvi motivi la visione non ebbe sui suoi ormoni il medesimo effetto sortito sul pubblico di sesso maschile, si era soffermata non poco a guardare. Da donna doveva ammettere che la signorina fosse in possesso di un’autentica opera d’arte, anche se evidentemente il senso del pudore le era del tutto alieno.
Lo spettacolo non durò molto, almeno per quello che poteva essere il punto di vista degli uomini di passaggio. La borsetta scivolata a terra era di piccole dimensioni e la donna impiegò solo qualche istante a raccattare i piccoli oggetti caduti. Quando tornò in posizione eretta non fece assolutamente caso alla quantità di occhi che avevano goduto dello spettacolo offerto. Non poche persone si erano fermate per godersi meglio il profilo della donna. Più di uno era uscito dal bar che si trovava a due passi con la tazzina di caffè ancora in mano. Se l’operazione di recupero degli oggetti fosse durata di più, si sarebbero rischiato problemi di ordine pubblico per l’eccessivo assembramento di persone.
«Ora però asciugati la bava, che dobbiamo salire in ufficio» disse piccata Sabrina avviandosi al portone.
«Invidiosa?» Rispose Carlo lanciando un’ultima occhiata alla donna che si allontanava ancheggiando.
«Che c’entra? Sei tu che ti sei messo lì come un cagnolino con la lingua da fuori. Ma non ce l’hai un minimo d’orgoglio?»
«Non è questione di orgoglio. Ammiro la bellezza quando ne ho la possibilità. Che male c’è?»
«Certo, ora la chiami bellezza. Ma vattene va.»
«Devi ammettere che la signorina meritava. Diciamo che si faceva notare non poco.»
La discussione tra i due proseguì nell’ascensore.
«E grazie. Si è messa con il culo da fuori in mezzo alla strada. Sfido che si facesse notare.»
«Quello è stato un piccolo imprevisto, senza dubbio piacevole. Ma anche se non si fosse messa a novanta, non sarebbe cambiato molto. Era proprio bella al di là del culo al vento.»
«Amico caro, tu noti solo culi e tette al vento. La bellezza quella discreta, neanche la vedi.»
«Ah sì? Se ne sei convinta tu» Carlo sembrava al quanto indifferente alle rimostranze di Sabrina infervorata dal discorso.
«Certo. È da un anno e mezzo che condividiamo lo stesso ufficio, ma a stento ti sei accorto che sono donna…»
Carlo si picchiò la fronte con il palmo della mano.
«Dicevo io che il nome mi suonava poco maschile.»
«Ma vaffanculo! Solo perché non mi metto con il culo e le tette in bella mostra.»
«Sì certo, come no.»
Per fortuna di Carlo erano arrivati in ufficio e dovettero iniziare a lavorare, ponendo fine alla discussione. Sabrina però, non considerava affatto chiuso il discorso: era decisa a dimostrare al collega di avere ragione.

3

La prima metà della mattinata trascorse tranquilla. Sabrina alla sua scrivania lanciava ogni tanto sguardi di traverso in direzione di Carlo. Questi da parte sua, sembrava trovarsi in un mondo tutto suo, come al solito, di tanto in tanto alzava gli occhi dal proprio computer fissando il vuoto, la collega era convinta stesse ancora pensando allo spettacolo della mattina.
”E vatti a fare una sega.”
A metà mattinata però Sabrina decise di passare ai fatti. Carlo non la considerava una donna degna di essere notata? E lei gli avrebbe dimostrato il contrario.
L’ufficio di Sabrina e Carlo era dotato di numerosi armadietti zeppi di documenti. Fu proprio con la scusa di cercare uno di questi, che Sabrina sapeva trovarsi nel ripiano basso di uno degli armadietti, che la donna si abbassò, non come era solita fare, ma tenendo le gambe ben dritte e piegando solo il busto.
Una volta raggiunta la posizione a novanta gradi, lanciò un’occhiata al collega. Dalla sua scrivania avrebbe goduto di un ottimo panorama, senza neanche doversi girare o cambiare posizione. Anche se, al momento, nonostante la posizione identica a quella della procace signorina di quella mattina, Carlo non sembrava aver notato niente.
Nel tentativo di attirare l’attenzione, sul suo sedere, messo in bella mostra sotto il tessuto stretto ed elasticizzato del vestitino, Sabrina si schiarì la gola.
«Ma dove saranno finiti questi documenti?»
Carlo si girò distrattamente verso la collega. Stava già per riportare gli occhi allo schermo del suo computer, quando la sua attenzione venne catturata dalla posizione provocante di lei. Sabrina con la coda dell’occhio vide il movimento del collega e si abbassò ancora un po’.
«Non li trovo proprio questi documenti» disse prima di rialzarsi e girarsi verso il collega, che solo in quel momento distolse lo sguardo con fare indifferente.
«Tutto a posto Carlo?»
«Sì. Ti serve una mano?»
«No figurati, non vorrei distrarti. Me la cavo da sola.»
Questa volta, Sabrina si avvicinò alla sua scrivania ma non dal lato della sedia, fece finta di iniziare a leggere dei documenti che aveva poggiati su questa, per poi abbassarsi nuovamente a novanta gradi, con i gomiti poggiati al ripiano della scrivania. Con la coda degli occhi diede una sbirciata a Carlo.
Il collega sembrava iniziare a notarla. Infatti si era anche spostato leggermente sulla sedia per godersi il panorama del suo sedere, piacevolmente esposto e fasciato dal vestitino.
Sabrina restò in quella posizione per un po’, continuando a fingere di leggere. Ogni tanto si muoveva distrattamente dimenando in maniera discreta il sedere. Carlo, da parte sua, seguiva con gli occhi ogni piccolo movimento del sedere della collega.
La forma dell’intimo alla brasiliana era nettamente intuibile sotto il tessuto leggero. Gli occhi di Carlo accarezzavano con crescente decisione il lato B di Sabrina, non disdegnando di scendere anche lungo le gambe che sino a quel giorno non aveva mai notato essere così ben sode ed affusolate.
La donna, che aveva continuato ad osservare con la coda dell’occhio il collega, decise che per il momento questi si era goduto lo spettacolo abbastanza. Con uno scatto improvviso e deciso si rialzò e voltò verso Carlo, questi non fece in tempo a distogliere lo sguardo non potendosi sottrarre allo sguardo accusatorio della donna.
«Notato qualcosa caro?»
«No…» rispose Carlo con la faccia di chi è pronto a negare qualsiasi evidenza.
«Ah, non hai notato niente?» Chiese con fare minaccioso.
«A me sembrava che invece avessi notato qualcosa.»
Nel dire questo la donna si sedette sulla scrivania di Carlo, dopo essersi tirata non poco su il vestitino, in modo da poter accavallare le gambe in faccia al collega senza impedimenti. Gli occhi, mentre le sode cosce della donna si accavallavano, si fiondarono nello spazio tra queste, accarezzando con bramosìa per nulla celata il tessuto delle mutandine in tinta con il vestitino.
«Che c’è? Visto qualcosa di troppo?»
Questa volta Carlo non rispose, ma a Sabrina non sfuggì il movimento del suo pomo d’Adamo. La donna si accarezzò le gambe facendo scivolare ancora più su l’orlo del vestitino.
«Proprio sicuro di non aver notato niente?»
Nel dire ciò cambiò posizione alle gambe, incrociandole nell’altro verso, non senza una studiata lentezza.
«Un peccato che io non sia una di quella donne da notare, vero?»
«Altrimenti» riprese a dire Sabrina, vedendo che Carlo non era intenzionato a rispondere almeno quanto gli occhi non erano intenzionati a staccarsi dalle sue gambe, «sai come ci potremmo divertire nelle nostre lunghe giornate di lavoro. Tutti soli in questo ufficio.»
Sabrina si passò una mano seducente lungo la coscia. Quel poco che il vestitino ancora copriva, venne scoperto. Lo spacco ormai era risalito tanto da lasciare in bella mostra il fianco con la brasiliana in bella mostra.
«In effetti, ora che mi ci fai pensare, ti fai notare. Devo ammetterlo!»
Nel dire queste parole, con tono smielato, Carlo stava allungando una mano sulla coscia di Sabrina ma questa, con un movimento improvviso, colpì il dorso della mano dell’uomo con uno schiaffo rumoroso.
«E quindi sono anche io una donna che merita di essere notata?»
«Quando vuoi, direi proprio di sì.»
«Quando voglio…»
Sabrina pronunciò le due parole con tono molto marcato, scandendo ogni singola sillaba, mentre incrociava ancora una volta le gambe. Questa volta con ancora maggiore lentezza. Accentuando il movimento e l’aprirsi delle gambe prima dell’incrocio. Complice il vestitino che ormai si era alzato troppo per poter assolvere in alcun modo alla sua pudica funzione, Carlo ebbe tutto il tempo per ammirare la trama della brasiliana. Se questa fosse stata anche solo leggermente più trasparente si sarebbe goduto un meraviglioso e ravvicinato spettacolo dell’umida intimità della donna.
«Hai detto proprio bene. Quando voglio, solo ed esclusivamente quando voglio. Bravo!»
«Quando vuoi sai essere molto femminile!»
Sabrina con un movimento rapido saltò giù dalla scrivania, il vestitino scivolò sensuale tornando al suo posto.
«E direi che si vede pure quanto mi hai notato.»
Il gonfiore dei pantaloni di Carlo rendeva evidente il suo apprezzamento.
«Non lo nego!» Rispose l’uomo, bramando il momento in cui la collega si sarebbe decisa a porre fine a quel giochetto per passare dalle provocazioni ai fatti.
«E che vuoi negare. Guarda lì!»
Sabrina non si limitò ad indicare il rigonfiamento dei pantaloni. Vi passò la punta di un dito disegnandone tutta la lunghezza attraverso i pantaloni di cotone.
Carlo rabbrividì di piacere. Già pregustava il momento in cui le avrebbe alzato il vestitino e abbassato le mutandine. Si vedeva già accarezzarle il nido caldo e stuzzicarla con la lingua.
«A questo punto direi che c’è solo una cosa da fare, no?» Disse Carlo, con la voce calda di eccitazione.
«Sì. Hai ragione, a questo punto c’è solo una cosa che puoi fare!»
Gli occhi di Carlo si illuminarono nell’ascoltare le parole di Sabrina, ma questa con un movimento repentino afferrò un bicchiere di plastica dalla scrivania e ne svuotò il contenuto sul basso ventre di Carlo.
«Che cazzo fai?»
Gridò l’uomo alzandosi di scatto e osservando la macchia di bagnato in posizione quanto mai strategica.
«Te l’ho detto» rispose piccata Sabrina mentre ritornava alla sua scrivania, «c’è una sola cosa che puoi fare: andartene in bagno ad asciugarti i pantaloni. Ti trovi, fatti pure una sega, così allenti la tensione!»
Gli improperi di Carlo vennero attutiti dallo sbattere della porta mentre seguiva il consiglio della collega e andava in bagno.
Sabrina in tanto si sedette divertita e beata alla sua scrivania, anche se doveva ammetterlo, provocare il collega, l’aveva fatta eccitare non poco. Un altro giorno magari ci sarebbe pure stata con il collega, che non gli dispiaceva per niente, ma quel giorno no, quel giorno si sarebbe ”accontentata” di un altro tipo di godimento.

FINE

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