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Danzica cap 1

By 31 Dicembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Seduto alla presenza del quadro dirigenziale dell’azienda in cui lavoro, vedo sgretolarsi tutto il mio presente e tutte le mie certezze. Vedo tutto il mio quotidiano così faticosamente messo in ordine, distrutto completamente con una semplice comunicazione di servizio.

“Per le capacità mostrate e per il prezioso e valido supporto fornito all’azienda nel periodo di crisi economico e sociale che ha investito tutto il mondo, per le valide soluzioni escogitate e applicate nei processi produttivi … questa società ha deciso di assegnarLe un premio in stock option, un nuovo adeguamento contrattuale e soprattutto … la direzione dello stabilimento di Danzica. Di cui tra l’altro le viene assegnata il 49 % della proprietà allo stato attuale come incentivo.”

Il tutto ovviamente vincolato all’accettazione del trasferimento nella sede dello stabilimento.

Il cervello registrava tutto con il sottofondo del rumore del mio mondo che andava in frantumi.

“Sono orgoglioso dell’opportunità e felice di entrare a far parte di questa famiglia”. Ecco, questo rispose la bocca mentre il cervello formulava le peggiori oscenità.

Dove cazzo si trova Danzica? Esiste davvero un posto che si chiama Danzica?

Torno in ufficio, digito Danzica su google e mi dice che &egrave una città della Polonia, aggiunge tutta una serie di informazioni che al momento non mi dicono niente e soprattutto non contribuiscono a calmarmi. Clicco su immagini, vengono fuori foto di palazzi, mare, paesaggi.

Sto per vomitare tanta &egrave l’incazzatura, quando mi cade l’occhio su una serie di foto di fiche pazzesche, tutte bionde e dall’aria porca. E così viene fuori il porco perverso che &egrave in me, mitigo la frustrazione guardando le fiche del posto.

La segretaria mi prenota il volo e il residence per sistemarmi i primi tempi. Cazzo, odio gli alberghi e odio i residence. Dovrò trovare assolutamente una sistemazione decente il prima possibile.

I primi giorni passano tentando di capire dove cazzo sono finito, in che parte dell’universo sono capitato. Inoltre ho capito il motivo per cui mi hanno mandato qui, &egrave una sede allo sbando, sull’orlo della bancarotta e con un passivo che aumenta ogni giorno di più. In sostanza me l’avevano ficcato nel culo senza neppure un po’ di vaselina.

C’&egrave così tanto da fare che alla faccia delle fiche polacche mi ritrovo sempre col cazzo in tiro visto che non ho il tempo di farmi neppure una sana scopata. Vado avanti a seghe immaginando di scoparmi qualunque essere vivente che mi capiti sottocchio. Uomo o donna che sia, giovane o vecchio. Insomma, basta che respiri.

Passate le prime tre settimane, comincio a capire che ormai &egrave giunto il momento di dare una sistemata alle cose.

Guardando i dettagli dei bilanci dello stabilimento mi rendo conto che gli operai guadagnano una miseria, le operaie ancora meno. Le donne che si occupano delle pulizie degli uffici, guadagnano ancora meno delle operaie.

Gli uomini sono tutti più o meno degli imbecilli con l’aria inebetita e il viso da ubriachi cronici, le donne sembrano tutte fiche, sia le giovani che le meno giovani.

Il processo di sistemazione dei conti, prevede tagli al personale e riorganizzazione dei cicli produttivi, ergo, qualcuno/a deve andare a casa.

In pochi giorni preparo liste, faccio valutazioni e faccio predisporre i licenziamenti e la riorganizzazione delle lavorazioni.

E’ così che tutto ha inizio.

Per alcuni giorni ci sono dei picchetti di protesta all’ingresso, tutto sommato in pochi, niente che la polizia non riesca a sistemare in poco tempo.

Passano i giorni e tutto sembra prendere il verso giusto, tanto da pensare di poter dedicare del tempo alla ricerca di qualche scopata facile e soprattutto una nuova sistemazione.

Ed &egrave così che un giorno, uscendo dalla sede, mentre mi dirigo verso il residence, faccio qualche centinaio di metri e mi trovo dinanzi una delle donne che faceva le pulizie negli uffici.

Vania, 42 anni, classico donnone polacco, bionda, 170 cm di altezza, una quarta abbondante, un gran bel culo con un giro vita non proprio da modella, una taglia 48 ma piatta. La riconobbi subito perché avevo fantasticato mille volte di scoparmi il suo culo e di sborrare su quelle fantastiche tettone polacche.

Era con suo marito e sua figlia, con grande deferenza e imbarazzo mi saluta.

Non so perché mi fermo e ricambio il saluto, e bastardo come pochi le chiedo come mai non la vedo più a lavoro.

Mi dice che era una delle persone licenziate e mi presenta il marito e la figlia, parlano tutti italiano dal momento che hanno sempre lavorato per italiani.

Pietro, 48 anni, il marito, 185 cm, circa 80 kg, aria dimessa e pancia che sta per diventare prominente. Classico uomo-ameba. Disoccupato.

Corinna, 22 anni, la figlia, slavata, senza alcun accenno di vita, la copia identica della madre, solo un po’ più magra. Disoccupata.

Mentre mi parlava traspariva un accenno di imbarazzo, guardandomi intorno capisco che stavano facendo la coda per prendere il pacco del cibo da una organizzazione di aiuti per la famiglie. Mi spiega tutto, che sono sul lastrico e che non sanno come pagare bollette e cibo da quando lei ha perso il lavoro visto che era l’unico stipendio della famiglia.

Da gran figlio di troia galattico quale sono, colgo la palla al balzo.

Le dico di aspettare e entro in un negozio che era lì accanto. Prendo della roba da mangiare e li raggiungo.

Le chiedo se sa cucinare e porgendole la busta della spesa le dico: invitatemi a pranzo a casa vostra.

La casa fortunatamente faceva proprio al caso mio e si prestava a ciò che avevo in mente: tre stanze, cucina e bagno, tenuta bene, molto pulita.

Vania, preparò un bel pranzetto e poi bevendo del liquore fatto da lei, chiesi a tutti di ascoltare una proposta che volevo fargli.

Così mi metto a parlare, guardando Pietro negli occhi ma, consapevole, che sarebbe stata Vania a prendere la decisione.

Gli dico che sto cercando una sistemazione più comoda del residence e che avendo visto la lora stanza in più mi offrivo di prenderla in affitto ad alcune condizioni.

Innanzi tutto proposi una cifra paragonabile a 4 volte lo stipendio che prendeva Vania al lavoro. Uno sproposito per loro, date le condizioni in cui gravavano.

La casa sarebbe dovuta essere tenuta in ordine e pulitissima, avrebbero dovuto pensare a tenere in ordine anche la stanza che prendevo in affitto, lavare e stirare i miei indumenti. Che alla mia presenza fossero sempre docciati di fresco e profumati, tutti quanti, nessuno escluso.
L’intera famiglia si sarebbe occupata delle mie necessità, come cucinare, accompagnarmi quando ne avevo bisogno, farmi da traduttori, insomma, tutto quanto mi necessitasse;
Vania si sarebbe dovuta far chiavare tutte le volte che ne avevo voglia;
Corinna si sarebbe dovuta far chiavare tutte le volte che ne avevo voglia;
Pietro si sarebbe dovuto far chiavare tutte le volte che ne avevo voglia.

Alle ultime tre condizioni vedo Pietro che si risveglia dal suo perenne torpore, Vania diventa rossa come una fragola, Corinna rimane nel suo amorfo stato mentale.

Per un attimo temetti di essere preso a pugni e cacciato via, invece stettero zitti. Fu quell’attimo di indecisione che mi fece capire che avrebbero accettato.

In un colpo solo avevo trovato tutto quello che mi serviva: un posto in cui vivere e una donna di servizio a mia completa disposizione. Fiche e culi da scopare senza contare il cazzo di Pietro.

Mi alzai e salutando dissi: pensate all’offerta, sapete dove trovarmi, rimarrò al residence e intanto continuerò a cercare.

Uscii sapendo di aver gettato una bomba atomica in quella casa, anche perch&egrave non si aspettavano che avrei incluso il marito nei miei giochi sessuali.

Infatti devo ammettere che ogni tanto mi piace gingillarmi con il cazzo altrui.

Uscendo non mi aspettavo di rivederli tanto presto, avevo scommesso con me stesso che si sarebbero fatti vivi come minimo dopo una settimana, Bench&egrave l’offerta fosse notevole dal punto di vista economico era molto più pesante e invasiva dal punto di vista mentale.

Accettare di diventare degli schiavi, per giunta sessuali, non era cosa da poco.

Invece dopo due giorni fui smentito, all’uscita dall’ufficio trovai ad aspettarmi Pietro.

Buon giorno Sig. Andrea, posso parlarle?

Certo Pietro.

Ok, va bene signor Andrea, accettiamo la proposta.

Accettate tutte le condizioni? Sei sicuro?

Sì signore, tutte.

Gli dico che sarei arrivato da loro in taxi con tutti i miei bagagli nel giro di un paio d’ore e di farmi trovare la cena pronta. Dal portafogli presi 50 euro.

Euforico per aver trovato un parco giochi privato ad una cifra irrisoria, andai nel residence dove sbrigai tutte la burocrazie per andare via, saldai il conto e feci il check out.

Arrivai da loro verso le 20. Era tutto impeccabile, tavola poveramente apparecchiata ma con del cibo già pronto e che sembrava essere gustoso. Anche se ero consapevole che quello che avrei fatto accadere in quella prima sera avrebbe gettato le basi imprescindibili della convivenza, non mancai di gustarmi la cena.

Vania, era ordinata come sempre con una gonna e una camicia. Pietro pantalone e camicia e barba rasata.

Corinna, la sorpresa della sera, perso l’aspetto slavato e spento, in piedi che aiutava sua madre nella gestione della tavola per la cena, era vestita con una gonna corta e una maglietta, rivelando un bel paio di gambe oltre che un culetto niente male.

Ma per quella sera avevo in mente altri programmi, dovevo stabilire subito le nuove gerarchie.

Durante la cena parlammo del più e del meno, pur senza fare accenno alle condizioni poste, ascoltai le motivazioni che li avevano costretti ad accettare la mia proposta.

Erano sull’orlo della tragedia e non sapevano più come andare avanti. Pietro era disoccupato da due anni e Corinna vista la sua totale inappetenza per la vita non era riuscita a trovare nessuno che le desse qualcosa da fare.

Ovviamente a parlare fummo io e Vania, gli altri erano solo spettatori silenti.

Finita la cena, mi offrì ancora del liquore come cordiale.

Pensando di leggere i miei desideri, si trattenne in piedi accanto a me facendo di tutto per mostrarmi il culo, silenziosa offerta per adempiere alla loro parte del patto.

Guardai Pietro, presi il liquore e lo assaggiai assaporandolo in bocca. Ne bevvi un sorso più grande e lo tenni in bocca prima di mandarlo giù.

Fissandolo negli occhi gli dissi: Vai in camera da letto, preparati che arrivo.

La sorpresa fu tanta, si erano aspettati che scegliessi Vania o Corinna, e fu infatti sua moglie che con un rantolo non riuscì a nasconderla.

Mentre lui andava, guardai Vania e dissi: sistema tutto e aspetta qui che ti chiami.

In camera lo trovai in piedi, immobile. Entrai lasciando la porta aperta in modo che dal corridoio potessero sentire e vedere quello che sarebbe accaduto di lì a poco in quella stanza.

Avevo comprato del lubrificante, glielo porsi, guardò incuriosito il tubetto non sapendo cosa fosse.

Cominciai a spogliarmi e vedendolo fermo, con uno sguardo gli chiesi cosa aspettasse, al che con grande lentezza e sofferenza cominciò a farlo anche lui finch&egrave fummo nudi entrambi.

Era qualche centimetro più alto di me, le dimensioni del suo corpo lo rendevano imponente, se avesse voluto avrebbe potuto massacrarmi.

Il cazzo era moscio, sembrava più piccolo del mio che era già sulla via della completa erezione.

Liberai la sedia su cui aveva messo i suoi vestiti gettandoli per terra, la posizionai di fronte allo specchio dell’armadio.

Siediti, gli dissi. Lo fece.

Mi avvicinai, con il cazzo davanti al suo viso, mi avvicinai fino a toccare il bordo della sedia con le mie gambe mentre lui si ritraeva fin sulla spalliera. Rimasi fermo lì con il cazzo davanti la sua faccia.

In silenzio. Aspettavo mentre il mio cazzo si ammosciava, perdendo l’erezione che avevo raggiunto prima. Vedevo il suo sguardo basso, all’altezza delle mie ginocchia.

Alla fine capì che non aveva altra scelta, doveva cominciare.

Prese il cazzo con tre dita e cominciò a segarmelo piano, continuò in attesa dell’erezione.

Dopo qualche minuto, vedendo che non otteneva alcuna reazione con quel trattamento, continuando a segarmi alzò la testa e con lo sguardo chiese cosa stesse accadendo.

Non ottenendo risposta, capì cosa dovesse fare. Scappellò il cazzo per quanto fu possibile e me lo prese in bocca, iniziando il primo pompino della sua vita.

La sensazione che provavo era di immenso piacere, la dominazione stava cominciando. Il cazzo cominciava a crescergli in bocca, diventando grosso e duro. Sentivo che cominciava a pomparmi il cazzo con gusto e con metodo, facendomi un gran pompino.

Guardavo allo specchio il riflesso della scena. Un pompino coi fiocchi. Mi aveva messo una mano sul fianco e aveva cominciato a guidarmi per farsi scopare la bocca, con l’altra mano mi masturbava e scappellava il cazzo per godersi la punta tra le labbra.

Ormai il cazzo era pronto, lui non lo sapevo. Me ne fotteva poco. Mi allontanai togliendogli il cazzo dalla bocca, mi guardò stupito mentre gli porsi il tubetto del lubrificante.

In quel momento capì a cosa servisse e guardando il cazzo, cominciò a realizzare che quella sbarra di carne dura e pulsante, presto sarebbe entrata dentro il suo culo.

Sconfitto nella mente per la seconda volta, si alzò dalla sedia, dirigendosi verso il letto. Lo bloccai dirigendolo verso lo specchio dell’armadio.

Volevo che vedesse il suo viso mentre lo inculavo e volevo che vedesse chi se lo stava inculando.

Una generosa dose di lubrificante finì sul mio cazzo e altrettanta ne finì sul suo culo. Si voltò e si poggiò all’armadio. Pensai che era una montagna e che sarebbe stato piacevole montarlo.

Cominciai ad appuntargli il cazzo sul buco che era strettissimo, un primo gemito di dolore uscì dalla sua bocca. Continuai a spingere. Alla fine i muscoli dell’orifizio cominciarono a cedere e il cazzo cominciò ad entrare, piano piano fino in fondo.

Iniziai a fotterlo, prima piano, poi aumentai la velocità e la profondità dei colpi. La sua testa era piegata verso il basso, guardava i suoi piedi. L’eccitazione della situazione mi faceva diventare il cazzo sempre più duro e grosso, immaginavo cosa potesse provare in quel momento. Un misto di dolore, frustrazione. Ma non bastava, volevo essere certo di averlo sottomesso, gli presi i capelli e gli tirai in alto la testa, così poté vedermi mentre lo inculavo.

Un movimento colse i nostri sguardi: nello specchio il riflesso dell’immagine di Vania e Corinna.

Guardai Pietro ed ebbi la certezza che era al punto in cui lo volevo, in quell’istante una sensazione di calore venne dalle mie gambe. Aveva sborrato e qualche schizzo mi aveva colpito le gambe.

Continuai a fotterlo ancora qualche istante mentre sua figlia e sua moglie erano ferme sulla porta.

Mi fermai. Tirai fuori il cazzo dal suo culo, era pieno di lubrificante e qualcosaltro, e così guardando Corinna le dissi di accompagnarmi in bagno.

Lavami il cazzo. Le dissi.

Tornai in camera da letto, erano ancora lì in silenzio, lui seduto alla sedia lei ancora sulla porta.

Mi rivestii guardando ogni loro gesto e sguardo. Volevo capire se avevo raggiunto lo scopo: dimostrare che ero il nuovo padrone di quella casa, delle loro vite.

Uscendo dalla stanza da letto e sedendomi a tavola in cucina dissi a Vania che volevo ancora un po’ di quel liquore.

Si avvicinò per servirmelo, a differenza di prima, la mia mano si posò sotto la gonna e cominciò a salire su fino al culo, palpandoglielo e scoprendo che aveva un culo sodo come il marmo e che indossava un perizoma sopra delle calze autoreggenti.

Le feci cenno di sedersi accanto a me e cominciai a chiacchierare, come se nulla fosse accaduto.

Dopo qualche minuto ci raggiunsero Pietro e Corinna e alla ragazza chiesi se avesse risistemato la camera da letto e di prepararmela per la notte.

Dovevo fare delle telefonate e mandare un paio di mail, così dissi che sarei andato in camera per lavorare e che poi sarei andato a letto a dormire.

Prima di uscire dalla cucina mi voltai e guardando Vania le dissi di prepararsi per la notte e di raggiungermi di lì a mezzora per farmi compagnia.

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