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Racconti Erotici Etero

Destini…2. L’arrivo.

By 19 Giugno 2020No Comments

Murda, il Cacciatore noto come la Lama Paziente sospirò. Guardò di nuovo il cielo.
Le cavolo di Piramidi erano lì. C’erano davvero. Erano quello che avevano tanto temuto ed ora erano arrivate.
L’Oscurità. L’antitesi della Luce. Il Vagliatore, l’opposto del Giardiniere. La nemesi finale.
In definitiva, erano ciò che il Viaggiatore aveva evitato, ciò da cui era fuggito e contro cui aveva lottato tanto a lungo, anche eoni prima di giungere nel sistema solare.
-Non l’avrei detto mai.-, sussurrò Dalyana. La Cacciatrice, sua amica da parecchio, osservava quelle forme triangolari così minacciose e scure stagliarsi contro il sole, prova inconfutabile dell’esistenza di un potere pari se non superiore a quello della Luce.
-Sapevamo che c’erano.-, sussurrò Murda, -Lo sapevamo da quando le abbiamo viste nella Città Sognante, quando tentammo di aiutare gli Insonni a spezzare la maledizione della Megera.-.
Si riferiva agli eventi accaduti qualche anno prima: la morte di Cayde-6, avanguardia dei Cacciatori, e gli eventi ad essa successivi avevano portato all’apertura della roccaforte degli Insonni nota come la Città Sognante. Purtroppo si era rivelata pregna della corruzione dell’Alveare e dei Corrotti. Inoltre, la Città era rimasta intrappolata in un ciclo trisettimanale infinito. Tutto a opera della figlia di una delle sorelle del Re dei Corrotti.
Murda sospirò. Avevano abbattuto i campioni dell’Alveare, annientato la loro forza, calpestato la Logica della Spada su cui l’intera esistenza di quella specie e dei corrotti si basavano.
Avevano vinto. Più volte. Ci aveva davvero creduto. Poi…
Poi le Piramidi erano state avvistate. Prima nella Sala del Trono di Mara Sov. Poi dal Novenario e dallo stesso Ramingo, il gestore di Azzardo.
Infine, una di esse fu trovata sulla Luna, sotto la superficie.
E la verità si palesò in tutto il suo orrore. Erano vere e stavano arrivando.
L’ultimo loro avvento aveva quasi ucciso il Viaggiatore, ridotto l’umanità sull’orlo dell’estinzione e messo fine all’Età dell’Oro, causando la perdita di moltissima tecnologia, di infinite conoscenze. Ora… ora avrebbero potuto finire il lavoro.
In realtà, ciò che era preoccuapnte era ben altro: una delle Piramidi più grosse insieme a diverse altre più piccole si era piazzata su Io, senza procedere oltre.
Se bisognava credere ai capi e all’Avanguardia, stavano studiandoli. Secondo Eris Morn, una Cacciatrice senza Luce, esperta dell’Alveare e dell’Oscurità era un bene: se avessero potuto annientare l’umanità senza problemi lo avrebbero già fatto.
-Li fermeremo.-, sussurrò Hara. Lo Spettro alzò appena l’oculo verso le forme triangolari.
Murda poté sentire nella sua voce un fremito di paura.
Era comprensibile: una sola Piramide morente aveva permesso all’Alveare di dare corpo ai peggiori timori e nemici che i Guardiani avessero mai combattuto. Ora quella flotta contava molte più navi, attive e a pieno potenziali. Come non esitare?
-Dovremmo muoverci.-, disse Dalyana, spezzando l’incantesimo, -Asher ha già rilevato che non importa cosa gli tiriamo addosso: i colpi non gli fanno nulla.-, sparò tre colpi con il suo Ronda Notturna, un fucile da ricognizione. La Piramide più vicina rimase imperturbata. Neanche si videro impatti. Murda annuì.
-Già. Muoverci…-, sussurrò. Ma per dove? Poi la vide. La Piramide più grossa fluttuava ferma sopra il luogo noto come la Culla. Un luogo sacro: l’ultimo luogo che il Viaggiatore ha toccato su Io prima di andare verso la Terra, lasciando incompiuta la sua opera. Un luogo con ancora i rimasugli della Luce, forse.
-Non possiamo permettere che profanino Io!-, esclamò Murda. Brandì il cannone portatile con ambo le mani e prese a scendere la collina a balzi, piroettando in aria.
-Non credo sia una buona idea!-, esclamò Dalyana.
-Non lo era neppure corteggiare l’Oscurità usando l’Aculeo, no? Eppure così facendo abbiamo creato Lumina.-, ribatté Murda. Sapeva che la Cacciatrice avrebbe riconosciuto la verità nelle sue parole. Molti Guardiani erano stati chiamati, avevano tentato di usare l’Oscurità in concomitanza con la Luce, unendo i due estremi. Non tutti vi erano riusciti, ma molti sì. Murda e Dalyana erano tra questi. Per quel motivo, unitamente alla consapevolezza che l’Avanguardia non avrebbe compreso, avevano scelto di coprire il Ramingo e le sue dubbie attività durante l’ultimo anno.
In realtà, Murda era sicuro che il gestore di Azzardo avesse un piano. Sapeva delle Piramidi, no?
E non sarebbe sopravvissuto all’Età Oscura e a tutto lo sconquasso senza un minimo di abilità e pianificazione, no?
Con un agile balzo, il Cacciatore atterrò sul suolo consacrato. E lo vide.
Un albero. Un albero argenteo, appena sotto la Piramide. Era stupendo.
La visione durò un solo istante, poi fu sostituita dall’incubo: brecce dimensionali, aumento di neutrini sterili. In una parola Corrotti. Esseri mutati dall’Oscurità sino a divenirne quasi un estensione. All’epoca, era stato Oryx a crearli ma ora, ad anni dalla sua morte, non c’era più la certezza che fosse il solo a poterlo fare. Forme appena percettibili di materia oscura balzarono in avanti. Schiavi, come quelli dell’Alveare, il gradino più basso della scala.
Murda prese la mira e sparò. Il cannone portatile sussultò più volte. Cinque colpi a bersaglio e tre precisi. Cinque nemici che si dissolvevano nel nulla.
Gli altri avanzavano. Implacabili e senza rallentare, percorrevano metri in meri battiti di cuore.
-La mia Luce… di nuovo…-, sussurrò Hara con evidente dolore. Tale vicinanza alla Piramide non era evidentemente salubre per lo Spettro, ma Murda si accorse che lui non stava male: la Luce c’era ancora. Si protese verso di essa spiccando un balzo e lasciandosi avvolgere dalla vacuità.
Toccò terra avvolto da una cappa d’ombra violetta, due lame composte di Luce da Vuoto in pugno.
E caricò l’orda.
Fese corpi che non sanguinavano, affondando le sue armi di pura Luce nell’oscurità che lo avvolgeva.
-Sono troppi!-, esclamò Hara, -Dobbiamo andarcene!-.
-Non esiste! Non possiamo cedere!-, esclamò Murda. Trapassò altri tre schiavi con un singolo fendente. Fese l’aria con l’altra lama, aprendo un altro varco. E improvvisamente, le lame di dissolsero. Piroettò con un calcio, scostando uno degli esseri il necessario da estrarre il coltello che aveva sul petto. Trapassò il primo e, estratto il revolver sparò a bruciapelo gli ultimi colpi. Altri sei andati. Click! Fine delle munizioni. Balzò in aria, non senza sentire le grinfie degli schiavi che cercavano di oltrepassare l’armatura per andare a fendere la sua carne.
Estrasse la mitraglietta. Una Borsa di Salvataggio. Roba distribuita dal Ramingo, tecnologia dell’Età Oscura. Sparò. I colpi avvolti di energia solare incenerirono diversi schiavi. Inutile: gli schiavi erano stati una diversione.
Vandali corrotti erano apparsi. Tiratori fenomenali, Caduti corrotti dall’Oscurità.
Ce n’erano parecchi. I primi colpi Murda riuscì a schivarli, piroettando sul terreno duro con una capriola. Lanciò un fumogeno corrosivo tra gli schiavi seguito da una granata. Sparò altri sei colpi col revolver dopo aver ricaricato. Il Vandalo più vicino cadde.
Un colpo di energia ad arco lo centrò in pieno petto. Dolore. La corazza lo protesse a stento.
Un altro così e sarebbe potuto morirci. Si preparò psicologicamente.
-Io… non so se potrò riportarti indietro…-, sussurrò Hara.
Murda soppresse la paura: l’ultima morte, quella vera, era un eventualità per quanto remota.
I Guardiani erano rianimati dai loro Spettri, a meno che essi non potessero raggiungerli o vengano distrutti o privati della Luce. Lui sapeva bene che c’era quel rischio. Lì, in quel momento, il rischio era assoluto. Una Maliarda, una strega dell’Alveare, fluttante in vesti di Oscurità e ghignante il suo divertimento si avvicinò invocando il suo potere. I Vandali presero la mira. Murda lo sapeva cosa sarebbe accaduto: i Vandali avrebbero sparato. Lui avrebbe fatto un salto, spiccandone un secondo a mezz’aria ed evitando il secondo attacco. Ma non il terzo: la Maliarda avrebbe scagliato la sua sequela di dardi corrotti colpendolo e uccidendolo. E poi, Hara avrebbe dovuto nascondersi e aspettare, ma quello non era un probelma: l’Alveare e i Corrotti erano pazienti, a loro modo.
Murda imprecò appena. Era una trappola e c’era cascato.
BLAM!
Uno dei Vandali avvampò nella Luce solare, seguito da altri tre. La Maliarda si fermò. Gli schiavi si fermarono. Murda sfruttò il momento: estrasse il lanciamissili. Un Gattabuia, assolutamente patetico rispetto ad altri. Per ora però andava più che bene. Sparò il singolo missile. La Maliarda urlò. Scatenò il suo attacco in risposta sul nulla. Murda si era già mosso. Alle sue ore otto vide Dalyana avvampare di Luce solare e sparare un ultimo colpo di Pistola d’Oro. Il proiettile annichilì la Maliarda. L’essere svanì e con lei anche i Corrotti persero coesione. Brandendo il fucile automatico, Dalyana li finì mentre Murda amministrò i colpi di grazia sui Vandali rimasti.
-Te ne devo una.-, ammise lui.
-Solo una?-, chiese lei. Lui la fissò. No, le doveva molto di più.
Inutile negarlo: la loro breve storia era stata stupenda e ora… Ora che l’Oscurità si era finalmente rivelata e che la fine pareva prossima, forse avrebbe dovuto rivedere tutto quanto.
E al diavolo il rischio che finisse male e presto…
-L’Albero… Sembra importante.-, ammise Dalyana osservandolo.
-Cosa credi che sia?-, chiese Murda. Lei scosse il capo.
Ne sapeva quanto lui. Ossia poco e niente. Poteva essere un inganno del nemico, un esca o qualcosa di genuinamente benefico, forse un ultimo dono dal Viaggiatore.
-Scopriamolo.-, sussurrò lui. Strinse la mano della Cacciatrice. Lei replicò la stretta.
Avanzarono verso il futuro.

Parecchi nemici uccisi dopo, osservavano quel che avevano trovato. Una sorta di globo di luce avvolto da fiamme di oscurità. Una sorta di… seme.
-Che cos’é?-, chiese Hara, sempre più sconcertato.
-Non ne ho idea.-, ammise lo Spettro della Cacciatrice.
-Sicuramente il Ramingo o qualcun’altro potrà aiutarci a capirci qualcosa.-, ammise Murda. Mise quella bizzarra cosa nella sua sacca, domandandosi se non sarebbe stato più prudente lasciarla lì.
In realtà, sentiva di doverla prendere. Era giusto così.
-Già. Ti spiace darmi un passaggio sino alla Città? La mia nave ha avuto un’avaria di quelle serie.-, la domanda di Dalyana rimase nell’aria per qualche istante, poi la Lama Paziente annuì.
-Attivo il Trasmat.-, disse Hara.

Arrivati sulla nave di Murda, lasciarono armi a terra e il bizzarro ritrovato fu trasferito in una cassetta di sicurezza schermata. Misura precauzionale obbligatoria.
Murda si mise ai comandi e Dalyana si sedette sul sedile del copilota. Compirono il balzo.
Ora avevano tempo: la strada era lunga sino alla Città.
-Dobbiamo parlare, non credi?-, chiese lei. Si era tolta l’elmo che le copriva il viso.
Ora il volto dalla pelle scura e gli occhi così stupendamente verdi appariva in tutto il suo splendore, impreziosito dall’icona dei Cacciatori dipinta in nero sulla guancia destra della giovane.
Murda si tolse il suo. Capelli scuri, occhi color nocciola e viso affilato. Annuì.
-È da quando é morto Cayde che non parliamo… Insomma, ci siamo separati e mi va bene ma…-, il Cacciatore la interruppe scuotendo il capo. -No.-, disse.
-Cosa?-, chiese Dalyana, non senza tradire una certa paura. Di cosa? Non lo sapeva neppure lei.
-No. Non mi va bene che ci siamo separati. Non dovrebbe andar bene neppure a te! Insomma, guarda con cos’abbiamo a che fare.-, la voce di Murda passò dall’emozione alla calma.
-Queste maledette Piramidi sono il nemico finale. L’Alveare, i Corrotti e tutte le varie razze aliene che ci hanno attaccato negli ultimi anni sono state solo un avanguardia, o un allenamento, in alcuni casi. Ci hanno fatto male, ma queste…-, Murda riprese fiato, -Queste ci annienteranno.-.
-Se anche così non fosse, sicuramente sarà un conflitto come non se ne sono mai visti, la nostra guerra finale da cui potremmo non uscire. E se adesso crederai che a me vada bene l’idea di affrontare questo nemico circondato da Guardiani amici ma senza di te, beh non credo proprio che tu mi conosca tanto bene quanto credi.-.
Dalyana taceva, pensosa. Murda continuò.
-Ci siamo separati perché entrambi sapevamo che i Guardiani come noi vivono vite di perdita. La gente che proteggiamo muore di vecchiaia, noi no. I nostri amici bendetti dall Luce possono morire allo stesso modo, cadere sul campo difendendo la Città che chiamiamo Casa. E sì, questo significa che anche tu e io potremmo morire, e anche presto. L’hai visto oggi. Ma non dovrebbe significare lasciare campo libero alla paura: così facendo sarebbe come lasciare che l’Oscurità vinca. Vivere richiede coraggio, anche nella morte. Perché se debbo passare i prossimi mesi, giorni o anni a battermi voglio farlo al tuo fianco e se morirò voglio che sia proteggendoti!-, esclamò il Cacciatore. Dalyana lo fissò. Sorrise.
-Potevi comodamente riassumere tutto in tre parole, lo sai?-, chiese.
-E sarebbero?-, chiese lui con aria ebete. Lei rise. Di cuore. Una risata breve a cui si unì anche lui.
-Io ti amo.-, rispose la nera. Lui sorrise.
-Io ti amo…-, sussurrò. Lasciò la frase a metà e annullò la distanza tra loro baciandola.
Le loro labbra si sfiorarono. Dalyana lo abbracciò. Murda ringraziò che i sedili fossero ergonomici e potessero ruotare. Notò Hara e Bela (lo Spettro di Dalyana) che uscivano. Non se ne curò.
Il bacio proseguì. Lungo e passionale. Lei sorrise. Si staccarono.
-Che fuoco…-, sussurrò la giovane.
-Una passione capace di scindermi dai miei limiti. Un tuffo nell’abisso.-, sussurrò lui accarezzandola. Dalyana sorrise, divertita.
-Ora che abbiamo ricordato che tipo di Luce usiamo…-, si avvicinò baciandolo di nuovo.
Le mani si affaccendarono sulle corazze, tolsero, rimossero, slegarono, sfilarono.
In poco tempo furono nudi, lui davanti a lei e lei davanti a lui.
-Non…-, iniziò lei. Lui si avvicinò. Dalyana notò il suo membro. Rigido e duro.
-Non sai. Neanche io.-, ammise lui, -Ma possiamo imparare, no? Immagino che prima di rinascere avremo già avuto questo problema…-. Si avvicinò. Accarezzò il viso della nera scendendo lungo il collo, sino al petto. I seni erano piccoli puntuti. I capellli neri erano raccolti in una coda. Li sciolse drappeggiandoli lungo le spalle della giovane.
-Esplora. Siamo Cacciatori e questa é solo un’altra frontiera.-, sussurrò lui al suo orecchio baciandola. Dalyana si fece più ardita. Sfiorò il petto e il viso, il collo, la schiena dell’uomo.
Irresistibilmente attratta cercò il suo membro. Lo toccò, curiosa ed eccitata.
-È così… duro…-, sussurrò. Murda scese lungo l’addome di lei, sino a raggiungere il pube.
-È per te. E tu…-, un dito del Cacciatore entrò tra le cosce di Dalyana, appoggiandosi sulla sua intimità. Era rovente e umida, la accarezzò, lentamente. Fece entrare appena il dito.
-Piano…-, sussurrò lei accarezzando le sue gambe, i testicoli e il membro con più audacia.
-Scusa…-, mormorò lui, -Comunque… anche tu sembri bramarmi.-, disse.
-Come l’acqua nel deserto.-, riconobbe Dalyana. Lo voleva. Lui sorrise.
-Che succede se…-, chiese all’improvviso lei.
-Se?-, chiese lui senza smettere di accarezzarla. Le girò attorno accarezzandole la schiena, il membro che strofinava tra le natiche nere della giovane.
-Se… non funziona…-, disse lei, -Insomma… Io… noi…-, lui la fece voltare. La abbracciò.
-Insegnami e io insegnerò a te.-, sussurrò suadente al suo orecchio. Dalyana lo baciò lungo il collo.
-Oh…-, Murda emise un gemito quando la mano della giovane si chiuse sul suo membro.
-Ti piace?-, chiese lei. Lui annuì. Le pinzò i capezzoli con le dita. Forse troppo. Si moderò.
Gemiti, dell’una e dell’altra. Dalyana sorrise. Sentì le dita di lui trovare un punto sensibilissimo tra le sue cosce. Si sentì ardere di piacere. -Ti voglio.-, sussurrò.
-Anche io… Aspetta.-, disse lui. Lei si stese a terra. Il pavimento era freddo. Non importava.
Lui la osservò. A gambe aperte, lei lo attendeva. Appoggiò il membro sulla vulva. Fuoco.
Come una scossa passò tra loro.
-Dentro…-, mormorò Dalyana, trasognata e in attesa. Murda annuì.
Fece forza contro il sesso di lei. Entrò prepotentemente. Dalyana soffocò un gemito di dolore.
-Scusa… scusa…-, sussurrò lui. Si ritrasse. Uscì.
-Entra lentamente… come se dovessi ispezionare una grotta…-, lo consigliò lei.
Rientrò piano. Dalyana gemette, stavolta di piacere. Lo sentì fino in fondo e poi di nuovo uscire.
Vuoto e pieno, presenza e assenza si  fusero. Cercò e trovò la sua bocca. Le lingue si cercarono.
-Così…-, gemette lei. Anche Murda gemeva. Ansimava. Entrambi sapevano che presto sarebbe finita. Lui si sentiva come quando si ha un ultimo colpo di Pistola d’Oro da sparare.
Solo che quello é il colpo, e non esiste che lui manchi il bersaglio.
Un’ultima spinta, un ultimo affondo e…
La vacuità sostituì la pienezza mentre si riversava nella nera sotto di lui e lei gemeva il suo piacere all’unisono con lui. Fu come un vento. Un ondata di bianco godimento, tanto intensa da cancellare tutto salvo il cuore che batteva impazzito e il respiro che si annullava e quel corpo, rinato per volontà di una divinità aliena ma suo per scelta che si rilassava contro il suo, che mai gli era sembrato così maledettamente suo.
Rimasero abbracciati per minuti interi, mentre il cuore riprendeva il battito regolare e il respiro tronava quieto.
-Cavolo… Intenso più del vuoto.-, sussurrò Dalyana.
-Più rovente del sole.-, mormorò lui accarezzandola, -Hara e Bela staranno preparandosi a dircene quattro.-, disse. Dalyana si alzò piano, cercando i suoi vestiti. Lui la imitò.
-Affronteremo questa cosa insieme, te lo prometto.-, disse la Cacciatrice. Lui la abbracciò.
Gli Spettri, rientrati, non fecero commenti. Improbabile che non capissero o intuissero, però ebbero il buonsenso di non parlare.

Quando arrivarono in Città e vennero a sapere ciò che stava accadendo erano pronti.

 

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