Mi aveva portata in una baita di montagna per il fine settimana, nel mio posto preferito, perché accontentare i miei capricci e coccolarmi era parte del nostro gioco.
Quella notte scelse con cura l’intimo candido da bambina e una camicia da notte corta, pallida..non gli piaceva vedermi vestita con abiti adatti ai miei venti anni.
‘Vieni da papà’ mi disse, e io, ubbidiente, mi avvicinai a lui.
Mi svestì lentamente, facendo scorrere le grandi mani sulla mia pelle, scossa dai brividi, poi con delicatezza fece scivolare la camicia da notte sul mio corpo nudo e mi mise le mutandine. Mi fece stringere al petto il pupazzo di stoffa che mi aveva regalato e mi adagiò sul letto.. ‘Ora devi fare la brava, o papà ti darà tante sculacciate e ti tirerà le trecce’, feci cenno di si con la testa..mi spaventavo quando si irava, e i lividi sui miei glutei mi davano ragione.
Non mi legò..diceva che un vero uomo deve saper trattenere a mani nude la sua preda, mi fece invece mettere il mio pollice in bocca e girare su un fianco, nella tipica posa che assumono i bambini quando dormono..e con il pupazzo, le treccine e il mio viso giovane non era difficile immaginarmi più piccola di quanto non fossi.
Iniziò a coccolarmi e baciarmi, mi accarezzava i capelli e con la mano libera mi scostava gli slip.
Mi girò di schiena all’improvviso e afferrò con forza i miei fianchi..mi penetrò con decisione, per farmi male. Nel fare questo scrutava il mio viso,senza permettermi di togliere il dito dalla bocca o di lasciare il pupazzo.
Sapevo che mi adorava,che avrebbe fatto qualunque cosa per me, e con questo pensiero iniziai a rilassarmi e ad assaporare il piacere che ora trasportava entrambi.
Mi sussurrava che ero sua, la sua bambina..ed ero bellissima.
‘Voglio farti completamente mia. So che quella parte di te è ancora intatta e io la voglio’..mi girò su un fianco,ero terrorizzata.
Iniziò a massaggiarmi e lubrificarmi per facilitare l’ingresso..io ero prossima alle lacrime.
La penetrazione fu molto dolorosa e non riuscivo a trattenere le urla e le lacrime.
‘Ti prego piccola, non voglio farti più male del necessario, cerca di calmarti, di non urlare e non piangere..o non riuscirò a trattenermi, lo sai’..ma io non ci riuscivo e più piangevo, più accelerava il ritmo e dava possenti colpi che mi scuotevano e trafiggevano.
Venne dentro di me, stringendo una mano intorno al mio collo, togliendomi il respiro.
Era infuriato, non era riuscito a controllarsi per colpa mia: mi afferrò in un attimo e mi tirò sulle sue gambe, qualche istante dopo fui investita da una tempesta di colpi sulle natiche e sulle cosce, ‘Non farlo mai più!’.
Sapevo a cosa si riferiva: io non ero riuscita a non urlare e questo lo aveva eccitato tanto da farmi male contro la sua volontà..lui odiava perdere il controllo e doveva decidere lucidamente se provocarmi dolore.
Riuscì a calmarsi e iniziò a coccolarmi sotto le coperte.
‘Vieni da papà’..eravamo stretti l’uno all’altra e il mio sedere premeva contro di lui, che mi penetrò di nuovo, ma questa volta con dolcezza.
Non venne, rimase fermo finche non mi addormentai..fu così tutta la notte: ogni volta che mi addormentavo, lui ricominciava a muoversi dentro di me.
Fu una notte lunga, colma, indimenticabile..mi sentivo in balia di una tortura dolcissima.
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Spero di pubblicare presto la prosecuzione di questa storia...
Hai pubblicato anche altri racconti? Se sì, mi farebbe piacere leggerli.
Grazie!
Grazie! Questo genere di relazione è vietato dal codice deontologico... Sono contenta che ti piaccia.
Complimenti, gran bel racconto!