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Doposcuola per monelle

By 8 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Valeria da Chieri

 

Chieri, 1971

 

Eravamo di umili origini, figlie di operai che sgobbavano duro nelle varie industrie tessili della zona, ma a scuola eravamo anche quattro belle somare! Il nostro interesse era per tutt’altre cose che non lo studio, ci piacevano i cantanti, la cioccolata, fare il bagno nude al fiume e anche i lecca lecca di carne dei quali a scuola eravamo rinomate  consumatrici, come del resto tutte le ragazze di quell’età…

La preside aveva informato i nostri genitori, con conseguente razione di sberle, che se non avessimo riparato i voti del quadrimestre saremmo state bocciate obbligandoci quindi a seguire ripetizioni pomeridiane delle varie materie

A darci ripetizioni di Scienze era il Professor Borrelli un tipo giovane e allampanato che girava però voce che avesse tra le gambe un cetriolone da Guinness. Noi eravamo ovviamente intrigate e morbosamente incuriosite da quella voce e il bello fu quando arrivammo a ripassare il corpo umano.

Era fin troppo evidente che anche al prof fosse arrivata la voce che non eravamo propriamente degli stinchi di santo illibate e non a caso volle ripassare la materia, in pratica il mandrillo aveva fiutato le prede e ne io ne le mie tre compagne eravamo di certo le tipe da tirarsi indietro.

Tra battutine maliziose e occhiatine, l’atmosfera non esitò a farsi pruriginosa tanto che ad un certo punto il professore chiese a Pina di andare alla lavagna e disegnare un membro maschile :” Le altre seguano a pagina 30 del libro” disse con tono autoritario. Quella matta di Pina disegnò un cazzetto striminzito che suscitò l’immediata ilarità di noi che stavamo al gioco. :” Ok, disse il prof ” ora tu Teresa”. Teresa fece lo stesso ma lo disegnò ancora più piccolo.

:” Accidenti ragazze! Ma quelli sono pisellini da neonati!” In realtà tutte e quattro noi, pur con le nostre giovani età, avevamo visto e gustato ben altre nerchie che non quegli scarabocchi alla lavagna. Sentivo la spacca che mi si bagnava in quel gioco delle parti che si indirizzava ormai in un unica direzione e lesta domandai :” Perchè, ce ne sono di più grossi?” ci furono risate generali e a quel punto il prof si decise a farsi avanti.

Aprì la patta dei pantaloni e sfoderò una mazza che ancora a riposo gli arrivava a metà coscia :” Si, ad esempio il mio…” disse con tono beffardo. Ci fu un “Ooh” di meraviglia quindi, dal momento che mi consideravo la capobanda di quel gruppetto di scapestrate, mi piegai sulle ginocchia e feci un sol boccone di quella grossa mazza ingoiandomela fino alle palle con lento risucchio.

Le altre si gettarono su di lui come cavallette impazzite, Emma e Pina col vantaggio di essere smutandate offrirono per prime cosce, sorche e culi alle manacce del professore mentre io mi stavo praticamente strappando il vestitino di dosso.

Neanche il tempo di spogliarmi e quelle troie affamate di Pina e Teresa mi avevano già rubato la scena contendendosi a colpi di lingua quella mazza gigante. Ma ormai presa da quell’improvvisa esplosione di libidine porca collettiva mi passò per la fregna un impellente bisogno da soddisfare che covavo da tempo. Sdraiai su un banco Teresa, le cui forme generose mi facevano venire l’acquolina in bocca ogni volta che la vedevo nuda, le spalancai le cosce e presi a leccargli la  sorcona depilata come una forsennata.

La manza non sembrò affatto sorpresa e mi implorò anzi di non smettere e di non trascurare il buco del culo che infatti le lappai furiosamente.

Nel frattempo Emma e Pina si stavano divorando in doppietta la fava del prof che grugniva come un animale in calore, poi si divincolò da quelle due idrovore e venne verso di me che, mentre limonavo con Teresa, mi ero appositamente sistemata sul banco alla pecorina in attesa di essere penetrata .” Non ho ancora finito con te stronzetta!” sbuffò il prof mentre mi introduceva la sua grossa banana nella fregna fino a fermarsi sul collo dell’utero. Prese a percuotermi come un dannato, quindi imbufalito, mi rovesciò supina caricandosi le mie gambe in spalla e prendendo a stantuffarmi di brutto con quel cazzaccio che sentivo ormai fino allo stomaco.

Intanto Pina e Emma, alleprate com’erano, si riconsolavano tra loro lesbicando come porche con poderose slinguate di passera, ravanando affannosamente con le lingue tra spacca e buco del culo mentre io presa da un attacco di foia porca, avevo ripreso a ingoiarmi la mazza del prof in condominio con Teresa che ora  si dedicava ai suoi coglioni con uno spettacolare sciacquapalle di lingua.

Mentre ero impegnata in un bollente 69 col prof, Teresa si univa alle altre due lesbicone in calore in un prodigioso terzetto saffico con tanto di gemiti e gridolini di piacere.

Ad un certo punto Pina, infoiata come una mandrilla, si sdraiò a cosce spalancate su un banco implorandoci istericamente di metterla al centro dell’attenzione, ovviamente non ci facemmo pregare: il prof le cacciò il cetriolo in gola mentre io presi a mulinare la lingua dentro la sua passera infuocata e le altre a slinguazzarla ovunque. Quel banco divenne un unico groviglio di corpi in calore prossimi a una raffica di orgasmi,

:” SBORRO PORCA VACCA, SBORRO!!!” sbottò il prof mentre svuotava il contenuto abbondante dei suoi coglioni nella bocca opportunamente spalancata di Emma la quale divideva poi generosamente il bolo dolciastro con Pina in un bacio infuocato. Una successiva sinfonia di grugniti animaleschi certificò il godimento finale di tutti i partecipanti a quell’inatteso festino.

Finita la scuola io mi fidanzai con un tipo che non perse tempo a ingravidarmi e a farmi fare figli a raffica ( ne ho cinque ma almeno due non sono sicura che siano i suoi), Pina scappò di casa e si trasferì a Milano dove finì sul marciapiede per diversi anni, Teresa si accasò con una vecchia lesbica danarosa e Emma si ritrovò presto orfana e dovette sgobbare come un mulo per mantenere i fratellini arrotondando spesso il mese con qualche marchetta in casa.

Oggi Siamo tutte sposate con figli e nipoti, un anno fa ci siamo ritrovate su Facebook e almeno una volta al mese ci riuniamo nel ricordo dei bei tempi andati con roventi quartetti saffici.

 

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