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Racconti Erotici Etero

EMMA > STORIA > VILLAGGIO VACANZE

By 22 Marzo 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Terminata la sequenza dei pezzi ballabili torniamo ad occupare il nostro posto nei pressi del bancone-bar e l’animatore della serata annuncia la partenza del gioco del ‘karaoke’.
Oh no! ‘ protesto delusa ‘ il karaoke proprio non lo reggo!
Tutt’attorno le gente sembra, invece, entusiasta (cosa ci troveranno di divertente in questa scemenza?) accalcandosi e vociando attorno alla consolle del dj.
Nemmeno io ‘ dice lui e, dopo un attimo di pausa, aggiunge ‘ di’, ci facciamo due passi?
Sto evitando di guardarlo, concentrando la mia attenzione sul bicchiere del nuovo coktail che ho ordinato (e siamo a 4! … ed anche se il contenuto alcolico non &egrave poi così alto, una certa leggerezza la sento addosso … e la testa non più così lucida come vorrei). Alzo lo sguardo a fissarlo: come al solito mi guarda con attenzione, concentrato, come cercasse di leggermi dentro. Ho come l’impressione di affondare in quei suoi occhi così scuri.
Dovrei mandarlo a quel paese e tornarmene in camera. Sono sicura che questa sarebbe la miglior soluzione (considerata anche la stanchezza di questa giornata) ed invece mi sento rispondere: Dai si, facciamoci due passi in riva al mare. Ti va?
E mentre glielo chiedo, mi dò dell’idiota, della stronza! Ma &egrave sabato. Non &egrave ancora mezzanotte. Fa un caldo tremendo. E sono in vacanza, da sola! (o quasi).
Quando spuntiamo sulla spiaggia, una strana e surreale luminosità argentea (il cielo &egrave maledettamente stellato ed un quarto di luna risplende) illumina gli ombrelloni chiusi ed allineati, le brandine tutte uguali, ordinatamente in fila. E, non so perché, ma mi sento padrona del mondo … e, soprattutto, di me stessa!
Poggiandomi al suo braccio, sfilo i sandaletti color argento, col tacco basso e li abbandono su una brandina lì accanto.
A piedi nudi mi metto a correre verso la battigia. Il mare &egrave una ‘tavola’: piatto, scuro, con solo un leggerissimo ed ampio moto ondoso che ne increspa appena la superficie oleosa.
Corro nell’acqua (rompendo quell’immoto silenzio ed alzando spruzzi tutt’attorno a me) sino a che mi arriva all’altezza dei polpacci.
Ehi ‘ mi grida lui che &egrave avanzato lentamente sino al limite del mare, le mani indolentemente nelle tasche … e quel sorriso quasi di compatimento ‘ così ti bagnerai tutto il vestito!
E chi se ne frega! rispondo voltandomi verso di lui e facendogli una boccaccia irriverente.
E perché non te lo togli?
Togliermelo? (torna in te Emma! Cristo, torna in te!) Non posso, sotto ho solo le mutandine!
Beh … puoi toglierti anche quelle!
Oh cazzo!
Devi incazzarti Emma: adesso devi proprio incazzarti e metterlo a posto questo stronzo! E invece rido di gusto e … e di troppo alcol ingurgitato!
Ti piacerebbe, eh?
Certo che mi piacerebbe! ‘ &egrave serio, pensieroso, riflessivo ‘ Sei così bella!
Senza capirne bene il motivo, sento dentro di me qualcosa che ribbolle; qualcosa che vorrebbe esplodere, rompere, prorompere. &egrave un misto di rabbia, risentimento, indignazione ma, allo stesso tempo, di sfida, di compiacimento (cazzo, quanto tempo &egrave che nessuno mi dice, con tanta ammirazione: ‘sei così bella!’)
Torno verso riva. L’acqua ora mi arriva alle caviglie e sono solo a pochi passi da lui, sempre fermo (quella posa indolente e strafottente!) proprio al limitare dell’acqua. Con gesti impacciati, nervosi, quasi rabbiosi, slaccio l’ampio camicione che indosso; lo appallottolo e glielo lancio.
Un brivido mi attraversa tutto il corpo. Sento la pelle incresparsi. I capezzoli indurirsi. Eppure non c’&egrave un alito di vento e l’aria &egrave caldissima ed umida. Rabbrividisco.
Lo guardo. Lui guarda me. Inarca le sopracciglia: un misto di sorpresa, ammirazione, attesa.
Prima che abbia il tempo di ripensarci, sfilo anche le mutandine e gli lancio anche quelle. (Che cazzo ti credi, che sono una così piccola borghese, retriva e bigotta?)
Gli volto le spalle e mi metto a correre verso il largo, tuffandomi nell’acqua quando raggiunge le mie cosce. E mi abbandono a lunghe, lente, profonde bracciate.
Più mi allontano dalla riva e più il buio mi si stringe attorno. Non ho paura del mare, ma ne ho un grande rispetto. Di notte può essere insidioso. Per cui mi fermo, voltandomi sulla schiena e mi lascio cullare dal tenue ondeggiamento.
Ma che cazzo ci faccio, io qui? … di notte, nuda ‘ mi sembra di star comportandomi peggio di una ragazzina. Perdio: ho 37 anni. Sono sposata e sino a questo momento mi sono sempre comportata come una donna responsabile. Una donna che ha 2 figli! Ecco: ho una figlia quasi 13enne, che certamente non si comporterebbe da ‘stronza’ come sto facendo io, adesso!
E se i miei figli mi vedessero, che cosa direbbero? Cosa penserebbero della loro madre ‘ che &egrave sempre stata così seria, così ponderata in tutti i suoi comportamenti.
E mio marito? … sempre così fiducioso, così sicuro di me! Dio se mi vedesse ora, lui certamente ‘
Fanculo, Emma ‘ non puoi pensare a loro, adesso! Loro non ci sono! E qui &egrave così bello, così esaltante: questo senso di libertà; questo senso di vuoto tutto intorno. Solo io ‘ e il mare ‘ e LUI!!!
No, mi dispiace per te: ma tra noi non succederà niente! Proprio assolutamente NIENTE!!!
E torno a nuotare, ma ora sono diretta verso riva. Continuo a nuotare anche nell’acqua bassa, sino a che &egrave possibile restare totalmente immersa. Perché lui non mi veda così nuda? Così completamente nuda. Così completamente nuda ed indifesa!
&egrave sempre lì, perfettamente composto e immobile, sulla battigia. E continua a guardarmi con espressione di profonda ammirazione.
In mano ha un telo di spugna (ma come cavolo fa a trovare sempre la cosa giusta da fare?) che chissà dove si &egrave procurato (gli ospiti, scoprirò in seguito, lasciano spesso la ‘roba da mare’ in un contenitore posto alla base degli ombrelloni). Lo tiene allargato e disteso davanti a sé. Mi sollevo dall’acqua e, cercando di coprire alla meglio le mie nudità, corro verso di lui, rifugiandomi in quell’asciugamani che mi appare, ora, come l’unica barriera, l’ultimo baluardo che possa ‘difendermi’ da LUI!
Mi ci avvolge dentro e, per aiutarmi a vincere il leggero tremito che scuote il mio corpo (e sono certa che non si tratti di freddo), mi stringe a sé, in un tenero abbraccio consolatorio. Sono schiacciata con la schiena contro il suo petto e, così come mentre ballavamo, sento il suo prepotente desiderio premere sul mio fondoschiena, ma senza nessuna invadenza; così come, però, senza alcuna vergogna. Le sue braccia circondano le mie spalle ed una mano, quasi volesse aiutarmi ad asciugare, stringe il mio seno; l’altra scende sul ventre, premendo in piccoli cerchi. Poi, lentamente, si abbassa sull’inguine.
Ansimo. Non riesco a bloccare il mio tremito. Forse (‘ davvero non ricordo con precisione) stringo le palpebre e mi mordo un labbro per l’emozione; ho serrato strette le cosce ed intanto riesco a districare una mano dal telo di spugna che mi imprigiona, e gli afferro il polso, bloccando quella sua avanzata, dalla quale sono terrorizzata.
Ehi! ‘ e pur se lo dico in un sussurro, sento di avere la voce roca.
Un attimo di assoluta immobilità silenziosa.
Poi lui si libera dalla mia stretta e, ponendomi le mani sulle spalle, mi fa girare verso di sé.
Non vorrei ‘ ma non riesco a fare a meno di fissarlo negli occhi. E, come temevo, mi sembra di perdermi, di affogare in quello scuro pozzo senza fondo.
Non sorride, adesso. Non ha quell’espressione di sarcastica superiorità. Nel suo sguardo leggo soltanto il suo profondo desiderio.
(Desiderio di me? Ma &egrave mai possibile che io ‘ proprio io ‘)
E sento le sue mani: una all’altezza della schiena, l’altra dietro la mia nuca. Si stringe attorno ad un ciuffo dei miei capelli corti e bagnati e mi tira indietro la testa. Le sue labbra si avvicinano alle mie (‘ oh, no ‘ no, no!) lentamente, tanto che per un attimo sento il calore del suo fiato che accarezza quasi le mie labbra (non devo ‘ non posso ‘ non voglio ‘)
E mi bacia.
E lo bacio.
Le sue labbra: calde, morbide; la sua lingua: umida, invadente ‘
Gliela succhio avidamente. E gli infilo la mia in bocca. Me la succhia avidamente.

[Ora, a raccontare tutto questo (ed &egrave la prima volta che lo faccio!), mi si schiudono tutte queste immagini, tutti questi particolari. &egrave come se assistessi a quella scena dal di fuori, come se fosse una situazione che non riguarda me, come se mi trovassi lì per caso e mi capitasse di vedere quei due che si baciano]

E non &egrave un bacio d’amore!!!
&egrave un bacio ‘ sensuale, passionale; profondo, orchestrato da desideri fisici, sessuali!
Sensazioni, emozioni: il cuore che batte forte, all’impazzata; le mie mani attorno alla sua nuca, affondate nei suoi morbidi capelli; la mia lingua che cerca di fondersi con la sua; le labbra schiacciate quasi dolorosamente. E la sua mano che scivola lungo la mia schiena, sulle natiche, e che mi attira con forza contro di se ‘ ed il suo cazzo duro, teso, prepotente, che preme contro il mio ventre. E poi c’&egrave quel pulsare sordo, quel tremito assurdo di desiderio, che sento tra le cosce.
&egrave questo, credo, che mi riscuote; che mi richiama alla realtà.
Ma che cavolo sto facendo?
Nuda, ricoperta solo parzialmente da un asciugamani; tra le braccia di un uomo ‘ che so non essere mio marito ‘ mentre lo bacio avidamente, con sensuale e desiderosa passione.
Ed &egrave un perfetto sconosciuto! Uno che ho conosciuto solo questa mattina!
Ma che diavolo potrà pensare di me? Sono, dunque, una così facile ‘preda’?
La classica mogliettina tutta casa, lavoro e famiglia, ma che, non appena va in vacanza da sola, cerca di vivere l’avventura con il latin lover di turno! Si lascia irretire come una stupida e comincia a sbrodolare al contatto col membro duro e teso del predatore?
Beh: mi dispiace, ma io non sono così! Non sono questo tipo di donna, io!
E staccando le mie labbra dalle sue, tiro indietro la testa e lo fisso nuovamente negli occhi. Posando le mani sul suo petto, lo allontano leggermente da me, interrompendo il contatto dei nostri corpi.
Mi dispiace, scusami ‘ ma non posso ‘ ‘ dico ansimando e cercando di risistemare il telo di spugna che &egrave un po’ scivolato verso il basso.
Perché? ‘ e non c’&egrave sorpresa nella sua voce. O rabbia. O delusione. &egrave solo una domanda. Punto
Perché ‘ (già: perché?) perché non sono ‘quel tipo’ di donna,
Quel tipo di donna? ‘ aggrottando le sopracciglia (ma ho l’impressione che sotto quella sua espressione meravigliata ci sia comunque una nota di forte ironia) ‘ quale ‘tipo’ di donna, scusa?
Una da ‘ da ‘una botta e via’! Una bella scopata estiva! ‘ forse c’&egrave un po’ troppa rabbia nella mia voce.
Mi guardo attorno e distinguo i miei indumenti ammonticchiati su una sdraio, lì vicino. E mi ci dirigo.
&egrave questo che pensi ‘ che io penso di te?
Ah no? ‘ lo sfido.
E, per sfida, lascio cadere l’asciugamano e senza cercare di coprirmi, infilo gli slip e li sistemo.
No ‘ ‘ dice (ed ha ripreso il suo atteggiamento indolente, indifferente; le mani calate nelle tasche dei pantaloni) e non fa alcun gesto per fermarmi o per venirmi vicino o per approfittare della situazione ‘ direi proprio di no!
E cosa, allora? ‘ ho l’impressione di star quasi gridando ‘ e mi mordo le labbra, perché non voglio che lui si accorga di quanto sono agitata, sconvolta. Lui scuote leggermente la testa, sorridendo (ma resta immobile a fissarmi).
Dio, ma perché non sei capace di vivere la tua vita ‘ per te! Semplicemente, così come viene?
Che cazzo ne sai tu, di come io vivo la mia vita! ‘ sono davvero incazzata (e so di esserlo soprattutto con me stessa) ‘ O di come io voglio viverla!
Ma dai! ‘ fa un ampio gesto con un mano che ha estratto dalla tasca, a comprendere tutto ciò che ci circonda ‘ &egrave una notte meravigliosa! Sei in vacanza ‘ da sola ‘ mi hai baciato ‘ e direi che ti &egrave piaciuto. Che c’&egrave di male? Di così terribile? Non &egrave crollato il mondo! Dio non ha scatenato tuoni e fulmini.
Si hai ragione! ‘ ed armeggio nervosamente con i bottoni della mia casacca ‘ Ci siamo baciati ‘ e certamente mi &egrave piaciuto ‘ ma la cosa finisce qui! Lo so benissimo che non ha alcuna importanza: che il mondo non resterà sconvolto, per questo ‘ ma comunque, io non voglio andare oltre. Non posso, non me la sento.
Emma ‘ ‘ e continua a guardarmi con quella sua aria di compatimento (che mi fa andare in bestia più di tutto il resto) ‘ la sai una cosa?
No!… cosa?
Mi sono poggiata all’asta di un ombrellone chiuso, cercando di infilare i sandaletti argentati, per cui non lo guardo.
Non gliene frega niente a nessuno! ‘ dice, quasi scandendo le parole.
Che vuoi dire? ‘ ho alzato di scatto la testa, fissandolo con sordo risentimento. Lui si stringe nelle spalle, in un gesto un po’ sconsolato.
Di questo tuo ‘sacrificio” di questo tuo gesto di così generosa abnegazione! Non gliene frega a tuo marito, purché tu continui ad essere, all’apparenza, la sua mogliettina fedele ed affettuosa; non gliene frega ai tuoi figli, purché tu continui ad essere per loro la mamma premurosa e sempre disponibile; non gliene frega niente ai tuoi amici, purché tu torni ad essere l’amica fidata e compagnona!
Però frega a me! ‘ dico, voltandogli la schiena ed avviandomi faticosamente sulla sabbia, alla volta del vialetto che riporta nel villaggio.
Nella piazzetta del villaggio impazza ancora il karaoke e, per quanto sia ormai l’una di mattina, la gente che ancora resiste al sonno (ma il sabato notte si sa: il divertimento &egrave obbligatorio!) fa circolo attorno alla consolle del dj e, seguendo il testo delle canzoni (che scorre su un grande schermo al lato del bancone/bar), canta, ride, scherza; insomma: si diverte.
Riesco a pescare Nietta tra la folla e, urlandole nell’orecchio, le dico che io vado a dormire. Ci diamo un approssimativo appuntamento per la colazione del mattino e quindi me ne torno nel mio residence.
In realtà quella notte non ho dormito molto: l’immagine di quel bacio ‘ di quegli occhi così profondi ‘ di quel sorriso così avvolgente ‘ non fanno che attraversarmi la mente.
Però, non sono ‘agitata’ o sconvolta. Credo di aver accettato quanto &egrave successo. Certo, non doveva accadere. Certo, non avrei dovuto lasciarmi andare così. Ma a cosa serve ora star qui a rimuginare e chiedermi i perché o i percome e percuotermi il petto con i ‘mea culpa’?
Mi ha anche attraversato la mente l’idea di farmi accompagnare da Nietta, con l’auto con la quale siamo venute, al Paesetto qui vicino e di lì prendere un treno per tornarmene a casa. Però questo significa dovere dare troppe spiegazioni a troppe persone. Cercare giustificazioni, pretesti, scuse. E, oltretutto, qui sto davvero bene: il posto &egrave molto bello, il trattamento molto accogliente, la temperatura ideale, la spiaggia fantastica, il mare meraviglioso ‘ e soprattutto mi sento in vacanza. E non ci voglio rinunciare. E poi, inutile nasconderselo, mi piace anche la compagnia di quel tipo!
L’unica cosa da fare, mi dico, &egrave ‘superare’ quello che &egrave successo stanotte. Okay: &egrave stato un momento (e, lo confesso, assai piacevole). Un momento che non si ripeterà. Se gli va bene così ‘ altrimenti: chi se ne frega?

DOMENICA
La domenica trascorre in completo relax, proprio così come io mi ero immaginata questa vacanza (un po’ monotona, ma estremamente riposante). La colazione al mattino in piazzetta, con le mie amiche (chiacchierano in maniera animata ed allegra e sembra che non si siano accorte di nulla), la mattinata in spiaggia (fa davvero un caldo afoso ed umido, per cui non &egrave che un immergersi in acqua e tornare a distendersi al sole). Nietta e Daniela per pranzo vanno al ristorante; io preferisco restarmene in spiaggia, sbocconcellando un tramezzino ordinato al chioschetto-bar qui nei pressi.
E di LUI nessuna traccia!
Non lo cerco. Non lo aspetto. Semplicemente mi rendo conto che non &egrave in giro.
Si sarà offeso?
Beh, spero di no! Ma se lo ha fatto, tanto peggio per lui!
(Però, onestamente, continuo ad andare col pensiero a questa notte, a quel bacio. Al sapore della sua lingua, alla morbidezza delle sue labbra ‘ Emma, porca miseria, la vuoi smettere?)
Il pomeriggio torno al residence: una doccia, mi rivesto (nel frattempo faccio e ricevo un numero spropositato di telefonate: mio marito ‘ e non faccio nessuna fatica nel dirgli che si, qui va tutto bene ‘ no, niente di particolare ‘ penso che mi annoierò un poco, ma era previsto ‘ i ragazzi, mia madre, una collega, mia sorella) ed alle 18,30 con le mie amiche scendiamo al Paesetto. Giriamo stradine caratteristiche, ci fermiamo alle bancarelle di souvenir, visitiamo i negozietti caratteristici e ricchi di merce dell’artigianato locale (spendiamo una cifra in regalini: questo per ‘tizio’, quell’altro per ‘caio’ ‘ eccetera). Troviamo anche un caratteristico ristorantino e decidiamo di fermarci lì a cena. Una cena fantastica, tutta a base di pesce ed innaffiata da un freschissimo bianco (un po’ traditore). Sulla via del ritorno ci fermiamo anche a prendere un megagalattico gelato!
Insomma &egrave l’una passata quando, nel mio residence, fatta una doccia ed infilata una magliettina leggera a canottiera su un paio di mutandine bianche, mi stendo sulla sdraio, fuori, nel patio prospiciente il retro del villino che occupo. Tutt’attorno &egrave buio: solo il bagliore delle stelle e lo splendore della luna. Tutt’attorno &egrave silenzio: solo il frusciare degli alberi del giardino ed il frinire di una cicala solitaria. Ho portato con me il mio libro ma la pace di questa notte &egrave così rilassante, che spengo la luce del patio e me ne resto sdraiata a godermi questi attimi di solitudine. E tutti i pensieri che mi frullano per la testa ‘
Credo di essermi assopita, perché d’improvviso: un fruscio ‘
Apro gli occhi e, dopo un attimo di smarrimento (per rendermi conto di dove sono), lo vedo lì, appoggiato con gli avambracci alla bassa balaustra di legno che delimita il patio, il busto leggermente proteso in avanti. Ha tra le mani una bottiglia panciuta ‘ spumante o forse champagne (considerato il tipo). La condensa sul vetro scuro dimostra che &egrave appena uscita da un frigo.
Non dovresti dormire fuori ‘ mi dice sorridendo ‘ &egrave molto umido.
Resto un attimo stranita, a guardarlo: indossa un completo di lino color panna; abbastanza spiegazzato e stropicciato ‘ ma proprio questa apparente trascuratezza lo fa sembrare più elegante ‘ e si: più bello che mai! ‘ sotto la giacca aperta, una camicia color rosso mattone, dal colletto sbottonato. Lo stesso identico colore dei mocassini scamosciati che calza senza calze.
Sono sorpresa di vederlo lì, a quell’ora (ed in quella elegante tenuta, per giunta). Ma stranamente la sua presenza non mi infastidisce; anzi, forse me la aspettavo.
Fa così caldo, dentro ‘ dico sommessamente, tanto per dire qualcosa e superare quell’ attimo di imbarazzo.
Allora? ‘ fa lui, con quella sua aria di indifferente sfrontatezza ‘ ce li hai 2 bicchieri? ‘ ed agita la bottiglia che tiene per il collo, con la mano destra ‘ altrimenti dovremo bere ‘a canna’!
Mi sollevo con un certo sforzo (sono un po’ anchilosata dalla posizione semisdraiata che ho mantenuto per lungo tempo) dalla sdraio ed accendo la luce del patio. &egrave come un’esplosione improvvisa che acceca entrambi.
No, dai’ spegni! ‘ protesta lui, stringendo gli occhi: quegli occhi così scuri, che trovo profondissimi e bellissimi ‘ la luce delle stelle e della luna &egrave sufficiente, non trovi?
Lo osservo per un attimo: se ne sta sempre lì, indolentemente immobile, continuando a far oscillare la bottiglia, quello sfacciato sorriso stampato sulle labbra.
(Mandalo via, Emma! Digli che non ti va di bere. Digli che sei stanca e che preferisci andartene a letto ‘ digli qualsiasi stronzata, ma mandalo via!!!)
Ridendo nervosamente, spengo nuovamente la luce ed entro in casa alla ricerca dei bicchieri. Non gli ho detto di entrare, di accomodarsi (tanto lo so che lo farà comunque). Nel microscopico cucinino, in un mobiletto sul lavello, trovo una pila di bicchieri di plastica trasparente e ne sfilo due e torno fuori. Sulla porta finestra, dalle verdi persianine accostate, mi rendo conto di indossare soltanto le mutandine e la maglietta (abbastanza corta, per giunta, e anche scollata). Ho un attimo di esitazione; però: adesso, starmi a vestire ‘ oltretutto ieri sera mi ha vista nuda, completamente ‘ ma si, chi se ne frega!
Come prevedevo, lui &egrave entrato nel patio e, quasi al centro, sta armeggiando col tappo della bottiglia, che fa saltare con un sommesso ‘plop’; riempie i due bicchieri che ho posato sul piano del tavolino di plastica bianca.
Beh, non sono dei fluits di cristallo ‘ dico con aria contrita ‘ ma meglio di questo non ho trovato altro!’
Fa traboccare la schiuma e continua a riempire sino a che i bicchieri non sono pieni abbondantemente oltre la metà. Posa la bottiglia sul piano e mi porge uno dei due bicchieri.
Torno ad allungarmi sulla sdraio, con il bicchiere tra le mani. Lui &egrave fermo al centro del patio, in piedi. Si &egrave tolto la giacca (finita sulla spalliera di una sedia di plastica, analoga al tavolo), il suo bicchiere tra le mani. Non mi ha staccato un attimo gli occhi di dosso. Ed io sento tutto il ‘peso’ di quello sguardo. Ed ancora mi sorprendo di non esserne infastidita.
Si avvicina alla sdraio e mi fissa ora con aria seria, pensierosa.
Senti ‘ dice con tono piatto (e per la prima volta ho l’impressione di vederlo imbarazzato, in difficoltà) ‘ volevo dirti una cosa!
&egrave proprio necessario? – gli chiedo con aria sfottente (ma giuro che dentro mi sento emozionantissima ed anche molto, molto spaventata)
Fa finta di non avermi sentita e prosegue:
Volevo dirti che tu non sei una ‘botta e via’ e non mi ha mai sfiorato l’idea di considerarti una bella scopata estiva!
No? ‘ dico cercando di forzare il groppo che mi serra la gola (e per farmi coraggio mando giù un lungo sorso di quel vino frizzante, ormai non più così ghiacciato) – E cosa allora? Un improvviso ‘amore’?… un colpo di fulmine?… un innamoramento platonico?
Beh ‘ dice lui, riacquistando quella ironica sicurezza che gli &egrave caratteristica ‘ l’idea di scoparti mi manda in estasi, cosa credi?! Ma non &egrave solo questo, sai? Mi piaci ‘ mi piaci come donna, come persona. Il tuo modo di essere, il tuo modo di fare.
Ah si? ‘ adesso sono davvero spaventata (e la voce mi trema) ed &egrave per questo che cerco quel tono sarcastico ‘ immagino: preferibilmente a letto, no?’
Vedo il suoi occhi incupirsi. Una espressione di rabbia sul volto. (Forse ho esagerato nel dirgli questa ‘cattiveria’?)
Si ‘ mormora a denti stretti ‘ nel letto o dovunque vuoi tu! Anche qui.
Lascia cadere il suo bicchiere e mi sfila, il mio, dalle mani, lasciando cadere anche quello sul pavimento. Stringendomi la mani tra le sue, mi tira in piedi.
Una di fronte all’altro! Solo pochi centimetri di vuoto tra di noi. Gli occhi piantati negli occhi!
E mi bacia di nuovo.
Ed io lo bacio di nuovo.
E, se possibile, questo bacio &egrave ancor più profondo, più sensuale, più ‘sessuale’, di quello di ieri.
Una sua mano, dietro la mia nuca, spinge il mio capo verso di lui. La pressione (quasi dolorosa) delle sue labbra contro le mie. La sua lingua che mi si infila in bocca: vorace, divoratrice. Che si intreccia con la mia. Ed io gliela succhio avidamente.
Ho sempre considerato il bacio (‘ o certi tipi di bacio) come un preliminare fortemente erotico ed eccitante, un vero e proprio ‘assaggio sessuale’. Ed anche con mio marito (e sino ad ora solo con lui!) ‘ ma mai come questo bacio; mai come in questa occasione ho trasfuso in questo bacio tutto il mio desiderio, la mia voglia, la mia disponibilità.
L’altra sua mano percorre la mia schiena; scende sulle natiche e, con forza, quasi con violenza, spinge il mio bacino contro di sé. Ed io lo sento, premermi contro il ventre ‘ duro, teso ‘ enorme!
E non cerco di scansarmi; di tirarmi indietro, di evitarlo!
Ho la percezione (anche se in quel momento non credo di rendermene conto) della sua mano che stringe con forza le mie natiche. Ne percorre il solco, protetto dal leggero baluardo delle mutandine, e si insinua nello stretto pertugio tra le mie cosce. Non lo so, ma forse inconsapevolmente le divarico leggermente, perché ne voglio sentire il calore, la forza, la prepotenza, proprio lì, sul mio sesso che sino ad ora nessuna mano estranea ha mai carezzato!
E cerco di aderire a lui più che posso.

[A questo punto non so proprio come andare avanti. Scrivendone, mi sembra di rivivere quei momenti, con la stessa intensità di allora. &egrave come se guardassi dal di fuori; &egrave come se osservassi lo scorrere al rallentatore di una pellicola; rendendomi conto di particolari e di dettagli sui quali non avevo mai fermato la mia attenzione o, addirittura, avevo cercato di rimuoverli. Però, di questo episodio non ne ho mai parlato con nessuno e non mi &egrave facile farlo ora – anche se il desiderio di aprirmi completamente &egrave fortissimo in me. Mi piacerebbe usare un discorso ‘diretto’; dire le cose così come sono successe: crudamente, semplicemente. Ma ne sarei davvero capace?
Il rischio di diventare volgare, di scendere nel prosaico, di dare una rilevanza troppo elevata all’aspetto ‘hard’ della storia ‘
Okay: vado avanti nel racconto e lo faccio così come mi viene, di getto, senza mediazioni]

So quello che sta per accadere ‘ e non voglio!…eppure lo desidero ‘
Ma non puoi permetterlo, Emma ‘ non puoi! Non puoi!!!
Ma perché?… Perché?
E ‘ davvero non ricordo bene come sia successo ‘ ci stiamo ancora baciando, in quella maniera così selvaggia, così puramente sessuale. Sono con le natiche contro il bordo del tavolo del giardino: una leggera pressione e mi trovo con la schiena sulla superficie dura, le gambe penzoloni, oltre il bordo. E tutto il suo peso su di me; mi schiaccia il seno. Il suo membro ora preme con forza proprio contro il mio inguine ‘ e lo sento duro, teso ‘ e la sua bocca, se possibile sempre più avida e vorace, contro la mia: le labbra dischiuse, premute con forza; le lingue che guizzano, si cercano ‘
E poi, d’improvviso non mi sta più baciando!
La magliettina che indosso arrotolata attorno al collo, le sue mani che scendono, carezzevoli, lungo i miei fianchi; teneri baci sul collo: la sua lingua che percorre, esplora. Sento di avere i capezzoli dolorosamente induriti, erti ‘ ed un brivido lungo mi percorre la schiena quando le sue labbra si chiudono attorno ad uno dei capezzoli. Lo lecca, lo succhia, mentre con una mano stringe con forza l’altro mio seno.
Ho la testa confusa ed il respiro corto, ansimante e non credo di essere completamente presente a me stessa. Ma quelle carezze, quel suo frugarmi, esplorarmi ‘ la lingua che scende umida sul mio petto, vellica l’ombelico, ci si spinge dentro. E poi ancora più giù ‘
No, no, ti prego! Questo non puoi farlo, questo no ‘
Non ho più le mutandine ‘ oddio!
Ho posato (o me li ha fatti posare lui?… non lo so, davvero!) i piedi sul bordo del tavolo; le ginocchia piegate verso l’alto e divaricate ‘ e lui ‘
Lui: la sua bocca, la sua lingua, lì dove mai nessuno, se non mio marito ‘ Cazzo Emma: smettila di pensare a lui!!! Pensa solo a quanto sia dolce questa ‘carezza” o ti lasci andare, oppure, cristo!, respingilo!
Lui: la sua bocca, la sua lingua, sulla commessura delle mie grandi labbra, lì dove si nasconde il bottoncino del mio piacere assoluto. E lo lecca con forza, lo succhia, lo risucchia tra le sue labbra. Mi inarco, gemendo; impazzisco dal piacere
Dio: mi sta leccando la fica, mi ci spinge dentro la lingua ‘ oh si, dai, dai, così non ti fermare ‘ e le sue mani protese sul mio ventre, raggiungono i miei seni: li strizzano forte ‘ e non mi importa il dolore!
Non so per quanto tempo duri questa dolce tortura: sento il mio piacere salire, tuffarmi in un mare tempestoso di godimento, cavalcare la cresta dell’onda e poi scemare lentamente; ma solo per risalire sempre più in alto, sempre più prossimo all’esplosione finale!
E le sue labbra, calde, cedevoli, che cercano e si uniscono alle mie ‘
Le sue labbra?… ma allora ‘
E lo sento proprio lì, all’imboccatura del mio sesso: &egrave qualcosa di caldo, umido, duro, grosso ‘ che preme, ma non spinge, come fosse in attesa. Ma di cosa?
&egrave l’ultima tua occasione, Emma; sei ancora in tempo per tornare in te, per tornare ad essere quella che sei sempre stata.
Ed invece mi inarco sulla schiena e spingo in avanti il bacino. E lui spinge il suo verso di me. Non ho percezione della transizione temporale: sento soltanto che &egrave dentro di me!
Si, si ‘ il suo cazzo &egrave dentro di me! Il cazzo di uno sconosciuto. Un cazzo che non ha alcun diritto di penetrarmi così ‘ il cazzo ‘ il primo cazzo diverso da quello di mio marito che &egrave l’unico ad avere questo diritto.
E lo ‘sento’ quel cazzo! Ne percepisco la grandezza, la lunghezza. La durezza, la prepotenza, quando affonda ‘ si affonda ‘ e credo che raggiunga la mia anima, la mia essenza!
Non ricordo molto bene per quanto tempo mi abbia scopata così, distesa su un tavolo da giardino, nel patio di un residence di un villaggio vacanze. Mi pare di avergli allacciato le gambe attorno alle reni. Mi pare di spingere in avanti, ogni volta che lui spinge in avanti. Mi pare di ricordare il suo membro duro, rigido, prepotentemente affondato dentro di me. Che si ritira, lentamente, fino ad uscire quasi del tutto e poi spinge bruscamente ed affonda ancora, completamente, in me. &egrave piegato quasi ad angolo retto su di me, tenendomi abbracciata. La sua bocca ‘ le sue labbra, il suo alito caldo, la sua lingua ‘ che cerco, che risucchio in bocca, ogni volta che mi affonda il cazzo fino alla radice.
Credo di avere il fiato corto, ansimante; credo di gemere, sempre più frequentemente; credo di mormorare qualcosa ed anche lui mi sussurra all’orecchio, ma giuro che non ricordo assolutamente cosa ci diciamo in quel momento.
Ecco, questo credo di poterlo affermare con assoluta certezza: mi sento, in quel momento, come un ‘grumo’ di piacere, di calore che si diffonde a ondate, a cerchi concentrici, invadendomi tutta, progressivamente. Sale e si espande, sempre più ampiamente, al ritmo sempre più rapido e frequente delle sue spinte, dei suoi colpi potenti, veloci; sempre più veloci ed intensi.
Oh Emma ‘ Emma ‘ geme, come in un singulto ‘ Emma, sto’ per venire ‘ ti posso venire dentro?
Non so se gli rispondo di si, che non c’&egrave problema.
Ho come un flash di quel momento: sono abbarbicata a lui, avvinghiata; le gambe strette attorno ai sui fianchi, le braccia attorno al suo collo, il volto affondato nella sua spalla. E quelle contrazioni nervose, incontrollate ed incontrollabili. Non so se sia io o sia lui; non so se lui vibra all’unisono con me, col mio corpo, col mio sesso. E quella sensazione di calore, di umido, di bagnato, che mi si allarga dentro. E sento i suoi schizzi; ne ho la perfetta percezione: potenti, abbondanti, inondanti.
Senza cognizione del tempo (ma soprattutto senza cognizione di me stessa) &egrave come se pian piano emergessi da un altro mondo, da un’altra realtà: il respiro si fa più profondo, più regolare; sento tutto il suo peso su di me. Mi tiene ancora abbracciata, ma &egrave un abbraccio meno convulso, man mano più rilassato ‘ ma &egrave sempre lì, dentro di me! Ben piantato, affondato, quasi ad affermare il suo possesso del mio essere. Rigido, ancora perfettamente duro, scosso ogni tanto da un guizzo, da un residuo nervoso, al quale involontariamente (almeno credo) io rispondo con una contrazione del mio ‘piacere’.
&egrave una sensazione strana, insolita ‘ che non so descrivere con parole chiare. Una sensazione nuova, per me;

[perché solitamente, con mio marito, a quel punto, pian piano si ritira da me: scivola fuori, quasi inerte’ come prosciugato, esaurito. E di solito si abbatte al mio fianco; restiamo così per un po’, riprendendoci dalla ‘fatica’ ‘ esausti e soddisfatti. Io mi alzo e vado in bagno a lavarmi. Torno a letto. Una sigaretta. Casomai, se ne abbiamo voglia, riprendiamo a giocare tra noi, a stuzzicarci: lui mi accarezza, mi fa un ditalino’ oppure io gli faccio una sega, più raramente un pompino; alle volte capita che rifacciamo l’amore, un seconda volta. Ma il nostro atto sessuale, la vera scopata, si &egrave esaurita lì!]

Averlo ancora dentro: duro, prepotente, possessivo. Ancora voglioso di quel piacere, di quel godimento che pure mi allaga; che sento riempirmi, che sento in parte colarmi fuori (e, stranamente, non darmi alcun fastidio).Voglio ancora tenerlo lì, voglio ancora che stimoli le mie reazioni: cazzo, se lui vuole ancora godere ‘ beh, lo voglio anche io!
Riprendendosi, si raddrizza lentamente ma non si scioglie dal mio abbraccio; mi solleva dal piano del tavolo: un braccio attorno alla mia vita, l’altro attorno alla mia nuca. Io gli aderisco contro, abbarbicata a lui: le braccia serrate dietro la sua testa; i piedi allacciati dietro la sua schiena, le cosce serrate ai sui fianchi.
Anche questa &egrave una sensazione assolutamente nuova per me: ho la sua lingua in bocca (perché continuiamo a baciarci, senza soluzione di continuità) e il suo cazzo affondato nella fica; &egrave attorno a quelle due propaggini del suo corpo che io sono abbarbicata, fusa, amalgamata.
Non so come lui riesca a muoversi, ma lentamente (senza staccarci per un solo attimo) mi porta dentro e ci abbattiamo così sul grande letto della mia stanza ‘ quel letto nel quale avrei dovuto dormire da sola.

[sesso fine a sé stesso ‘ solo sesso ‘ l’emozione di vivere situazioni nuove ‘ CHIACCHIERE! Solo chiacchiere mia dolce signora! Perché voi non avete ‘fatto sesso’; voi avete, indiscutibilmente, fatto l’amore. E lo avete fatto in un modo bellissimo, sublime. Vi siete presi a vicenda e vi siete donati reciprocamente. Ed il godimento che ne avete tratto &egrave stato fuori da ogni cognizione. Poi la sua virilità ha fatto il resto e le tue risposte alle sue sollecitazioni ne sono la conferma. E come la mettiamo ora, mia dolce signora moglie fedele?]

Sono distesa sul letto sotto di lui, che mi grava addosso con tutto il suo peso. Ho le gambe leggermente divaricate (ma distese, allungate) e lui ha le sue unite, tra le mie. Le mani puntate ai lati della mia testa. Le braccia tese, il busto leggermente inarcato e l’inguine spinto contro il mio pube. Ed il suo membro affondato tutto, completamente, dentro di me!!!
In nessun momento, da quando abbiamo iniziato, lui &egrave scivolato fuori o ha perso il contatto con me. Davvero non credevo fosse possibile perché del suo godimento precedente sento di averne la ‘prova’ proprio dentro di me ed &egrave stato un godimento straripante, possente, inebriante: eppure ‘ eppure continua a scavarmi dentro, a riempirmi completamente; ad accendere quel calore, quel fuoco che mi si espande nel ventre e che sale lungo il mio corpo, annidandosi nel cervello, pronto ad esplodere di nuovo e più prorompente di prima.
Mi bacia nuovamente sulla bocca, poi tira indietro il capo e mi fissa negli occhi.
Mi senti? ‘ e non so se sia una domanda e non piuttosto una affermazione.
Faccio di si con la testa (non mi fido della mia voce). Con le mani gli accarezzo la nuca, il collo, la schiena; le natiche sode, tese nello sforzo e cerco di attirarlo ancor più dentro di me.
Dio, se ti sento ‘ &egrave solo un roco gorgoglio quello che mi esce di bocca ‘ dai, ti prego’ fammi godere ‘ fammi godere ancora, come prima, più di prima!
Non hai mai goduto così, vero Emma?
No, no, no ‘ mai!
E cerco di spingere in alto il bacino.
Senza cambiar posizione, lui comincia ad andare su e giù, con colpi forti, potenti e sempre più rapidi, più veloci.
Lo senti così, Emma?… Lo senti, vero?
Mi sono aggrappata stretta al suo collo e punto i talloni sul materasso, ondulando il bacino verso di lui, per favorire i suoi colpi.
Si ‘ si ‘
Cosa, si?
Si ‘ ti sento! Cristo, se lo sento!
E cos’&egrave che senti?
Ho un attimo di smarrimento: non sono abituata a parlare, a rivelare le mie sensazioni, le mie emozioni; ed anche in quel momento non vorrei farlo: sono troppo concentrata su quello che provo, su quello che sento accadermi dentro, nel profondo. Mi sembra di essere in apnea, sott’acqua, i polmoni brucianti, la disperata ricerca di aria ‘ la superficie che vedi così vicina e pure così irraggiungibile ‘ e mi agito, freneticamente, nell’agognato tentativo di raggiungerla.
Ma lui insiste: Cos’&egrave che senti, Emma ‘ dimmelo!
Il tuo ‘ il tuo ‘
Il mio cazzo?
Si, si ‘ il tuo cazzo!
(‘fanculo! Volevi che te lo dicessi? Beh, eccoti accontentato!)
E dov’&egrave che lo senti?
Oddio!… qui, dentro di me’
Nella fica?
Si ‘ nella fica ‘ il tuo cazzo, che mi sta fottendo ‘ fottimi, dai! Fottimi, fottimi!
Non lo so se gli dico davvero queste cose oppure mi stia sognando tutto oppure ancora &egrave solo quello che penso. Di certo so che ora gli ho avvinghiato di nuovo le gambe attorno alle reni, con i piedi incrociati sulla sua schiena. Che aderisco a lui come una ventosa: le braccia serrate attorno al suo collo, il mio corpo che si muove indipendentemente dalla mia volontà ‘ e gemo (credo) e ansimo (credo) e mi agito scompostamente sino a che quella chiazza verde/azzurra non &egrave alla mia portata: la superficie di quel mare così calmo eppure così pregnante, che mi tiene prigioniera ed incapace di ogni volontà ‘ eccola, ci sono ‘ e ne esplodo fuori con un urlo (credo). E vengo. Convulsamente, senza ritegno, senza freni. Sono io che sto venendo ‘ e lo sento!
Ed anche lui, d’improvviso. Me ne accorgo, lo sento irrigidirsi; se possibile ancor più ingrossarsi e poi esplodere.
Non riesco a frenare le contrazioni del mio ventre ad ogni suo schizzo.
Lui gode dentro di me, io godo attorno a lui e godo del suo godimento, mentre lui gode del mio ‘
&egrave come un mare in tempesta che lentamente si placa: le onde, da essere alte, irruenti, frequenti, incalzanti, diventano via via più ampie, più placide, più tranquille ed invadenti.
Ora lui si &egrave abbattuto su di me: inerte, svuotato, respirando a fatica, quasi affannato.
Sento ancora il suo membro saldamente affondato; ma, a differenza di prima, nonostante ogni tanto sia ancora scosso da qualche spasmo nervoso, mi accorgo che lentamente si ritira. E quando ne esce &egrave come una sensazione di mancamento, di ‘privazione’.
Rotola al mio fianco, esausto.
Io non vorrei che finisse ‘ perché adesso, superata la travolgente fase dell’orgasmo, l’ottenebrante eccitamento del piacere, del godimento, sarò costretta a fare i conti con ‘me stessa’. A prendere atto di quanto &egrave successo e di cosa questo significhi per la mia coscienza.
Cerco di chiudere la mente. Di non pensare a null’altro che a questo momento di assoluta pace e soddisfazione.
Okay: &egrave successo ‘ &egrave successo e ‘non doveva’ succedere!
Cazzo: non ci pensare Emma ‘ non ora, per la miseria! Arriverà (e molto presto, lo so!) il momento della resa dei conti.E con gesto quasi involontario, certamente non voluto, mi sposto verso il bordo del letto e faccio per metter giù le gambe ed alzarmi. A parte che mi sento stanca, sfinita, distrutta, percepisco il fluire del nostro abbondante piacere frammisto (credo che la seconda volta lui sia venuto ancora più copiosamente della prima ed anche io ho certamente fatto la mia parte!). Lo sento vischioso, appiccicoso, scivolar fuori, insinuarsi tra le mie natiche, inzaccherarmi le cosce e, come sempre, sento il bisogno di andarmi a lavare, di ripulirmi da quelle tracce.
Ma lui mi afferra per un polso e mi tira giù.
Dove stai andando?
Vado in bagno ‘ scusami ‘
In bagno?… a far che?
Beh ‘ devo ‘ vorrei lavarmi
Perché?
Ma che strana domanda! Come sarebbe: perché? Perché’ perché sempre, dopo che abbiamo finito, io vado in bagno a lavarmi!
&egrave così che fai con tuo marito?
Eccolo!… Oh cazzo: ci siamo!… mio marito!… mio marito!
Ho il cuore che batte all’impazzata ed un groppo mi serra la gola. Cerco di galleggiare ai margini di quella terribile realtà: mio marito! Mio marito che adesso non &egrave qui con me. Che adesso &egrave a casa ‘mia’, con i ‘miei’ figli. Che probabilmente dorme sereno e tranquillo; fiducioso che la sua ‘fedele’ mogliettina ‘
No, Emma ‘ no!!!
Una scopata ‘ poi tu vai in bagno a lavarti ‘ e casomai lui si accende una sigaretta.
Veramente anche io, dopo ‘ mi piace accendermi una sigaretta e’ ‘ cerco di scherzare (ma la voce suona roca e sommessa alle mie stesse orecchie).
Sono distesa di schiena sul letto, di traverso, le gambe penzoloni (all’altezza della piegatura del ginocchio) oltre il bordo. Mi tiene le braccia tirate dietro la testa ed i polsi incrociati e bloccati con una sua mano. &egrave inginocchiato ed il suo viso incombe sul mio. Abbassa la testa e mi bacia sulle labbra. Non &egrave lo stesso tipo di bacio che ci siamo scambiati sinora: le sue labbra mi sembrano più morbide, più leggere e la sua lingua sfiora soltanto ‘ tocchetta ‘ si ritrae ‘
&egrave strana la sensazione che provo: un misto tra tenerezza e fastidio; mi piace quel tocco leggero e quasi impalpabile, ma allo stesso tempo non voglio che continui (okay: abbiamo scopato! Ma adesso basta, porca miseria!)
LUI lascia scivolare lentamente la sua lingua sul mio collo, sul petto, sul seno. Ne segue il contorno, accarezza alternativamente i capezzoli (che, credo, hanno un guizzo quasi involontario), li risucchia tra le labbra; li succhia; li mordicchia (provocandomi leggere contrazioni miste di dolore e piacere). Poi scende sul mio ventre; l’ombelico: ci affonda dentro; e lasciando la sua umida traccia, raggiunge l’inguine, il triangolino di peli chiari ‘
No, dai, ti prego: devo lavarmi, prima ‘ e non so se mormoro davvero queste parole o le penso soltanto.
LUI sembra non sentirle nemmeno. Nella sua avanzata &egrave intanto scivolato su di me ed ora ha le ginocchia puntate ai lati del mio capo e ‘ il suo membro, quiescente, moscio, un po’ rattrappito, penzola all’altezza dei miei occhi, della mia bocca! &egrave lucido, umido dei nostri umori frammisti, con evidenti ed abbondanti tracce del nostro reciproco piacere che abbiamo goduto solo pochi attimi prima.
LO SO COSA VORREBBE CHE FACESSI! Ma se pensa che io ne sia disposta ‘ beh, non ha capito niente! Almeno dovrebbe lavarsi prima. Lasciarmi il tempo di riprendermi ‘
Ma quando sento la sua lingua percorrere la rima del mio sesso ‘ quando con le mani allarga leggermente la fessura e la lingua appuntita ci si insinua, incurante di quel denso e filante umore con il quale lui stesso l’ha riempita (ma non sono sicura che non si tratti piuttosto del mio ‘piacere’, della mia essenza che si &egrave mischiata alla sua); quando la sento premere contro quel bottoncino gonfio, enfiatoe risucchiarlo tra le sue labbra ‘ non riesco ad impedire alla mia lingua di sporgere, di andare alla ricerca (timidamente ed insicura) della punta del suo membro. Né il gusto, l’afrore, così forte, così particolare, acidulo, quasi ferroso (che nel profondo della mia ‘vecchia’ coscienza definirei disgustoso!), impedisce alle mie labbra di dischiudersi ed accoglierla. E la sento immediatamente indurirsi, gonfiarsi, prendere vita e possesso della mia bocca. A livello cosciente vorrei sottrarmi a quella presenza, a quella invadenza; ma in quel momento non credo di essere davvero presente a me stessa. E più il suo cazzo cresce, si allunga e sprofonda nella mia bocca e più il desiderio di accoglierlo tutto, completamente (quasi inghiottirlo), mi impedisce di ragionare.
Mi sento soffocare, mi manca l’aria e non riesco a respirare ‘ ma non smetto di percorrere con le labbra quell’asta, diventata d’improvviso, così rigida, picchiettandola con brevi colpi di lingua.
Ho gli occhi serrati e cerco di escludere dalla mia mente qualsiasi stimolo esterno, qualsiasi contatto: non voglio che qualsiasi cosa mi richiami alla realtà; al di fuori di quanto sto facendo. E mi accorgo solo marginalmente che lui ha rovesciato le nostre posizioni: ora sono io a stargli sopra, nella classica posizione del 69.
Non so quanto sia durato questo pompino, inconsapevolmente ho accelerato sempre più il mio ritmo: su e giù della mia testa, sempre più veloce, sempre più profondo. E d’improvviso lo sento irrigidirsi, gonfiarsi ancor più (se mai fosse possibile!) e so che sta per venire. Cerco di tirare indietro la testa (come di solito faccio con mio marito quando mi accorgo dell’imminenza del suo orgasmo), ma lui spinge con forza verso l’alto il bacino e con le mani mi tiene bloccato il capo, anzi lo spinge ancor più verso il basso. La punta del suo uccello quasi in gola: sto per soffocare. Tossisco. E lui comincia a sborrare: prima piano con un fiotto caldo, bruciante; poi schizzi più brevi e più rapidi.
Per non soffocare sono obbligata ad ingoiare parte di quel liquido denso, vischioso ed un conato mi risale lungo la gola. Tossisco, mi agito, scuoto la testa, cerco di sottrarmi; ma lui non molla la presa: spingendo sempre più in su, affondandolo come una spada in gola e tenendomi saldamente la testa con le mani (credo che mi abbia anche afferrata per i capelli, ma non ci potrei giurare) continua a scuotersi, a gemere (penso che dica anche qualcosa che non capisco) ed a scaricarmisi in bocca con una abbondanza che non credevo possibile.
Non so se sia effetto di questa sua abbondante eiaculazione, del fatto che mi abbia obbligata a riceverla in bocca, costringendomi quindi ad ingoiarne una parte oppure non siano piuttosto le ‘attenzioni’ da lui dedicate alla mia fica (‘ labbra, lingua, dita ‘), ma anche io comincio a venire. Ed &egrave un orgasmo assolutamente sconvolgente per me: squassante, vibrante (direi addirittura ‘doloroso” ma di un dolore completamente diverso, insolito, mai provato prima) e, soprattutto (lo ‘sento’!) abbondante, irrefrenabile, quasi ‘
Credo di aver perso coscienza ‘ no, non ho perso i sensi, ma per un momento (momento?) credo di essermi staccata dalla realtà che mi circonda, concentrata esclusivamente sul quel ‘nucleo’ di piacere che, partendo dal mio ventre, si irraggia fino al cervello.
Sono distesa, allungata, sul letto, a pancia sotto, il viso affondato nel materasso e LUI &egrave tra le mie cosce appena divaricate: ha passato le mani sotto il mio ventre e mi fa inarcare leggermente il bacino verso l’alto. Le sue labbra sono saldate alle mie (e non sono certo le labbra della mia bocca!). Sta lappando, sta succhiando gli ultimi residui del mio piacere? (ancora qualche scossa, ancora qualche brivido). Poi sento la sua lingua risalire lungo il solco tra le natiche, sul fondo schiena, lungo la spina dorsale, fin sulla parte posteriore del collo. Ed in questo ‘percorrermi’ tutta, anche lui scivola sopra di me: ne sento tutto il peso sulla schiena, il suo membro &egrave morbido, flaccido, umido.
Le labbra vicino al mio orecchio
Dio che pompino fantastico! ‘ sussurra. Stringo li occhi e serro le labbra ‘ non ti hanno mai sborrato in bocca così ‘ vero?
Rotola giù, al mio fianco, sulla schiena. Con una mano continua a carezzarmi la pelle, a seguire il filo della colonna vertebrale. Sospira soddisfatto. Insiste: Vero?
Faccio cenno di no, con la testa (che ho girata dalla parte opposta, per cui non lo vedo).
LUNEDI’
Non so se mi sia assopita oppure, avendo svuotato la mente, mi sia solo allontanata momentaneamente dalla realtà. &egrave certo che, ad un certo punto, riapro gli occhi (sono sempre sul grande letto matrimoniale, rannicchiata su un fianco, nuda ‘ e mi rendo conto che LUI, alle mie spalle, aderisce al mio corpo: il fiato caldo sul collo, l’umida carezza della sua lingua che mi tormenta un orecchio, il suo torace ‘ mosso dal respiro profondo, ma regolare ‘ contro la mia schiena sudata, il suo membro flaccido, quiescente, che preme contro la parte posteriore delle mie cosce; la sua mano, che scavalca il mio fianco, chiusa a coppa su un seno), riprendo contatto con la realtà e mi accorgo che dalla porta finestra che immette nel patio, le persianine soltanto accostate, entra la luce del giorno ormai fatto. Getto uno sguardo alla radiosveglia sul tavolino da notte: mancano solo 5 minuti alle 6.
Mi prende come una frenesia: mi svincolo dal suo abbraccio con una certa vehemenza, getto le gambe fuori dal letto, mi alzo in piedi.
Porca miseria ‘ dico, cercando di tener ferma la voce ‘ devi andare ‘ &egrave tardi!
Sono nuda ‘ e la cosa mi imbarazza ‘ cerco attorno qualcosa per coprirmi e reinfilo la maglietta che indossavo ieri sera, ma copre ben poco.
Per favore ‘ dico con tono sommesso ‘ Dany e Nietta possono scendere ‘ e non voglio che ti vedano uscire da qui ‘
Ed in quel momento mi rendo conto di quanto sia assurda tutta questa situazione. Di quanto sia desolante e squallida: la moglie in vacanza da sola ‘ il bel fustaccio ‘latin lover’ che se la scopa: sgattaiolare furtivamente dalla sua stanza; lei che si lascia prendere dai sensi di colpa, però ben soddisfatta ‘
Dio che squallore: mi viene da piangere!!!
Ho infilato un paio di pantaloncini ripescati dall’armadio. E mi sento profondamente a disagio. Ne do la colpa al fatto di sentirmi sporca; di non essermi lavata, dopo; di aver bisogno di una doccia, per togliermi di dosso ogni traccia di quanto &egrave successo (peccato però che l’acqua non lavi via anche i ricordi, le sensazioni ‘)
Per favore ‘ ‘ mormoro ancora, senza guardarlo o almeno lanciandogli solo delle occhiate di traverso. Lui se ne sta disteso sulla schiena, placidamente, al centro del letto: nudo, le braccia incrociate dietro la testa, le gambe leggermente divaricate ‘ ed il suo pene, floscio, barzotto, gli pende tra le cosce muscolose. Ho come un conato di nausea che mi sale alla gola: Cristo, solo qualche momento fa quel cazzo era dentro di me e mi ha fatta godere ‘ Okay Emma, smettila!!!
Non posso mica uscire in queste condizioni. ‘ dice sorridendo. Quel sorriso così sfrontato. Quel sorriso quasi di superiorità. Mi fa incazzare e mi far stare peggio, se mai fosse possibile! ‘ i miei vestiti sono rimasti fuori, ieri sera.
Cautamente, esco nel patio. &egrave ancora molto presto e se pure si sente che il villaggio sta risvegliandosi, in giro non c’&egrave nessuno. Il patio &egrave in condizioni pietose: sembra un campo di battaglia. I suoi abiti sono disseminati tutt’intorno. La macchia bianca delle mie mutandine, sul pavimento rossastro, vicino ad una gamba del tavolo. La bottiglia di spumante (con i bicchieri che avevo ripescato in cucina) dev’essere caduta dal tavolo e &egrave andata in frantumi, lasciando una macchia più scura, umida, sul pavimento e cocci di vetro verdastro sparpagliati. Una sedia &egrave rovesciata. Stando attenta a non calpestare i cocci taglienti, raccolgo la sua ‘roba’. Rientro, gliela lascio sul letto (lui non si &egrave mosso) e dal cucinino recupero una busta di plastica, uno scopino ed un palettino. Torno fuori e cerco di rimettere un po’ d’ordine. Quando rientro lui &egrave vestito di tutto punto: bello ed elegante come ieri sera, quando &egrave arrivato.
Cerco di scacciarlo dalla mente e di pensare ad altro.

[Il giorno! Fatidico capolinea di innumerevoli sensazioni, forti passioni, sfinimenti intrisi di fortissima trasgressione. Il giorno e le paure, dissolte nottetempo, tornano prepotenti! Ed eccola qui la cara signora moglie, madre, amica … donna per bene che certe cose non le fa! E che, con pervicacia, cerca di evitare che la sua mente torni al pensiero di questa notte. Notte nella quale hai scoperto (ed anche accettato) di saper essere ‘schiava del piacere’: un piacere che ti ha scosso, fatta godere, urlare la tua sensualità. Occhio, Emma ‘ occhio alle notti! NO, giuri a te stessa: NON CE NE SARANNO ALTRE! Ma ne sei sicura?]

Quando LUI va via (un bacio appassionato e parole appena sussurrate all’orecchio: ‘Dio ‘ &egrave stato meraviglioso!’) cerco di rimettere un po’ d’ordine sia fuori nel patio che nella stanza. Il lenzuolo sul grande letto, oltre che stropicciato, porta le evidentissime tracce del nostro passaggio (e qui la biancheria la cambiano solo il mercoledì ed il sabato).
Beh: chi se ne frega? Che pensino pure quello che vogliono!
Faccio una doccia (finalmente!). Sto cercando disperatamente di non pensare a quello che &egrave successo stanotte. O meglio: cerco di non pensare alle ‘implicazioni’.
&egrave successo e ‘ va bene, va bene: non doveva succedere! Ho fatto uno sbaglio: non so cosa mi abbia preso ‘ le motivazione per cui ‘ forse un momento di debolezza, di solitudine, oppure la novità della situazione. Non sono mai stata in viaggio da sola ed io a questa vacanza non ci volevo venire: &egrave stato lui ad insistere! Non doveva lasciarmi partire da sola!!!
Ed ancora una volta credo di aver preso in considerazione la soluzione di andar via, tornarmene a casa, alla mia vita. Certo: sarebbe difficile spiegare, far capire il perché; ma una scusa ben congegnata ‘ insolita, si ‘ ma credibile! Però, a parte tutto il resto, non mi va; mi farebbe sentire ‘vilmente’ colpevole, quasi come una ladra.
Credo di aver preso una decisione: continuerò la mia vacanza e quello che &egrave successo stanotte non succederà mai più (oltretutto suppongo che LUI, ottenuto quanto voleva, non credo sarà più così ‘insistente’!). Va bene: me ne sento in colpa e mi prenderei a schiaffi per essermi lasciata andare a quel modo. Ma piangere sul ‘latte versato’ ormai serve a poco! E comunque nessuno verrà a saperlo ‘ e dunque posso archiviare l’accaduto come un incidente di percorso.
Un momento abbastanza ‘difficile’ devo superarlo quando alle 8,00 in punto mi chiama mio marito. Senza nessun apparente motivo ho il cuore che mi batte all’impazzata ed un nodo mi serra la gola, ma riesco ad essere abbastanza naturale, credo, nel dirgli che qui, tutto bene. No, nulla di particolare da segnalare (stronza bugiarda!). Ma no, certo che non mi annoio: in fondo sono venuta solo per un po’ di relax, mica per darmi alla ‘pazza gioia’! Gli chiedo notizie famigliari: la casa, i ragazzi; come se la cavano ‘ e resto profondamente in silenzio quando lui mi dice che stanotte ha sentito la mia mancanza, tantissimo e’ Emma, mi sono fatto una sega, per darmi una calmata! Madò, come un ragazzino ‘ ahahahahaha
Resto in silenzio non per l’emozione ma solo perché ho paura che la voce mi tradisca! E per un interminabile attimo penso di dirgli tutto! Confessare, chiedergli perdono, dirgli quanto io lo ami e che si &egrave trattato solo di un attimo di sbandamento, di offuscamento totale della mente. E pregarlo di correre qui e venirmi a prendere. Ma lo sento così sereno, sicuro, fiducioso, soddisfatto che io lo abbia perdonato per aver mandato a monte il ‘nostro’ viaggio ‘ che non mi resta che tacere! E fingere che tutto sia sempre uguale.
Alle 9,00 sono in ‘piazzetta’, seduta ad un tavolino per la colazione, con Daniela e Nietta che chiacchierano allegramente della bellissima e divertente serata di ieri (chissà perché ero convinta che sarebbero state sospettose ‘ interrogative ‘ indagatorie ‘ ed invece sembra che non si siano accorte di nulla. Ma di che cavolo dovevano accorgersi? Però quando non hai la coscienza tranquilla ‘)
Cerco di seguire (e partecipare) ai loro discorsi. I programmi della giornata: mattinata naturalmente in spiaggia; in prima serata un giro per i paesini dei dintorni? Dopo cena c’&egrave uno spettacolino di ‘artisti di strada’ organizzato nell’anfiteatro del villaggio, oppure, se troviamo un bel localino simpatico, un po’ di buona musica e 4 salti? Oppure ‘
Ma ho la mente occupata da ben altri pensieri, per cui i miei sorrisi sono solo di circostanza e la mia approvazione solo un pro forma.
In spiaggia, mi stendo sulla brandina del mio ombrellone (ho calzato il ‘famoso’ cappellino per evitare una colpo di sole) e, nonostante cerchi di leggere il libro che mi son portata dietro, mi addormento.
Devo aver dormito un paio d’ore. Mi sveglio d’improvviso: fa un caldo bestiale. Il sole picchia dritto e abbagliante e sono in un bagno di sudore. Mi tiro su a sedere e girando leggermente il capo, lo vedo!
A pochi metri da me, se ne sta accosciato sotto l’ombrellone, al lato della brandina di Daniela. &egrave evidente che stiano parlando allegramente. Lo vedo di spalle, ma ho la sensazione che la confidenza con la mia amica, sia a buon punto.
Ma che cazzo ‘
No, non sono gelosa ‘ ci mancherebbe altro! Piuttosto mi sento infastidita dalla sua presenza. Ma che cazzo sta facendo ‘sto coglione? Dopo avermi scopata, ora sta tentando di farsi anche le mie amiche? &egrave questo che io sono stata stanotte, per lui? E non devo essere stata nemmeno un granch&egrave, se ha perso così rapidamente ogni interesse per me e si sta dedicando a Daniela con tanta allegra disinvoltura e ‘
Ehi Emma ‘ grida Daniela che, volgendo il capo, si &egrave resa conto che mi sono svegliata ‘ vieni che ti voglio presentare ‘
Si ‘ la interrompo (e cerco di non mostrare il mio risentimento) alzandomi in piedi ‘ ci siamo conosciuti ieri sera!
E gli sorrido, acidamente. Lui si &egrave alzato a sua volta e si gira leggermente verso di me. Sorride sfrontato e mi fa anche un leggero inchino a mo’ di saluto: che testa di cazzo!
Mamma che caldo! ‘ commento ‘ io mi vado a fare una nuotata!
E mi avvio verso la riva.
Posso accompagnarti? ‘ chiede LUI. Ma non sembra assolutamente disposto ad abbandonare la ‘posizione’ che ha conquistato.
No, grazie, non ce n’&egrave alcun bisogno! (troppo brusca la risposta?) Dev’essere così interessante la vostra conversazione!
Non so se abbiano sentito questo mio ultimo commento. Non mi sono girata a guardarlo. Continuo a dirigermi verso la riva con passo sempre più rapido e deciso e mi sembra di avvertire sulla schiena (sul fondoschiena!) come un pizzicorino, un leggero e rapido brivido (che attribuisco al sudore, ma che so benissimo essere provocato dal SUO sguardo).
Entro in acqua tra una torma di ragazzini che si stanno schizzando da tutte le parti ed appena possibile mi tuffo e comincio a nuotare e nuotare e nuotare. Pensando che devo parlare con Daniela, avvertirla di quanto quello stronzo sia pericoloso. Mi secca, mi secca maledettamente sentirmi così umiliata, trattata come una ‘
E d’improvviso mi esplode nella mente l’immagine della notte: il suo cazzo dritto, grosso, lungo ‘ maledettamente duro ‘ affondato nella mia bocca; sento la pressione delle sue mani sulla nuca, che spingono la mia testa verso il basso, obbligandomi a risucchiarlo tutto nella profondità delle mie fauci. E la mia paura, il mio desiderio di sottrarmi, nel momento in cui mi sono resa conto che stava per eiaculare; il mio dibattermi (ma davvero volevo evitare che mi venisse in bocca? Davvero ero spaventata dalla conclusione di quel pompino che gli ho fatto con tanto trasporto ed entusiasmo?). E la sensazione, il gusto, il sapore del suo sperma: denso, compatto, che mi si allarga in gola, che scende, che ingoio ‘
Dio che schifo!!!
Ma questa imprecazione non &egrave rivolta verso di lui o verso il pompino che gli ho fatto, quanto verso me stessa. Che sono stata una vera idiota, una cretina della miglior specie, una troia di moglie frustrata e insoddisfatta, disposta a farsi chiavare dal primo coglione che le fa due moine e che ‘
Ecco &egrave questo che mi fa rabbia. Che ora mi rende furiosa! Ed &egrave questo che vorrei dire a Daniela: di stare attenta che quello non cerca altro.
E con bracciate sempre più lente ma più potenti, continuo a nuotare, forse per cancellare dalla mia mente le immagini di questa notte!
Esco dall’acqua, dopo questa lunghissima ed estenuante nuotata, in una porzione di spiaggia abbastanza lontana dai nostri ombrelloni. Non sono più incazzata (o almeno non tanto quanto prima). In fondo Daniela &egrave abbastanza grande ed ha certamente molta più esperienza di me con gli uomini, per cui se si fa fregare da quello stronzo ‘ beh, tanto peggio per lei!
Non torno però verso i nostri ombrelloni, ma mi avvio lungo il bagnasciuga, dalla parte opposta. Al chioschetto delle bibite, posto quasi all’estremità opposta dell’ampia spiaggia, incontro Nietta che se ne sta appollaiata su un alto sgabello, di fronte al banco del bar, chiacchierando allegramente con una coppia di tedeschi (che parlano un italiano strampalato e praticamente inintelligibile). Mi fermo con loro. Tentiamo un po’ di conversazione, poi andiamo a fare il bagno tutti assieme.
Quando Nietta ed io torniamo alla nostra ‘postazione’ sulla spiaggia, la troviamo deserta: nessuna traccia di Daniela (e nemmeno di LUI!). Intanto si &egrave fatta l’ora di pranzo e, come al solito, mentre la mia amica decide di rientrare al villaggio, direzione ristorante, io decido invece di rimanermene in spiaggia. Credo di aver dormicchiato ancora un po’; ho fatto 2 o 3 bagni ancora; ho cercato di portare avanti la lettura del mio inseparabile libro. Ma soprattutto ho cercato di non pensare; non pensare alla notte trascorsa; non pensare a mio marito, ai miei figli; non pensare a quello che sta succedendo tra Daniela e quel bellimbusto ‘ non pensare e basta!
Torno nel mio residence poco dopo le 16,00. Mi infilo sotto la doccia; mi lascio carezzare dagli scrosci d’acqua ‘ e le immagini di quella notte si ripresentano vivide, vive. Ed &egrave come se io stessi guardando la scena dall’esterno; come se ‘quei due’ non avessero nulla a che fare con me; come se quella donna, distesa di schiena sul tavolino del giardinetto, le cosce spalancate, i piedi incrociati attorno alle reni di quell’uomo possente che mena colpi potenti, profondi, ritmici e ritmati, non fossi io. Ma davvero sono io quella che distesa sul letto, nuda, le gambe divaricate, artiglia la schiena, i lombi, di quell’uomo (in pratica uno sconosciuto!) che la sormonta? E lo incita, quasi disperata, ad andare più a fondo a farla godere e si inarca, si scuote, geme, quasi singhiozza, stravolta da un piacere obnubilante? E sono sempre io quella che su di lui, rovesciata, gli succhia con tanta avidità il cazzo, incurante dei sapori frammisti, degli aromi così intensi del loro orgasmo precedente? E lascia che lui le inondi la bocca e la gola (perché se &egrave successo, &egrave certamente lei che ha lasciato che succedesse, non ci sono altre scuse o giustificazioni!) ed ingoia parte del suo denso ed abbondante piacere?
Ed una mano scivola, quasi involontariamente, in basso sul mio ventre; si fa strada tra i peli; segue la rima del sesso; ne dischiude le labbra ed un brivido mi percorre la schiena, risale verso il cervello, ma scende anche a concentrarsi lì, attorno al mio dito che fruga, che stimola, che affonda.
Una serie di brevi e rapide convulsioni mi costringe ad accosciarmi, la schiena contro una parete della doccia, l’acqua che continua a scorrermi addosso, un gemito che mi sfugge dalle labbra dischiuse. Stringo le cosce attorno alla mano che premo con forza contro ilsesso (quasi a non voler lasciarmi sfuggire quell’assurdo orgasmo). E vengo! Così: solo pensando a quello che ‘
Accucciata sotto la doccia aperta; gli occhi serrati, i denti che incidono il mio labbro inferiore, un dito infilato in profondità nella fica. Godo. E non so quanto duri quell’orgasmo.
Ed ancora una volta, a mente fredda, non posso che incazzarmi. Incazzarmi con me stessa. E la cosa che mi fa incazzare &egrave che io abbia lasciato che succedesse tutto ciò ‘ e che poi, per giunta, lo abbia accettato con tanta naturalezza (quasi). Il che fa di me una puttana!
Altroché!!!
Si, capisco tutto: il desiderio represso, la voglia di trasgressione, il momento di debolezza e tutte le altre assurde giustificazioni che posso cercarmi. Ma che razza di persone razionali e civili possiamo essere, se non riusciamo a controllare nemmeno i nostri istinti?
Ho fatto e ricevuto qualche altra telefonata (mia madre: tono di velato rimprovero ‘ ma senza dirlo apertamente ‘ perché sono partita ‘da sola’ ‘ inconcepibile per lei che possa andarmene in vacanza, lasciando a casa mio marito, ma soprattutto i miei figli! – Mia sorella. Ancora mio marito ‘ forse nota qualcosa di strano nella mia voce, nel mio tono, perché mi chiede più volte se vada tutto bene. Lo rassicuro, cercando di cambiare subito argomento; ma la cosa un po’ mi spaventa! ‘ Mia figlia, allegra e sfottente come sempre nei confronti del padre e del fratello.)
Verso le 18,00 (un top nero e pantaloncini beige, scarpette di tela senza tacco) mi presento in piazzetta per il rito delle ‘torte’ (vengono serviti dei dolci preparati da qualche signora, ospite di buona volontà, con the o bibite a scelta). Raggiungo ad un tavolino Daniela e Nietta. E (non so se me lo aspettasi o meno) c’&egrave anche LUI! Galantemente si alza, nel salutarmi, mi cede la sedia e ne prende un’altra per sé da un tavolo vicino. Chiama il cameriere, per farmi servire.
La conversazione, tra loro, &egrave leggera, ironica, brillante. Io me ne mantengo ai margini, sorridendo e fingendo di divertirmi alle battute frequenti (in realtà mi infastidisce che LUI sia qui! Mi infastidisce che scherzi con tanta naturalezza con le mie amiche. Mi infastidisce che Daniela faccia così tanto l’ochetta. Mi infastidisce che lanci battute ironiche su di me).
Poco dopo le 20,00 ci si reca tutti al ristorante. LUI ha il buon gusto di raggiungere il suo tavolo, lasciandoci sole. Consumando l’ottima cena, Daniela cerca di coinvolgermi in una allegra discussione a proposito di quel ‘bel tipo’. Ma più che qualche acido commento, da me non ottiene. Per cui si passa ad altri argomenti.
Avendo deciso, per il dopocena, di scendere giù, in una cittadina non molto distante, per trovare qualche simpatico localino con buona musica ed eventualmente fare quattro salti, quando ci si ritrova tutti in piazzetta (LUI compreso: cazzo, viene con noi?) accampo una scusa banale: non mi sento molto bene, sono molto stanca, preferisco rimanermene qui al villaggio.
Insistenze da parte di Daniela: Ma che cazzo te ne stai a fare, qui?
Niente: c’&egrave uno spettacolino di artisti di strada, giù all’anfiteatro. Poi me ne vado a letto.
Nietta mi guarda perplessa.
LUI ha le sopracciglia aggrottate (sorpreso?), ma non dice una parola.
Insomma: li vedo partire con l’auto di Nietta (siamo venute con quella!) e, con un sospiro, mi avvio verso l’anfiteatro. Lo spettacolino &egrave stato davvero assai divertente e simpatico (anche se non l’ho seguito con molta attenzione); però a mezzanotte, qui nel villaggio, termina ogni attività ufficiale. Sono tornata al mio residence; spogliata, una rapida doccia, ho indossato una t-shirt ‘abbondante’ (abbastanza larga e lunga sino a metà coscia) e mi sono rifugiata nel patio, sulla comoda sdraio, il mio fedele libro al seguito.
Ma non sto leggendo (non ho acceso nemmeno la luce esterna): me ne sto pigramente sdraiata, ad occhi chiusi e, soprattutto, cercando di non pensare (ma come si fa?) quando sento un po’ di trambusto nel residence sopra la mia testa (&egrave quello occupato dalle mie amiche) ed un allegro vociare.
Ah ‘ sono tornati, dunque!
Ed indubbiamente Nietta e Daniela sono insieme. Non so perché, ma questa constatazione mi fa battere forte il cuore. Che accelera ancora di più quando, un leggero fruscio all’esterno della bassa staccionata che delimita il patio, LUI compare: bello ed elegante come sempre (un paio di pantaloni leggeri, di lino, con le pences ‘ e dal taglio perfetto ‘ color panna ed una camicia con le maniche corte ed il colletto aperto, color blu-notte). Si appoggia indolentemente, a braccia tese, sulla staccionata. E mi sorride anche, lo stronzo!
Ehi ‘ dice allegramente ‘ ancora sveglia? Perché non sei venuta ‘
Non lo lascio finire:
Cos’&egrave: sei andato in bianco, con Daniela? ‘ dico acidamente. Ed immediatamente mi pento di questa mia cattiveria e del tono sarcastico che ho usato.

[Dimmi la verità, Emma: avresti preferito che LUI rimasse lì, al villaggio, con te. Piuttosto che andare a divertirsi con le tue amiche ‘ vero?]

Anche perché LUI mi guarda sorpreso, accigliato. Non si aspettava questa mia reazione?
Ehi ‘ dice lentamente ‘ ma di che cazzo stai parlando? (&egrave la prima volta che lo sento adoperare un linguaggio meno che corretto)
Niente, niente ‘ gli rispondo, imbarazzata, ma anche più incazzata che mai per quella sua aria innocente; per quel suo atteggiamento di condiscendenza, come se io fossi una ragazzina deficiente ‘ si vede che Daniela &egrave meno idiota di me!
Guarda ‘ fa lui, sempre con quel tono di superiorità ‘ che sei tu che non sei voluta venire con noi, stasera!
Sento ancora dei rumori provenire dal residence sopra la mia testa. E siccome fa caldo e le finestre sono spalancate, temo che le mie amiche, affacciandosi, possano vederlo lì, fermo fuori del patio della mia stanza. Per questo mi alzo dalla sdraio, raccolgo il libro ed il pacchetto di sigarette e mormoro, abbastanza umiliata ed al tempo stesso sorpresa da questo mio atteggiamento:
Scusami, ma ho un mal di testa terribile (&egrave la stessa scusa che ho accampato prima, per non andare con loro) e poi, non vorrei che le mie amiche ‘ si accorgessero ‘ dai, scusami ancora; buona notte!
Perché non vieni da me, allora? ‘ lo dice con serietà che però non nasconde il tono allusivo.
Cosa?
Mi sono bloccata a metà strada verso la porta finestra che immette nella mia camera e, stronza che non sono altra!, il cuore mi batte forte.
Vieni nel mio residence ‘ ne parliamo!
Mi giro lentamente a guardarlo: vaffanculo! Così bello, così deciso, così sicuro di sé.
Senti ‘ gli dico lentamente, incazzata con me stessa perché non riesco a calmare il turbamento che mi si agita dentro ‘ quello che &egrave successo stanotte ‘ okay, &egrave successo! Ma ti giuro che non deve succedere più! Va bene?
Beh ‘ non mi sembra che non ti sia piaciuto, stanotte! ‘ dice sgranando gli occhi ed allargandomi un sorriso avvolgente e malandrino.
Questo non c’entra un cazzo! ‘ e forse il mio tono &egrave troppo affrettato, troppo risentito ‘ Anzi, proprio perché (Emma, ma che cazzo stai dicendo?)’ Io sono sposata ed amo mio marito, okay? E certe cose non le faccio!
Ma tuo marito ora non c’&egrave! ‘ ribatte lui, dolcemente ‘ e certe cose le hai fatte stanotte! E, altrocch&egrave se le hai fatte ‘bene’! Credo che tuo marito sarebbe orgoglioso di te, si ti avesse vista ‘ stanotte.’
&egrave una pugnalata! Questo figlio di puttana sta giocando con me (come il gatto col topo), si sta prendendo gioco di me ‘ però ha ragione!
Devo fare uno sforzo per ricacciare indietro le lacrime che sento premere dietro le palpebre. Lacrime di rabbia, di frustrazione, di umiliazione, di ‘
Dai ‘ adesso la sua voce &egrave carezzevole, dolce, comprensiva ‘ andiamo nel mio residence (e solleva lo sguardo verso il terrazzino che ci sovrasta, dove &egrave ancora accesa la luce nella camera delle mie amiche)’ vorrei parlarti, spiegarti.
Continuo a fissarlo, disperata. Lui, con una strana smorfia del viso (come a dire: okay, decidi tu), si gira e si allontana lungo il vialetto. Resto un attimo indecisa, il cuore in tumulto. La consapevolezza di essermi comportata in maniera idiota, come una ragazzina capricciosa e scontrosa.
Si, &egrave giusto che ci chiariamo le idee; &egrave giusto che gli spieghi come stanno le cose. Chissà perché mi sento più in colpa io, verso di lui, che non il contrario. E voglio che lui capisca. Soltanto questo: ho bisogno di parlargli ‘ e basta! (Emma, ma che cazzate ti stai raccontando?)
Poso libro e sigarette sul tavolino del giardinetto e, dal cancelletto nella recinzione, esco sul vialetto di accesso, proprio mentre lui svolta nel viale più largo ed alberato che taglia perpendicolarmente il vialetto che accede ai nostri residences, sparendo alla mia vista. Lo seguo, raggiungo l’angolo, svolto anche io.
Questo &egrave un viale molto ampio, diviso al centro da un marciapiede sul quale crescono dei robusti ed alti alberi frondosi. Da un lato e l’altro del viale sorgono gruppi di villette dei residenti. Le luci nei villini sono tutte spente. &egrave buio (forse per motivi di economia le luci della strada sono accese soltanto una su tre, diffondendo una luminosità soffusa, ma molto tenue).
Lui &egrave fermo, girato l’angolo. E mi sorride vedendomi arrivare. Mi prende una mano ed attraversiamo la strada sino al marciapiede centrale. Lì si ferma e, come fosse la cosa più naturale del mondo, mi attira a sé ‘ e mi bacia. Lo bacio anche io. Ci baciamo in quella maniera che ricordo così vivamente dalla sera precedente: la sua lingua nella mia bocca. La mia lingua nella sua bocca, con foga, quasi con furore. Assetati di quel desiderio che sento pian piano invadermi tutta. Gli ho messo le braccia attorno al collo, quasi avvinghiata, abbarbicata a LUI! Le sue mani corrono lungo la mia schiena, attirandomi ancora più aderente al suo corpo; scendono sulle mie natiche ‘ e mi rendo conto solo allora che sotto la maglietta tipo t-shirt che indosso non ho ‘nulla’!!! (non uso biancheria intima per dormire ed ero pronta per andare a letto). Un brivido lungo, elettrizzante, mi percorre tutta quando una sua mano, sollevato l’orlo inferiore della maglietta, accarezzandomi con leggerezza il culo, si insinua, da dietro, tra le mie cosce che credo di divaricare appena per consentirgli un più facile accesso.
Continuiamo a baciarci (sempre con maggior foga, con maggior voglia e desiderio) mentre la sua mano, da dietro, insinuata tra le mie cosce leggermente divaricate, percorre la rima del sesso ed un dito si insinua tra le mie grandi labbra che sento umide, lubrificate.
Dio: un ditalino così non me lo hanno mai fatto (nemmeno mio marito, che pure &egrave un cultore di questo tipo di giochini) ‘ ma siamo lì, all’aperto, lungo il viale principale del villaggio turistico e, se pure in penombra, se pure deserto, se pure avvolto dal buio della notte ‘ insomma: siamo sempre in un posto pubblico; in un posto dove chiunque potrebbe vederci e ‘
Gli stacco una mano dal collo e facendola scendere dietro la schiena gli prendo il polso per fermarlo, per fermare l’andirivieni di quel dito che sta provocandomi spasmi di piacere ed accendendo assurdi desideri.
Ma LUI, con gesto sicuro e deciso, si libera dalla stretta della mia mano e, anzi, l’afferra con la sua e la conduce tra i nostri corpi stretti, avvinghiati; sento contro il palmo della mano tutta la potenza, tutta la durezza, tutto il desiderio che emana dal suo membro, quel ‘grosso’ membro che ieri notte ho assaggiato, ho provato, ho sentito dentro di me ‘ e nel cervello mi esplode quel desiderio, assurdo per quanto prepotente.
Stacca le sue labbra dalle mie; mi fissa con sguardo acceso (&egrave buio ed ho solo la sensazione di leggere nei suoi occhi ‘ quei due profondi pozzi di nero ‘ più scuri del nero della notte). Io ansimo, un groppo che mi serra la gola. Lui mi posa le mani sulle spalle:
Girati ‘ ‘ &egrave talmente un sussurro che non so nemmeno se lo abbia sentito veramente.
Lo fisso ad occhi sbarrati, spaventata, ma con una pazzesca emozione che mi sconvolge le viscere.
Cosa? No, dai ‘ non qui ‘ per favore ‘
Cazzo, vuoi star zitta una volta tanto e fare quello che ti dico? ‘ ora la sua voce &egrave molto più netta, perentoria, sicura.
Non so se sia la mia volontà, oppure la pressione decisa che esercita sulle mie spalle, ma gli volto la schiena e con le mani mi poggio al tronco del possente albero presso il quale siamo fermi. Serro gli occhi. Mi mordo con forza le labbra. Cerco di ricacciare indietro le lacrime. Tremo e continuo a chiedermi che cosa sto facendo ‘ che cosa mi &egrave preso: no, non devo! Non posso farlo ‘ &egrave assurdo, non sono io! Ma sento distintamente il rumore dalla cerniera dei suoi pantaloni. Ho un buco nel petto quando ‘sento’ il bordo della mia maglietta che viene sollevato, quando la punta umida del suo cazzo tocca una mia coscia, risale (no, ti prego ‘ ti prego, non farlo!) verso l’imboccatura del mio sesso: una spinta decisa, un colpo secco, forte ‘ &egrave dentro!!!
Oh Dio ‘ si ‘ si!
&egrave come se un nodo mi si sciogliesse nel petto; come se un groppo, che mi impediva di respirare, si dissolvesse nella mia anima.
Oooooh Dio: si! … si ‘ si ‘ così ‘ continua ‘ continua ‘
E non so se lo dico davvero o &egrave solo un pensiero della mia mente ottenebrata.
Lo volevi Emma, lo desideravi tanto, vero?
Si ‘ si ‘
Ne hai sentito la mancanza, vero?
Faccio di si con la testa, ma a LUI non basta:
Dimmelo!
Siiii ‘ ‘ più un sibilo che mi esce dalle labbra, che una risposta.
Ti piace come ti chiavo io ‘ eh?
Ooooh si ‘ dai continua a chiavarmi ‘ così! … fammi godere!
LA NOTTE TRA LUNEDI’ E MARTEDI’

Ma non mi sta soltanto chiavando. &egrave alle mie spalle, aderente al mio corpo. Sento le sue labbra che mi sfiorano un orecchio. Sento la sua lingua che si sposta verso la base del collo. Sento le sue braccia che mi cingono la vita. Sento le sue mani che, sotto la maglietta, si impadroniscono dei miei seni; li stringono con forza, ne ruotano i capezzoli duri, turgidi, tirandoli in fuori. E soprattutto sento il suo cazzo! Lo sento grosso, lungo. Lo sento entrare ed uscire dalla mia fica, scivolare su e giù; quasi una spada nella sua guaina. Ne sento il contatto con le pareti della vagina, ne sento la spinta contro l’utero, quando &egrave tutto dentro di me. Ne percepisco il movimento sempre più rapido, più frenetico ‘ e non mi basta!
Ooooh si: dai continua a chiavarmi ‘ così! … chiavami, chiavami! ‘ continuo a ripetere come un disco rotto, incantato. E credo che io stessa mi agiti, ondulando il bacino, spingendolo in fuori quando LUI spinge forte verso di me.
Non esiste altro, attorno a me, se non il nostro sincrono movimento: lui leggermente flesso sulle ginocchia, tenendomi agganciata per la vita, spingendo verso l’alto: colpi lenti, poderosi, profondi (e che man mano si infittiscono); io poggiata con le mani al tronco di quel grosso albero, leggermente china in avanti, le gambe distese, rigide, allargate.
&egrave soltanto marginalmente che la mia mente prende coscienza di un leggero fruscio. &egrave soltanto marginalmente che la mia mente prende coscienza della lucetta in fondo al viale, che si avvicina verso di noi. &egrave soltanto marginalmente che la mia mente prende coscienza dell’avanzare, sulla sua bicicletta, una pila in mano, di un addetto alla sicurezza del villaggio. Credo di avere un attimo di smarrimento, quando quella luce mi colpisce in volto, ferendomi gli occhi.
Oh mio Dio ‘ questo ci ha sorpresi, qui ‘ che stiamo scopando come due ‘ ed ora che succede?
Stringo gli occhi per proteggerli da quella luce invadente, accecante e forse per cancellare dalla mente quella scena. Mi sento avvampare, mi senti morire e ‘ d’improvviso il vuoto.
E VENGO!
Non &egrave quel dilagare lento, come lasciandosi cullare su onde che progressivamente si allargano e ti invadono, imprigionandoti nel piacere che si diffonde a tutto il tuo corpo, fino al cervello. NO! &egrave una esplosione improvvisa. Travolgente. Sconvolgente. Che annulla tutto ciò che mi circonda.
Non so che fine abbia fatto l’addetto alla sorveglianza.
Non so se il mio sia stato un urlo o un gemito.
E credo davvero di aver perso per un attimo il contatto con la realtà (fortunatamente LUI mi sostiene per la vita, una mano a stringere il mio seno, l’altra infilata tra le mie cosce ‘ altrimenti credo che sarei precipitata al suolo). Torno in me e sento le gambe molli, tremanti; un tremito che mi scuote tutta. Contrazioni progressive che mi stringono il ventre e mi rendo conto che LUI, spingendo con forza dentro di me, sta godendo a sua volta. Schizzi bollenti, brucianti, continui, come una colata di lava, irrefrenabile, interminabile, che si allarga, che mi allaga, che strasborda fuori e scivola lungo le cosce. Ed anche il mio orgasmo sembra interminabile.
Non so per quanto tempo rimaniamo così: il respiro corto, ansimante; la testa leggera, vuota, incapace di ogni pensiero coerente. Io aggrappata a quell’albero, disperatamente; LUI che mi stringe da dietro, ancora profondamente immerso dentro di me. Sento che il suo cazzo pulsa, vibra, forse scosso dagli ultimi spasmi del piacere. E poi, pian piano, arretra, scivola fuori, esce. Ed &egrave per me come una pugnalata al contrario (ne sento la ‘mancanza’ così some sino ad un attimo prima ne sentivo l’invadenza).
Mi aiuta a raddrizzarmi, mi gira verso di lui. Ci guardiamo per un attimo che sembra eterno: gli occhi fissi negli occhi! Si china a baciarmi.
E poi (davvero non so proprio come succeda) sono fra le sue braccia ‘ meglio: nelle sue braccia. Mi ha presa in braccio; un suo braccio mi cinge la schiena, l’antro passa dietro l’incavo delle ginocchia. Ho le braccia strette attorno al suo collo e lo sto baciando con tutta la foga e la forza che mi rimane. E tenendomi così, saldamente tra le sue forti braccia (dio: mi sento un fuscello!), si avvia verso il suo residence, mentre io sento ancora scivolarmi fuori dal sesso l’abbondante ‘succo’ frammisto del nostro piacere.
Assurdamente, in quel momento mi viene in mente (in realtà non sono proprio sicura che mi sia venuta in mente in quel momento, o se non ci abbia pensato soltanto dopo) la storia di ‘Pollicino’ che lasciva nel bosco una scia di mollichine di pane, per segnare la strada: io invece lascio dietro di noi una scia di sborra che mi cola dalla fica indolenzita.
Non scherzo dicendo che davvero non so come sia successo (sono talmente avvinghiata al suo collo, la sua lingua in bocca che gli succhio, le sue labbra morbide e cedevoli ‘ eccetera), ma ad un tratto mi trovo nella sua camera da letto (assai più ampia della mia), distesa di schiena sul letto, quasi sul bordo. Ansimante. La testa leggera, vuota.
Riprendendomi lentamente, mi sollevo sui gomiti, alzo la testa e lo guardo.
&egrave in piedi, a pochi passi da me. Respira profondamente, ma con regolarità. Sorride, le braccia distese lungo il corpo. E mi guarda, intensamente. E nei suoi occhi così neri, così profondi, vedo riflesso quel sorriso ‘ non soddisfatto, come di chi ha ottenuto quello che vuole, piuttosto &egrave un sorriso di gioia; un sorriso spontaneo che gli nasce da dentro. E mi si rimescola il sangue.
Vedo che ha ancora il cazzo fuori dai pantaloni (quei pantaloni color panna, dal taglio perfetto, dalla piega impeccabile).&egrave moscio, pendulo. Eppure mi appare enorme (forse non solo per le dimensioni, che pure sono ragguardevoli ‘ ben più grosso e più lungo di quello di mio marito anche se non &egrave certo a questo che penso in quel momento), scuro contro il chiaro dei pantaloni, e riverberante del lucido dei nostri umori che gli si sono depositati attorno; abbandonato, in riposo, ma non rattrappito.
Risollevo lo sguardo e nuovamente gli occhi negli occhi:
Perché non ti spogli?
Senza smettere di guardarmi, slaccia la cintura, sbottona la patta, scalcia i mocassini scamosciati (naturalmente non porta calzini), sfila i pantaloni e poi la camicia. &egrave nudo, senza alcuna vergogna o reticenza, lì, ai piedi del letto. &egrave davvero un bellissimo uomo: non &egrave ‘muscoloso’, ma sodo, compatto, asciutto. Non un filo di grasso o di pinguedine (classica negli uomini della sua età, che cominciano a lasciarsi un po’ andare).
Scivolo giù dal letto, mi accoscio di fronte a lui, lascio scorrere le mie mani, a palmo aperto, sul davanti delle sue gambe, sulle cosce, unendole poi sul ventre piatto e teso. Con una mano gli circondo la base del pene; lo sollevo; avvicino il capo; in punta di lingua glene sfioro la punta. Ha un guizzo, ma non si indurisce.
Ha uno strano sapore: duro, intenso, forte che allo stesso tempo mi disgusta e mi eccita. Mentre glielo lecco per tutta lunghezza, sin quasi alla radice, ho gli occhi rivolti verso l’alto, guardandolo in viso. L’espressione del volto tesa dal desiderio, le labbra serrate, ma gli occhi spalancati ad osservarmi.
&egrave ancora semiquiescente quando gli circondo la punta con le labbra. Ed &egrave una sensazione strana, insolita (che non riesco a spiegare chiaramente con le parole), ma sorprendentemente eccitante, quella che provo nel lasciarmi scivolare in bocca quel cazzo morbido, molle. Ed ancora più esaltante &egrave la sensazione di sentirlo crescere, indurirsi, gonfiarsi nelle mie fauci.
&egrave un pompino lento, ma profondo, quello che inizio a fargli ‘ quello che ‘desidero’ fargli: io lì (la maglietta ancora tirata sui fianchi) accosciata di fronte a lui, ma a gambe divaricate, una mano che gli carezza la schiena, scendendo fin su una natica; l’altra che (non so come né quando) &egrave scivolata tra le mie cosce spalancate (un dito infilato nella fica ancora pregna del succo del nostro orgasmo precedente) e quel cazzo che entra ed esce dalla mia bocca. Ormai duro, prepotente, invadente.
Ha le mani serrate dietro la mia nuca (forse mi ha afferrata nuovamente per i capelli ‘ non ricordo molto bene) con le quali accompagna il movimento delle contro/spinte del suo bacino.
Non sono, come si suol dire, ‘infoiata” ottenebrata. Eccitata, si! Ma sempre presente a me stessa. Consapevole di quello che sto facendo (e che invece non dovrei fare!). Consapevole di essere una ‘signora per bene’, sposata; amata da suo marito, dai suoi figli; dai sani principi morali, così intransigente con se stessa, come con gli altri. Ma altrettanto consapevole di avere in bocca il cazzo di un perfetto sconosciuto. Di star facendosi chiavare in bocca (perché &egrave questo che lui sta facendo ‘ ed &egrave questo che io voglio che faccia) e questa irrefrenabile voglia di sentirlo godere dentro!
Ed &egrave proprio lì che LUI comincia a venire!
Non so quanto tempo sia passato; non so per quanto abbia continuato a spompinarlo così: so soltanto che ad un certo punto lo sento irrigidirsi; sento il suo cazzo gonfiarsi e mi pare quasi di avvertire il procedere della sua sborra fino ad esplodermi in gola. Lui mi tiene la testa (ed ancora una volta spinge più a fondo) ma non credo ce ne sia bisogno, anche se cerco di arretrare la testa per evitare di restare soffocata da quell’ondata. &egrave più liquida, più fluida della prima volta che mi &egrave venuto in bocca e non &egrave prepotentemente invadente come allora: non schizza, ma si riversa copiosa e non meno abbondante nella mia bocca. Ne ingoio una gran parte, volontariamente, consapevolmente, mentre lui geme (il capo gettato all’indietro; gli occhi, immagino, serrati; le labbra strette); geme, si scuote, sospira. Sono costretta a disserrare le labbra, vista la sua abbondanza, ed un rivolo mi scivola fuori, lungo il mento, colando sulla maglietta, all’altezza del seno. La sento bollente, bruciante. Di sapore forse anche un po’ disgustoso ma talmente desiderata che mi pare quasi attraversi tutto il mio corpo, mi invada le viscere, andando a concentrarsi nel mio sesso, dove il dito ‘
Non so se sia il ditalino o quella interminabile sborrata (forse entrambe le cose, così concatenate tra loro in quel momento) che mi provocano un irrefrenabile orgasmo. Brividi, scosse, spasmi. Gemiti o forse urla, non so. Ho poggiato le ginocchia sul pavimento, ed anche il capo, il bacino proteso indietro ed in alto, una mano tra le cosce appena divaricate, ed il dito infilato nella fica ‘ e godo anche io. Godo in maniera assurda, indescrivibile. Estenuante, squassante. &egrave solo marginale la consapevolezza del sapore della sua sborra in bocca, così come mi accorgo appena che LUI, accucciato alle mie spalle, mi ha sfilato il dito, sostituendolo con la sua lingua appuntita. Mi accorgo appena ‘ ma lo ‘sento’ tantissimo; lo sento tra le grandi labbra; lo sento affondare; lo sento andare oltre la fessura del sesso. Esplorazioni di ‘lidi’ segreti, incontaminati; mai concessi al ‘desiderio’ di nessuno. Eppure scatenano in me nuove ondate di piacere, rinfocolano il mio orgasmo, strappandone gli ultimi fuochi, gli ultimi bagliori.
E poi, non ho coscienza del tempo trascorso, siamo distesi sul letto: lui, nudo, sulla schiena. Io al suo fianco, quasi addosso a lui. Ho il sesso premuto contro una sua coscia. Le sue mani percorrono lente e leggere la mia schiena; un dito si insinua nel solco tra le natiche: ma non affonda. Ci baciamo con leggerezza. Ci accarezziamo con dolcezza, appagati e stanchi.
Appagati e stanchi???
Con gesto prepotente, mi attira su di sé, distesa: il mio ventre contro il suo, il mio petto contro il suo! Ha ancora (o forse nuovamente) il cazzo duro: ne sento la punta premere proprio all’altezza dell’ombelico. Baciandomi ora con foga, con passione, sento la sua mano frugarmi tra le natiche, scivolare verso la fica, carezzarla, titillarla, invaderla appena.
Mi tiro su: le gambe distese sul materasso, ai sui fianchi; le ginocchia flesse; le cosce tese. Sono a cavalcioni su di lui, insomma. Ci guardiamo, ci sorridiamo.
Il suo membro svettante ‘ ma devo guidarlo con la mano perché punti all’imboccatura della vulva; poi, con gesto lento, misurato, mi lascio scivolare su di esso. Dobbiamo essere entrambi assai ‘lubrificati’ perché mi entra con estrema facilità. Tutto. Sospiro con un leggero gemito quando ne sento la punta premere contro l’utero. Mi occupa tutta, mi invade tutta!
Ho le mani puntate sul suo petto, le braccia distese, il busto eretto; impalata su di lui, mi muovo appena ma contraendo i muscoli delle cosce e dei glutei, lo sento affondare e poi scivolare indietroe poi affondare ancora e scivolar quasi fuori ed ancora dentro ‘ ed ancora ‘ ed ancora ‘
Mi attira a se. Petto contro petto. Ci baciamo con voluttà. Anche lui si muove con lentezza, quasi impercettibilmente. Ogni tanto, facendo pressione sulle mie spalle, mi allontana appena da sé e si accanisce sul mio seno, alternativamente, mi lecca i capezzoli (e solo allora mi accorgo di non avere più indosso la maglietta), li succhia, li mordicchia.
&egrave una scopata (perché questa volta non stiamo chiavando ma stiamo facendo l’amore!) lenta, languida, lunga, quasi interminabile (o almeno così mi sembra); fatta piuttosto per godere della sensazione di essere compenetrati l’uno nell’altra, di essere assorbiti reciprocamente dall’essenza dell’altro.
Poi, una sua mano scende lungo la mia schiena, seguendo il filo della colonna vertebrale, giù sino al coccige. E poi si insinua tra le natiche divaricate dalla posizione, si sofferma leggera attorno al buchino posteriore. Un dito vi preme contro.
Ho un sussulto. Un brivido lungo. Una scossa nervosa.
Gli prendo il polso con una mia mano, a fermare quel gesto ‘ che non ho mai accettato.
No, ti prego ‘ non lì ‘ – gli imploro in un orecchio (e non so perché ma ho il cuore che batte all’impazzata; una specie di ansia che mi opprime il petto, un nodo, come un groviglio, che mi serra lo stomaco)
Perché?
Non lo vedo in volto (ho la testa di fianco alla sua) ma percepisco la sorpresa del suo tono.
Perché ‘ perché ‘ cerco quasi di giustificarmi ‘ perché non mi piace! Perché mi fa male ‘ perché non voglio e basta!
Forse c’&egrave un po’ troppa foga nella mia voce, troppa durezza nel mio tono. LUI resta in silenzio per un po’, quasi stesse riflettendo sulle mie parole. Ma la sua mano (per quanto bloccata dalla mia) ed il suo dito, non si spostano.
Dai, non dirmi che non lo hai mai fatto! ‘ finge sorpresa, perché sono sicura che lo sa benissimo che non l’ho mai fatto!
Non rispondo, scuoto solo la testa.
Tuo marito non ti ha mai scopata ‘ nemmeno infilandoti un dito nel culo?
Non &egrave il gesto che segue le parole (spingere con più forza il polpastrello del suo dito a forzare lo sfintere contratto del mio culo), né la volgarità, la durezza di quanto dice; quanto piuttosto il tono sarcastico, quasi di condiscendenza. Mi ergo di scatto (ma non perdo il contatto col suo cazzo, continuando a tenerlo ben sprofondato in me) sedendogli in grembo: lo guardo con rabbia, con risentimento, con disprezzo.
Mio marito non le fa certe porcherie ‘ sibilo, non sapendo bene io stessa cosa sto dicendo ‘ e poi, se permetti, la mia volontà conterà anche qualcosa, no?… Ed io non voglio, così. Chiaro?
Lui mi osserva, accigliato, per un lungo momento. Poi scuote il capo, sorride con una strana luce nei suoi occhi scuri; mi tira giù, contro il suo petto e mi mormora all’orecchio:
Dio Santo, hai una fica strepitosa e fai dei pompini magnifici ‘ ma hai ancora un casino di cose da imparare!
E spinge il cazzo sempre più a fondo nella mia vagina ‘ e la punta del suo dito che, con un strappo doloroso, vince la resistenza dello sfintere del mio buchino ‘ e ce l’ho in culo!
Ed io vengo!
Ed &egrave anche questo un orgasmo del tutto nuovo, strano, indescrivibile, ottenebrante: come una nebbia che mi invade il cervello; cancellando i contorni delle cose tutto attorno a me; una tenebra sempre più fitta mi avvolge. Tremo, mi contraggo. Gli sbrodolo sul ventre, senza ritegno, senza freni. Ed il buio si espande.

MARTEDI’ MATTINA

Mi ‘sveglio’ d’improvviso (ma non so se stessi realmente dormendo). Un raggio di luce, intenso, limpido, caldo, penetra dagli scuri accostati della finestra e colpisce il letto proprio dalla mia parte.
Il letto?… Dio il letto di LUI, dove ‘
Sono distesa su un fianco, un braccio ripiegato sotto la testa e l’altra mano tra le cosce strette, proprio lì.
E LUI, alle mie spalle, mi tiene stretta, abbracciata; aderente al mio corpo, alla mia schiena. Sento la punta del membro duro, teso (cazzo, ma come diavolo farà questo a durare così tanto?) ferma proprio all’imboccatura del mio sesso. Ogni tanto oscilla in avanti e la punta penetra appena appena; dilata le labbra gonfie, enfiate, della fica ma si ferma lì. Non spinge, non penetra, non affonda.
Ho come l’impressione di una carezza: dolce, languida. E, come un colpo di frusta, le immagini di questa notte mi tornano alla mente.
Questa notte! Questa notte era buio ‘ ed ora c’&egrave il sole!
Oh cavoli!
Salto sù dal letto, come spinta da una molla, come se una corrente di mille watt avesse attraversato la mia coscienza: ma che ore sono?
Venendo via, stanotte, non ho preso nulla con me: né le chiavi del residence, né le sigarette, l’orologio e tantomeno il telefonino!
Lui si sdraia sulla schiena, nudo, ancora ben in tiro.
Sono quasi le otto e mezza ‘ dice, lanciando uno sguardo alla sveglia digitale sul tavolino da notte.
Le otto e mezza?… oh cazzo: mio marito mi chiama sempre alle otto in punto! Con assoluta precisione.
Ehi ‘ ehi ‘ fa lui, tranquillamente ‘ dai, non ti agitare.
Non ti agitare???… ma sei coglione!

Cristo, qui succede un casino! Perché mi avrà chiamata chissà quante volte, dalle otto; ed io adesso cosa gli dico? E certamente, non ricevendo risposta, avrà chiamato le mie amiche ‘ e quelle ‘ Gesù che gran casino ho combinato!
Agitata, nervosa, recupero la mia maglietta, sporca, stropicciata; la infilo; infilo le ciabatte da mare e farfugliando gli dico che devo andare. E mi precipito fuori dal suo residence. Quasi correndo lungo il viale principale del villaggio (per fortuna siamo in vacanza e quindi la gente se la prende comoda e non c’&egrave molta animazione in giro). Incrocio anche un vigilante in bicicletta, che mi guarda in maniera strana.
Sarà quello di questa notte? Oddio, chissà cosa penserà adesso! Lo sa chi sono? Lo sa che ‘
Arrivo trafelata al mio villino; mi fiondo dentro; sul tavolino da notte, il mio cellulare ‘ il display: 7 chiamate senza risposta!
Oh merda! … oh merda! … oh merda!
Ho il cuore in gola. Sento le lacrime premere con forza contro le palpebre (ma le ricaccio indietro).
Ma dove cazzo sei andata a finire?!? ‘ ma più che incazzatura, nella sua voce c’&egrave preoccupazione.
Fingendo sorpresa (e mi costa una fatica indescrivibile), ma anche con tono di scusa, gli rammento che lui sa benissimo che al mattino mi alzo molto presto e qui, non avendo da sbrigare tutte le faccende che ho a casa o lavoro arretrato cui dedicarmi ‘ beh, insomma, mi sono andata a fare una passeggiata sulla spiaggia ‘ e lui non ha idea di che spettacolo bellissimo sia vedere il giorno sorgere sul mare e ‘ si, va bene, mi sono scordata di prendere il telefonino ‘ no, non c’avevo nemmeno l’orologio per rendermi conto ‘ oh, ma insomma, che cazzo di vacanza &egrave, se devo ‘
E mi rendo conto di quanto in basso stia scendendo! Proprio quello che ho sempre odiato! Quello che ho sempre pensato che non sarei mai stata capace di fare: bugie; scuse; falsità; ipocrisie!
E per non pensare a questo (so che sto per mettermi a piangere!) chiedo notizie dei ragazzi, di quello che stanno facendo a casa, senza di me.
Sembra più calmo, più tranquillo, più rasserenato (Dio, com’&egrave facile venir meno a tutti i ‘principi’ che sono stati paletti irremovibili ed invalicabili nella formazione della mia vita, sino a quel momento!), ma siccome &egrave già in ufficio, dopo avermi lanciato qualche divertita frecciatina e le sue solite ed immancabili ‘tenerezze’, chiu
diamo la conversazione, con la promessa di risentirci nel pomeriggio, al suo rientro a casa.
Corro in bagno, riempio il lavabo di acqua; ci spruzzo una abbondante quantità di sapone per le mani, sfilo la maglietta inzaccherata (cerco di non pensare all’origine di quelle macchie!) e la metto a bagno. Poi, mi infilo nella doccia e, sotto il getto dell’acqua fresca, cerco di eliminare dal mio corpo le abbondanti tracce, ormai disseccate, lasciate da questa assurda notte. E per fortuna i getti d’acqua si confondono con le lacrime che scivolano involontarie e impietose sulle mie guance.
Sono ancora sotto la doccia quando sento dei rumori nella mia camera e la voce di Daniela che mi chiama. Le dico di raggiungermi in bagno. E lei viene, l’espressione preoccupata ed anche un po’ incazzata e, naturalmente, la sua domanda &egrave prevedibile: Ma che cazzo di fine hai fatto?
Sciorino anche a lei la storiella della passeggiata mattutina in riva al mare, dell’aver dimenticato il cellulare e l’orologio. La rassicuro dicendole che ho già parlato con mio marito e le chiedo scusa se quel rompicoglioni (ma lei lo conosce bene e lo sa quanto sia apprensivo ed opprimente in certe occasioni) l’ha svegliata così presto per una sciocchezza del genere.
Sono contenta che, essendo nel box doccia, non sia costretta a guardarla negli occhi: non so se sarei stata capace di raccontarle tutte quelle bugie, quelle chiacchiere, quelle scuse.
Chiacchieriamo ancora per qualche minuto, poi lei torna sù, nel suo residence, dopo esserci date appuntamento in piazzetta per la colazione.
Sono passate le nove e mezza quando ci ritroviamo tutte e tre ad un tavolino nei pressi del bar del villaggio. Naturalmente &egrave passata l’ora canonica della colazione (che servono dalle 7,30 alle 9,00), ma, a spese nostre, ci servono ugualmente caff&egrave e cappuccini ed un vassoio di brioches e cornetti.
Dopo aver scherzato ed ironizzato sul casino che ho combinato questa mattina (noto però che Nietta mi lancia qualche sguardo accigliato, di sghimbescio ‘ e la cosa mi mette in ansia, anche se cerco di non darlo a vedere), mi raccontano della piacevole serata passata ieri con LUI, per i locali del paesetto. Di quanto sia un tipo brillante, simpatico, allegro (Daniela ne sembra assai colpita e la cosa mi mette in ansia, anche se cerco di non darlo a vedere!).
Insomma: chiacchiere e pettegolezzi fra donne.
In spiaggia (fa sempre un caldo bestiale, anche se il cielo non &egrave limpidissimo come ieri mattina) sonnecchio un po’ sulla brandina, tra un bagno e l’altro; il che mi evita di dover parlare con le mie amiche, ma non certo di pensare all’assurdità che &egrave successa questa notte!
Al mio assurdo comportamento. A quello che significa e che implica.
Ho deciso di non affrontare la cosa (almeno per ora, sino a che sono qui, in vacanza) e lasciare che le cose succedano così come devono succedere. Ipocritamente mi dico che: va bene, si &egrave trattato di una notte (veramente sono due!!!) di pura follia, una notte di abbandono; dell’aver mollato i freni inibitori e aver lasciato che ‘
Ma non &egrave detto che debba succedere ancora!
Ciò che mi sorprende maggiormente non &egrave quello che &egrave successo (della cui gravità ho pure piena consapevolezza), quanto questa mia arrendevolezza; questa mia accettazione quasi passiva.
Possibile, mi chiedo, che solo per un cazzo (okay: bello grosso e lungo, duro, resistente) io stia sovvertendo tutta la mia vita? Stia mettendo in discussione tutto ciò che ho costruito con tanto amore e sacrificio ed anche rinunce?
Però in quel momento non voglio pensare a questo. So che, una volta tornata a casa, dovrò ‘farci i conti’; ed allora sarà il momento di tirare le somme, dei sensi di colpa, dell’affrontare le mie responsabilità.
Però cazzo, Emma, c’hai scopato davvero bene con quello! Ti &egrave piaciuto ‘ ammettilo, brutta stronza!
‘ e va bene! Lo ammetto! C’ho scopato divinamente con LUI!… e allora?
‘ e se ricapitasse, lo rifaresti ‘ eh, puttana?
‘ si, lo rifarei! Lo rifarei!
E allora scaccio questi pensieri dalla mente. Cerco di chiudere la porta della mia coscienza sul futuro, sul passato e godermi soltanto la pace di questo momento, del presente.
Sono all’incirca le 12 quando LUI arriva sulla spiaggia. Bello. Elegante. Affascinante. Sorridente e soddisfatto.
Viene verso di noi.
Daniela, vedendolo, si anima immediatamente (e la cosa, non so perché, mi infastidisce, ma cerco di non mostrarlo). Saluta affabilmente Nietta e Daniela con una stretta di mano; a me rivolge qualche battuta a proposito della mia sparizione, ieri sera. Poi si siede sul bordo della mia brandina, con indifferenza. Chiacchiera allegramente con le mie amiche. Poi si allontana con Daniela per andare al chioschetto sulla spiaggia a prendere qualcosa di fresco da bere, un gelato.
Protetta dagli occhiali da sole, rimanendo distesa sulla brandina, li osservo di sottecchi ‘ ed una fitta acuta, dolorosa (di desiderio?), mi attraversa il basso ventre, concentrandosi nei pressi del sesso.
Quello, Daniela se lo vuole proprio fare! ‘ sogghigna Nietta, scuotendo la testa.
Dai ‘ dico io, ostentando indifferenza e sorpresa ‘ la conosciamo Daniela, no?… tutto fumo e niente arrosto! ‘ però una stilettata di gelosia mi attraversa il petto!
MARTEDI’: DALL’ORA DI PRANZO IN POI

Poco prima delle 14,00, Nietta e Daniela se ne vanno al ristorante, prima che chiuda; mentre, come al solito, io resto in spiaggia. Con le amiche ci siamo date appuntamento verso le 18,00 in piazzetta (la quotidiana cerimonia delle torte) qui al villaggio.
Mi riallungo sulla brandina, chiudo gli occhi per rilassarmi.
Andiamo a fare due passi?
La sua voce calda, suadente. &egrave accanto alla mia sdraio. Alto, imponente.
Credevo fossi andato al ristorante con Daniela. ‘ dico tirandomi sù a sedere ed aggiustandomi il suo cappellino da baseball, che ormai &egrave diventato mio! Mi fissa per un lungo momento, con quel suo solito sguardo profondo e distante (ma ho come l’impressione di vederci un guizzo di rabbia rattenuta)
Bisogna starci attenti alla dieta, alla mia età ‘ risponde ironicamente e poi, facendosi serio ‘ inoltre preferisco stare con te!
Non so se questa frase mi dia più fastidio che piacere.
Allunga una mano verso di me, io gliela prendo, e mi aiuta a tirarmi in piedi. Ci avviamo verso la riva e prendiamo a camminare lungo il bagnasciuga, verso l’estremità della baia che chiude la spiaggia. Non mi ha lasciato la mano. Nemmeno io l’ho sottratta.
Allora ‘ mi chiede, discorsivamente ‘ com’&egrave andata con tuo marito?
Oh ‘ – rispondo (e chissà per quale motivo, ho il cuore che batte forte) ‘ niente! Gli ho detto che (e gli ripeto la tiritera sulla passeggiata mattutina, eccetera).
E ti ha creduta? ‘ ironia?…sarcasmo?…scherno?
Mi fermo bruscamente e mi volto a guardarlo, con rabbia, con risentimento!
Certo che mi ha creduta! ‘ e faccio uno sforzo enorme per non mettermi a gridare ‘ mio marito si fida di me!
Anche lui mi fissa per un lungo momento, come assorto in chissà quali pensieri; poi allarga la sua espressione in quel meraviglioso sorriso (capace di farmi sognare) e dice:
Meno male!
Credo che i miei occhi lancino fiamme. In quel momento sento davvero di odiarlo.
Strappo la mia mano dalla sua e con quanto disprezzo sono capace, gli sibilo contro:
Vaffanculo! Sei proprio uno stronzo di merda!
E voltandogli le spalle mi avvio a grandi falcate lungo la riva del mare, con i piedi che sollevano grandi schizzi ad ogni passo.
Mi sento ferita, umiliata. Ed allo stesso tempo incazzata (e non soltanto per quella sua battuta inopportuna che, in fondo, &egrave il meno); incazzata con LUI, con me stessa ‘ e perfino con mio marito che ha lasciato che tutto questo potesse accadere.
Ho rallentato la mia andatura e LUI impiega pochissimo a raggiungermi. Lo sento. Ma non mi volto. E lui &egrave alle mie spalle e mi abbraccia da dietro, con un chiaro gesto di possesso, di prepotenza. Ma che allo stesso tempo sento così protettivo. Mi arrendo. Con un gran sospiro, mi appoggio con la schiena al suo petto. Mi circonda il seno con un braccio; l’altra mano mi scivola sul ventre, fino all’orlo dello slip del bikini. Che scosta lentamente e si insinua giù, verso l’inguine.
Mi bacia sul collo. Sento la sua lingua risalire verso il lobo dell’orecchio e la sua mano farsi strada tra i peli del pube. Mi sussurra qualcosa a proposito del fatto che sono sempre così tesa; che non so abbandonarmi al piacere della vita; che non so cogliere l’essenza dei momenti ‘
E intanto: lunghi brividi.
Ma cazzo: vero che la spiaggia verso quest’ora si &egrave quasi svuotata, ma c’&egrave ancora gente che certamente ci guarda e chissà cosa ‘
Ma chi se ne frega?
&egrave come se qualcosa si fosse rotto dentro di me. Un nodo che si &egrave sciolto. Un groppo che ha trovato la strada giusta, dissolvendosi nella mia anima.
Mi giro a fronteggiarlo. Ci guardiamo negli occhi per un lunghissimo attimo. Gli circondo il collo con le braccia e sollevandomi sulla punta dei piedi, lo bacio. Lo bacio con tutta la passione, la sensualità, il desiderio che mi bruciano dentro.
La sua mano ora &egrave sulla mia schiena. Sul mio ‘fondo schiena’! E mi attira contro di sé, con forza. E con forza sento il suo membro teso, duro, che spinge contro il mio ventre … e io cerco di aderirvi più che posso.
Sai cos’&egrave che desidero adesso? ‘ mi dice, interrompendo il contatto delle nostre bocche e fissandomi con uno sguardo così intenso, che per un attimo ho paura di affogarci dentro.
No ‘ rispondo (e mi accorgo di avere la voce roca e di ansimare pesantemente) ‘ ma me lo posso immaginare (e cerco di sorridere) e se &egrave la stessa cosa che desidero io ‘
Si stacca da me, mi prende per mano e, con passo deciso, rapido, mi conduce verso le formazioni rocciose che chiudono questa splendida baia.

[I ‘sensi di colpa’ non sono certamente volontari: ti raggiungono, anche quando meno te lo aspetti. Anche ‘dopo’, anche quando pensi di aver superato certe esperienze. Anche quando ti sei data tutta una serie di giustificazioni e stai cercando di reinserirti nella vita tranquilla di sempre.
Arrivano, colpiscono ‘ ed &egrave difficile ricacciarli indietro!
Si, ero incazzata con mio marito! E mi ripetevo che era solo colpa sua (anche se ora so bene ‘ e forse lo sapevo anche allora ‘ che era solo una scusa, un pretesto, una sciocchezza che mi raccontavo per giustificare questo mio assurdo ed inusitato comportamento!), che non avrebbe dovuto lasciarmi sola, che avrebbe dovuto capire come, in quel determinato momento, io fossi particolarmente vulnerabile e ‘
&egrave facile dirsi: beh ‘ non &egrave colpa mia! Che ci posso fare? Ho cercato di resistere, ma non ci sono riuscita.
&egrave facile dirlo! Un po’ più difficile &egrave crederci davvero!] Sul lato nord, la spiaggia &egrave chiusa da formazioni rocciose che si protendono nel mare e separano la caletta di pertinenza del villaggio, da quella subito successiva. Sono grandi massi (difficili ed impervi da superare) che accumulandosi l’uno sull’atro, formano anche piccoli anfratti, difficilmente accessibili, ma ben protetti. &egrave in uno di questi che LUI mi guida e lì, al riparo da sguardi indiscreti, riprendiamo a baciarci, a carezzarci.
LUI si poggia, con la schiena, ad uno dei grandi massi che limitano questa specie di naturale alcova. Io gli sono addosso, aderente al suo corpo. Mi stacco dalla sua bocca e. fissandolo negli occhi, mi lascio scivolare giù. Accosciata. Senza muovere lo sguardo dai suoi occhi profondi, gli tiro giù i pantaloncini da mare che indossa. Ed il suo cazzo svetta a pochi centimetri dal mio volto. Lungo. Grosso. Enormemente duro e teso.
Lo accarezzo per un attimo con la mano. LUI chiude gli occhi, abbandonando indietro la testa ed emettendo un lungo respiro. Lo impugno alla radice, con delicatezza, ed avvicino la bocca alla punta arrossata, enfiata, lucida, protendendo la lingua.
Sento il suo respiro pesante, il contrarsi del suo ventre, mentre gli faccio questo pompino.
No, in realtà non gli sto facendo un pompino ‘ o almeno non così come li ho sempre fatti a mio marito. Perché con la lingua molle ne percorro tutta la lunghezza, fino alla radice. Gli bacio, gli succhio, gli lecco le palle, poi torno su, verso la punta, che percorro a colpi di lingua per tutta la circonferenza; gioco con il buchino lì in cima; lo forzo, quasi volessi penetrarlo con la lingua appuntita. Poi circondo il glande (solo quello) con le labbra leggermente serrate e continuo a spalmare la lingua su quella superficie liscia, calda. Muovo appena le labbra e pian piano me lo lascio scivolare in bocca. Lo sento così grosso, duro, enorme, procedere lentamente fino in gola. E mi fermo soltanto quando l’ho ingurgitato tutto, anche se respiro a fatica; anche se la sua lunghezza mi stimola qualche leggero conato. Respiro dal naso. Poi, sempre molto lentamente, lo lascio scivolar fuori; ma la mia lingua continua a saettare lungo tutta quell’asta, a fargli sentire più forte e profondo il contatto con la mia bocca. Non lascio che mi esca tutto di bocca: mi soffermo un attimo sulla punta (ma senza allentare la stretta delle mie labbra) e poi riprendo ad introdurlo. Inizialmente il movimento della mia bocca &egrave lento, profondo (succhiandolo e slinguazzandolo); poi, progressivamente diviene più rapido, più breve, più veloce. Ancora una volta sento le sue mani dietro la nuca, ancora una volta una sua mano afferra i miei capelli, proprio sulla sommità della testa; ancora una volta lui asseconda il movimento del mio capo con spinte armonicamente sincronizzate, sempre più rapide e profonde.
Ad un tratto mi blocca la testa, fermandone l’andirivieni.
Sta’ ferma ‘ bisbiglia, roco ‘ sta’ ferma così (e mi spinge con forza il cazzo in fondo alla gola)’ voglio chiavarti la bocca (&egrave un ansito il suo: sibilante, gemente, quasi un respiro asmatico); voglio fotterti qui, in bocca ‘ Cristo ‘ &egrave fantastica la tua bocca! Meglio che scoparti nella fica, lo sai?
Non ricordo quando ho tolto una mano dal suo fianco e l’ho lasciata scivolare tra le mie cosce divaricate. Ho solo spostato l’orlo dello slip ed infilato un dito nella vulva.
Sono quasi in trance, ma so benissimo quello che sto facendo: in pieno giorno, su una spiaggia pubblica (va bene: nascosta fra queste rocce; ma che qualcuno possa sorprenderci non &egrave da escludere, anzi ho percepito delle voci non molto distanti; voci giovani: un gruppo di ragazzi che sta tentando di superare questa barriera?… o che, a loro volta, cercano un posto isolato?… ci hanno visti?… hanno visto me: una signora per bene, 37enne, sposata, con figli, insegnante e sempre fedele, che succhia voracemente questo cazzo così grosso, così ‘) Si, voglio sentirlo! In bocca, in gola; voglio succhiarlo, gustarlo, pomparlo, sino a che ‘ sino a che lo sento inarcarsi, irrigidirsi e spingere con forza, giù, fin nella mia gola.
Tiro indietro la testa, perché mi sento soffocare. Ma non voglio che mi esca di bocca: no, non questa volta! Anche se le sue mani mi tengono ferma la testa, spinta contro il suo inguine, non credo che ce ne sia bisogno. Perché la sento salire l’ondata, la sento attraversargli il cazzo ‘ e voglio che si riversi nel mio cavo orale; che mi inondi; che mi invada tutta. Lui &egrave inarcato indietro, teso come la corda di un violino e geme e si contrae quando il primo fiotto di sperma mi colpisce proprio in fondo al palato. &egrave denso, bruciante e lo deglutisco con ingordigia; lo mando giù, si come fosse prelibato nettare, come fosse l’essenza della mia stessa vita!
&egrave una sborrata lunga, copiosa, interminabile. Non mi finisce tutta in gola, non posso soffocare; ma mi inonda la bocca e mi cola fuori, sul mento; mi gocciola sul collo, sul seno. Lui trema, con quel suo enorme cazzo che entra ed esce dalla mia bocca. Io tremo, un dito infilato nella fica e con quel magnifico cazzo in bocca, che succhio, che lecco, che bacio ‘ per non lasciarmene sfuggire nemmeno una goccia!
Non so quanto tempo siamo rimasti così, non so quanto ancora sia andato avanti quel pompino. Ma sento che non voglio perdere il contato con quel membro che pian piano si affloscia ‘ e non mi frega niente, in quel momento, se siamo lì, in una spiaggia pubblica; certo: nascosti tra gli scogli, ma dove certamente chiunque potrebbe vedermi. Io, una giovane signora per bene, fedele sposa, accorta madre, impegnata educatrice ‘ e sempre in difesa, con profonda convinzione, dei valori morali: onestà, sincerità, fedeltà; accosciata di fronte a questo uomo maturo: bello, simpatico, brillante, affascinante ‘ e gli sto succhiando il cazzo, mentre mi faccio un ditalino!
Dio che perversione: se mi vedesse qualcuno che mi conosce ‘ mia madre ‘ una delle mie sorelle ‘ qualcuna delle mie sofisticate amiche ‘ uno dei miei figli ‘ o ancor peggio: mio marito!!!
Mi sento tirar su, da sotto le ascelle; scivolo lungo il suo corpo sudato, sinché le nostre bocche non si incontrano, sinché le nostre labbra non si saldano, sinché le nostre lingue non si intrecciano. Mi stringe forte a sé in un abbraccio stretto. Sento il suo membro umido, morbido, svuotato, contro il mio ventre e la sua lingua in bocca, lì dove ancora abbondanti sono le tracce del suo inarrestabile piacere. Ho come la sensazione che provi un perverso gusto a succhiare da me, dalla mia pelle, le tracce del suo orgasmo, per dimostrarmi che ‘ che cosa? Quanto io sia troia? Quanto da puttana mi sto comportando?
La sua mano destra &egrave scesa lungo la mia schiena, si &egrave infilata dentro lo slip ed un dito percorre il solco tra le natiche e, per un attimo, si sofferma sul mio buchino posteriore. E la sensazione di quel dito che preme, che forza l’apertura, che cerca di entrarmi nel culo, fa scorrere lunghi brividi lungo la schiena. Contraggo con forza i glutei; mi tendo verso di lui ‘ e ci baciamo ancora!
Poi mi stacco da lui, dalle sue labbra, dalla sua mano.
Ho bisogno di un bagno. ‘ dico deglutendo con fatica e con fatica supero gli sbarramenti di roccia e sul limitare della spiaggia, quasi correndo mi infilo in acqua. Per quanto l’acqua sia tiepida, quasi calda, me la sento addosso come una sferzata, come una frustata, che mi riporta alla dura realtà. Ma non voglio essere travolta proprio ora dalle mie colpe, dai pentimenti ed allora mi abbandono alla mia solita nuotata ed a quel piacere che lento si diffonde in tutto il mio essere.
Mi fermo. L’acqua &egrave molto alta lì. Mi volgo a guardare verso riva e lo vedo avanzare sulla scogliera, deciso ma prudente, sino al limite; sino al punto che si protende nello sciaguattio lento delle onde. Si erge in tutta la sua bellezza e con gesto plastico si tuffa. Impiega pochi secondi a coprire la distanza che ci separa.
Ci abbracciamo, con grandi equilibrismi, in quell’acqua profonda ed ancora ci baciamo con passione.
Non abbiamo scopato lì, in acqua: mi ha solo infilato il cazzo nella fica.
Mi ha spogliata: slip e reggiseno legati ad una caviglia. Stretta a lui, la mia schiena contro il suo petto; un braccio che mi circonda il seno, l’altra mano a stringere il mio pube. E mi ha infilato il cazzo nella fica, da dietro. Baciandomi sul collo e sussurrandomi quanto avesse visto giusto nel definirmi una grande ed ‘inespressa’ bocchinara!
Non me ne sento offesa! Anzi ‘
Naturalmente facciamo grandi sforzi per restare uniti, per vincere la spinta dell’acqua che, se pure ci rende leggeri, cerca comunque di separarci. &egrave bellissimo stare così: dolcemente avvinghiati e strettamente compenetrati. Ho le braccia protese all’indietro, le mani strette alle sue reni; mi muovo appena, ma ad ogni mio movimento sento quel membro lungo e grosso, piantarsi sempre più a fondo dentro di me. Ed &egrave, questa, l’unica cosa che mi interessa in questo momento. Sentirlo tutto, invadente.
Un gruppo di ragazzini, allegri, schiamazzanti, spingendo e sostenendosi a 2 materassini gonfiabili, passa poco distante da noi. Ci guardano, ridendo, commentando;non so se riescano a vedere che sono nuda, ma certamente intuiscono che LUI, dietro di me, abbracciandomi così aderente, mi sta scopando!
Un’ondata di vergogna e di imbarazzo mi investe: quei ragazzini non sono poi molto più grandi dei miei figli! Eppure … eppure ‘ com’&egrave piacevole questa sensazione di pienezza che il suo cazzo mi trasmette!
I ragazzini si allontanano. Mi sfilo da LUI. Ci baciamo ancora.
Poi gli dico: Perché non andiamo da te?
(Emma, ma che cazzo ti piglia?…perché non torni in te?… sei impazzita?)
Reinfilato il costume in acqua, torniamo a riva. Prendiamo strade diverse (lui taglia dalla pineta per rientrare al villaggio; io torno alla nostra postazione in spiaggia per recuperare le mie cose).
Arrivo al suo residence: ha lasciato la porta semiaperta; entro, guardandomi attorno. Sono da poco passate le 15,00’ ed io mi sono autoinvitata nella camera di ‘ del mio ‘amante’! E quella parola (ma più che la parola &egrave l’idea insita in essa che mi colpisce!) mi attraversa la mente come una folgore; devastante come un fulmine nel cielo limpido e sereno. Improvviso, inaspettato ‘ e proprio per questo, i danni che provoca sono assai più gravi ed irreparabili!
Cazzo: ho un amante!!!
IO!!!
LUI se ne sta disteso sul letto. Nudo! Le braccia incrociate dietro la testa. Indolente.
Non posso fare a meno di guardare il suo uccello. Barzotto. Quiescente. E che anche in quelle condizioni mi appare così grosso, così lungo. Cerco di distrarre la mia attenzione. Deposito la mia roba su un mobile basso, di fronte al letto. Con sopra una specchiera che mi trasmette la sua immagine languidamente distesa.
Mi volto e, poggiandomi col sedere all’orlo del mobile, gli sorrido.
Lo sai che sei bello, così?
Mi sento imbarazzata; mi sento a disagio; mi sento incazzata, soprattutto! Perché dovrei andarmene; piantarlo lì e tornare nella mia stanza; chiudere questa assurda follia; tornare ad essere quella che sono sempre stata! Ed invece sono affascinata da quel cazzo! Attratta, soggiogata. E quello che mi fa più rabbia &egrave rendermi conto che lui, questo lo sa!
Ti piace, vero? ‘ mi chiede sornione, senza guardarmi, ma rivolgendo la sua attenzione al suo membro, che accarezza quasi distrattamente. Solleva lo sguardo a fissarmi. Con quell’aria sarcastica del cazzo, che mi fa rimescolare il sangue.
Tu che dici? ‘ ribatto.
Io dico che tu, un cazzo come questo, non lo hai mai ‘assaggiato’!
Io non ho mai ‘assaggiato’ nessun altro cazzo, se non quello di mio marito! ‘ e non capisco perché ci sia tanto risentimento nella mia voce.
Però ‘ fa lui sempre guardandomi con quell’aria di sfida, di superiorità, quasi di compatimento ‘ mica ce l’ha come questo ‘ tuo marito!
Rimaniamo in silenzio, per un lunghissimo attimo, sfidandoci con gli occhi.
Perché non ti togli quel costume e vieni qui, accanto a me? ‘ mi invita lui, dolcemente.
Manca circa un quarto alle 18 e per tutto questo tempo (o quasi) LUI se n’&egrave stato disteso sul letto ed io, nuda, che gli siedo in braccio, impalata sul suo cazzo!
Non riesco a credere che per tutto questo tempo non abbiamo fatto altro che ‘goderci’ uno dell’altra. Con languida pigrizia, ma non per questo con meno piacere. Ogni tanto lui muove il bacino su e giù, rendendo più profonda la compenetrazione dei nostri sessi. Ogni tanto sono io che mi muovo su di LUI acuendo lo sfregamento del suo pene contro le pareti della vagina; il che mi provoca scosse nervose che mi si arrampicano lungo la spina dorsale; contrazioni e spasmi che mi stringono il ventre; allora mi muovo più forte, più veloce, sentendo anche il suo piacere, il suo godimento, che mi si trasmette attraverso il suo cazzo ben infisso dentro di me.
Ed in tutto questo tempo abbiamo anche parlato, Ci siamo raccontati, con frasi smozzicate, saltando da un argomento all’altro, la reciproca storia. E LUI vuole conoscere approfonditamente le mie sensazioni, le mie emozioni ‘ mentre mi scopa ‘ e vuole che faccia paragoni di quando scopo con lui e con mio marito. La cosa mi infastidisce, mi imbarazza, però mi trovo a parlare, a raccontare cose che io stessa avevo sempre cercato di rimuovere dalla mia mente; sulle quali mi ha sempre dato fastidio soffermare la mia attenzione.
Mi sto lasciando, languidamente e lentamente, scopare ‘ su di LUI ‘ mentre gli racconto di come io senta assai più profondamente ed intensamente il suo cazzo: di come sia più ‘pregnante’ ed invadente. Cullata da una musica in sordina, lontana e che diventa sempre più forte ed intensa ‘
Oh cazzo: ma &egrave il mio telefonino!
Immerso nella mia borsa da mare, abbandonato sul mobile di fronte al letto.
Una frustata, una sferzata. Un vero e proprio schiaffo che mi richiama con brutalità e durezza alla realtà. Il cuore mi salta in gola; qualcosa di duro, di solido, mi stringe la gola. Mi sfilo rapida da LUI e con le gambe tremanti raggiungo la mia borsa, pesco il cellulare e, pregando Iddio che non sia lui’ ed invece &egrave proprio mio marito.
O h merda!… Oh merda!…
Eppure riesco ad essere tranquilla, a non far tremare la voce, a rispondere con calma. E mentre gli parlo il mio sguardo cade sulla specchiera posta sul mobile di fronte al letto’ e vedo! Vedo LUI, disteso indolentemente sul letto: nudo, il cazzo teso (anche se comincia un po’ ad ammosciarsi), imperlato dai miei umori; e vedo me stessa, nuda! E ‘sento’ ancora nella fica la sensazione invadente del SUO membro.
E, cazzo, sto parlando con mio marito! Così sicuro di me, così ignaro; così fiducioso.
&egrave una sensazione strana, che non so descrivere a parole: un misto di desiderio, di rabbia, di eccitazione, di frustrazione.
Cerco di chiudere il più in fretta possibile la conversazione. E resto per un attimo col telefonino in mano, lo sguardo perso nel vuoto; la mente che brancola fra mille pensieri differenti.
Ehi ‘ cosa c’&egrave?
A me?… niente ‘ davvero!
Ha sospettato qualcosa?
Chi?
Tuo marito
Oh no, no! &egrave solo che ‘
Dai, torna qui.
No, ascolta: devo andare ‘
Perché?
Perché &egrave tardi! Alle sei avevo appuntamento con Nietta e Daniela, in piazzetta.
Mi accorgo appena che LUI si &egrave alzato dal letto; mi si avvicina. E, abbracciandomi da dietro, mi sfila il cellulare dalle mani. Anche se mi sono voltata a guardarlo, non faccio caso al fatto che ci sta armeggiando sopra. Poi lo tende verso di me.
Dai ‘ mi dice con aria sorniona ‘ chiamalo; parlagli. Sei stata un po’ brusca con tuo marito!
Cosa?
Quel figlio di puttana ha richiamato in memoria l’ultima chiamata ricevuta: ed ha premuto il tasto ‘verde’! Ed ora il mio cellulare sta richiamando il numero di mio marito!
Ma che cazzo ‘ se ho appena finito ‘ ma sei stronzo!
Dai, trovagli una scusa. Digli che lo ami, che lo pensi ‘ che ti manca!
Non posso chiudere la comunicazione: mio marito avrà certamente sul display il mio numero di cellulare e se chiudo, lui mi richiamerà immediatamente e ‘
E allora, col cuore in gola ed un atroce vuoto allo stomaco, quando la sua voce, preoccupata e sorpresa, mi chiede cosa sia successo, buttò lì la prima cosa che mi viene in mente: una telefonata dal provveditorato che aspettavo ‘ se per caso non hanno chiamato a casa ‘ se ‘
E LUI, intanto, mi bacia sul collo, da dietro. Mi spinge in avanti, verso una grande poltrona rivestita di cintz, in un angolo della stanza. Una di quelle poltrone dai braccioli alti, imbottiti.
Cerco di protestare, di ribellarmi, di sottrarmi; ma non posso fare molto, se non voglio insospettire mio marito (che già deve essere abbastanza sorpreso da questa mia seconda telefonata e forse anche dal timbro tremante della mia voce). Per cui oppongo solo scarsa resistenza quando LUI mi fa piegare in avanti, la pancia contro la sommità imbottita del bracciolo, il busto piegato ad angolo retto. Con gesti bruschi e perentori, mi fa leggermente divaricare le gambe e, mentre cerco disperatamente (tentando di mantenere calma e tranquilla la voce) di chiudere la conversazione, sento il suo cazzo che, prepotentemente, mi penetra a fondo.
Riesco, con qualche difficoltà, a chiudere la telefonata con mio marito e lascio cadere il telefonino sul sedile della poltrona.
Sono incazzata ‘ e questo sarebbe il momento buono per mandarlo ‘affanculo: alzarmi, prendere la mia roba e, dicendogliene quattro, andarmene e chiudere così definitivamente questa follia!
E invece ‘ forse tutto il tempo in cui ci siamo sollecitati prima, quella tensione, l’ eccitamento provocatoci, insomma, non so bene nemmeno io il perché, sotto le spinte secche, profonde, e sempre più rapide, comincio a venire. Godo, come al solito, gemendo, sussultando, contraendomi proprio mentre anche LUI, spingendosi con forza il più a fondo possibile ed irrigidendosi, mi inonda la fica del suo abbondate ed interminabile piacere.
Naturalmente, essendo passata dal mio residence per fare una doccia e cambiarmi, raggiungo le mie amiche, in piazzetta, nettamente in ritardo, anche se loro mi hanno conservato una abbondante fetta di una appetitosa torta al cioccolato. Ovviamente non lesinano gli sfottò per queste mie inspiegabili ‘scomparse’, rimproverandomi che non sto cercando di divertirmi, non partecipando alla vita comune del villaggio che offre invece gradevoli compagnie ed una simpaticissima animazione.
Emma ‘ ma smettila di pensare sempre a tuo marito! ‘ dice Daniela (ed il cuore mi manca un battito, perché non so se sia ironica o sincera questa sua battuta)
Cerco di mostrarmi tranquilla, serena (un tocco di noia non guasta!); conversiamo allegramente di banalità e pettegolezzi. E dopo circa una mezz’ora LUI ci raggiunge. Casualmente ‘ oh ma guarda chi si vede!… come se venisse da chissà dove e da fare chissà cosa!
Si unisce a noi. E, come in altre occasioni, noto con un po’ di fastidio l’animarsi si Daniela in SUA presenza; ma soprattutto mi colpisce il modo in cui LUI risponde (galante, insinuante) a queste sollecitazioni della mia amica.
Naturalmente Nietta mi guarda con espressione tra esasperata e divertita, scuotendo leggermente il capo (come a dire: ma guada questa!). Mi sforzo di sembrare indifferente, superiore.
Decidiamo comunque di non cenare lì al ristorante del villaggio, ma di recarci giù, in uno dei paesetti del circondario dove, assieme alla festa patronale &egrave organizzata la ‘sagra del polipo fritto’!
Un rutilare di luci multicolori: una folla vociante, ridente, divertita, attraversa le strade del borgo, lungo le quali teorie ininterrotte di bancarelle che offrono le loro allettanti mercanzie: suovenirs e prodotti artigianali e folkloristici. Una serie di piccoli gazebo, allineati sul lungomare, dove si possono gustare tutte le specialità di polipo, innaffiate da dissetanti boccali di freschissimo vino bianco (o di immancabile birra) a pochi soldi!
Nei punti strategici, sfruttando gli spazi liberi, gruppi musicali o di artisti di strada, allietano il movimento della gente che, spensierata, allegra, vociante, ha voglia di divertirsi, di mangiare, di ballare.
Noi non siamo da meno.
Nietta ed io procediamo a coppia tra la ressa. Avanti a noi, ma molto spesso dietro di noi, LUI e Daniela sembrano godersela un mondo: ridendo, ballando, giocando come ragazzini!
&egrave una serata caldissima, afosa, umida. Appiccicosa e che invita a bere. E Daniela non si fa certo scrupolo di fermarsi spesso ai banchetti che offrono boccali di questo vinello locale: un bianco leggermente frizzante che scivola facilmente e quasi inavvertitamente ‘ ma che &egrave assai ‘traditore’.
Ogni tanto li perdiamo di vista; ed io mi innervosisco! Anche se cerco di non darlo a vedere a Nietta che non mi risparmia battute sulla nostra amica comune e sul suo desiderio abbastanza espresso di volerselo ‘fare’, casomai le capitasse l’occasione! Occasione che (e non so spiegarmi io stessa il motivo!) cerco di non far capitare!
Insomma: tutto sommato una piacevolissima serata, non fosse stato per il comportamento spudorato di Daniela! Che addirittura, sulla via del ritorno (con una furbizia ‘ ed io ci sono cascata come una stupida!… si &egrave seduta sul sedile posteriore dell’auto di Nietta, accanto a LUI. Gli si struscia addosso e, nei fumi dell’ubriachezza (ma non so quanto vera o simulata!), lo palpa e si lascia palpare.
Livida di rabbia, ma fingendo assoluta indifferenza, sul sedile del passeggero, sono leggermente girata verso il retro della vettura: voglio che si rendano conto (soprattutto LUI) che li tengo d’occhio. E quella stronza, dopo avergli sussurrato qualcosa all’orecchio, scoppiando poi in una fragorosa risata, gli si getta addosso e lo bacia sulle labbra.
Vorrei morire! Vorrei gridare a Nietta di fermarsi, di farmi scendere ‘ e tutto quello che ho mangiato e bevuto durante la serata, mi torna su, in un conato di nausea che riesco a stento a reprimere.
Daniela – mastico tra i denti, per non mettermi a gridare – smettila!
LUI (come mi sono resa conto che fa spesso) le ha preso i capelli, dietro la nuca, con una mano e le tira indietro la testa (Daniela ha gli occhi chiusi) e mi guarda: una espressione sconsolata (quasi a dirmi: ma io che ci posso fare?) e, continuando a fissarmi (ironico e sfottente), si china verso di lei e la bacia sulla bocca!
LA NOTTE TRA MARTEDI’ E MERCOLEDI’:

Dobbiamo aiutare Nietta a mettere a letto Daniela che, ora me ne rendo conto davvero, &egrave completamente ‘andata’! Ubriaca fradicia (abbiamo dovuto fermarci sulla via del ritorno, perché lei rimettesse anche l’anima), si regge a stento sulle gambe e farfuglia frasi sconnesse a proposito di quanto si senta male, di come tutto le balli attorno.
Poi, salutata Nietta (che, pur avendo bevuto meno di Daniela, non &egrave che sia fresca come una rosa), scendiamo al piano sottostante e, con fare assolutamente naturale (quasi fosse la cosa più normale del mondo), LUI entra con me nel mio residence, chiudendosi la porta alle spalle.
Sono talmente incazzata che non protesto, nemmeno quando LUI si lascia andare (completamente vestito) sul grande letto, incrociando le braccia dietro la testa. Nervosamente, mi aggiro per la stanza aprendo finestra e porta/finestra per arieggiare un po’ l’ambiente dove il caldo afoso ed umidiccio ti si attacca addosso. Sento il suo sguardo (come al solito penetrante e profondo) che mi segue in ogni movimento. Mi giro verso il letto e lo fisso anche io, appoggiandomi con la schiena al mobile/specchiera che &egrave proprio di fronte.
Allora? – dico cercando di usare un tono assolutamente neutro ed indifferente – te la sei scopata?
Daniela? ‘ chiede a sua volta con tutta serietà; ma quella nota ironica, nei suoi occhi, mi fa montare la mosca al naso ‘ e come avrei potuto?… se ci hai ‘montato’ la guardia, peggio di un mastino napoletano!
Ride, lo stronzo!
Cazzo, questo se la ride e mi sta prendendo per il culo! Mio dio, Emma, ma che figura di merda! Gli stai a facendo una scenata di gelosia?… ma sei completamente impazzita!!!
Questa sua osservazione, però, mi ferisce profondamente; anzi: mi umilia! E se anche penso (e glielo dico) che non me ne frega un cazzo di quello che lui fa con quella stronza ‘ solo che non mi va di essere trattata come un oggetto, come una merda! Come una fica ‘usa e getta’!… e che se lui scopa con me, che abbia almeno il buon gusto ed il rispetto di trattarmi da persona e che lasci in pace le mie amiche, perché ‘ perché ‘
Respiro a fondo. Cerco di ritrovare il mio equilibrio e gli dico che, comunque, non me ne frega proprio niente di quello che loro fanno ma se adesso non gli dispiace, vorrei che se ne andasse, per potermi fare una doccia in santa pace e mettermi a letto a riposare.
E lo sai cos’&egrave che vorrei, io? – continua a fissarmi e sembra quasi divertito da quella mia sfuriata.
No!… e non me ne può fregare di meno! – continuo a fissarlo, sempre più incazzata per quella sua aria.
Vorrei – prosegue incurante di quanto gli ho detto – che venissi qui, ti inginocchiassi accanto al letto ‘ e mi facessi un bel pompino!
Cooosa?
Si, un bocchino! Di quelli che sai fare tu, con tanta maestria!
Non si &egrave mosso. &egrave sempre allungato sul letto (verso il bordo): le gambe distese, le caviglie accavallate, le braccia incrociate dietro la nuca, il capo leggermente girato dalla mia parte. Guardandomi con quella sua espressione sorniona e così sicura di sé!
Vaffanculo! – incazzata più di quanto vorrei dimostrargli – fattelo fare da Daniela o da chi cazzo ti pare! Io non…
Ma dai che ne hai voglia anche tu! – afferma LUI, allargando il sorriso – muori dal desiderio di succhiarti il mio ‘splendido’ cazzo
Sei un coglione! – gli sbatto sul muso, cominciando a non controllarmi più – se avessi voglia di un cazzo, sai quanti ne trovo?
Certo – dice lui, sempre più ironico ed allusivo – però ora &egrave il mio che vuoi! Non ne puoi fare a meno di sentirtelo dappertutto! Anche mentre parlavi con tuo marito ‘ ti piaceva essere chiavata da me.
NO!!! Questo no, non lo sopporto! Questo non lo può dire! Non può trattarmi ‘
Sei un porco! – sibilo tra le labbra serrate – sei un porco, figlio di puttana e ‘
No! – mi interrompe lui, ora con aria dura, decisa – La porca, la puttana, sei tu! E muoviti! Vieni qui a farmi questo pompino!
Mi sento umiliata, piena di livore, incazzata ‘ eppure impotente, frustrata: ha ragione? Sono davvero così?
Credo di avere le labbra serrate, lo sguardo lampeggiante, il cuore che batte all’impazzata. Eppure sgancio la chiusura dei pantaloncini che indosso, lasciandoli cadere ai miei piedi; sciolgo il piccolo top leggero e, con indosso solo gli slip bianchi, mi inginocchio al lato del letto, dalla sua parte. Gli apro i pantaloni (piega sempre impeccabile), abbassandoglieli fin quasi alle ginocchia; tiro giù anche gli eleganti boxer bianchi ‘ ed il suo membro svetta: così grosso, così lungo, anche in stato di semiquiescenza. Lo sfioro con una carezza leggera: guizza in su; gliene circondo la base con una mano, lo raddrizzo e, chinandomi su di lui, apro le labbra per circondargliene la punta arrossata, enfiata, gonfia e sul cui apice fa capolino una goccetta di liquido trasparente, che lecco avidamente.
Non ho mai fatto, in vita mia, un pompino così!
Non sono sconvolta dalla libidine o dall’eccitazione; non sono travolta dalla passione; non sono ottenebrata dai miei sensi sovraeccitati: solo ho voglia di sentire in bocca quel cazzo grosso, duro, lungo; ho voglia di esplorarne la lunghezza enorme con la lingua, centimetro dopo centimetro; ho voglia di succhiarne la cappella gonfia, liscia, turgida; ho voglia di sentirlo sprofondare sino in gola (mi sono chiesta spesso come abbia fatto, in quelle occasioni, a farmelo entrare tutto in bocca, senza soffocare!); ho voglia di pomparlo, sù e giù, lentamente prima e poi sempre più in fretta, velocemente; ma, soprattutto, ho voglia di sentirmi riempire la bocca dalla sua sborra; ho voglia di sentirlo gemere, ansimare, irrigidirsi, tremare e scaricarsi imponente ed irrefrenabile dentro di me!
Sinceramente non so per quanto tempo io sia rimasta inginocchiata al lato di quel letto: LUI disteso, allungato, le braccia sempre incrociate dietro la nuca, gli occhi serrati, la bocca semiaperta ed il respiro ansimante, accelerato. Una mano mi &egrave scivolata, inavvertitamente, al di qua dell’elastico delle mutandine, andando in cerca del mio sesso e del mio stesso piacere. Non ho cognizione del tempo, ma solo del fatto in sé stesso: di star facendogli un pompino ‘ anzi, meglio (come dice lui): IL BOCCHINO!
Non so quanto tempo sia durato. Ricordo soltanto che ad un certo punto l’ho sentito irrigidirsi, inarcarsi, spingere più a fondo e so che sta per esplodere. Ma questa volta non ho la sua mano dietro la nuca, a tenere bloccata la mia testa, eppure continuo a tenerlo affondato in gola, pur sapendo che sta per venire.
&egrave una vera inondazione (almeno a me sembra tale!); una sborrata abbondante, interminabile, che mi invade bocca, palato, gola e mi provoca spastici conati, quasi soffocandomi. E per quanto abbia cercato di ingoiarne la maggior parte, quando devo necessariamente tirare indietro la testa (per respirare, per prendere aria), una ampio lago di quel liquido perlaceo, denso, filante, si &egrave formato sul suo ventre, alla base del membro (che pian piano si rammorbidisce, ma non &egrave mai diventato moscio completamente), colandone lungo tutta la lunghezza.
Ho sfilato la mano dagli slip (penso per non essere ‘distratta’ da altri stimoli) per godermi appieno quel suo incontenibile piacere, le cui tracce colano dalle mie labbra, fermandosi sul mento. E con quella stessa mano le raccolgo riportandole lì dove avevo desiderato riceverlo: in bocca.
Mi sono seduta sul pavimento, distrutta, sfatta (ma non credo proprio fisicamente); ansimo leggermente, cercando di regolarizzare il mio respiro.
Ed i nostri occhi si incrociano e nostri sguardi (velati, offuscati da quella intensa emozione) si agganciano.
LUI scuote leggermente la testa, non sorride.
Oddio – sussurra in un fiato – oh mio dio!
Con uno sforzo, mi rimetto in ginocchio, nella stessa posizione di prima e, senza abbandonare il suo sguardo, chino il capo a leccare quella sborra che fa corona al suo meraviglioso cazzo, dal quale sono stata così ‘brava’ ad estrarre!

MERCOLEDI’ MATTINA (molto, molto presto):

Sono distesa, di traverso, sul letto. Pancia sotto. Completamente nuda. Le braccia incrociate all’altezza della testa e vi ho appoggiato sopra la guancia sinistra. Ho gli occhi socchiusi. Il respiro profondo e regolare. In bocca ancora il sapore forte, asprigno, ferroso, quasi acido, del suo sperma. Tracce del quale mi si sono ormai seccate sul mento, sul collo, sui seni.
Anche LUI &egrave disteso sul letto a faccia in giù. Non lo vedo, ma lo sento! Tra le mie cosce spalancate ‘sento’ muoversi la sua lingua: dura, umida, ruvida. Le sue labbra. L’interno coscia; la rima del sesso che percorre, forzando l’apertura tra le grandi labbra; la clitoride: gonfia, enfiata, sporgente. La risucchia tra le labbra; la succhia avidamente; la mordicchia.
Penso confusamente, in uno stato di quasi sospensione dalla realtà, che mi piace il modo in cui mi lecca la fica. Non dovrebbe essere così! Non dovrei permetterglielo: dovrei protestare, ribellarmi, sentirmi indignata ‘ ed invece mi piace. Mi piace la sua lingua che risale lungo il perineo; mi piace sentire le sue mani che mi discostano le natiche; mi piace il contatto della lingua dura, a punta, che sfiora il mio buchino posteriore, che ne percorre le asperità, che ne distende le pieghe, che ne forza l’apertura.
Gemo. Mi contraggo. Sospiro. Brividi profondi lungo la schiena. Spasmi nel basso ventre. Un calore che si diffonde dalla vagina dove LUI ha introdotto un dito, a fondo, e che muove prima lentamente, poi sempre più rapido, sempre più invadente e mi sale su, allargandosi, fino al cervello.
No, non dovrebbe essere così: non dovrei permetterglielo, dovrei protestare, ribellarmi, sentirmi indignata ‘ ed invece mi piace. Mi piace il ditalino che mi sta facendo, mentre mi lecca il culo.
Mi lascio cullare, trasportare da questa sensazione nuova, inusitata.
Mi piace sentire la sua lingua che risale nel solco tra le natiche, sul fondo schiena, lungo il filo della spina dorsale. Sento tutto il peso del suo corpo che, pian piano e progressivamente, grava sempre più sulla mia schiena. Le labbra sul collo. La lingua dietro il lobo dell’orecchio e la punta del cazzo proprio lì, all’imboccatura della fica. Non sta cercando di entrare: vuole soltanto che io ne senta la presenza.
Dai, ficcamelo dentro! – ed &egrave come se a parlare fosse un’altra persona. Come se quelle parole non fossero uscite dalla mia bocca. Ma non me ne frega niente: &egrave questo che voglio: che me lo ‘ficchi’ dentro!
Lui però, alle mie spalle, continuando a lambirmi con la lingua il lobo dell’orecchio, resta immobile. E la sua voce &egrave dolce, suadente, quando mi chiede: Cosa?
Il tuo cazzo – riesco ad articolare, a stento. Contraendo i muscoli delle cosce, delle natiche, quasi volessi attrarlo dentro di me – fottimi, dai fottimi! (e non &egrave una implorazione o una preghiera!)
Le mani ai lati del mio capo, le braccia tese, il busto sollevato, inarcato ma più profondo il contatto del suo membro con il mio sesso. Una brusca spinta in avanti. Io, automaticamente, spingo indietro il sedere.
Ed &egrave dentro! Tutto. Fino in fondo.
così? (mi chiede)
si, si, così (gli rispondo)
lo senti? (mi chiede)
dio, si che lo sento (gli rispondo)
cos’&egrave che senti? (mi chiede)
il tuo ‘ cazzo ‘ lo sento, lo sento tutto (gli rispondo)
e ti piace? (mi chiede)
ooohhh si! Si che mi piace! (gli rispondo)
cosa ti piace? (mi chiede)
sentire il tuo cazzo ‘ dentro! Mi piace, mi fai impazzire (gli rispondo)
ti piace come ti chiavo eh? (mi chiede)
dai: chiavami cosi! Ancora, ancora più forte (gli rispondo)
E sotto i colpi lenti, progressivi, ma sempre più intensi e profondi, mi rendo conto che sto perdendo sempre più il contatto con me stessa, con la realtà che mi circonda. Annego progressivamente in una specie di nuvola ovattata, una specie di bambagia che ottenebra la mia mente e lascia spazio soltanto per questo infinito ed inestinguibile piacere.
&egrave come un pugno nello stomaco. Come una coltellata al contrario! Un vuoto spaventoso. Una mancanza insopportabile: &egrave uscito da me! Scivolato fuori, completamente.
Oh no, no! Ti prego, non ora ‘ un gemito, il mio?
E mi agito, ondulo il bacino, getto colpi all’indietro col sedere, quasi volessi riconquistare quel contatto, quella penetrazione.
Perché? Perché? – chiedo disperata.
Perché adesso voglio ‘ficcartelo’ nel culo! ‘ dice con voce fredda, decisa, inesorabile!
Non credo sia soltanto il tono della sua voce: deciso, perentorio, ma &egrave proprio il contatto ella punta del suo pene che cerca una strada diversa: &egrave come un brusco risveglio. Doloroso. Un richiamo improvviso alla realtà.
Mi agito. Con una torsione del collo cerco di girare il capo verso di lui.
No! No ‘ protesto ‘ non lì ‘ per favore
Perché? ‘ non so se ci sia più meraviglia o sarcasmo nella sua voce.
Perché ‘ perché non l’ho mai fatto! – e la mia protesta diventa sempre più un lamento, una implorazione ‘ Mi fa male ‘ ho paura ‘ e non mi piace!
Ma come fai a dirlo se non lo hai mai fatto? ‘ c’&egrave sfida, nel suo tono. Sicurezza!
Non so come sia successo (davvero i ricordi di quei momenti, alle volte, mi si accavallano confusamente e sono così forti ed emozionanti, da confondersi e sovrapporsi) ma i due cuscini, alla testata del letto, sono finiti sotto la mia pancia. Ho, improvvisa, la consapevolezza di offrirgli uno spettacolo osceno ed indecente allo stesso tempo: io lì, distesa sul letto, nuda, a pancia sotto, il sedere leggermente proteso indietro ‘ ed ‘aperta’, totalmente, al suo desiderio così perverso.
Cerco di sottrarmi, di impedirgli questo gesto che (e non so spiegarne bene per quale ragione) mi spaventa così tanto; mi terrorizza addirittura.
Ma lui &egrave troppo forte; troppo pesante; troppo deciso. Mi tiene inchiodata sotto di se e continua a strusciarmi il cazzo, a farmelo sentire così duro, così pronto.
Perché non voglio ‘ e la mia protesta, o implorazione, mi rendo conto da sola che si fa sempre più debole, più arrendevole ‘ non voglio farlo così ‘ va bene?
Beh, ed invece io voglio e lo farò! ‘ &egrave perentorio in questa affermazione ‘ e piacerà anche a te!
Ti prego ‘ ti prego ‘ – ultimo baluardo alla mia paura? Ultimo tentativo di difendere una ‘verginità’ ed una normalità ormai così lontane da me? ‘ perché non possiamo farlo normalmente? Mi piace essere chiavata da te, sentire il tuo cazzo nella fica ‘ fino in fondo! Godo da morire ‘ mi sembra di impazzire! Dai, ti prego facciamolo così. Non ‘ non costringermi a ‘
Allargati! ‘ &egrave un ordine, come una scudisciata.
Cosa?
Allargati! Ti farà meno male.
Ed afferrate le mie mani, con le quali stavo cercando, debolmente, di allontanarlo da me, le posa sulle mie natiche; costringendomi, con gesto deciso, impaziente, quasi violento, a discostare i globi carnosi (oggi confesso che avrei certamente potuto comportarmi diversamente. Essere anche io più decisa, meno arrendevole. Insomma credo che se avessi davvero voluto. avrei potuto sottrarmi, evitarlo ‘ ed invece ‘)
Però giuro che sto tremendo (forse più nel fondo dell’anima, che nel fisico); giuro che una morsa mi stringe lo stomaco, aggrovigliandomi i visceri; giuro che, gli occhi serrati con forza, mi sto mordendo il labbro inferiore.
‘Sento’ le mie mani tenermi allargata, sento le sue mani artigliarmi i fianchi, sento il mio respiro farsi affannoso ed affrettato ‘ e, soprattutto, ‘SENTO’ la punta del suo cazzo (che mi sembra così grossa ‘ così maledettamente grossa) puntare proprio lì: contro il mio sfintere. Premere. Spingere. Allargare. Dilatare.
No! Nooo – credo di star singhiozzando ‘ ti prego ‘ nooooo ‘
E dilatare. E allargare. E spingere. E premere ‘
Rilassati, dai rilassati ‘ mi sussurra lui dolcemente – vedrai, sarà bellissimo!
No: non &egrave bellissimo!
Uno strappo, una lacerazione; come qualcosa che mi dilania. Un dolore acuto, insopportabile. E la punta del suo cazzo mi &egrave entrata nel culo!

[Forse sto esagerando in questa descrizione. E certamente le emozioni, le sensazioni che descrivo sono più frutto di una ‘ricostruzione’ fatta nel tempo, con il ritorno infinite volte, della mia mente, a quella circostanza. Però, ogni volta che ci ripenso, e proprio così che la rivivo.]

Credo di avere la bocca aperta (come in un urlo silenzioso) per favorire la respirazione.
Ho perso la cognizione di tutto ciò che mi circonda; la mia attenzione tutta e completamente concentrata solo lì. Il suo cazzo! Che mi sta aprendo. Che mi dilata. Che si fa strada, centimetro dopo centimetro, nelle mie viscere. Ne percepisco il procedere lento, ma deciso, inesorabile. E doloroso! &egrave il dolore sordo, acuto, che dilata così enormemente la mia sensibilità.
&egrave entrato ‘ mormora al mio orecchio
Lo so ‘ gli rispondo a labbra chiuse (sto continuando a mordermi le labbra, per sopportare meglio quel dolore insopportabile)e non so se LUI riesca a percepire il mio mormorio.
‘ tutto! ‘ continua a bisbigliare (e c’&egrave meraviglia nel suo tono, come se nemmeno LUI pensasse che fosse possibile) ‘ &egrave entrato tutto!
Lo sento
Cosa senti?
Il tuo ‘ il tuo cazzo
Il mio cazzo? E dove lo senti?
Dentro ‘ nel ‘ nel culo!
Nel culo! Te lo senti, eh signora? Te lo senti tutto, vero?
Si!
Tutto in culo?
Si ‘ si, tutto!
E ti piace, &egrave vero? Ti piace, eh signora?
E spinge ancora con più forza, ancora con maggior decisione. Una fitta atroce attraversa il mio corpo. Un lampo di luce accecante mi attraversa il cervello.
Fai piano ‘ ti prego, ti prego, fai piano ‘ imploro.
Ti fa male? ‘ mi chiede, premuroso. Ma non allenta affatto la sua pressione, la sua spinta!
Si ‘ si, mi fa male ‘ brucia.
Un attimo di silenzio immoto; e poi: un ritrarsi appena, appena.
Vuoi che esca?
Noooo!!! ‘ non so se lo urlo; non so se lo imploro; non so se lo dico tra le lacrime ‘ No, per favore! Per favore: non uscire.
E credo che sia proprio quello il momento preciso in cui tutte le mie barriere sono definitivamente cadute! Ho l’immagine netta, precisa, di me stessa: distesa, allungata su quel letto a faccia in giù; nuda! I cuscini sotto il ventre, per meglio esporre il mio bacino; le gambe soltanto leggermente divaricate, i muscoli delle cosce tesi, contratti. E tra le natiche: il suo cazzo!
E lo voglio! Lo desidero!
E non mi importa nulla di tutto il resto: mio marito, i miei figli, il mio lavoro. L’immagine di moglie seria e scrupolosa. Della professoressa tutta d’un pezzo. Dell’amica un po’ bacchettona ma sempre assolutamente fedele e coerente.
No: tutto questo l’ho ben presente, ma non conta! Ciò che voglio &egrave sentire quel cazzo che mi profana. Che mi apre. Che mi dilania dolorosamente e che, trasgressivamente, mi penetra in culo! Tutto, fino in fondo.
Forse in quel momento mi abbandono davvero: rilascio i muscoli sino allora tesi allo spasimo; forse divento più ricettiva ‘ non so ‘ ma lo sento nuovamente affondare, sino alla radice.
Allora, ti piace? ‘ mi chiede lui, sarcastico ed eccitato allo stesso momento ‘ Eh, signora? Ti piace?
Siiii ‘ siii ‘
Ti piace, come ti sto inculando?
Si, mi piace ‘ mi piace ‘ però, fa piano!
Avanti: voglio che lo dica tu! Cos’&egrave che ti piace?
Mi piace ‘ mi piace come ‘ essere inculata (faccio uno sforzo, per dirlo. Ma alla fine l’ho detto!)
Lo sai che ti sto ‘sverginando’ il culo, vero? Vero, dolce mogliettina tutta casa e famiglia?
Si, lo so!
Questo da tuo marito mica te lo fai fare, vero?
No! Mai. &egrave la prima volta
La prima volta ‘ di cosa?
La prima volta che ‘ me lo mettono ‘ che lo prendo in culo
Ed &egrave il mio cazzo che vuoi! Il mio e nessun altro, vero?
Si ‘ si ‘ continua; però fa piano, per favore! Ti prego.
Non so quanto LUI mi dia retta o se abbia sentito o meno la mia invocazione. Però lo sento scivolare piano verso l’esterno: ritrarsi, perdere contatto, uscire quasi del tutto. Solo la grossa punta rigida &egrave dentro!
Una sensazione di vuoto, nel mio ventre; una privazione. E mi contraggo e mi agito e muovo il bacino verso di LUI (gemendo, credo, ansimando) finché non lo sento nuovamente avanzare, invadermi, occuparmi tutta. E poi di nuovo: quasi fuori, e poi dentro e poi di nuovo e di nuovo; ed ancora: avanti, indietro; dentro fino in fondo, fuori quasi del tutto, dentro, fuori ‘
Fa male. Brucia maledettamente. Ma quel bruciore, quel calore mi invade il ventre e si espande, sale, mi corre lungo la schiena, mi occupa tutta, si dilata fin nel cervello.
&egrave un orgasmo ‘strano’ quello che provo. Strano perché &egrave insolito. Strano perché non ho mai goduto a quel modo. Strano perché non riesco ad averne il controllo, come invece mi &egrave sempre capitato con mio marito.
&egrave una serie di ondate concentriche. Che si allargano, che si sovrappongono. Che seguono il ritmo del suo movimento, del suo andirivieni.
Non credo di essere capace di spiegare meglio quello che provo, ma se pure in nessun momento ho perso la consapevolezza della realtà, se pure percepisco ogni piccolo movimento di quell’enorme membro, infisso nelle mie viscere, e ne provo dolore, ne sento il bruciore ‘ pure &egrave come un galleggiare in un mare abbastanza agitato; un sentirsi sballottare qui e là; un lasciarsi travolgere da queste ondate lunghe di piacere: sempre più alte, sempre più coinvolgenti.
Non ne sono sicura, ma credo di gemere ogni volta che lui spinge dentro. Credo di contrarre i muscoli dei lombi ogni volta che lui avanza e rilasciarli quando scivola indietro.
Credo anche che lui continui a sussurrarmi qualcosa all’orecchio ma non ci faccio caso, non riesco a fermare le sue parole e, tanto meno, i miei pensieri.
Sento il SUO piacere crescere, col crescere del ritmo dei suoi movimenti; lo sento crescere, gonfiarsi, progredire ‘ e so soltanto che ‘voglio’ goderlo, che voglio sentirlo trasferirsi in me, nel mio intimo, nel mio essere.
Così come non so quanto duri questa inculata: tra dolore e bruciore e piacere, tra implorazioni da parte mia di far piano ed invece poderose spinte da parte sua; tra desiderio di sentirlo sempre più a fondo e spasmi dei miei muscoli rettali per stringerlo sempre più forte.
Sento tutto il peso del suo poderoso corpo sulla mia schiena, sento le sue labbra sul collo, sento la sua lingua che lambisce il mio orecchio, sento una delle sue mani che mi stringe un seno e l’altra che ha insinuato tra i cuscini ed il mio ventre: la sento andare in cerca del mio sesso, un dito infilarmisi nella vagina (certamente allagata dai miei stessi umori) ad allargare quella sensazione di straniamento che mi sta progressivamente invadendo. Ma soprattutto sento il suo cazzo che mi sta stantuffando nel culo. Un ritmo lento e lungo, poi sempre più rapido e profondo. Più veloce e, per questo, più bruciante. Sino a che si blocca di scatto: spinge con forza, si irrigidisce, trema, vibra e ‘
Non &egrave una sborrata violenta.
Ma un placido allagarmi. Bruciante, infuocato. Interminabile (almeno questa &egrave la mia impressione). Come se ondate progressive di lava bollente si allargassero in tutto il mio essere.
Una strana sensazione di quel momento: &egrave come se sentissi la sua sborra sino in gola, sino in bocca. Forse sono ancora i residui del pompino che gli ho fatto prima ‘ non lo so, davvero!…ma la sensazione &egrave forte, &egrave viva. Quel gusto ferroso, metallico, un po’ acidulo. Ed anche io comincio a tremare, a vibrare, a scuotermi, sussultando, gemendo (forse urlando), sotto la spinta del suo dito affondato nella mia fica. Non so se sia per la sensazione della sua sborra che scivola fuori dal culo ancora occupato dal suo cazzo, o dei miei stessi umori che straripano dalla fica occupata dal suo dito: anche io sto godendo!
Ripeto: un orgasmo strano, quello! Ma che non ho mai provato così intensamente in tutta la mia vita!
Non so molto bene quanto tempo sia passato. Il sole però &egrave orami alto e filtra attraverso le fessure delle persianine della porta-finestra della mia stanza.
Ce ne stiamo tranquillamente distesi sul letto, in una strana posizione di 69. Sempre di traverso; ma nessuno dei due sta sotto l’altro. Piuttosto girati su un fianco. Io ho un gomito puntato sul materasso, il capo posato sul palmo della mano, in modo da poterlo osservare. Con l’altra mano gli carezzo distrattamente il cazzo moscio. Ogni tanto, quando smetto di parlare, oppure interrompendo ciò che sto dicendo, avvicino la testa al suo membro (che sostengo con la mano libera): lo bacio, lo lecco, ne imbocco per qualche secondo la punta. Mi piace avere questo contatto, provarne la consistenza, gustarne il sapore forte (dopo avermi abbondantemente innaffiata, non ha voluto assolutamente che andassimo a lavarci) e pensare che sino a qualche attimo prima lo avevo immerso in tutta la sua robusta lunghezza dentro di me. Si perché continuo sentire la sua presenza nel culo. Non &egrave la dilatazione o il dolore o il bruciore o la presenza del suo sperma colato fuori e solidificatosi sulle mie cosce; no! &egrave proprio come se lo avessi ancora lì, piantato dentro, sino in fondo, sino alla radice: lo sento muoversi, andare su e giù, prepararsi alla sborrata. &egrave una sensazione viva, reale.
E ce ne stiamo così: nudi, distesi, godendoci questa specie di pigra rilassatezza; si, perché anche lui mi accarezza la fica, percorrendone con un dito la rima, ogni tanto forzandomene l’apertura, infilando quel dito più a fondo; talvolta sostituisce il dito con la lingua (casomai lasciando il dito libero di seguire il solco tra le natiche e soffermandolo sul mio orifizio anale – ed ogni volta che lo fa, che ne sento la pressione, sussulto, mi contraggo).
E parliamo! Parliamo senza vergogna, senza reticenze, senza inibizioni.
Io, come sempre, gli parlo di mio marito, del nostro amore, del nostro rapporto così profondo ed ormai indissolubile. Delle sue doti, dei suoi pregi e dei suoi difetti. Di come il nostro rapporto sia cambiato col tempo, di come i figli abbiano avuto una grande influenza sul nostro modo di stare assieme.
&egrave strano, sorprendente (e me ne rendo conto benissimo), quasi incongruente, che io stia lì, distesa nuda sul letto, carezzando e imboccando il cazzo del mio ‘amante’ (quel cazzo che solo pochi momenti prima mi ha sverginato il culo) e stia parlando di come faccio l’amore con mio marito e gli racconti di tutto quello che mi piace di lui e di tutto quello che invece non mi soddisfa. Così come &egrave strano e sorprendente che LUI mi parli della sua ex moglie, del loro tormentato rapporto. Di quanto lei fosse brava e aperta ad ogni esperienza sessuale ma, purtroppo, con gli altri e mai con LUI!
Senza risentimento o rabbia, gli chiedo se non stia spingendomi a fare proprio ciò che ha tanto criticato nella sua ex-moglie; se il mio comportamento non sia poi, in fondo, uguale a quello di lei.
LUI mi sorride (ed affonda, muovendolo più rapidamente, un dito nella mia vagina) e mi dice che NO! Certo anche io sono una gran troia ma, d’altro canto (aggiunge tranquillo), tutte noi donne sposate siamo delle puttane, spesso inespresse e represse, ma comunque sempre puttane (oddio: non &egrave certo un giudizio lusinghiero per noi donne!). La differenza tra me e la sua ex moglie &egrave che io ci metto passione, trasporto, abbandono. Si, perché (sostiene lui ‘ e non so sin a che punto non abbia ragione) io ne sono ‘innamorata’; quando mi faccio chiavare da LUI &egrave perché LO AMO! Certo: non come amo mio marito, non con lo stesso sentimento di gratitudine e riconoscenza; sentimento che si può tranquillamente definire: amore! La sua ex moglie, invece, non amava nessuno, se non se stessa. Amava il cazzo, qualunque cazzo’ incurante del male che poteva procurare agli altri, come a sé stessa. LUI l’aveva colta sul fatto in un paio di occasioni e, ciononostante, l’aveva perdonata; aveva cercato di farle capire che ‘
Ed &egrave a questo punto che il mio cellulare si mette a squillare, prima sommessamente, poi sempre più forte: sono le otto, cavoli!
Scivolo fuori dal quello strano abbraccio con LUI e mi precipito verso la consolle dove &egrave posata la mia borsa. Ma, stranamente, questa volta non mi sento angosciata, disperata, perduta, quando, estratto il cellulare dalla borsa, leggo sul display il numero di casa mia ‘
Mentre parlo (per la prima volta da che sono venuta in questo villaggio vacanze) tranquillamente e serenamente con mio marito, senza ansia o palpitazioni, LO seguo con lo sguardo: Lui si alza dal letto, si riveste senza fretta, mi si accosta e mi deposita un bacio sul collo. Silenziosamente (perché mio marito non senta). Facendomi un cenno con la mano, e con parole senza suono, mi dice: ‘ A dopo ” E se ne va.
Continuo a seguirlo con gli occhi e, non so perché, qualcosa mi stringe il cuore.
&egrave l’ultima volta che l’ho visto!
Come a solito, verso le nove del mattino, colazione con Dany e Nietta ai tavolini del bar della piazzetta. Poi spiaggia: mare, bagno, sole, ancora bagno e ancora sole ‘ e così via. Ora di pranzo: le mie amiche salgono al ristorante mentre io resto ancora in spiaggia (forse arriverà, come &egrave successo in altre occasioni?). Torno al residence verso le sedici: doccia, un’oretta di riposino in pieno relax e quindi prepararsi per raggiungere le altre in piazzetta (di LUI manco l’ombra!). Solita cerimonia delle torte, 4 passi per il villaggio (chissà se riesco a vederlo da qualche parte: niente!). A cena il suo tavolo abituale resta desolatamente vuoto (&egrave andato a cenar fuori da solo?).
Oh Emma, vorrai pure lasciare agli altri la libertà di fare quello che vogliono, no?
Per la serata decidiamo di fermarci al villaggio (c’&egrave uno spettacolino di magia e giocoleria, giù all’anfiteatro, organizzato dai bambini dei residences; oppure in piazzetta suona una giovane band locale ed infine alle 23,30 inizia, in spiaggia, una gara di bocce a coppie).
Io ciondolo un po’ da una porte, un po’ dall’altra sinché, stanca di questa incertezza, di questo ‘non sapere’, vado alla reception del villaggio e chiedo all’addetto se il ‘signore del 160/B’ &egrave in stanza.
Quello mi guarda con espressione perplessa e dubbiosa; batte alcuni tasti sul computer e mi dice, come se mi stesse dando la peggior notizia possibile:
Mi spiace ma il ‘signore della 160/B’ ha lasciato il villaggio questa mattina alle 11,30.
Sono completamente spiazzata.
Scusi ma non aveva prenotato per tutta la settimana, fino a sabato?
Si ‘ mi risponde quello, ironico ‘ ma evidentemente ha disdetto prima.
Già, evidentemente!
Ma la domanda delle ‘100 pistole’ &egrave: perché?
Ma dai Emma, che domanda cretina! Perché ha ottenuto da te quello che voleva e ‘ amen!
&egrave vero: la mia domanda &egrave abbastanza cretina, ma la risposta non mi soddisfa. Perché rinunciare ad almeno 3 giorni e 3 notti (anche noi ripartiremo sabato mattina) di puro ed illimitato piacere? Perché LUI lo sa, lo sa benissimo che ormai ho ceduto su tutti i fronti, ho abbandonato ogni mio limite, ogni tabù, ogni mio freno inibitorio ‘ e lo avrei seguito su qualunque percorso avesse deciso di intraprendere, facendo qualunque cosa mi avesse chiesto di fare.
&egrave questo che mi fa rabbia, che mi rode dentro: perché condurmi sino a questo punto, approfittarsi così deliberatamente delle mie debolezze, delle mie insicurezze ‘ e della mia stupida ingenuità ‘ e poi gettarmi via come ‘ si, &egrave proprio così che mi sento: una merda!
Oppure ‘ oppure c’&egrave forse qualche altra cosa da aggiungere?
Che si sia spaventato per il timore che la nostra relazione stesse diventando troppo ‘coinvolgente’? troppo ‘spiazzante’, specialmente per me?
Sono stata una stupida a dirgli tutte quelle cose, l’altra notte: parlargli di me, della mia vita, di mio marito, del nostro rapporto, dei vincoli e dei legami che ci tengono uniti. Avrà pensato che la sua presenza sarebbe stata troppo destabilizzante per me. E allora: un taglio netto, senza ripensamenti o rimpianti! &egrave stato bello ma &egrave finito. Punto.
Nessun punto di riferimento. A malapena conosco il suo nome di battesimo: nessuna località, nessun indirizzo o numero telefonico o altro. Non ce li ho e non voglio cercarli!

[Oppure, Emma cara, molto più semplicemente: LUI si &egrave rotto le palle di una tipa così complicata, come sei tu!]

Comunque sia: qualunque siano i motivi (superficiali o profondi) di questo taglio netto, di questo brusco ed inaspettato abbandono, essi mi hanno consentito di rientrare nella quotidianità della mia vita, di riassumere quei ruoli che mi ero ritagliata: moglie, madre, insegnante, amica ‘ insomma: signora per bene!

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