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Ero una moglie tranquilla

By 10 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un giorno caldissimo, i 30 gradi non erano esagerati ma l’umidità degli ultimi giorni non lasciava respiro. Mio marito era uscito, come ogni mattina, per dirigersi in ufficio, una delle ultime giornate lavorative prima delle tanto sospirate vacanze.

Sono una donna di 32 anni, felicemente sposata con Claudio, di tre anni più vecchio di me. Alta 1 metro e 75, non troppo magra ma attenta alla linea, terza di seno e capelli scuri. Non penso di essere nulla di eccezionale, specialmente considerando che non perdo tempo a vestirmi in modo provocante, non fa per me. Preferisco un paio di jeans ad abiti da sera ed un paio di scarpe da ginnastica ai tacchi, che indosso solo nelle occasioni più importanti.

Quel giorno mi ero svegliata ed avevo deciso di dedicare la mattina alle pulizie di casa, lasciando libere le ore più calde del pomeriggio per rilassarmi e dedicarmi a me stessa. Alle 14 avevo già finito tutto, pulito casa, pranzato ed avviato la lavastoviglie. Ero stanca e decisamente sudata, ma finalmente libera.

Aprii la porta finestra della camera, che si affaccia sul piccolo terrazzo, e la finestra del bagno, per generare un po di corrente d’aria. Mi sdraiai sul letto con quella brezza leggera a sfiorarmi la pelle. Indossavo una leggerissima vestaglia bianca, lunga fino alle ginocchia, l’unica cosa con cui era pensabile muoversi senza sentirsi addosso i vestiti appiccicaticci. Sotto la vestaglia non avevo indossato biancheria intima, ero sola in casa e non mi poteva vedere nessuno. Mi sentivo più comoda così.
Non avrei nemmeno potuto aprire la porta al postino in quelle condizioni, si vedeva chiaramente che non indossavo il reggiseno, le piccole gocce di sudore avevano reso parte della vestaglia trasparente. Non era un abito provocante, ma guardando il riflesso dello specchio accanto al letto mi accorsi di quanto lo fosse diventato.

Fortunatamente il postino era già passato quella mattina e non aspettavo altri ospiti. Mi rilassai e chiusi gli occhi, pensando all’immagine di me riflessa nello specchio, provando ad immaginare cosa avrebbe fatto mio marito se avessi aperto la porta con addosso solo la vestaglia bagnata al suo rientro dall’ufficio.
I pensieri inziarono ad intrigarmi. Avrei potuto fare finta di nulla, cucinare la cena, guardarlo negli occhi sfidandolo tutta sera senza accennare nulla dell’argomento e divagando quando necessario. Mi sarebbe piaciuto sentirmi desiderata mettendo in difficoltà mio marito. Il pensiero che mi avrebbe potuta sfidare, trattenendonsi dal &egraveproferire parola, solo per godersi lo spettacolo e prolungare il gioco mi stava facendo effetto.

Aprii gli occhi e mi accorsi che sotto il sottile velo della vestaglia era ormai chiaramente osservabile il profilo dei miei capezzoli. Li sfiorai, come per tastarne la durezza, ed un brivido mi scosse. Li pizzicai appena e li mossi su e giù con delicatezza, mentre chiudendo nuovamente gli occhi continuai a sognare il proseguo della serata. I pensieri di essere guardata ma non toccata, di fare eccitare mio marito fino al limite e di guardargli il prorompente gonfiore tra i pantaloni mi avevano portato nella zona di non ritorno.

Le mie mani scesero, mi accarezzai lì, dove la ceretta pre-vacanza non aveva lasciato alcun residuo e la pelle era completamente liscia. Cercai il clitoride, lo sfregai ed immediatamente mi accorsi di quanto liquido era già presente nella zona. Iniziai un massaggio da fuori, con un leggero movimento circolare, mentre con la mano sinistra mi afferravo un seno, prima stringendolo per intero e poi tornando a giocare con il capezzolo.
Dopo pochi istanti avevo già dentro di me due dita, mentre i pensieri avevano fatto un passo avanti. Stavo immaginando che mio marito mi avesse presa e portata in camera, gettandomi sul letto. Lo immaginai con la macchina fotografica in mano ad ordinarmi di assumere pose volgari, partendo dal succhiare il dito in bocca, simulando un pompino, fino a denudarmi completamente, mettendomi a quattro zampe con il sedere rivolto alla macchina fotografica.

Iniziai ad ansimare, mi volevo sentire troia. Aumentai a velocità considerevole il movimento di dentro e fuori che stavo praticando all’interno del mio sesso, trattenni il respiro per poter concentrare le forze nel mio braccio e spingere con maggiore velocità, picchiando volutamente parte della mano sul clitoride, perdendo ogni controllo.
Avvicinandomi all’orgasmo smisi di colpo la penetrazione, mi accarezzai nuovamente i seni e li strinsi, lasciando parte dei miei umori sopra di essi.

Ripresi la penetrazione lentamente, aggiungendo un terzo dito, immaginando di masturbarmi guardando mio marito che, continuando a fare fotografie, si era liberato il cazzo dai pantaloni. Se lo menava con forza e, dai primi consigli sulle posizioni da tenere era passato a chiamarmi troia, vacca in calore, puttana da quattro soldi. Più immaginavo di essere in quella situazione, insultata ed usata per il piacere di un uomo che si masturbava, più spingevo con forza le dita dentro la mia fradicia vagina.

In trance completa iniziai a dirmi ad alta voce che quello che immaginavo mio marito mi stesse dicendo, che ero una vacca in calore, una troia da quattro soldi, che voleva essere scopata.
“Siii….come godo….cazzo come godo…sono una troia…dai troia con quelle dita, spaccami la vagina…non le sento…più forte, più forte…”.

Ero sull’orlo dell’orgasmo, le spalline della vestaglia abbassate, la stessa vestaglia alzata fino all’ombelico, tre dita in figa che si muovevano con tale facilità da farla sembrare completamente sfondata.

In quel momento lo vidi, nell’altro edificio, mi fissava attraverso la porta della terrazza.

yui

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