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Racconti Erotici Etero

Erotismo e carezze dopo la doccia.

By 28 Giugno 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

La porta si socchiuse alle sue spalle. Nell’oscurità di quell’aria satura di vibrazioni, i suoi piedi disegnavano sul parquet le luci delle sue linee, così suadenti. Qualche goccia cadeva ancora dai suoi capelli, e divorava il suo intorno. Camminava piano, senza fare rumore. Conosceva a memoria quel breve corridoio. Le sottili assi di legno sotto ai suoi piedi erano le complici del suo passo, pieno di erotismo. Era aggraziato il movimento che compivano le sue ginocchia nel flettersi, mentre faceva il passo. Nell’aria, si disegnavano tanti cerchi, tante linee, tante nuvole di un’essenza per cui, è certo, ogni uomo avrebbe bramato. Le sue dita abbracciarono la maniglia, per abbassarla ed aprire la porta, ma non lo fece. Si irrigidì. Il mio respiro assaggiò il suo collo. Sospirò. Restò in piedi, tra la pesante porta blu ed il mio corpo. Immobile. I suoi capelli neri, lunghi e mossi come un vento in estate, ricadevano sulle sue spalle, poi sul suo seno. La abbracciai da dietro: la mia mano destra si posò sulla sua pancia, quella sinistra le cinse i seni morbidi. Che piacere sentire la mia mano riempita da quella calda morbidezza. Il capezzolo era l’acme dell’eccitazione del suo seno, così lineare. Le mie labbra si posarono lentamente sul suo collo, si aprirono e si schiusero più e più volte. Reclinò il collo sulla mia spalla destra, lasciandomi più spazio per assaporare la fresca malizia del suo orecchio sinistro. E poi giù, sulla sua spalla feconda di accelerate pulsazioni. Cresceva l’eccitazione in me. Lo sentivo. Lo sentiva. La punta della mia lingua bagnata percorreva lentamente e senza discriminazione alcuna, tutti i centimetri, del suo collo, del lobo del suo orecchio, della sua nuca. Al buio la vedevo meglio. Le sue mani si posarono sui miei fianchi. La sua schiena era completamente a contatto col mio petto largo e villoso. I suoi capelli si legarono indissolubilmente ai peli del mio petto, e si formò una catena di emozioni, che di lì a poco avrebbe acceso le luci dei nostri sogni. Ci baciammo. Intensamente. Quello era un bacio lungo, profondo, passionale. Io mi curai di lei, e lei di me. La mia mano destra scivolò lentamente verso il monte della sua follia. Mi tese un agguato e piegò le ginocchia, sporgendo il sedere. Le mie tempie iniziarono a battere con forza. Vedevo nell’oscurità, usando le gocce del sudore del mio corpo come mille occhi aperti e ricettivi. Vedevo con le mani, vedevo con la schiena, vedevo con il petto, vedevo con le gambe… E lei, col fiato lento, cadenzato, mi vedeva gioire. E lo faceva con me. Le annusai i capelli e, in uno slancio di eccitazione, avvicinai la mia mano destra al suo clitoride, mentre la sinistra titillava con i polpastrelli uno dei suoi capezzoli eccitati.
Mi pulsava tutto, e il contatto con le sue gambe, con il suo sedere accogliente e con i suoi capelli fluttuanti, mi davano delle decise scariche di adrenalina, di cui non sarei mai stato vittima di overdose. I suoi mugolii femminili confermavano la giustezza dei miei movimenti. Le mie dita giocavano scivolando accanto e sopra al suo clitoride, ormai bagnato. Un gemito deciso e improvviso fendette quell’aria ferma, ma impregnata di noi. I nostri corpi erano delle linee blu che giocavano a sommarsi, abbracciarsi, rincorrersi e non lasciarsi più. D’un tratto, si voltò. Vidi di suoi occhi vividi e pieni di passione arrivare dentro me, come una lancia affilata. Afferrò i miei glutei, che mi resi conto di aver tenuto in tensione per tutti quei minuti, mi portò ancora a contatto col suo corpo stupefacente, portò le mie mani dietro la sua schiena, come se volesse che la reggessi, e sollevò una gamba. Sentii tutta la sua bagnata voglia accarezzare la mia punta, che era grande, bagnata, pulsante e puntava diritta verso il suo più profondo essere Donna. Sembrava che gli istanti non passassero più, ma lentamente la mia punta entrò dentro di lei. Per uscire un attimo dopo. Ebbi un pensiero fulmineo ed aprii la porta che stava davanti a noi. Decisi di prenderla in braccio, con le sue gambe attorno al mio bacino. Le tenni il sedere morbido con le mani aperte, la feci scendere fino all’altezza del mio pene, che sfiorò le caldissime gocce della sua intimità, aprii la bocca per godermi il gusto del suo capezzolo sempre più turgido, e senza guardare camminai in avanti nell’oscurità. Mi abbracciò con forza con gambe e braccia. Avrei potuto anche non reggerla più. Non cambiammo mai posizione. Entrai nella mia camera e mi sedetti sul letto. Le fibre delle sue gambe, delle sue braccia e della sua schiena ora saltavano. Anche di gioia. Quella stanza buia si riempì di tanti liquidi, che la fecero sembrare la stanza più bella del mondo: il nostro sudore, i suoi umori, il mio seme, la nostra saliva…
Non eravamo più un insieme di linee che si rincorrevano, perchè eravamo talmente concentrati che ci avrebbero potuto rappresentare solo con un grande punto blu, il colore della profondità e della passione.
Quando mi addormentai, ero ancora dentro di lei, che continuava a curarsi di me.

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