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Racconti Erotici Etero

Famiglie in guerra

By 4 Giugno 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Famiglie in guerra- Il bombardamento.

Dopo lo sbarco a Lampedusa le colonne dei liberatori alleati avanzavano.
I Boston scortati dagli Spitfire e gli Hurricane aprivano la strada alle colonne corazzate americane e inglesi, spazzando via le ultime truppe italiane e tedesche che tentavano d’ostacolare l’avanzata, il grosso delle truppe dell’asse si era concentrata sui monti intorno a Roma, l’ordine di Hitler era perentorio, la Capitale non doveva cadere, Mussolini aveva perso il suo splendore, la guerra i tedeschi americani e inglesi avevano intaccato la ferrea volontà di quello che era stato chiamato il più grande italiano di tutti i tempi dall’inglese Churcill, dell’uomo dall’epiche imprese e dall’amore sconfinato per il suolo natio.
Mentre gli alleati preparavano un nuovo sbarco in pompa magna ad Anzio truppe corazzate continuavano a marciare verso Nord aiutati dai partigiani locali che colpivano le forze germaniche dall’interno facendo saltare fabbriche e sabotando linee di difesa , un piccolo drappello, un leggero spiegamento di forze italo tedesche si era fermato nel paesino di Brenna, l’ordine era di difendere a tutti i costi, la fabbrica Breda del posto che costruiva tubi e pezzi per mortai, le persone del villaggio erano state fatte evacuare, pochi coraggiosi avevano deciso di non abbandonare il paese natio, naturalmente nel posto erano rimasti gli operai della fabbrica con le famiglie.
Il paesino situato su un colle, circondato a nord da una foresta di querce e olmi, a sud dal fiume Losanni e a ovest da uno strapiombo naturale che ne aveva fatto fortezza naturale gia dai tempi del medioevo.
Il 13 di gennaio la sirena che avvertiva l’imminente bombardamento si mise a stridere, le poche persone rimaste nella zona cercarono riparo nel rifugio zein-otto, una trentina di persone presero posto nella stanza sotterranea dalle pareti di cemento, poche candele e un paio di lampade a olio illuminavano il locale di un centinaio di metri quadrati, tra loro il vecchio dottore del posto, Italo Smacchi, ormai sessantenne aveva deciso di vivere o morire nel paese natio, la moglie Flavia se ne era andata stroncata da un infarto sei mesi prima, e l’anziano laureato aveva deciso di restare nella casa dove aveva passato ben quaranta anni con la sua consorte, con lui era rimasto il giovane nipote Carlo e la figlia Cesira, Carlo appena diciottenne non se l’era sentita di lasciare solo l’anziano nonno e la madre, la poca vista gli aveva risparmiato il servizio di leva e la guerra, inoltre suo padre era stato dato per disperso in Abissinia, da anni non lo vedeva e lui era ancora convinto che il genitore potesse tornare da un momento all’altro, l’avrebbe trovato li, suo padre avrebbe trovato la sua famiglia ad attenderlo dove l’aveva lasciata, tra loro vi era anche la giovane Pia Berardo, non aveva lasciato il villaggio per lo stesso motivo del ragazzo, suo marito Anselmo era stato dato disperso in Grecia, e lei l’aspettava da un momento all’atro, la donna appena ventiquattrenne aveva un bel rapporto con la famiglia Smacchi, d’altronde condividevano lo stesso sgomento, la stessa guerra, la stessa passione.
Quando i presenti nella stanza sentirono i primi colpi della contraerea partire dal tetto della vicina fabbrica si affrettarono a spegnere candele e lampade nel rifugio, un innaturale silenzio calò nella stanza umida. I cingoli dell’unico carro armato si muovevano grattando la terra, il semovente Ansaldo prendeva posto sul colle DARIO per aumentare la gittata del cannone.
Ascoltarono i rombi degli aeroplani passare sopra di loro, silenzio.
Sono i nostri-Sentenziò il dottore, aveva riconosciuto il rombo del motore Daimler-Benz DB 605 A da dodici cilindri dei quattro apparecchi Messerschmitt i caccia tedeschi che erano stati lasciati in difesa del posto, subito dopo aveva sentito gli 870 cavalli del motore Fiat A74 RC 38 del caccia Macchi C.200 Saetta italiano – Anche i due italiani, che si facciano onore-L’anziano dottore aveva combattuto sul monte grappa nella grande guerra, decorato con la croce di ferro per una ferita alla testa che gli era valsa la fine della guerra, fascista convinto sperava di cuore che gli arditi di Mussolini risollevassero le sorti della battaglia ributtando a mare gli alleati e sbattendo fuori dalle alpi quelli che una volta erano gli amici tedeschi. Sentì i duelli aerei sopra la sua testa, Pia spaventata e tremante camminò nel buio fino ad’arrivare all’angolo della stanza, terrorizzata poggiò la fronte al muro, a occhi chiusi inizio a piangere e pregare

sommessamente suo fratello Ardito Sereni era uno dei pochi italiani rimasti a fianco dei tedeschi, tenente comandante di un plotone di arditi, rimasti fedeli al duce, difendeva il perimetro della fabbrica con un gruppo di coraggiosi sventando quasi ogni sera gli attacchi dei partigiani, un proiettile tracciante della contraerea passò vicinissimo all’abbaino del ricambio d’aria del rifugio, il fosforo del proiettile per un secondo illuminò a giorno la stanza per un nano secondo, il dottore abituato ai lampi di luce scorse la giovane donna, si avvicinò a lei lentamente con l’intento di rincuorare la donna sola poi da dietro l’abbracciò tentando di rassicurarla, Pia fu grata a quell’uomo che le offriva un po’ di comprensione e di calore umano, poggiò la nuca sulle spalle, poteva essere chiunque, ma in quel momento non le interessava, i bombardieri Dakota iniziarono il bombardamento, la terra iniziò a tremare, Pia si attaccò ancora di più all’uomo, le natiche sode della ventiseienne andavano a strusciare sul pube dell’anziano dottore. Per un secondo Italo restò immobile, era anziano certo, ma la sua virilità non si era ancora assopita del tutto grazie anche alla vita sana che aveva sempre avuto, inoltre una donna come Pia avrebbe risvegliato un morto, l’uomo l’aveva osservata passeggiare mille volte nel vicolo di pietrisco che portava fino al mercato ne aveva ammirato i capelli corvini sempre profumati di lavanda e lisci come seta, una cornice perfetta per quel viso ovale, gli occhi neri come il carbone sopracciglia folte e arcuate, la bocca carnosa e il piccolo nasino a patata, aveva sognato di stringere tra le dita qual seno pieno e tondo, immaginato il ventre piatto e granitico che le vesti un po’ ardite della ragazza lasciavano intravedere, la vita stretta si allargava armoniosamente sino ai fianchi pieni ma non grossi, nel caff&egrave del paese si diceva che quello della Pia era il più bel sedere del villaggio come erano belle le gambe lunghe e affusolate, il vecchio tentò di staccarsi per evitare, dure e puntute sorprese alla ragazza.
–No ti prego resta, abbracciami forte, finché questo inferno non finisce- Pregò quasi la donna
Restò fermo immobile, la terra tremava, ma lui restava abbracciato alla donna come un naufrago al galleggiante.
Centinaia di metri sopra le loro teste i duelli continuavano i due apparecchi italiani avevano ingaggiato battaglia con gli hurricane scaricando le mitragliatrici Breda – SAFAT da 12,7 mm , mentre i quattro Messerschmitt meglio armati tentavano di sbarrare la strada ai bombardieri, ma la lotta era impari, i Dakota continuavano a sganciare il carico di morte, bombe da 150 chili cadevano come chicchi di grandine durante un temporale d’autunno, alcune bombe caddero a pochi metri dal rifugio che tremò per alcuni secondi, pezzi di intonaco iniziarono a staccarsi dal tetto, gli occupanti imprecavano, non Pia, il contatto con l’uomo di cui non conosceva il volto la faceva sentire sicura, da tempo non era stretta da braccia maschili, e lei ancora giovane aveva bisogni spalle forti e avambraccia pelose, iniziava a chiedersi chi ci fosse dietro di lei, forse il giovane Ettore aveva visto mille volte le occhiate ammiccanti che il giovanotto le lanciava quando la incontrava per la strada, l’aveva scoperto centinaia di volte con lo sguardo fisso sulle sue gambe o sul suo seno quando andava a trovare sua madre o suo nonno per una visita. Nel mezzo dell’inferno la donna riusciva ad essere lusingata di quelle attenzioni, poggiò la nuca sulle spalle del suo cavaliere, poi lentamente le natiche,

sentì la fiera mascolinità dell’uomo puntare nel solco delle natiche, strusciò una due, tre volte, non vi erano dubbi, l’uomo si era eccitato, il suo respiro si fece ansante, il cuore iniziò a martellarle nel petto, da tempo non sentiva l’erezione maschile, da troppo tempo un membro teso non la sfiorava, aveva permesso solo al marito di avvicinarsi tanto a lei, era stato il suo unico amore e amante, il suo unico uomo e amore, ma ora, cosa poteva importare, il fango delle montagne greche sembrava aver inghiottito il suo uomo insieme a gran parte del suo reggimento, continuava ad amare quello che poteva essere un fantasma, e una bomba lanciata dalla pazzia degli uomini avrebbe potuto seppellire lei e tutte le persone che si trovavano in quel rifugio, poi quel giovane, aveva mai amato una donna? No, no sicuramente, questo se possibile l’eccitò ancora di più, iniziò a strusciare le natiche sul sesso turgido dell’uomo, una pazzia, ma Pia quando eccitata era come una pazza, certo forse se avesse saputo che dietro di lei’
Italo sentì il suo membro insinuarsi tra le cosce della donna, era forse da un anno che non aveva un erezione così prepotente, e le sue fusa erano un chiaro invito, un sogno si avverava, il posto era completamente buio, e poi i presenti non si curavano certo delle faccende altrui, troppo spaventati e impegnati a tenere stretti al petto affetti o portafogli con i risparmi di una vita, l’avidità dell’uomo sfidava la morte, lentamente fece salire le mani sui fianchi della ragazza, carezzò dolcemente i seni gonfi da sopra il tessuto, la sentì tremare, lentamente iniziò a sbottonare il vestito dell’insperata amante, lo lasciò fare, ormai vinta dall’eccitazione pia voleva essere accarezzata, palpata, penetrata, finalmente le mani callose toccarono la pelle nuda, appena pia sentì le dita dell’uomo serrarsi sui capezzoli fu scossa da un brivido, con la mano destra andò a cercare la verga dell’uomo, neanche con il marito era mai stata cosi ardita, faticosamente riuscì a sbottonare la patta e a liberare il sesso, restò un attimo interdetta, stava per toccare il primo sesso che non era quello del marito, poi afferrò l’asta bollente, era grande, la accarezzo come poteva fermandosi a massaggiare il glande con i polpastrelli, poi l’impugnò come piaceva al marito, restò sorpresa nello scoprire che indice e pollice non riuscivano a incontrarsi quando le due dita circondavano il membro, era grande e ne fu felice, anche se si aspettava un sesso gia durò e pronto, lui continuò a accarezzare le mammelle con la sinistra, mentre con la destra continuava a sbottonare il vestito che come un camice poteva essere completamente aperto davanti, finalmente la stoffa si allargò, l’aria fresca investì il ventre della donna, ora sentiva l’aria insinuarsi tra le sue cosce, fino alle mutandine ormai bagnate, le labbra della vagina umide a contatto con spifferi freddi le regalarono altri brividi, l’anziano uomo si inginocchiò dietro di lei, abbassò velocemente le caste mutandine bianche, quando Pia sentì l’alito dell’inaspettato amante scaldargli l’ano capì cosa aveva in mente, tirò indietro il sedere per agevolare il suo compagno, non era mai stata leccata, Italo dissertò ancora di più le cosce della donna, soffiò sul fiore che ormai distillava nettare, lei tirò indietro il sedere con un movimento impaziente, voleva essere leccata, il marito cattolico praticante si era sempre rifiutato, non era mai andato oltre il canonico rapporto, senti il muscolo caldo e viscido poggiarsi tra le labbra, sembrava che il ragazzo si divertisse a raccogliere i suoi umori con la lingua
“porco, &egrave un porco” Pensò tra se Pia,
Finalmente la lingua iniziò a massaggiare le labbra, colpi sempre più veloci, ogni volta che sentiva la lingua sfiorarle la carne bollente pia era scossa da brividi, eccitata come si piegò sulle ginocchia sino a che senti le labbra poggiarsi sul viso dell’uomo, il muscolo molle la penetrò, dovette mordersi le labbra per non urlare il suo piacere, entrava e usciva dal suo corpo, sempre più velocemente, quando il pollice dell’uomo la penetrò, sentì arrivare l’orgasmo, prese a tremare ansimando, Italo pensò per un secondo di smettere, avrebbero sentito tutti, ma poi continuò, per alcuni attimi, senti l’orgasmo della ragazza, poi senti il respiro di lei tornare normale, quando Pia si rese conto della posizione volgare che aveva assunto si vergognò, le lacrime iniziavano a scendere sul viso, ma non ebbe il tempo di pentirsi, l’uomo l’afferrò per i fianchi, anche lui voleva la sua parte, afferrò il membro che si era fatto ancora più grosso ma che non era ancora completamente turgido, tentò di masturbarlo in modo veloce e scomposto, ora si rendeva conto, a pochi metri da lei c’erano i suoi vicini, era una pazza, una puttana, con quel nome l’avrebbero marchiata a vita “E a ragione” si disse, continuò a menare l’uccello dell’amante per portarlo ad un veloce orgasmo, l’avrebbe lasciato insoddisfatto ma temeva una sua reazione, Italo capì la donna, la voltò, ora i loro occhi erano a dieci centimetri di distanza uno dall’altro ma i due non riuscivano a vedersi, le mani callose del dottore presero ad accarezzarle l’interno coscia, prima lentamente, poi le carezze si fecero più forti, l’uomo alzò il pollice trovò subito la perla della donna, roteò il polpastrello del pollice sul clitoride della ragazza, Pia fu di nuovo scossa da brividi di piacere, non vi era dubbio sapeva come far eccitare e godere una donna, stava per arrivare di nuovo all’orgasmo quando il dito del dottore si bloccò.
–No!-Sibilò Pia -Continua-
Per risposta lui poggiò una mano sul trapezio della donna, la spingeva in basso.
Cosa voleva! Voleva che lei gli baciasse e succhiasse il membro, per un secondo fu sconvolta, era una cosa sporca e contro natura, era questo che gli aveva sempre insegnato la mamma e confermato il marito, per un attimo tentò di allontanarsi, sino a che sentì pollice dell’uomo che fino a poco prima l’aveva penetrata premere sulle labbra, chiuse gli occhi e lo baciò assaggiando il suo orgasmo precedente, la voglia perversa di riempirsi la bocca con quel grosso membro la fece sedere sui talloni, l’odore forte di muschio eccito tutti i suoi sensi di femmina, bacio il glande una due tre volte senza avere il coraggio di infilarlo in bocca, “Puttana, mille volte puttana” si disse, ma ormai i freni inibitori erano scomparsi, baciò ancora il glande, timidamente passò la lingua sul frenulo e per la prima volta assaggiò il sapore di maschio, finalmente sentì l’asta di carne irrigidirsi e divenire dura e pronta, si alzò febbrilmente tirò l’uomo verso di lei stringendo le dita sulle natiche.
–Dentro-implorò -Lo voglio dentro-
Italo ormai al culmine dell’eccitazione la fece voltare Pia poggiò i palmi delle mani al muro, senti il grosso glande separare le labbra vaginali, il membro entrò dentro di lei lentamente, inesorabilmente, era molto più grande di quello del marito e a Pia sembrò d’esser stata sverginata una seconda volta, sentiva l’asta allargare le pareti interne, fortunatamente la lubrificazione era abbondante, la corsa del sesso sembrava non finire mai, un gemito di dolore e soddisfazione sfuggì dalle labbra della donna quando senti i peli del pube dell’uomo carezzargli le natiche, restarono fuori per alcuni secondi, si stava facendo prendere in una sala piena di gente da un uomo che neanche vedeva in viso, doveva aver perso il senno, questo pensiero attraverso più volte la sua mente, e con questo pensiero radicato in testa e le prime spinte dell’uomo che venne, i suoi gemiti quasi surclassarono le esplosioni della vicina contraerea ma non badò a questo, il pistone di carne continuava a muoversi nel suo ventre, arrivava dove nulla era arrivato prima, le secrezioni colavano copiose imbrattandole l’interno cosce, rendevano la penetrazione rumorosa, non vi era attrito solo uno strusciare di voglie liquide, oscenamente rumorosa, venne una seconda volta, i muscoli interni serrarono il sesso, sembrava potesse sentire e scorgere ogni avvallamento curva e vene di quel ramo di carne ora rigido come il marmo, d’un tratto l’uomo uscì da lei, pensava fosse giunto al culmine ma dovette ricredersi quando d’improvviso lo senti rientrare, accolse l’intera asta con un grido.
Restarono per un attimo immobili, lo sentì scivolare fuori di nuovo fino al glande, poi di nuovo dentro, ma stavolta era preparata, sentiva il fiato corto dell’amante bruciargli la nuca ancora quattro colpi, e il nuovo orgasmo la colse all’improvviso, Italo fu lesto ad afferrarla per i fianchi, le gambe tremanti della donna non riuscivano più a sostenerla, continuò a muoversi dentro di lei, quando capì che l’uomo stava per venire, tentò di scostarlo spingendolo indietro con la mano, ma non appena il primo getto di sperma bollente le investi le pareti risentite dal rapporto un orgasmo più violento dell’altro la fece bloccare
–Si dentro, tutta-Riuscì a dire con voce rotta, Attilio restò dentro di lei per sorreggerla per brevi minuti, il sesso ormai molle poi scivolò fuori dal nido bollente reso ancor più scivoloso dalla grande quantità di sperma che la donna aveva dentro, mentre fuori la battaglia continuava lui si allontanò, a stento raggiunse l’unica sedia libera.
Pia tentò di trovare le mutandine a terra, nulla, forse le aveva prese il ragazzo, con le gambe tremanti dovette poggiarsi con la schiena al muro, scivolò lentamente mentre si abbottonava il vestito, non aveva mai provato nulla di simile, sentiva lo sperma dell’uomo scaldargli ancora il ventre, passò i polpastrelli sulla vagina bollente, si sentì tremendamente aperta e bagnata, gli era venuto dentro, poteva restare incinta, passò il dorso della mano sulle labbra bollenti tentando di far sparire il sapore e l’odore del maschio che ancora sentiva radicato attaccato sulla pelle, pianse in silenzio ma, ormai il danno era fatto.
Finalmente il rumore delle esplosioni cessò, i Dakota si allontanavano, seguiti dai caccia, poi la sirena del cessato allarme.
Lui senza farsi scorgere dai presenti gli passò le mutandine, prima che le lampade illuminassero ancora quel luogo di paura, finalmente Pia vide quale era stato il suo amante, sentì le gambe farsi molli quando vide che era il dottore del paese.
Lui la guardò fissò negli occhi neri, infilò le mutandine nella grossa tasca del vestito, poi senza dire nulla si voltò e prese a salire le scale per uscire, fu subito seguito dagli altri, e Pia dietro di loro.
*****
Era disparata, cosa aveva fatto, il diavolo si era impadronito di lei, e quell’uomo maledetto ne aveva approfittato, sentiva le labbra vaginali arrossate pruriginose, non per il rapporto, ma perché appena tornata a casa si era lavata e rilavata, strusciando quasi con violenza tutto il corpo con acqua e sapone . Piangeva ancora quando sentì il fratello rientrare, lo guardò mentre silenzioso toglieva il giubbetto da aviatore preso a un aviere americano abbattuto e lo appendeva all’attaccapanni dell’ingresso, dalla porta della sua camera poteva vedere, sospirò, ma stavolta era un sospiro di sollievo, era a casa, sano e salvo, forse, sicuramente, non aveva mangiato, tutti i pensieri scomparvero dalla sua testa, si alzò.
-Ancora sveglia?- Domandò lui sorridendo, lei scrollò le spalle, poi il fratello guardò quel viso d’angelo, gli occhi gonfi e arrossati, la guardò mentre apriva la dispensa per tirarne fuori mezza pagnotta e un pentolino di alluminio colmo fino all’orlo di brodo e carne di gallina e pernice che aveva cacciato lui quella mattina stessa.
-Potevo far da solo- Disse lui studiandola
Scaldò sul piatto della stufa a legna ancora bollente il contenuto della casseruola e il pane-.
Poi poggiò tutto sul tavolo, restò a guardarlo in piedi, soddisfatta mentre lui consumava il pasto con appetito.
Guardò il fucile, poggiato a venti centimetri da lui, e ricordò lo stato del suo paese.
Quando lui si alzò, lei lo salutò con un mezzo sorriso forzato, andò al letto invitandolo a fare lo stesso, s’era sdraiata con le orecchie seguiva i passi del fratello, entrava nella sua camera, poggiava qualcosa, poi sentì i passi di nuovo nell’ingresso, serrò gli occhi tentando di dormire, lui bussò leggermente alla porta della sua camera aperta
-Vieni, entra- disse lei. L’invitò
Entro diretto fino al letto della sorella, carezzo il capo della ragazza, e lei scoppiò di nuovo a piangere, le mani forti passarono sugli occhi gonfi
-Non piangere- Disse lui con un filo di voce -Passerà tutto, tutto si sistemerà, si stancheranno di farci la guerra- Disse senza smettere di carezzare il volto arrossato -Non aver paura-
Le mani callose riuscirono a incoraggiare e infondere coraggio nella ragazza, era il fratello minore, ma era da sempre stato il maggiore, l’amico a volte il padre.
Lei serrò le manine su quella più grande -Ho paura solo quando non sei qui- Confidò sinceramente, trattenendo il segreto del bunker
-Ora sono qui- Baciò la ragazza sulla fronte, poi con gli occhi si congedarono, Pia sospirò ancora, si voltò su un fianco, pochi pensieri, un profumo, il sonno la portò via dalle preoccupazioni.
Alessandro sfilò gli stivali di pelle nera, scalzò sul pavimento in assi di legno camminò fino alla finestra, controllò il fucile, poggiando le cartucce calibro 7,35 sulla mensola in quercia, l’alba era vicina’.

Al mattino il paese aveva ripreso una parvenza di normalità, giovane e bionda Giovanna Adda si alzò all’alba, preparò il caff&egrave e la colazione al vecchio nonno, infilò un paio di pantaloni marroni in flanella, camicia di cotone e la giacca di daino che il nonno usava per andare a caccia, dopo aver portato la colazione al vecchio nonno lasciata sul comodino prese il fucile dall’armadio, infilò una scatola di cartucce calibro dodici nella tasca e uscì di casa, fuori vi era ancora la nebbia, in silenzio attraverso i viottoli del paesino medievale, poi prese una mulattiera che portava nel bosco, non appena fu nel mezzo della vegetazione si girò verso le case che si era lasciata alle spalle, poteva andare, proseguire nessuno l’aveva vista, ma sbagliava, dietro la finestra di una stanza buia qualcuno aveva osservato tutto’
Continua’

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