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Racconti Erotici Etero

Festa in maschera

By 23 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

22:00
Maschera Obbligatoria

Riguardavo quell’enigmatico biglietto in carta filigranata mentre percorrevo una strada alberata illuminata unicamente da fari della mia macchina dato che erano ormai diversi minuti che non si vedeva alcun segno di civiltà.
Eppure i numeri sul retro sembravano proprio coordinate ed una volta inserite nel navigatore avevano dato un luogo plausibile. Che mi fossi sbagliato? O magari era uno scherzo? A quel punto tanto valeva continuare.
Arrivato a destinazione, delle fiaccole mosse dal vento, erano il segnale che non ero completamente solo in mezzo al nulla come stavo pensando così presi a percorrere il viale privato al di là del cancello aperto. Dopo la prima curva per superare una collinetta finalmente vidi una villa imponente ed illuminata. Doveva essere quello il luogo nel quale doveva condurmi il biglietto, del resto c’erano altre macchine posteggiate nell’ampio piazzale antistante la villa con sentori neoclassici, quindi doveva essere lì quella che supponevo essere una festa.
Prima di scendere dalla macchina indossai la mezza maschera come ultimo e fondamentale tassello del mio travestimento da fantasma dell’opera.
Pochi bassi gradini in lastre di pietra bianca mi portarono alla porta d’ingresso. Mi accolse un maggiordomo in livrea tipica dei film in bianco e nero, gli consegnai l’invito ed il mantello. L’atrio era spazioso ed il suo soffitto alto metteva soggezione per quanto faceva sembrare piccole ed insignificanti le due colonne marmoree che lo sorreggevano, i toni ambrati della pietra mescolati al marrone scuro degli elementi in legno riscaldavano la vista ed accoglievano splendidamente anche un estraneo come me.
Il maggiordomo mi accompagnò nell’ampia sala da ballo già sufficientemente gremita di maschere di tutti i tipi, alcune si inspiravano a personaggi di storie, reali o immaginarie, altre invece erano semplicemente travestimenti di ispirazione fiabesca. Pizzi, merletti, retine erano le scelte preferite per camuffare le fattezze, ma persino piume di pavone e di altri animali esotici per i più eccentrici.
Il tempo passava tra timidi balli e chiacchiere senza peso fino a quando un presentatore del circo salì sulla pedana dei musicisti e la musica si fermò. Con linguaggio ampolloso ed invitante annunciò l’inizio dello spettacolo di interpretazione delle maschere. Mimi e personaggi noti si alternarono alla ricerca dell’applauso più fragoroso fino a quando calò un silenzio sepolcrale in tutta la sala, alzai gli occhi dal bancone del bar per capire cosa aveva provocato una tale reazione.
Sul palco, di profilo, c’era una donna con un lungo vestito rosso, i capelli color del rame lucido le nascondevano ampiamente il viso. Fece un passo avanti ed un’onda di luce si mosse lungo l’abito glitterato, le mani, nei lunghi guanti viola, erano poggiate sui fianchi tondi ed accompagnavano i suoi movimenti felini

You had plenty money in 1922

la sua voce acuta ma sensuale si propagava senza essere attenuata dal brusio che aveva accompagnato le interpretazioni precedenti

You let other women make a fool of you

un altro passo e la gamba destra emerse completamente dal vertiginoso spacco

Why don’t you do right like some other men do?

un alto passo e poi si voltò verso la sala. La scollatura a cuore metteva in risalto il seno abbondante, le labbra gonfie e rosse sembravano sempre in procinto di scoccare un bacio

Get out of here and get me some money too

Stava fissando me? Sarà stato solo il caso o magari il trucco che insegnano nei seminari per parlare in pubblico di fissare qualcuno e far finta che gli altri non ci siano.
Mentre flirtava con le persone sotto il palco continuava a cantare ma tornava sempre col suo sguardo su di me

If you had prepared twenty years ago

La connessione dei nostri occhi durava sempre più a lungo, nonostante fossi dall’altro capo della stanza mi sembrava di essere ad un passo da lei

You wouldn’t be wandering now from door to door

I gesti che rivolgeva a chi la osannava da sotto il palco mi sembravano rivolti a me

Why don’t you do right like some other men do?

All’improvviso distolse lo sguardo da me e non lo riprese più.
La canzone stava per finire e reputando che la serata non aveva da offrire nulla che reggesse il confronto con Jessica Rabbit dal vivo, presi il mio old fashioned e mi incamminai verso il corridoio. Ero già sulla porta quando arrivò un applauso fragoroso.

Al di là del cono di luce proveniente dalla sala da ballo il corridoio sarebbe stato completamente al buio se non fosse per la poca luce esterna che entrava dalla lontana finestra in fondo, mi diressi da quella parte nel tentativo di trovare un posto più silenzioso e rilassante. Più avanzavo sul morbido tappeto e più i miei occhi si abituavano alla semi oscurità lasciandomi intravedere le cornici cesellate dei grandi quadri ma nulla dei soggetti rappresentati, c’erano anche vasi o statue sui piedistalli ai fianchi delle porte che davano sul corridoio.
Arrivato in fondo aprii una porta ed entrai nella stanza che profumava di mogano e pelle, la sagoma luminosa dell’alta finestra si intravedeva appena da dietro le tende chiuse, mi avvicinai e le aprii. Fui sommerso dalla luce della mezza Luna che era a metà tra lo zenit e l’orizzonte, il freddo della notte era trattenuto a malapena dai vetri. Presi un sorso dal bicchiere.
Sentii la porta chiudersi alle mie spalle, dei tacchi suonavano con cadenza sul marmo duro, poi un tocco sulla spalla e una mano inguantata scivolò sul mio petto. Mi girai lentamente e senza sorpresa trovai la donna in rosso che poco prima era sul palco. Senza dire una parola prese il mio bicchiere e lo poggiò sul tavolinetto al fianco del divano in pelle. Ristabilendo il contatto tra i nostri occhi mi sbottonò la giacca ed infilandoci le mani sotto la alzò dalle mie spalle e la lasciò cadere a terra. Mi slacciò il cravattino ed afferrandone un’estremità lo sfilò dal colletto e lo fece cadere a terra. Indietreggiò e stese un braccio in avanti come per indicarmi ma iniziò a sfilarsi, molto lentamente, il guanto. Lo lasciò cadere ai suoi piedi e con altrettanta calma sfilò anche l’altro che fece cadere sopra il primo. Si avvicinò di nuovo e cercò subito il contatto col mio petto. Le dita affusolate sembravano danzare intorno ai bottoni del panciotto che ben presto mi tolse facendogli raggiungere la giacca sul pavimento. La camicia fece molta meno resistenza e si aprì subito, ne afferrò un lembo e camminando lentamente in circolo intorno a me, facendo ben scandire il tempo dal ticchettio dei suoi tacchi, si portò alle mie spalle dove poté facilmente togliere l’ultimo strato prima di arrivare alla pelle. Con i polpastrelli mi accarezzò le spalle e ne valutò la solidità, soddisfatta, ma mantenendo la mano sul mio corpo tornò di fronte a me. Si avvicinò, e poi si avvicinò ancora come se volesse baciarmi ma non si mosse oltre, alzò le mani e mi sfilò la maschera. Anche se copriva solo metà viso, quella maschera mi faceva sentire protetto e senza, la sensazione di nudità era maggiore di stare a torso nudo.
Si distaccò di nuovo da me, la mano destra cominciò ad aprire la chiusura lampo sul suo fianco sinistro, il vestito che sembrava modellato sul suo corpo ne rimase aderente lasciando scendere solo un lembo che scoprì solo uno scampolo della lingerie. Portò le mani sui seni e prese ad accarezzarli, mentre sfiorava la sua pelle spingeva in basso l’orlo della scollatura. Passate le morbide dune del petto la stoffa glitterata cadde in avanti scoprendo gran parte del bustino in raso rosso sottostante, la scollatura a cuore sembrava il calco di quella del vestito, tutto, persino ciò che era nascosto, era curato nei minimi dettagli. Carezzandosi il torace fece scendere ancora il vestito, le dita passavano nei solchi accennati tra le stecche per darle maggiore sentore del suo tocco lento e sensuale. Arrivata alla vita stretta prese ad ondeggiare i fianchi, sempre guadagnando millimetri di libertà, come le onde del mare quando scende la marea. Sui fianchi soffici rallentò ma accentuò i movimenti fino al punto irreversibile in cui il vestito cadde con un fruscio leggiadro a terra. Fece un passo di lato e si liberò del vestito. Solo nel momento in cui separò le gambe mi accorsi del perizoma minimale che coronava il suo completino.
Mi guardò soddisfatta dell’effetto che mi provocò, il suo corpo, il suo atteggiamento, tutto di lei era così magnetico che non riuscivo a fermare gli occhi dal percorrerla centimetro per centimetro. Lentamente prese a girare su sé stessa, si fermò con le spalle rivolte verso di me, mani lungo i fianchi a contornare il tondo del sedere. Aprì una gamba, aprì l’altra, le punte della dita affondarono nella carne morbida e lasciarono tracce leggere mentre risalivano lungo le cosce. Portò le mani alla base della schiena, afferrò i capi del fiocco che chiudevano il bustino e con un colpo improvviso lo sciolse. Fece un passo nella mia direzione e poggiando le mani alla vita era come se stesse aspettando qualcosa. Alzai un dito, la mano lo seguì, arrivai tra i lembi del corsetto, lentamente mi feci strada sotto il primo incrocio del nastro lucido, lo uncinai nella prima falange e lo tirai fino a liberare la prima coppia di occhielli. Riprendendo fiato portai il dito più in alto e ricominciai da capo il mio lavoro minuzioso di insinuarmi tra i lembi di stoffa e tirare via ciò che li univa. Più procedevo e più il corsetto allentava la tensione su quella carne soffice che andavo a scorgere al di sotto, lei continuava a tenerlo in posizione ma questo non diminuiva l’eccitazione che cresceva ogni volta che tiravo il nastro. All’ultimo passante afferrai il nastro e lo tirai via definitivamente lasciando che i lembi del corsetto si aprissero del tutto, lei pian piano fece scivolare quel guscio sulla sua pelle fino a farlo arrivare a terra e poi lo lasciò cadere. Si voltò palpitante di farsi guardare, sui suoi seni, tondi e pieni, svettavano capezzoli turgidi e scuri. Alzò la mano destra e posò l’indice sul mio petto, dritto al cuore come per indicare che quello era il mio turno. Spinsi col petto e premetti contro quel dito fino a farlo affondare nel pettorale, feci un passo in avanti, lei mantenne la distanza tra noi indietreggiando di un passo, ne feci un altro e così fece lei. Un tango lento ed appassionato anche se ci univa solo un dito, continuai a farla indietreggiare fino a quando arrivò alla scrivania, si fermò e rimase silenziosa in attesa. Alzando le mani le sfiorai appena la pelle delle cosce, dischiuse la bocca per un sospiro di eccitazione, la afferrai ai fianchi e con un movimento brusco e controllato la girai faccia alla scrivania e spinsi il mio corpo contro il suo per bloccarla. Le si mozzò il respiro per il cambio così repentino del ritmo del nostro incontro. Riprese fiato quando lentamente iniziai ad accarezzarle la schiena nuda e quando sentì di avere ancora la possibilità di movimento con piccoli ondeggiamenti del bacino iniziò ad accarezzare la turgida protuberanza sotto i miei pantaloni.
Con una mano tra le scapole la spinsi a piegarsi in avanti, la sua resistenza, anche se decisa, non era sufficiente, più spingevo più mi eccitavo. Una volta stesa con il torso sul piano aspettai gli ultimi suoi tentativi di liberarsi da quella posizione, domata a sufficienza da rimanere in quella posizione le accarezzai la pelle soffice e liscia della schiena, mugolava dal piacere quando le mie mani attraversarono i punti più sensibili. Seguendo il profilo a clessidra del suo corpo le mie dita affondarono nella consistenza burrosa dei suoi fianchi, arrivato al filo sottile del perizoma non mi fermai e continuai la mia strada verso il basso portandolo con me. Mi staccai dal suo corpo e mi inginocchiai dietro di lei, le baciai una natica e poi l’altra, lei iniziò a fremere e a sfregarsi le gambe una contro l’altra, le diedi un piccolo morso per farle capire chi stava conducendo il gioco. Le feci arrivare il perizoma alle ginocchia senza accorgermene tanto la carne del suo sedere era morbida ed invitante da non permettermi proprio di smettere di baciarla e mordicchiarla. Ricominciando i miei baci dall’alto percorsi la fenditura tra le natiche spingendo il mio viso sempre più in fondo e cercando di trovare i suoi punti più ricettivi con la punta della lingua. Lei aveva il respiro affannoso e cercava di trattenere i mugolii di piacere, avrebbe voluto aprire le gambe più di una volta ma con le mani alle sue ginocchia le impedivo di lasciarmi vagare su un campo più aperto verso la soglia del suo piacere che invece volevo esplorare a colpi di lingua e con la forza che mi permetteva di spingere più in fondo il mio viso in quel morbidissimo paradiso del suo culo. Raggiunsi il nettare salato dei suoi umori, mi feci strada tra le grandi labbra e come se avessi aperto una diga la mia lingua venne ricoperta dai caldi umori che le venivano dal profondo, lei era tutto un fremito, stava trattenendo il respiro per impedirsi di urlare e nel frattempo non sapeva se stare ferma e lasciarsi assaporare o sfregarsi con più forza contro la mia bocca. Ritirai la lingua e le lasciai il tempo per calmarsi e riprendere fiato.
Le mie mani fecero percorrere a quello striminzito triangolino di stoffa gli ultimi centimetri prima di terra facendolo scorrere sopra i polpacci tesi dai tacchi alti, arrivato alle caviglie gli feci passare una dopo l’altra le scarpe in raso lucido. Mi alzai soddisfatto che lei mantenesse la posizione che le avevo dato, terminai di spogliarmi. Il marmo freddo sotto i piedi era quasi doloroso ma in quel momento non poteva esserci nulla a diminuire la mia erezione vigorosa.
Poggiai il membro tra le sue natiche, capendo cosa fosse si girò guardandomi da sopra la spalla, le poggiai di nuovo le mani sulla schiena per bloccare i suoi possibili movimenti ma lei mi sorrise e non tentò nulla, lentamente presi a muovere avanti ed indietro il mio bacino per dare un ritmo ai nostri corpi che finalmente si incontravano nudi. Mi piegai su di lei, arrivai con le mani alla nuca, divisi i capelli in due e li tirai come fossero redini, le uscì un piccolo urlo di stupore, forse per un po’ di dolore, ma sicuramente per il desiderio carnale. Tirai forte e le sollevai la testa, ancora più forte ed il petto fu a mezz’aria, tirai ancora e la sua schiena si fermò sul mio petto. Ansimava dal piacere, i capezzoli turgidi salivano e scendevano nei suoi lunghi respiri, con un braccio le circondai il corpo e lentamente la mano risalì verso il petto. Le sostenni il peso della grossa mammella ed iniziai a giocare col capezzolo, lo strinsi e lei mugolò, lo strinsi più forte ed il suo respiro affannoso divenne più gutturale, strinsi ancora più forte e trattenne il fiato per non urlare dal piacere, lasciandolo all’improvviso riprese a respirare ed ansimare.
La girai, eravamo faccia a faccia e non si muoveva, il suo respiro caldo ed affannoso s’infrangeva sulla mia pelle, mi sembrava quasi di assaporare la sua bocca con quelle labbra pronunciate e lussuriose. Col dorso della mano le carezzai il corpo, fremeva al mio passaggio, arrivai al collo, lo circondai con le dita e lo tenni saldamente, non avrei stretto finché fosse rimasta docile. Mi guardava negli occhi cercando di comunicarmi il suo desiderio, le afferrai una coscia e la feci sedere sul bordo della scrivania, lei alzò anche l’altra gamba ma non ebbe l’ardore di circondarmi la vita. Con la mano sul collo la feci sdraiare facilmente, cercava di controllarsi e rimanere ferma ma il suo corpo tremava al mio più piccolo movimento. Le lasciai il collo lentamente e lei rimase immobile aspettando un mio cenno. Le divaricai le gambe esponendola al mio sguardo penetrante, afferrai il cazzo dalla base e lo usai per darle dei piccoli colpi sul clitoride, tremò e fremette tutta cercando di rimanere ferma. Con la punta iniziai ad accarezzarle il sesso umido, i nostri umori si mescolarono facendomi scivolare più facilmente sulla sua pelle perfettamente liscia. Con piccoli affondi le divaricai le grandi labbra e la massaggiai più intensamente, mugolava dal piacere, chiuse gli occhi per gustarsi meglio il tocco del mio membro duro. Spinsi più forte e spostando la punta all’entrata del suo piacere la penetrai lentamente, era già pronta, la calda e umida alcova del suo corpo mi accoglieva con forti contrazioni. Tremava e mugolava, stringeva il labbro tra i denti per cercare di controllarsi, con scarsi risultati. Il ritmo dei miei affondi che inizialmente tenevo volutamente basso cominciò a crescere, sempre più inarrestabile, lei non provava neanche più a controllarsi ed i suoi lunghi urli di piacere venivano fatti tremolare solo dai colpi del mio bacino. Con le mani afferrò il bordo della scrivania per cercare di non farsi spostare dai miei affondi e cercare di accoglierne tutta la potenza dentro di sé, le afferrai le gambe ed alzandogliele al cielo le unii chiudendo il mio membro in una stretta ancor più avvolgente, poggiai entrambi i suoi polpacci sulla spalla sinistra e continuai a scivolare dentro e fuori da lei, sempre più forte. Le sue tette balzavano su e giù, le stringevo forte le gambe sul mio petto mentre i colpi del mio bacino continuavano sempre più forti e ritmati.
Emise un urlo di liberazione ed appagamento contraendosi tutta, poi il silenzio e ricadde pesantemente con la schiena sulla scrivania. Mentre ansimava ripresi a muovermi dentro di lei dapprima lentamente, poi di nuovo forte come prima, sentivo il fuoco salirmi dal basso ventre, feci appena in tempo ad aprirle le gambe, uscire da lei ed inondare la sua pancia col mio sperma bianco e caldo. Restai per qualche minuto in quella posizione, entrambi dovevamo riprendere fiato e forze. Pian piano anche il mio sesso si calmò e perse la rigidezza, solo in quel momento mi staccai da lei.

Mi rivestii con calma mentre lei si ripuliva dal mio seme con una salvietta trovata chissà dove. Indossò il perizoma, prese il corsetto in una mano ed il nastro per chiuderlo nell’altra, si avvicinò a me con passi felini, mi porse il nastro e si girò di schiena. Raccolse i capelli sulla spalla destra e poi posizionò il bustino facendo attenzione che i seni fossero saldi e comodi dentro le coppe. Infilai i capi del nastro negli occhielli più alti, con accuratezza trovai il centro e procedetti nella cucitura di quella corazza di stoffa lucida su quella pelle calda e madida di sudore. Arrivato in fondo risalii con le mani all’inizio e tenendo fermo il suo corpo con la mano destra aperta sulla sua schiena con l’altra tiravo ogni incrocio del nastro. Non commentava, non diceva nulla, lasciava che le stringessi il corpo in silenzio. Le feci un fiocco per chiudere la mia opera e poi andai sul divano a sorseggiare il mio drink, lentamente si fece scivolare ancora addosso la stoffa glitterata del suo vestito, lo chiuse e uscì dalla porta con i guanti in mano.

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