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Fine dei giochi

By 1 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Svegliarsi al mattino non &egrave più piacevole come lo era stato nelle ultime settimane quando la routine quotidiana aveva assunto tutto un altro sapore.
Ogni mattina mentre mi preparavo per andare a lavoro indugiavo a lungo sulla scelta della biancheria e poi optavo per la più sexy. In qualsiasi momento della giornata avrebbe potuto ordinarmi di toglierla e mandargli una foto, volevo fosse eccitato da quello che vedeva. Poi vestita mi guardavo allo specchio e pensavo a quando l’avrei rivisto ancora, sentito pesante sul mio corpo, famelico e travolgente, distaccato ma involontariamente caldo e presente.
Adesso, davanti allo specchio del mio bagno vedo solo un viso appannato e i segni sul collo. Stanno svanendo, come il dolore alla giugulare; presto mi resterà solo il ricordo di queste strane settimane e mi verrà il dubbio di aver immaginato tutto. Mi sembra già d’impazzire.
Avevo intuito che c’era qualcosa che non andava. Il fatto che avesse cercato di capire io chi ero o almeno che lavoro facessi denotava interesse, ero sicura che la cosa l’avrebbe messo in stato d’allarme. E poi gli ho scritto che preferivo non sapere chi fosse e cosa facesse, già così mi stava prendendo troppo; &egrave stato come lanciare un fiammifero in una pozza di benzina. Chiedergli di googlarmi per vedere un pezzo della mia vita, ormai lontano, che mi rappresenta molto di più del lavoro che faccio &egrave stato il culmine della stupidità. Proprio una stronzata, ma non &egrave colpa mia se le storie alla Cenerentola e Pretty Woman ci hanno fatte diventare tutte delle povere stupide romantiche che credono che l’amore possa emergere anche dai meandri più bui dell’animo umano.
Quando sono tornata in me era ormai troppo tardi. Cosa avrei potuto dire? ‘E’ stato solo un momento, questa non sono io. Non mi sto innamorando di te ma adoro come mi sento quando mi scopi?’; non mi avrebbe mai creduta. Patetica.
Ore e ore di silenzio, solo qualche ora ma per me sono state eterne. Ecco, &egrave tutto finito. Brava stupida.
Poi all’improvviso rieccolo a giocare con me ma il suo spirito &egrave diverso; percepisco della rabbia, come se ce l’avesse con me, ma più che con me sembra ce l’abbia con se stesso.
Per stimolare il diavolo che &egrave in lui gli dico che avrei voglia di succhiarglielo, in ginocchio, fino in fondo mentre lui mi guarda dall’alto in basso. La sua rabbia non sparisce ma gioca con me, sempre più sprezzante.
Mi dice che ha voglia di un pompino, solo un pompino e poi fuori dal cazzo. Io sarei disposta a tutto pur di vederlo, anche ad andare in un’altra città solo per succhiarglielo e vederlo venire.
P: ‘Non ti addormentare allora’. Non ne ho alcuna intenzione.
P: ‘Sono ubriaco e non ti darei soddisfazione’.
C: ‘Mi lasceresti con la voglia’.
P: ‘Per l’ultima volta’.
La mia paura comincia a concretizzarsi, mi sta abbandonando, ma lo voglio un’ultima volta.
C: ‘Ordinami di venire da te’.
P: ‘Non potrei farti salire in casa, dovremmo farlo in strada’.
C: ‘Non m’interessa’.
P: ‘Convincimi’.
C: ‘Ricordi cosa mi hai detto quella notte mentre te lo succhiavo? Ti piaceva quello che vedevi’.
P: ‘Convicimi’.
C: ‘Volevi venirmi in bocca e stasera non ne verserei neanche una goccia. Ho voglia di sentirti venire, fino all’ultimo spasmo. Voglio sentire il tuo grosso cazzo che vibra di piacere nella mia bocca’.
P: ‘Come ti vestiresti?’
C: ‘Questo devi sceglierlo tu, ma sono sicura che mi faresti indossare delle autoreggenti. Io ci abbinerei un corpetto con le stecche’.
P: ‘E poi?
C: ‘A parte i tacchi alti null’altro’.
P: ‘Mi piace, vestiti e inviami una foto’.
Mi vesto come detto, corpetto, autoreggenti scure, tacchi e niente mutande. La figa depilata che mi ha imposto in bella vista. Mando la foto.
P: ‘E verresti da me così, anche se dovremo stare in strada?’
C: ‘Tutto pur di dare piacere al mio padrone’.
P: ‘Non voglio sentire una parola, voglio solo venire e andare a dormire. Non voglio responsabilità. Devi essere la mia troia. Arrivi, mi soddisfi e te ne vai’.
C: ‘Dimmi dove sei”.
P: ‘Posto dell’altra volta’.
Che vuol dire posto dell’alta volta? Siamo nella stessa città e non voleva vedermi. Perché? Soffoco questo pensiero ed esco.
C: ‘Sto uscendo’.
P: ‘Devi presentarti al portone come nella foto. Se non ubbidisci ti lascio fuori’.
La strada che mi porta dal mio padrone &egrave breve. Ci sono stata solo una volta ma la ricordo a memoria. Arrivo dove mi ha detto.
C: ‘Sono qui’.
P: ‘Vieni di fronte all’ingresso’.
Sono mezza nuda e sto per scendere dalla mia macchina, esposta agli occhi di chiunque passi, ma non m’interessa. Pochi istanti e lo rivedrò. Scendo dalla macchina, passeggio lentamente verso il portone vetrato e lo vedo dall’altro lato, a meno di due metri da me. Il solo vederlo lì mi accende e mi fermo in posa per farmi guardare bene. Non mi frega più niente di quello che ho intorno, vedo solo i suoi occhi che mi desiderano e so che fra poco ne avrò ancora; il solo pensiero mi fa sgocciolare dalla voglia.
Apre. &egrave lì, nell’androne di un classico palazzo borghese della Milano bene. Con passo lento mi avvicino a lui, voglio godermi i suoi occhi addosso. Quando gli sono vicino mi prende la testa fra le mani e mi bacia come non aveva fatto l’ultima volta, sento la sua lingua calda e succosa nella mia bocca e tutto il mio corpo risponde, ogni lembo della mia pelle diventa sensibile, sento i capezzoli inturgidirsi. Quando scivola con una mano fra le mie cosce si accorge che sono più che bagnata, grondo, e sospira.
Mi afferra il viso con una mano e stringendo forte mi allontana da lui, io gemo di piacere e lui mi tira una sonora sberla sulla guancia destra. Lo guardo negli occhi, con lo sguardo ne chiedo ancora ma lui fa segno di inginocchiarmi, si slaccia i pantaloni e me lo infila in bocca. Finalmente il suo bellissimo uccello; non ho voglia di giocarci voglio solo succhiarlo forte; &egrave stato il mio unico pensiero per giorni. Voglio sentirlo indurirsi lentamente, diventare sempre più grosso. Provo a spingermelo nella gola ma non riesco, &egrave troppo grosso. Lui mi tiene la testa e detta il ritmo. Spinge contro la mia gola, mi soffoca e sento che più non respiro e più gli piace, e più gli piace più mi bagno.
All’improvviso mi tira su, vuole scoparmi, non pensavo l’avrebbe fatto e la cosa mi elettrizza. Mi ficca il cazzo fra le cosce, il suo cazzo che struscia contro il clitoride &egrave una sensazione paradisiaca; pregusto il momento in cui sarà dentro di me.
Mi afferra per i capelli e mi gira bruscamente, poggio le mani contro una vecchia cassetta delle lettere, gambe spalancate. Lui mi accarezza da sotto la coscia destra fino alla natica, senza indugiare spinge con il pollice nel mio culo e mi sussurra all’orecchio: ‘Adesso ti rompo il culo’ e in un attimo il suo grosso uccello &egrave già mezzo dentro. Io grido piano per il dolore e lui mi minaccia: ‘Zzziiitta, devi stare zitta!’ e spinge ancora più forte; mi sento lacerare ma devo stare zitta. Con la mano destra mi stringe il collo e mi morde forte il lato sinistro; riesco a percepire i suoi denti che affondano nella carne e ho paura che mi strappi via un pezzo. Il nuovo dolore mi distrae da quello alle mie spalle, dopo un altro colpo lui &egrave completamente dentro di me e le ondate di piacere che il suo cazzo mi provoca entrando e uscendo s’irradiano per tutto il basso ventre.
Non riesco a trattenermi dall’ansimare forte: ‘Zitta troia, devi stare zitta. Se ci sentono, &egrave tutto finito’.
All’improvviso si ferma e si allontana da me, io spingo il sedere all’indietro per seguirlo, non voglio che smetta, vorrei durasse per sempre; mi muovo avanti e indietro per godere ancora del suo uccello. Appoggio le mani sul muro, tiro giù la testa, la schiena inarcata e il culo completamente offerto al mio signore e padrone. Lui mi afferra per il corpetto e torna a stantuffarmi forte. Un altro suono troppo forte esce dalla mia bocca: ‘Zzzitta, devi stare zitta’. Non riesco, le vibrazioni che partono dalle mie viscere sono insopportabili, potrebbe uccidermi in questo momento e non farei nulla per impedirglielo.
Per sentire il suo cazzo fino all’ultimo millimetro mi sporgo in avanti, poi verso il basso, fino a poggiare le mani a terra. La sensazione &egrave sublime. Il suo uccello duro mi riempie fino alla pancia, lo sento in ogni angolo del mio essere. Mi bastano pochi colpi in questa posizione e vengo senza emettere un suono. Gli umori della mia fica mi scorrono lungo le cosce, il sangue affluisce copioso al clitoride e alla testa. Per un attimo mi sento persa.
Lui si ferma, mi afferra per i fianchi e mi tira forte verso di sé. Sento il suo cazzo che mi trapassa, caldo e durissimo. Mi afferra per il corpetto e mi tira su. Mi gira, mi attira a sé, io faccio per baciarlo ma lui si scansa e mi dice: ‘Adesso voglio venirti in bocca; non devi versarne neanche una goccia’.
Senza che lui dica altro mi inginocchio guardandolo negli occhi e prendo in bocca il suo uccello. Lui mi guarda andare giù, aspetta che cominci a succhiarglielo e poi spinge forte per farmelo ingoiare per bene. Mi sento soffocare ma vado avanti, succhio forte per far godere il mio padrone e più succhio più lui spinge. Mi afferra per il naso e mi blocca la testa così da poter spingere più forte, non riesco a respirare. Avverto dei conati ma non voglio smettere, voglio sentirlo gemere. Mi lacrimano gli occhi e mi cola il naso ma non voglio smettere. Da lui neanche un fiato, il mio padrone &egrave silenzioso, lui preferisce far gridare me.
All’ennesimo colpo un conato più forte mi parte dallo stomaco, lui se ne accorge e la cosa lo eccita a tal punto che viene. Viene come un fiume in piena. Mi riempie la bocca, mi sembra di percepire un lieve gemito fuoriuscire dalla sua bocca e mando giù. Mando giù tre lunghe sorsate del suo sperma e mi sento appagata.
Quando si appoggia al muro alle sue spalle, carezzando dolcemente con la lingua il suo cazzo ancora nella mia bocca, mi allontano e m’inginocchio ai suoi piedi. Mi asciugo le lacrime involontarie, il naso gocciolante e guardo in alto verso di lui. Lui mi fissa mentre si richiude i pantaloni. Mi porge una mano e mi aiuta ad alzarmi.
Si fruga in una tasca e tira fuori un pacchetto di sigarette stropicciato, ne prende due e me ne offre una.
Inclina la testa mentre accende la sua e mi guarda con gli occhi stretti, farfugliando qualcosa che non capisco. Mi indica con il dito, agitandolo su e giù; guarda incredulo un angolo non ben definito del mio viso e poi da una grossa boccata alla sigaretta.
Fumiamo la sigaretta. Mi guarda e mi dice: ‘Sai che così sei veramente bella?’.
Una strana amarezza si sta impossessando di me; allunga un braccio e solo per un attimo mi attira a sé, quasi ad abbracciarmi. Dura solo un attimo.
Finita la sigaretta mi dice che fra meno di quattro ore la sveglia suonerà e capisco che per me &egrave ora di andare. Mi protendo in avanti e lui mi bacia, senza lingua, le nostra labbra a contatto, complementari le une alle altre, umide ma non lascive; sembra dolce.
Mi avvicino al portone della scala principale, volto la testa per salutarlo e lui sorridendo mi dice: ‘Questa me la voglio godere tutta’. Lentamente, molto lentamente, scendo le scale in autoreggenti e corpetto, il sedere nudo ben in evidenza. Fatto l’ultimo gradino mi giro ancora per salutarlo con gli occhi.
So che &egrave l’ultima volta che vedo il viso del mio padrone e la cosa mi uccide.
Apro il portone e vado via.
Addio padrone. Una lacrima, una sola, mi segna il viso.

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