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Racconti Erotici Etero

Frutto proibito

By 3 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Solo da un albero, Eva, non doveva cogliere frutti.
E lo colse.

Non &egrave stato un colpo di fulmine, né l’attrazione, più o meno patologica, per ciò che é vietato. Come quando, da piccola, mi piaceva correre sulle aiuole del giardino. Né, per la verità, ero attirata dall’erba più verde, del vicino. Perché quell’erba, in effetti, non apparteneva a nessuno. O, meglio, era per di tutti. Ma non si doveva calpestarla, e tanto meno mangiarne.
Lui, in fondo, aveva diligentemente e affettuosamente adempiuto alla sua missione: consolare gli afflitti.
Ma possono le parole, anche le più belle, alleviare la disperazione di chi a trentacinque anni &egrave rimasta improvvisamente vedova, senza figli, sola, disperatamente sola? Mi disse che non dovevo ‘disperare’, che la speranza &egrave l’ultima a morire. Spes, ultima dea! Mi parlò anche dell’al-di-là’.
D’accordo, ma io sono sola, sola. E nell’al-di-qua!
La settimana successiva mi telefonò, la sera. Mi chiese come stavo, chiamandomi figliola, e mi augurò la buona notte, suggerendomi di rifugiarmi nella preghiera. Mi disse che, al di là del dolore, la vita continua. Il tempo e un impegno personale aiutano a far superare la tristezza che provocano le grandi assenze. Come le candeline del compleanno, spesso, dopo averle soffiate, riprendono ad accendersi, così dentro di noi, può rinascere una fiamma. Aggiunse che lui ben comprendeva la mia necessità di un amore condiviso, di un testimonio intimo dei miei affanni, di qualcuno che mi consentisse il felice equilibrio di una vita a due. Mi invitò ad andare a trovarlo, certo che avrei potuto fare molto per gli altri. Mi augurò la buona notte, e mi benedisse.
Buona notte! Si, proprio buona! Non riuscivo a dormire. Ogni tanto mi appisolavo, mi svegliavo di soprassalto, con la voce di don Carlo nelle orecchie. Sognavo candeline che tornavano a riaccendersi malgrado un vento violento tentasse di spegnerle. Eh, si, perché in me non s’era spento proprio niente!
Andai a trovarlo.
Mi venne incontro, prese le mie mani, mi guardò fisso negli occhi.
‘Mi rendo conto di quello che senti, figlia mia. Lo capisco.’
Quel contatto mi rasserenava e nel contempo mi infiammava.
Aveva detto ‘figlia mia’. Forse era quell’appellativo che mi rassicurava. Gli sorrisi. Era un bell’uomo, don Teo, ma non doveva aver ancora raggiunto i suoi cinquanta. Quindi, chiamarmi figlia’ Ma mi era piaciuto. In fondo, io mi ero sempre sentita infinitamente protetta quando ero tra le braccia di mio padre’ non solo’ ma provavo una sensazione deliziosa quando il mio culetto di diciottenne percepiva la virilità del genitore. Una virilità, come dire, che aumentava al leggero strofinio delle natiche sulla sua patta.

Peccato che ‘papone’ se ne fosse andato così presto, e improvvisamente. Anche lui, improvvisamente. Allora, ero io a provocare la scomparsa degli uomini che più amavo?
‘Cosa stai pensando, Mariella?’
La sua voce mi riscosse.
‘Nulla, nulla, don Teo’.’
Invece no, pensavo: ‘vuoi vedere che faccio fuori anche il prete?’
Nello stesso momento, sempre con le mie mani tra le sue, fu istintivo abbracciarmi a lui, rifugiarmi in lui. E il mio grembo si contrasse.
In verità si chiamava Teodoro e ci teneva anche far sapere che festeggiava il suo onomastico il 16 agosto, perché il suo Santo era Teodoro d’Octoduro. Octoduro oggi &egrave Martigny.
Mi veniva da sorridere: il Santo, il suo nome, e lo storpiavo, dicevo Teodoro ‘molto duro’. Poi pensavo a don Teo, e quel ‘molto duro’ mi agitava ed’ eccitava.
Bah, meglio non pensarci
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Era trascorso poco più d’un mese quando don Teo, in occasione di uno dei periodici incontri che avevamo in parrocchia, mi disse che doveva partire con un gruppo di fedeli e andare in Palestina; Pellegrinaggio in Serra Tanta.
‘Vieni anche tu, Mariella. Ti farà bene, e ti assicuro che un viaggio in quei luoghi &egrave sempre e comunque un arricchimento spirituale e culturale.’
‘Ma non voglio stare in mezzo a tanta gente’ inoltre’ credo sia troppo tardi.. non ci saranno posti.’
‘Al posto ci penso io, non preoccuparti. Devi solo avere il passaporto in regola. In quanto alla gente, non &egrave obbligatorio che tu faccia comunella con tutti. Anzi, per facilitare un po’ il desiderio di stare in disparte, ti darò qualche incarico”
Sorrise.
”sarai l’assistente del capo-gruppo, cio&egrave la mia assistente”
‘Si, don Teo, ma io non voglio condividere la camera con un’altra pellegrina.’
‘Buona, figliola, ti farò assegnare una singola. Bene?’
‘OK, e quando si parte?’
‘Sabato prossimo.’
‘Mi faccia sapere quanto debbo come quota di partecipazione.’
‘Nessuna preoccupazione. C’&egrave tempo.’

Siamo partiti.
Ero la ‘sua’ assistente, quindi dovevo stare vicina a lui, anche in aereo, sul pullman, sempre e dovunque. Quel contatto era entusiasmante, sentivo il suo tepore, il suo caratteristico profumo. Sì, perché Teo aveva un odore particolare, almeno per me, ed era eccitante, inebriante. C’era sempre una scusa per dargli la mano e, se stavamo seduti, in aereo, in autobus, ‘distrattamente’ me la portavo in grembo. Mano curata e bellissima. La premevo, ed &egrave certo che lui sentiva il mio calore, la mia irrequietezza, i sussulti, e spingevo sue nocche tra le grandi labbra. Purtroppo c’erano i vestiti!
Non ne potevo più.
Ormai era un’idea fissa: volevo Teo, lo volevo in me. Tanto!
Architettai un piano, e avevo deciso di realizzarlo, con dolcezza ma senza esitazione. Cercai di prevedere la sua reazione, e stabilii anche come comportarmi di conseguenza.
La sera, come al solito, dopo cena, ci fu la consueta riunione per riepilogare quanto avevamo fatto nella giornata e ricordare l’itinerario del giorno successivo. L’indomani dovevamo andare a Masada. Che in ebraico significa ‘fortezza’. Avevo io la cartellina intestata ‘Cenni sui luoghi da visitare’.
Feci la doccia, mi guardai allo specchio, usai qualche goccia del mio profumo lieve, sistemai i capelli e indossai la vestaglia. Presi la cartellina, andai a bussare alla porta di don Teo, in fondo al corridoio.
‘Avanti!’
Abbassai la maniglia, entrai.
Don Teo era in maniche di camicia, e stava seduto in poltrona, leggeva un libro, credo il breviario.
‘Ho portato la cartellina per dare uno sguardo a quanto scritto su Masada.’
‘Si, va bene, ma ci sarà anche una guida locale.’
‘In ogni modo, credo sia bene essere preparati a qualche domanda.’
‘Certo.’
‘Leggiamo?’
Annuì.
‘Basta farsi un po’ più in là e mi seggo accanto”
Don Teo si scostò, sedetti a fianco a lui. La poltrona era abbastanza larga ma eravamo ben vicini, quasi come volevo io.
Aprii la cartellina, la tenevo in mano e avevo poggiato il braccio sulle gambe di lui, col gomito che volutamente s’era posizionato proprio sul suo sesso. Lo sentivo’ sì’ lo sentivo’. E capivo anche che non era tranquillo, immobile’ dio se lo capivo!
Guardai Teo, deglutiva, era con gli occhi sul foglio che parlava di Masada, ma era ben chiaro che non stava leggendo, era distratto. Mi sembrava, soprattutto, impensierito, come impaurito’
Il gomito stava proseguendo la sua’ missione e il sesso di Teo stava rapidamente gonfiandosi, lo percepivo perfettamente’.
Questo era il momento.
Lentamente, chiusi la cartellina, sempre ‘sgomitando’, la poggiai sul tavolino, poi, con la massima cautela, con l’altra mano abbassai la zip dei pantaloni di Teo, infilai la mano, e tirai fuori il suo fallo, dritto e rubizzo, come un obelisco arrossato dal sole. Come era bello. Teo era ammutolito, s’era afferrato con una mano al bracciolo e l’altra non sapeva dove metterla. Ci pensai io, me la portai sotto la vestaglia, tra le cosce! Rimase un po’ ferma, poi, timidamente, carezzò la coscia, salì, si bloccò di colpo quando incontrò i riccioli, aprii leggermente le gambe, vi si inserì, ma non si mosse.
Ero affascinata dal fallo di Teo, il grembo sussultava e sentivo il dolce tepido umidore che aveva invaso la mia vagina.
O adesso o mai più, pensai. Quindi mi chinai, baciai teneramente il glande gonfio, lo lambii con la lingua, e passai la punta, lentamente, intorno al solco balanico.
Sentii la mano di Teo stringersi, afferrare i lunghi riccioli tra le mie gambe, tirarli bruscamente, come a volerli strappare, poi la mano si aprì, ‘la’ carezzò, un dito s’inserì tra le grandi labbra’ oltre’ titillò il clitoride’
Il suo grosso fallo, intanto, era nella mia bocca che lo suggeva avidamente’.
Teo cominciò a sobbalzare, sempre più forte e feci appena in tempo ad alzarmi che un violento fiotto zampillò dal suo sesso e si sparse un po’ dovunque, lui, intanto, carezzava, carezzava, ma troppo forte’ quasi mi faceva male’
Mi alzai, sollevai la vestaglia, mi misi a cavallo delle sue gambe, presi il fallo, sempre vigorosamente eretto, e mi ci infilai sopra, con voluttà, fremendo’
Finalmente’. Dopo tanto tempo’
Non potevo controllarmi, lo cavalcai con impeto, con frenesia, quasi con furia, soprattutto preoccupata del mio piacere. Ne fui presa improvvisamente, travolta, sconvolta, squassata, sbattuta come una foglia al vento, lo sentivo in me, magnifico, maestoso, possente, e d’un tratto sentii la spinta violenta dei suoi reni, come se volesse passarmi da parte a parte, un istante di indugio, solo un istante, e fui invasa da un calore inebriante che si sparse in me, dovunque, facendo dapprima contrarre e poi rilassare magnificamente, le pareti della mia vagina che seguitarono a carezzare con inarrestabile eccitazione e delizia quel fremente scettro di carne che dopo tanto mi aveva donato il concupito appagamento. Ero soddisfatta, beata’ ed ero stretta a lui che pian piano mi carezzava le natiche nude.
Teo mi guardò, con occhi sfolgoranti, le labbra strette, scuotendo lentamente la testa.
Si schiarì la voce.
‘Non dovevo farlo Mariella’. Non dovevo”
‘Ma sono stata io, Teo’.’
‘No’. No’ dovevo prevederlo, prevenirlo”
Assunsi un aspetto volutamente malizioso e provocatorio’
‘Ti ho proprio disgustato.’
Mi carezzò il volto, con infinita dolcezza.
Il suo fallo era ancora incantevolmente in me. Non mi muovevo, non volevo farlo sgusciar via’
‘Ma cosa dici’ sei infinitamente magnifica’ eccezionale’ ma non dovevo’ non potevo”
Lo baciai sulle labbra, cercai di far penetrare la mia lingua nella sua bocca.
Rimase con le labbra strette, ma sentii che ricambiavano il mio bacio.
‘Siamo un uomo e una donna, Teo, un maschio e una femmina, e tu, inoltre, parli sempre di’ amare il prossimo”
‘No, Mariella, ti prego’ non bestemmiare’ non &egrave questo amore che predico’ e io sono un prete’ lo capisci?’
‘Sei un eccezionale uomo, Teo, straordinario”
E strinsi le gambe, cercando di serrare in me il suo fallo.
Lo guardai intensamente.
Avvicinai la mia bocca al suo orecchio.
‘Da quanto tempo non lo facevi?’
Un profondo sospiro.
‘E’ stato prima di tornare in seminario, dopo la maturità’ ero in vacanza, a casa, gli amici mi trascinarono, quasi di peso, in una casa dove c’erano delle giovani donne’. Capisci’. Erano belle, attraenti’ decisi che mi sarei ritirato in camera, con una di quelle, le avrei regalato una discreta somma, pregandola di non dire a nessuno che non’ avevamo fatto nulla. Era mia ferma intenzione non ‘fare nulla’.
Andammo nella sua camera, era bella, per età poteva quasi essere mia madre’ si denudò subito’ si avvicinò a me’ con infinita dolcezza, tenerezza’. Insomma’. Accadde”
‘Ti piacque?’
Ancora un sospiro.
‘Era tutta un’altra cosa del ‘piacere solitario’ che conoscevo. Non c’era paragone. La donna non mi dette pace’ tornò a possedermi’ e fu ancora più piacevole’. Mi lavò con cura, asciugò con delicatezza, mi aiutò a rivestire, e non accettò la somma che volevo darle. Mi baciò lievemente sulle labbra’
Da allora, sono riuscito a non ‘conoscere’ più, nel senso biblico, la femmina.’
‘Ti &egrave dispiaciuto tanto che ti ho’ traviato?’
‘Volesse il cielo che mi fosse dispiaciuto! E’ che mi hai fatto conoscere una voluttà che non immaginavo, e nel contempo una tenerezza che mi affascina.’
Sentivo che il suo sesso stava rifiorendo nel mio grembo.
Con piccoli gesti, cominciai ad aprirgli la camicia, poi mi alzai, lentamente, lasciai cadere la vestaglia per terra, avvicinai un capezzolo alla sua bocca, lo baciò, po, d’improvviso, si mise a ciucciarlo con impeto’ Io seguitai a spogliarlo, alla meglio’ dopo un po’ riuscii a farlo restare nudo, come me. Il fallo era vigorosamente eretto.
Andai verso il letto, mi sdraiai sulla sponda, con le gambe aperte, le ginocchia in alto. Gli tesi le braccia. La mia vagina ancora gocciava del suo seme.
‘Vieni Teo, vieni”
Mi penetrò energicamente, con impazienza, e mentre le mani mi impastavano il seno, comincio una delle più possenti e travolgenti scopate della mia vita.
Godevo senza controllo, senza alcun senso di pudore, e mugolavo. Lui ci dava dentro a tutta forza. Era possente, vigoroso, bramoso. Mi stava facendo salire al settimo cielo. Ecco, quello doveva essere il paradiso’ la vera felicità’ il piacere’ sentii travolgermi da un gagliardo orgasmo che mi squassò. Il grembo sobbalzava, la vagina si contraeva, cercava di mungerlo, avidamente. Erano colpi forti, possessivi, prepotenti, dominatori, quasi mi volesse e si volesse punire, e invece mi faceva godere come non mai. Non si arrestò al mio orgasmo, né a quelli che rapidamente si susseguirono, quasi fosse un unico, celestiale, infinito godimento’ a un tratto sentii dei colpi più vigorosi, e piccoli attimi di sosta, e mi sentii invadere dall’inebriante calore del suo seme che si spargeva in me, come un balsamo che leniva ogni mia pena, mi ristorava, di faceva amare di nuovo la vita’
Teo mi baciava gli occhi, la bocca. Mi carezzava, mi afferrava le natiche, mi impastava le tette, e il suo fallo sembrava indomabile, irriducibile. Lo strinsi forte in me, lo tenni così, a lungo’ e non dovetti attendere molto per consentirgli di rifarsi del passato e compensarmi per il tempo della mia forzata vedovanza.
Non ero né irriverente né cinica, quando, carezzandolo, gli sussurrai nell’orecchio che la più bella cosa creata da Dio era l’uomo, e il coronamento della di lui opera fu averlo creato maschio e femmina.
Gli ripetei testualmente il passo della Genesi che lo ricordav:
27 Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
28 Dio li benedisse e disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
Chissà se, in fondo, non stavamo proprio adempiendo al compito assegnatoci nel momento della creazione!
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