Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Fuga dalla stireria

By 20 Giugno 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao a tutti sono Federica e ho 26 anni. Vi racconto ciò che mi è successo un mese fa al lavoro. Di mestiere faccio, anzi facevo, l’addetta in una stireria. Il lavoro era faticoso, ripetitivo e mal retribuito, ma era l’unico che ero riuscita a procurarmi dopo una ricerca durata due mesi. Proprio per tutti questi motivi su dodici persone che ci lavoravano ero l’unica italiana presente. Infatti, insieme a me c’erano soltanto donne albanesi. Sebbene non fossi riuscita a integrarmi alla perfezione con loro, non potevo neppure lamentarmi per come venivo trattata. Poi, il faticare tutto il giorno per sei giorni alla settimana fianco a fianco aveva contribuito ad elidere le nostre differenze culturali. Il datore di lavoro per cui sgobbavamo si chiamava Marco Gori, un vecchietto di circa 70 anni basso e grassottello dall’aspetto volgare. Era un tipo viscido che non perdeva occasione per palparci o per strusciarsi contro di noi. Questo era uno dei due motivi per cui, sebbene l’ambiente di lavoro a causa dei vapori prodotti fosse afoso e umido, lui non ci lasciava praticamente mai da sole. L’altro era dovuto al nostro abbigliamento o, sarebbe stato più giusto dire, alla mancanza di esso. Ogni giorno arrivavamo al lavoro vestite di tutto punto, ma poi nello spogliatoio ci liberavamo dei vestiti per indossare il camice. Dato che la temperatura superava i quaranta gradi con un tasso di umidità elevatissimo molte di noi sotto il camice non portavano niente. Io, per esempio, a parte le mutande non indossavo niente. I camici bianchi, inoltre, erano aderenti; terminavano in un gonnellino a metà coscia e a causa del sudore e del vapore si attaccavano al corpo modellandolo come una seconda pelle, lasciando trasparire le forme. Alla fine del turno avevamo l’aspetto di ragazze reduci da un concorso di miss maglietta bagnata, poichè i capezzoli erano ben visibili e a volte non solo quelli. Ecco perchè Marco “Il polpo”, così era stato soprannominato, vagava tra i fumi del vapore: per spiarci con occhi porcini e per allungare le mani ogni volta che si presentava l’occasione. Il fatto poi che lavorassimo in nero e fossimo disposte a fare un simile lavoro per pochi soldi di paga contribuiva a fargli avere ancor più saldamente il coltello dalla parte del manico. Infatti, a parte un paio di ragazze che si erano licenziate in seguito alle sue attenzioni, tutte noi altre ci limitavamo a sfuggire ai palpeggiamenti dell’uomo o a interromperli quando avvenivano. Io non rientravo tra le sue prede preferite perchè una volta mi ero ribellata a una sua palpata di seno e gli avevo tirato una ginocchiata nei coglioni. Da allora mi girava abbastanza al largo guardandomi con espressione perfida. All’inizio ero rimasta stupita dal fatto che non mi avesse licenziato, poi avevo capito che stava aspettando solo il momento giusto per vendicarsi. Ah, se non avessi avuto bisogno di soldi……….Come se tutto ciò non fosse bastato, alla fine del turno quando uscivo all’aperto trovavo ad attendermi da un pò di tempo un gruppetto di ragazzi albanesi, che facevano a gara per conquistarmi. Per fortuna, nonostante i commenti sboccati e le proposte oscene, non si erano mai spinti più in là. La mia tipica bellezza mediterranea con occhi e capelli neri e seno e culo formosi già normalmente attirava le attenzioni degli uomini, figurarsi di questi albanesi che si ritrovavano a vivere nel loro quartiere con una solitaria bella ragazza italiana. Ero il sogno erotico di tutti e per questo stavo cercando di accumulare più soldi possibili…….per scappare via da questo quartiere degradato e trovare un appartamento in una zona tranquilla. Nel frattempo dovevo guardarmi le spalle al lavoro e tenere buoni i ragazzi all’esterno. Per fare ciò, ignorando le battute pesanti che mi rivolgevano, avevo provato a parlare normalmente con loro cercando di cambiare la percezione che loro avevano di me. Non una possibile vittima, una bella ragazza troppo orgogliosa per dei semplici albanesi, ma una persona amichevole che li trattava da pari a pari. Questo metodo, con alcuni di loro, sembrò dare qualche frutto e in breve tempo diventai quasi, non dico amica, ma conoscente di un paio di loro. Igli, un ragazzino di 18 anni, era il cucciolo della compagnia e seguiva fedelmente gli ordini del capo, Erion. A differenza di quest’ultimo con lui era riuscita a instaurare un rapporto, forse perchè si era innamorato di me. Quello con cui riuscivo a discutere da persone civili e che mi trattava bene una volta rimasti soli era Valon, il braccio destro del boss. Era arrivato in Italia cinque anni fa a 20 anni e da allora aveva vissuto come clandestino vivendo di furti e rapine. Il viso pesantemente butterato, l’aria trasandata e il fisico muscoloso avevano fatto sì che all’inizio, di tutti gli albanesi che mi molestavano fosse quello che avevo temuto di più. Una volta conosciuto privatamente, poi, avevo potuto ammirare un lato del suo carattere nascosto, fatto di sensibilità, gentilezza e un’acuta intelligenza. Quando era con gli altri ragazzi era uno dei peggiori come epiteti rivolti alla mia persona, cercando di uniformarsi e non dare nell’occhio. Le volte in cui riusciva a rimanere solo, però, veniva a cercarmi a casa e discutevamo amabilmente del più e del meno. Lui era attratto dalla mia bellezza e dalla sensazione di benessere che gli dava stare con me. Io, invece, ero alla ricerca di un amico e pensavo di averlo trovato in lui. Con il tempo anche le guance deturpate dall’acne, i capelli spettinati spioventi sulla fronte e le orecchie a sventola smisero di attirare la mia attenzione. Mi soffernavo solo sugli occhi profondi di lui, sui muscoli possenti delle braccia e sulla sua mente aperta. In pratica si era venuta a creare una tensione sessuale tra di noi, ma nessuno sembrava volere forzarla. Lui perchè insicuro del suo aspetto e convinto di non piacermi sotto quel profilo. Io perchè avevo delle remore ad andare con un albanese e perchè non volevo rovinare il rapporto di amicizia. Eravamo in questa situazione di stallo quando un giorno la situazione cambiò completamente.
Quella sera avevo accettato di fare gli straordinari per riscuotere più soldi, perciò alle undici ero rimasta sola al lavoro. Le altre donne erano andate tutte a casa e Marco “Il polpo” si era chiuso dentro l’ufficio e non si era più visto. Stavo lavorando stancamente, quando all’improvviso sbucò in mezzo ai vapori Valon.
“Ciao Federica, ti devo parlare.” Disse frettolosamente prendendomi per mano e conducendomi nello spogliatoio. “Qui non ci dovrebbe vedere nessuno.” esclamò sbirciando fuori dalla stanza.
Se all’inizio la visita di lui mi aveva sorpreso e reso felice ora, a causa del suo strano comportamento, mi stava riempiendo di agitazione.
“Che succede?” chiesi preoccupata.
“Erion ha scoperto che venivo a trovarti di nascosto e si è arrabbiato. Quando poi ha deciso di attenderti stanotte sotto casa tua per aggredirti e violentarti e io mi sono opposto ha provato ad uccidermi sparandomi con la pistola. Sono scappato e son venuto a cercarti per metterti in guardia. Stai lontana dalla tua casa anzi, se va via dal quartiere e non torni più sarebbe meglio.” Parlò a bassa voce continuando a sbirciare fuori.
“Oh no!” esclamai spaventata “Non saprei dove andare e non ho soldi. Come faccio?” domandai nervosamente “Te che farai?”
“Se rimango sono un uomo morto. Devo andarmene a tutti i costi.” disse deciso voltandosi finalmente verso di me.
“Potremmo fuggire insieme.” esclamai speranzosa.
Lui distolse lo sguardo arrossendo, non tanto per la mia proposta quanto perchè si era sentito imbarazzato per il suo comportamento, dato che mi aveva osservato le tette. Sapevo che il camice praticamente trasparente a causa del vapore lasciava intravedere il seno, però, fino a questo momento, non ci avevo pensato. Questo testimoniava come ormai mi sentissi a mio agio in sua presenza e il fatto che lui dopo una breve occhiata avesse distolto lo sguardo dal mio corpo rappresentava decisamente un punto a suo favore. Senza dimenticare che per mettere in guardia me si era messo contro gli amici e l’unica famiglia che avesse in Italia.
“Perchè mi hai messa in guardia? Perchè hai rinunciato a tutto per me?” chiesi con un filo di voce studiandolo attentamente.
“Non lo so!” scosse la testa, poi visto che continuavo a guardarlo in silenzio in attesa della risposta aggiunse “Perchè mi sono innamorato di te. Lo so che è un amore impossibile e che te mi vedi solo come un amico, ma te per me significhi molto. Con te sono un uomo migliore, fai emergere il lato buono del carattere. Tiri fuori il meglio di me. Amo te e la persona che mi fai essere. Ti ho amato dalla prima volta che ci siamo visti!” sbottò con un fiume di parole, a disagio per aver rivelato i suoi sentimenti.
“Ti sei offesa?” domandò alla fine dato che continuavo a rimanere zitta.
Ero tutta fuorchè offesa. Le sue parole e il modo in cui le aveva dette mi avevano scaldato il cuore. Io, che per lungo tempo non ero riuscita a trovare una persona di cui fidarmi e innamorarmi, forse finalmente avevo raggiunto lo scopo. Le sue frasi avevano aperto una breccia nelle mie difese e ora il mio amore per lui stava traboccando fuori. Non era bello, eravamo diversi sotto molti punti di vista, ma sentivo che il suo cuore era buono e l’amore per me sincero.
“No.” Mormorai avvicinandomi a lui come in sogno.
Catturai i suoi occhi con i miei e gli sorrisi felice. Allungai una mano carezzandogli la guancia scavata, trasmettendogli tutto il mio amore. Lui chiuse gli occhi assaporando il contatto e sperando che significasse l’esaudimento del suo sogno. Non volevo farlo macerare nel dubbio, perciò lo volli mettere a conoscenza dei miei sentimenti:
“Ti amo anche io Valon.” dissi canticchiando il suo nome e sorridendo come una stupida.
Sentita questa dichiarazione spalancò gli occhi vigile cercando di capire se dicessi sul serio.
“Baciami amore!” sospirai con voce roca protendendomi verso di lui.
Con espressione gioiosa capì che era tutto vero posando le sue labbra sulle mie. Ci baciammo con dolcezza, teneramente, gustandoci la sensazione bellissima delle nostre bocche finalmente a contatto. Quando la sua lingua lambì le mie labbra carnose mi aprii a lei invitante facendola entrare nella cavità orale.
“Oohh, ti voglio!” mormorai eccitata, mentre ero intenta a scambiare la saliva con lui.
Il bacio era diventato famelico, passionale, selvaggio. Era uno scontro di lingue, un cozzare di denti, un miscuglio di respiri. Il desiderio si era impadronito di noi.
“Ti voglio scopare.” Ansimò abbrancandomi il culo e prendendomi in braccio.
Continuando a slinguazzarlo lo circondai con le gambe intorno alla vita, schiacciando il bacino contro il suo e strofinandomi contro la possente erezione. Portai una mano sui suoi jeans e glieli sbottonai, dopodichè la infilai nelle mutande alla ricerca del cazzo.
“Come è grosso!” esclamai stringendolo e tirandolo fuori.
“Non resisto più!” rantolò delirante cercandomi la fica con le dita “Hai ancora le mutande!” affermò dispiaciuto lisciandomi la vulva.
“Aahh!” mormorai sotto il suo tocco “Strappamele via, strappale!” lo incitai impaziente dandogli un profondo bacio.
Seguì l’invito all’istante e rimasi senza mutande. Quando poggiò una mano sul pisello per guidarlo verso la fica, trovò già presente la mia ed insieme lo afferrammo e lo conducemmo verso la fonte del piacere, in quella che per me fu l’esperienza più erotica di sempre. Per agevolare il compito mi sollevò per le chiappe, mentre io guidavo il cazzo proprio sotto la passera.
“Dai…..dai…….mettimelo dentro Valon!” gemetti sull’orlo dell’orgasmo “Oh sììì……….sìììììììììì!” gridai appena lo sentii dentro di me inarcandomi all’indietro.
Impalata sul cazzo cominciai a cavalcarlo aiutata pure dalle possenti braccia dell’albanese. Lui mugolava come un indemoniato, mentre mi penetrava a fondo. L’eccitazione da parte di entrambi era veramente troppa e bastarono pochissime affondate per raggiungere entrambi l’orgasmo
“Dio come è stato bello!” esclamai con il fiatone appoggiata contro di lui, percependo con dispiacere il cazzo rimpicciolirsi dentro la fica.
“Ti amo!” mi disse baciandomi con forza e tastandomi una tetta.
“Ti amo Valon!” replicai ricambiando il bacio, al sicuro tra le sue braccia.
Rimanemmo così avvinghiati ancora per un minuto, dimentichi per un attimo del mondo esterno. Poi, però, a malincuore tornammo alla cruda realtà.
“Dobbiamo fuggire ora. Indossa i vestiti e andiamo via.” Suggerì Valon posandomi a terra.
“E dove scappiamo? Con quali soldi?” domandai rassettandomi.
“Non lo so. Qualche idea?”
“Sì ho un piano.” Risposi catturando la sua attenzione “Nell’ufficio del mio datore di lavoro vengono tenuti i soldi dell’azienda. Noi li rubiamo e poi scappiamo.” Proposi audacemente.
“Va bene, ma il tuo padrone dove è?”
“Nell’ufficio,” poi vista la perplessità sul viso di lui continuai “Marco è un maniaco sessuale ed è ormai da qualche settimana che sta cercando il modo di avvicinarsi a me. Stasera gliene fornirò uno io. Lo attirerò qui, nello spogliatoio, e lo terrò occupato, mentre ti infilerai nell’ufficio e ruberai i soldi.” dissi decisa.
“In che senso lo terrai occupato?” chiese a metà tra il geloso e il preoccupato.
“Farò ciò che serve per procurarci i mezzi per scappare. Non vedo altre soluzioni.” Ribattei concisa e con sguardo fermo.
“Hai ragione, ma non mi piace. Te sei mia!” affermò afferrandomi le puppe e tastandole eccitato.
“Lo so, perciò vedi di sbrigarti così non dovrò andare troppo in là con Marco.” Replicai baciandolo con ardore in bocca.
“Sei bellissima! Sento già la tua mancanza.” Disse andando a nascondersi.
Le sue carezze avevano risvegliato dal torpore post sesso il mio corpo cosicchè quando bussai alla porta dell’ufficio del capo avevo i capezzoli belli ritti. Attirarlo fuori non sarebbe stato un problema dato che non faceva entrare nessuno all’interno. E per indurlo a fidarsi di me gli avrei detto la verità, certo leggermente modificata, ma comunque la verità. Ero confidente che non si sarebbe lasciato sfuggire un’occasione simile.
“Chi è?” domandò bruscamente aprendo a chiave la porta.
“Sono io, Federica signor Gori.” Risposi compunta.
“Cosa vuoi?” chiese circospetto aprendo la porta e fissandomi attentamente.
“Ho bisogno di soldi.” Replicai francamente.
“Ah ah ah, e li vieni a chiedere a me? Ah ah ah!” sbottò a ridere lui.
“Sì. So che in precedenza non mi sono comportata bene con lei, ma ora sono disposta a tutto per un pò di denaro.”
“Ah sì? E cioè?” ribattè curioso e sospettoso allo stesso tempo.
“A tutto!” ribadii sbottonandomi il camice e, sicura di aver attirato l’attenzione dell’uomo, mi voltai e mi diressi verso lo spogliatoio facendolo cadere dietro di me e rimanendo nuda.
Speravo che si sarebbe precipitato al mio inseguimento dimenticando di chiudere a chiave la porta dell’ufficio e fu proprio così che andò. Ero appena entrata nello spogliatoio che lui mi raggiunse, gli occhi accesi dalla lussuria. Si avvicinò decisamente eccitato squadrandomi le grosse tette e finendo con lo sguardo puntato sul triangolo di peli neri sull’inguine.
“Cosa vuoi che faccia?” domandai remissiva e indifesa, cercando di pensare a Valon e ai soldi.
“Potresti iniziare con un bel pompino.” Disse con un sorriso spregevole calandosi i pantaloni.
Attraverso le mutande si notava l’erezione dell’uomo e purtroppo non solo quella. Infatti, sebbene fossero state di colore bianco, erano decisamente sporche e avevano assunto un colorito giallognolo.
“Dai cosa aspetti? Succhiamelo brutta troia!” intimò volgarmente.
Valon ancora non si vedeva così dovevo piegarmi agli eventi. Mi chinai davanti a lui e lentamente, sia per perdere altro tempo sia perchè disgustata da ciò che stavo per compiere, gli sfilai le mutande.
“Ti piace eh, succhiacazzi!”
“E’ bellissimo!” mentii osservandolo con ribrezzo.
Era più largo che lungo, con un forte odore acre e due enormi coglioni penzolanti. ‘Fai in fretta Valon!’ supplicai tra me e me prendendolo in mano e studiandolo mentre lo masturbavo. La cappella violacea sembrava enorme. Visto che tergiversavo fu Marco a dare l’input afferrando la mia testa e portandola contro l’erezione.
“Prendilo in bocca!” mi spinse la testa.
Obbedii a malincuore e aprii la bocca per accoglierlo chiudendo gli occhi per non vedere.
“Ah va bene……….va bene………” esclamò quando cominciai a spompinarlo.
Mi aveva riempito la bocca e, se l’odore era cattivo, il sapore era nauseabondo. Ciò nonostante continuai a succhiarlo per la felicità del padrone.
“Guardami mentre lo succhi. Voglio che mi guardi e sorridi felice!” ordinò facendo scorrere le dita tra i capelli.
Continuando a succhiarlo alzai gli occhi sul suo viso, sorridendo con espressione felice. Presi a leccargli la cappella sempre con lo sguardo fisso nel suo. Sapevo che lo stavo facendo letteralmente impazzire.
“Brava troia, brava troia!” esclamò con il viso stravolto dal piacere.
‘Dove cazzo sei Valon?’ pensai furiosa lappando automaticamente il pene.
“Alzati alzati!” sbottò all’improvviso Marco tirandomi su per i capelli.
Sorpresa e dolorante mi alzai in piedi.
“Presto girati che sto per venire!” rantolò facendomi voltare e spingendomi verso il basso la schiena in modo che assumessi la posizione della pecorina.
“Oh, che bel culo!” affermò sbuffando, poggiando le mani sulle chiappe e palpandole senza ritegno.
Io mi limitavo a restare passiva, subendo lascivamente le sue attenzioni. Mi irrigidii soltanto quando sentii le sue dita accarezzarmi la fica, stimolandomi il clitoride. In realtà mi sfuggì pure un singulto di tristezza che fu interpretato da Marco come di piacere.
“Ti piace, eh maiala!” esclamò trionfante penetrandomi la passera con le dita “Però non è questo il buco in cui voglio entrare!” aggiunse poi sfiorandomi l’ano con il pollice.
“No, nel culo no!” mi opposi indignata.
Mi stavo girando verso di lui quando lo vidi stramazzare al suolo privo di sensi.
“Stai bene?” domandò preoccupato Valon abbracciandomi dopo aver colpito Marco.
“Ora sì……..ora sì!” sospirai tremando, speranzosa che il futuro fosse più clemente per me e il mio ragazzo.

Leave a Reply