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Fuoco e ombre

By 4 Dicembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Le fiamme s’innalzavano fino all’entrata degli inferi.
Guardai giù. Solo fuoco e ombre.
Mi sedetti sul precipizio, allungai un piede verso una sporgenza della parete e cominciai la mia discesa.
Il calore intensissimo mi divorava da dietro, facendomi sudare nella mia tuta aderentissima di pelle nera. Scivolai un paio di volte prima di giungere finalmente a terra; il suono dei miei tacchi tuonò in quella stanza infuocata.
Non penserete mica che all’inferno ci sia tutto questo trambusto?! Sono dicerie. Lui vuole essere accogliente con i suoi ospiti, rispettato e onorato; vuole fare bella figura e mostrarsi gentile e a modo. Per questo il percorso comincia così.
Ero preparata a ciò che mi aspettava, ero profondamente convinta di ciò che volevo.
Accesi un carbone ardente e mi incamminai verso il tunnel che mi avrebbe portata a destinazione.
Tutto intorno era avvolto nel buio e in un frastornante silenzio, che sapeva di tortura.. di penitenza.. di morte. 
Là, alla fine del tunnel, vi era una porta di legno pesante e non appena toccai la maniglia, essa si aprì: non mi sorpresi. Avevo già fatto intrapreso quel cammino, avevo già fatto visita più di una volta al Dio degli inferi…e lui?Lui mi aspettava ovviamente.
Si aprì cigolando, molto lentamente…il Signore vuole mostrarsi in tutta la sua grandiosità, facendosi desiderare dai suoi dannati; ma stavolta, lui avrebbe desiderato me.
Mi avrebbe desiderata come sua unica, sola e bellissima regina. Mi avrebbe desiderata al suo fianco, un po’ come fece Ade, figlio di Crono e di Rea, nonché terribile re degli Inferi nella mitologia greca, il quale innamoratosi follemente di Persefone, la rapì facendola sua per sempre.
A tessere la tela e a tendere una dolce, e allo stesso modo, crudele trappola, invece sarò io.
Lo illuderò, gli dirò che l’amo e sul più bello lo sottrarrò al suo trono, e presto…molto presto tutto ciò sarà mio.
Perché mai bramo così tanto il  suo potere? Perché mai vorrei essere a capo di tale disgustoso, penoso, e ancor più tremendo e sadico regno? Perché il dolore e la paura mi eccitano. L’essere consapevole di potere avere il totale controllo su tutte le anime decisamente stimola il mio appetito.
Accompagnata fino al suo altare dai miei diabolici pensieri, mi inchinai al Re.
Sentivo i suoi occhi addosso. Li sentivo scorrermi su tutto il corpo e dolcemente spogliarmi e accarezzarmi i seni.
 Non abbassai la guardia, rimossi tutte le sensazioni e tutti i brividi provocati da quello strano momento: lo lasciai fare, lo lasciai che fantasticasse con le mie marchiate e decise curve…era distratto, terribilmente distratto dall’eccitazione e da uno sfrenato desiderio sessuale, che presto lo avrebbe portato a invitarmi nei suoi alloggi. E così fece.
Mi fece accomodare nella sua stanza da letto. Era meravigliosa. Un enorme letto a baldacchino si ergeva in mezzo alla stanza, e tutto intorno attrezzi per le torture, catene, ganci, spade e coltelli.
Ne presi uno e lo osservai interessata. La lama affilatissima si presentava in una bizzarra forma a serpentello. Era talmente lucida che potei vedere il mio riflesso su di essa.
“Vedo che ti piacciono i coltelli”- sentenziò, mentre era intento a versare quello che poteva essere rhum.
“Le armi, in generale…”
“Sanguinaria, la mia bella biondina..”
“Solo quando è necessario…dipende dalle situazioni.”-replicai .
La mia risposta suscitò in lui curiosità, alzò lo sguardo dal suo drink e mi guardò, di nuovo, intensamente. Mi appoggiai con fare provocante al tavolo di legno sul quale erano sparse diverse scartoffie impolverate e vecchi libri sull’erotismo e il sadismo.
“E tu? Vedo che il sesso deve essere il tuo forte..”
Rise fragorosamente e di gusto alle mie parole; sorrisi anch’io…era già al suo decimo bicchiere, era brillo.  Mancava poco ormai.
“Beh, tu che ne dici piccola?”- mi chiese prendendomi una mano nella sua e baciandola, proprio come fanno i gentiluomini.
“Mi sembri il mio padro…Ah lascia stare…Comunque beh….Essendo il diavolo, essendo che vivi  in posto piuttosto caldo e essendo esperto in torture e nel come far cadere una donna ai tuoi piedi, direi di sì.”- ricambiai lo sguardo, avvicinando la sua mano al mio volto.
Sfiorò delicatamente la mia guancia, quasi come se avesse il timore di infastidirmi; scese con le dita sul mio collo, quando sentì che a poco a poco mi concedevo a lui, mosso dall’istinto, o forse soltanto eccitato dal mio modo di fare da bambina ingenua, prese a baciarmi.
Prima sulla bocca un po’ incerto, poi i brividi lo percorsero e cominciò ad alternare i morsi ai baci sul collo.
Ad eccitarlo ancora di più erano i miei respiri, sempre più affannati…era il mio ansimare, sempre più forte
. Ero lì per un altro motivo, è vero, ma in quel momento non riuscii a frenare le emozioni. Non lo amavo, ma per la prima volta mi sentii amata. Provai quasi pena per lui.
Quei pensieri furono interrotti nell’attimo in cui sentii il gelo delle sue mani nel mio interno coscia: mi aveva spogliata e lo aveva fatto così velocemente da non farmene accorgere completamente, talmente ero confusa dai miei pensieri e inebriata dalla passione, che trovava la sua concretezza nelle sue violenti carezze e nelle sue parole sussurrate al mio orecchio.
“Tu…tu sei diversa”-mi sussurrò piano fra un respiro affannoso e l’altro-“Non so…c’è qualcosa di alieno in te che mi affascina.. qualcosa che mi fa comprendere che io devo…devo averti!”
Fermai per qualche secondo la sua corsa. I suoi occhi assunsero un’espressione preoccupata, quasi come se si fosse pentito delle parole che aveva appena pronunciato.
Gli uomini, alle volte, sono davvero incredibili nel peggiore dei significati. Bastano solo due cosce aperte e un paio di tette a far andare di volta il cervello? Davvero interessante. Nonostante tutto, volevo andare fino in fondo, volevo giocare fino all’ultima carta in questo sadico e brutale gioco.
“Diversa? E dimmi…tutto questo cosa ti provoca?Ti…eccita?”- la mia voce si era fatta suadente, mentre parlavo, gli tolsi la candida camicia e sfilai la cinta dai suoi pantaloni, poi abbassai questi e gli dissi di metter via anche l’intimo.
Lo fece, obbedì ai miei ordini. Rimasi a guardarlo nella sua magnificenza per qualche minuto: era così bello, il suo corpo era perfetto, scultoreo, leggermente abbronzato. I suoi muscoli così definiti sembravano pulsare, pulsare di odio, di rabbia, di tormento, di eccitazione, di sfida.
Scesi dal tavolo, la tuta andò giù da sola, restai col solo tanga indosso.
“Cos’è? Ti sei mangiato la lingua, tesoro? Non mi hai ancora risposto.”-gli dissi, facendo schioccare la cinta sul pavimento per testarla.
“Ah…sì! Hai ragione scusa, tutto…tutto questo mi stordisce, il tuo modo di fare mi…provoca.”- farfugliò ubriaco mentre cercava di capire cosa stessi tramando.
Feci un giro su me stessa, giocando con la cinta come fa una bambina quando gioca con la corda.
Lentamente, molto lentamente andai verso il letto. Mi sedetti su di lui, facendo pressione col mio sesso sul suo. Percepì le mie mutandine umide, e questo lo fece impazzire ancora di più. Gli offrii un altro sorso e naturalmente non si tirò indietro. Quando ebbe finito, cominciai a muovermi e a ruotare il bacino, facendo ancora di più pressione, provocandogli un lieve dolore.
Urlò di piacere e di sorpresa. Gli strinsi attorno al collo la cinta e con una spinta lo feci sdraiare completamente sul letto.
A partire dal petto, feci dei movimenti ora lenti ora veloci con la lingua, lo morsi fino a farlo sanguinare, scendendo sempre più giù.
Il suo membro era eccitato, lo presi in bocca, lo baciai, lo leccai, ci giocai fin quando non lo sentii ancora una volta gridare di piacere. Passava le sue mani sui miei capelli, stringendo i pugni, strattonandomi alle volte. Già…a volte il piacere può diventare quasi insopportabile.
Gridai assieme a lui, tutto ciò mi fece bagnare di più, mi stavo eccitando come mai credo di aver fatto in vita mia. Avevo il totale controllo su di lui, potevo farne ciò che volevo e per tutto il tempo che volevo. Decisi che non gli avrei dato modo di prendere le redini della situazione.
Era nella mie mani, volevo stancarlo, volevo distruggerlo, volevo che fosse mio…volevo finirlo.
Lo feci girare in modo tale da darmi le spalle, legai polsi e caviglie al letto.
Accarezzai la sua schiena e di nuovo il suo sesso; lo baciai ancora e premetti il mio corpo contro il suo.
“Adesso…voglio che tu ti lasci andare a me; voglio che tu sia ubbidiente e che mi dica che ti piace essere torturato e toccato da me…”-gli ordinai senza smettere di contorcermi addosso a lui.
“Un altro…voglio un altro bicchiere!”-strillò.
“No! E’ il momento di smetterla! Ubbidisci e fa ciò che ti dico!Senza discutere, chiaro?!Oh…perché mi fai alzare la voce, tesoro mio…Non voglio farti del male, ma devi fare ciò che ti dico se vuoi che io sia tua…”.
Afferrai la cinta.
“Ringraziami mentre lo faccio, perché non avrai altra occasione di godere così tanto…sarà troppo tardi.”
Un colpo secco, il suo corpo marmoreo si mosse di scatto. ‘Uno’, pensai. Altro colpo..’Due, tra poco non soffrirai più.’ ‘Tre’.
Il tempo fu crudele. Credevo che quei pochi minuti, in cui esercitavo tanta violenza,  durassero ore ed ore…e questo faceva nascere in me una voglia sempre più grande, sempre più folle, sempre più perversa di continuare a frustarlo e al contempo a coccolarlo.
Mi sentivo padrona…La sua padrona, padrona di tutto, dell’universo, in grado di procurare un dolcissimo dolore.
Le sue urla fecero tremare le fiamme delle candele accese. Lo frustai sul volto, non volevo che gridasse, volevo sentirlo gemere.
Mi alzai, arrivai fino allo scaffale dove vi erano diversi barattoli. Li esaminai uno per uno. Non avevo fretta, volevo per un attimo che si rilassasse…avrebbe apprezzato molto di più ciò che gli avrei poi inflitto.
“Trovato”-dissi fra me e me; mi allungai verso l’alto per afferrarlo: sono piccolina di statura, ma non mi creo troppi problemi.
Lo aprii. All’interno vi erano alcune saponette, le sciolsi appena nell’acqua e tornai dal mio Diavolo. Mi posizionai esattamente come prima, seduta a gambe aperte sulla sua schiena.
“Cosa, cazzo stai facendo?! Sei impazzita!Tu sei matta!Lasciami andare! Se riesco a slegarmi, vedi come ti faccio godere io poi!”
“Ohh sì…non vedo l’ora…”- dissi strofinandogli violentemente, dall’alto verso il basso, la saponetta sulle sue ferite.
Urlò ancora. Continuai instancabile e insaziabile, alternando la saponetta alle mie unghie, e talvolta usandole tutte e due.
Di nuovo le sue grida disperate di dolore rimbombavano per tutti gli alloggi. Persi il controllo. Mentre facevo pressione insistentemente sulle ferite, lo cavalcai, sfregando il mio sesso sul suo corpo martoriato, veloce…sempre più veloce. Ora gridavo anch’io di piacere… Non so quanti orgasmi ebbi in quella posizione; so soltanto che era tutto perfetto. Brividi incontrollati mi pervasero completamente.
Lo afferrai per i capelli, senza fermarmi, presi il pugnale che prima Satan lasciò sbadatamente cadere sul letto. Gli squarciai la fronte. Alla vista del suo sangue che sgorgava dalla ferita e ricopriva il suo splendido volto, fui eccitata ancora di più, tanto da continuare la mia cavalcata, tanto da precipitare nelle fauci dell’Inferno, tanto da tagliargli di netto la giugulare.
Gemette. Ormai non poteva più urlare. Lo fissai ancora per qualche secondo. Lo liberai, era agonizzante, lo strinsi fra le mie braccia, come fa una madre col suo cucciolo, e lo baciai sulle labbra.
“Sei stato magnifico”- gli dissi piano-“E’ tutto finito adesso”.
Lo abbandonai sul letto, scelsi una spada, lo trapassai dal un lato all’altro.
Quella notte le fiamme dell’Inferno si fecero più alte e guizzanti del solito.
Avevano perso il loro capo per mano di una sexy e seducente guerriera del male, ed ora erano pronte per accogliere una nuova Era. Erano pronte ad accogliere…Lei.

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