Skip to main content
OrgiaRacconti CuckoldRacconti Erotici Etero

Giochi ad alta tensione

By 24 Maggio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Questo &egrave il mio primo racconto qui. Sono sempre stata una ragazza interessata all’erotismo, ma in modo non esplicito. Mi definisco, per contraddizione, un’esibizionista pudìca. Non prenderei mai il sole in topless, mi vergognerei di certe posizioni, eppure mi eccita anche solo pensare di toccarmi con altre persone che, ignare, si trovano poco lontano da me che godo come non potrebbero mai immaginare.

Non &egrave che alla fin fine ne abbia avuto questo gran numero di esperienze, eppure nella mia testa &egrave raro che trascorra un giorno senza che io pensi a cose oscene. Ogni sera mi concedo attimi sublimi d’amore con me stessa, adoro sentire il mio corpo fremere sotto le dita: &egrave meraviglioso avvicinarsi all’orgasmo a poco a poco. Avvampare e sospirare sempre di più fino a quell’attimo liberatorio, quando, immersa in pensieri sconci, il mio sesso si apre come un bocciolo di rosa, esplode e cola.

Ve lo confesso. Ho scoperto di essere attratta anche da persone del mio stesso sesso nel primo periodo della pubertà. Le ragazze più belle della mia scuola mi attraevano irrimediabilmente e, sovente, mi coglievano voglie indescrivibili e inconfessabili. Insopprimibili &egrave la parola giusta. Mi sarebbe piaciuto baciarle, mordicchiare loro le labbra morbide e succose, sfiorarle ovunque, inebriarmi del loro afrore e io stessa offrirmi completamente. Nuda. Spalancata.
Iniziai ben presto a guadare video porno incentrati su bollenti incontri saffici o di masturbazione solitaria. Non preferivo, tuttavia, quei clip artefatti, tutti perfettini con modelle statuarie come protagoniste: si vedeva lontano un miglio che le modelle recitavano una parte. Desideravo invece osservare orgasmi reali di ragazze che si potevano definire della porta accanto. Ammirare la loro eccitazione, gustarmi la loro discesa in un tunnel fatto di sospiri, atti disinibiti e vogliosi. Bearmi dei loro corpi che, come il mio, si trovavano all’apice dello splendore. Gli istinti peccaminosi di fanciulle angeliche portati su video e squadernati dinanzi a me. Le loro fighe pulsanti lappate instancabilmente. Così riuscivo altresì a immedesimarmi ancora meglio in loro, nelle loro reazioni ed espressioni di goduria. Apprezzavo dei dettagli cui penso solo noi donne riusciamo a dare rilievo: l’arrossarsi delle guance, i movimenti dei bacini, l’estroflessione delle dita dei piedi durante l’orgasmo,il colore delle areole dei seni, i succhi vaginali che si vanno raccogliendo sotto la fessura e, a volte, scivolano sulle cosce, le sontuose bocche deformate dai sospiri iniziali che si vanno infittendo al crescere della lussuria. Tuttavia, per dedicarmi ai porno, i miei dovevano essere assolutamente via di casa, altrimenti non avrei potuto rischiare di venire scoperta. Credo che sarei scappata di casa se, rincasando, avessero trovato la loro bella figliola quindicenne completamente nuda, a martellarsi la clitoride dinanzi allo schermo di un pc, non di rado con qualche oggetto inserito nella fessura, le labbra della bocca contornate del mio nettare vaginale.

Altre volte, trovandomi a scuola, specie durante questa bella stagione che acuisce i sensi, mi coglieva imperiosa l’esigenza di godere. Magari avevo appena osservato una tale bella compagna togliersi il reggiseno. Oppure avevo fantasticato di abbandonarmi ad un 69 con la talaltra. Allora non potevo far altro che recarmi in bagno dove, soffocando ogni rumore di respiro come solo io riuscivo, mi toccavo vorticosamente e, in punta di piedi, venivo squassata da orgasmi potenti che mi lasciavano sorridente, rilassata e un po’turbata dai mai sopiti sensi di colpa.

Negli anni successivi i porno mi vennero a noia, tanto fervida era la mia immaginazione. Iniziai quindi a toccarmi ovunque, dal bagno della scuola, ad una panchina all’aperto in qualche luogo nascosto alla vista, o anche negli spogliatoi della piscina. Ma il mio luogo preferito era la casa, lontano da occhi indiscreti, eppure lasciando magari qualche fessura nella tapparella così da eccitarmi di più al pensiero che magari qualche vicino avrebbe potuto intuire qualcosa. Quando ero da sola ne facevo di ogni. Mi piaceva provarmi vestiti sexy per poi spogliarmi lentamente, mentre mi eccitavo sempre di più. La semplice visione del mio corpo allo specchio mi faceva traboccare di lascivia e bagnare abbondantemente là sotto. Mi dovevo lavare le mutandine da sola perché l’odore della mia eccitazione talvolta era abbastanza intensa e non volevo che mia madre sentisse quel profumo di femmina in calore.
Indugiavo su ogni particolare, ciascun gesto non casuale. Presi persino a fotografarmi per fissare su schermo digitale quegli attimi tra follia e bellezza. Alla fine si &egrave giovani una volta sola e ognuno ha i propri vizi: il mio era inconfessabile, ma non facevo del male a nessuno. Anzi.

Non era raro che mi perdessi per ore in quei trattamenti di puro piacere, facendomi venire varie volte di seguito. Non riuscivo più ad addormentarmi la sera senza essermi toccata almeno un paio di volte. In tutto ciò ero sempre più desiderata, ma, pur diventando una sorta di celebrità al liceo, mentre qualche anno prima neppure mi guardavano, la compagnia sessuale di me stessa mi bastava e avanzava.
Tuttavia a diciassette anni mi presi una cotta improvvisa per una collega di classe, anch’essa sbocciata durante quegli anni adolescenziali. Si chiamava Monica ed era davvero stupenda. Mi completava: se io avevo capelli lunghi quasi al fondoschiena di colore castano scuro, lei li aveva castano chiari alle spalle. Se io portavo una terza abbondante, lei portava una seconda, ma era ben proporzionata con un fisico asciutto ma mediterraneo, un po’più esile del mio, ma a suo modo estremamente seducente. Entrambe, ci dicevano, avevamo occhi divini, uno sguardo sensuale, una bocca da morirci sopra ed entrambe molto, troppo, desiderate da tutti i maschi della classe.
Lei, anche se non si sarebbe detto, era molto più disinibita di me. Mentre io ero ancora una verginella, pur con l’imene rotto da qualche oggetto che non rammento, lei aveva già avuto vari uomini. Ci iniziammo a frequentare da amiche strette, ma, anche se io desideravo tanto avere le prime esperienze saffiche con lei. non mi feci mai avanti a causa della mia timidezza, o forse più per timore del rifiuto. Fatto sta che al termine del liceo l’avevo solo baciata un paio di volte come scherzo, un bacio prova in preparazione a quelli “veri” da dare ai maschi. Mi aveva lasciata inappagata e vogliosa alimentando ulteriori fantasie.

Gli uomini? Non mi avevano mai attratta troppo, ma adoravo scorgere la loro eccitazione, il loro turbamento, anche solo quando li fissavo un secondo in più o conversavo con il viso vicino al loro. Oppure quando, durante le ore di educazione fisica, mi trovavo davanti a qualche compagno nel riscaldamento iniziale.Lui perso tra le mie gambe, i miei fianchi, le natiche che intuiva, imiei seni che sogguardava libidinoso.
La mia prima volta avvenne proprio durante la torrida estate della maturità con un ragazzo che sicuramente mi piaceva, per cui però non posso dire che impazzissi. Imparai comunque ad apprezzare organo maschile ben eretto, il suo sapore. Di lui adoravo soprattutto la circonferenza più che la lunghezza. Non c’&egrave bisogno di dirvelo, una delle cose che preferivo era farlo davanti allo specchio. Cavalcare mentre mi torturavo la clitoride e osservavo le mie tette oscillare. Vedermi in quello stato, con la figa trafitta e squassata, rinfocolava l’eccitazione del momento e mi conduceva a travolgenti orgasmi multipli. Iniziai a prendere la pillola quindi mi facevo venire dentro, anzi un po’ovunque. Ricevere gli schizzi bollenti sulla pancia era incantevole così come provare orgasmi pazzeschi insieme. Magari masturbandoci reciprocamente.
Per un bel po’non pensai più alle donne. Mi misi tranquilla a fare la brava fidanzata che veniva posseduta nel fine settimana. Lui usciva pazzo per me, ma alla fine l’inquietudine prevalse perché non ero troppo presa mentalmente. Prediligo i tipi intelligenti con cui &egrave possibile approfondire qualche discorso. Odio la banalità. Essere affascinata da una mente &egrave il culmine dell’erotismo possibile. Quindi lo lasciai. Conobbi di lì a poco un altro ragazzo che abitava lontano da me, i casi del destino! Pensate facessi spettacolini osceni al pc o per telefono? No, stranamente non sono la tipa. Però, pensandolo, sognandolo, mi distruggevo la figa di ditalini, immaginandomela deformata e sfondata dal suo pene non eccessivamente lungo ma sicuramente slanciato e ammirevole.

Alla fine lui si rivelò molto geloso di me, cosa che mi eccitò da morire. Odiava che avessi celate tendenze bisex, persino che mi toccassi lontano da lui, quasi che lo spaventasse la mia sessualità torrida o la mia avvenenza. Era molto possessivo anche se non mi faceva mai scenate di gelosia, ma percepivo la sua necessità di tenermi tutta per lui. Forse voleva mettermi delle briglie, forse che godessi o pensassi a cose oscene solo con lui. Glielo lasciai credere, nel mentre, lontana da lui, seducevo pur senza tradire e, ovviamente, continuavo l’intensa e svergognata attività solitaria. C’erano giorni in cui era tanto eccitata che venivo dopo uno o due minuti di giochi di dentro la fessura con le altre sopra a stuzzicare. Ogni tanto le intrufolavo anche nel buchino, o, più di frequente, pizzicavo i capezzoli là dove le sensazioni erano più impellenti.
Con lui il sesso divenne quasi morboso. Nel senso che aveva tanto desiderio di me da possedermi quasi per intere giornate. Io, non essendo abituata a ritmi simili, me ne spaventai. Alla fine ero sempre esausta.

Un giorno che lo andai a trovare, eravamo proprio in questo periodo dell’anno, ci fu una svolta inaspettata. Anzitutto,già la sera stessa del mio arrivo mi mostrò a mo’di regalo un dildo e due vibratori, uno piccolo, all’incirca simile a un evidenziatore, con punta cilindrica, l’altro che pareva un pene ed era divaricato in punta di modo che una parte entrasse in profondità nella figa, l’altro invece sollecitasse ritmicamente la clitoride. Era di colore blu, ora so che si chiama rabbit. Il dildo era invece di colore giallo chiaro e aveva la tipica conformazione del cazzo. Aveva una parte adesiva che consentiva di collocarlo su una superficie così da cavalcarlo un po’ovunque. Proprio come a farsi sbattere da un bel cazzo. Mi meravigliai tantissimo mi regalasse simili articoli. Anzitutto, pure io che ero abbastanza trasgressiva nella solitudine autoerotica non avevo mai pensato di comprare nulla di tutto ciò: mi bastavano dita, spazzole, spazzolini da denti. banane o zucchine ben lavate, o anche, semplicemente, cuscini da cavalcare, sedie contro cui strusciare e sbattere la figa. Insomma, non avrei neppure avuto il coraggio di recarmi ad acquistarne uno, oppure ordinarli on-line col rischio qualcuno lo scoprisse. Vedere che un ragazzo che aveva sempre tenuto a freno la mia sessualità mi regalava quegli oggetti di piacere mi sconvolse e, non lo nego, eccitò. Mi ordinò però di non toccarli fino all’indomani quando mi avrebbe spiegato tutto. Facemmo l’amore e, durante l’atto d’amore, non riuscivo a smettere di pensare cosa mi avrebbe indotto a fare quel mio fidanzato che tutto d’un tratto mi voleva trasformata da santa in depravata.

Quel che accadde quel giorno non me lo sarei mai attesa.
Anzitutto, Alessandro, il mio ragazzo, mi chiese di accompagnarlo a fare un po’di spesa vestita semplicemente ma senza mutandine. “Senza mutandine?? Ma sei pazzo?” Pur avendo un lato esibizionista non ero mai stata in giro senza, quindi quella proposta mi lasciò interdetta. Non era da lui. Quanto a me, provavo ripulsione e desiderio all’idea di farlo. Poi mi decisi. E’un po’come tuffarsi: devi farlo e basta. Senza pensarci.

Acquistammo vari articoli per i due giorni di convivenza che avremmo trascorso, tra cui una zucchina abbastanza lunga, fragole, panna e creme al cioccolato e al pistacchio. Da gran golosa non vedevo l’ora di assaggiare queste ultime. Non indossare nulla sotto mi eccitava e preoccupava al tempo stesso. Temevo qualcuno scorgesse o intuisse qualcosa anche se non avevo indosso una minigonna.

Ritornati a casa pranzammo. Poi lui mi propose un set fotografico un po’ (tanto) os&egrave. Mi chiese di truccarmi abbastanza pesante ma senza rossetto. Indossai le mie scarpe a tacco alto con fiocco color rosa e un abito poco sopra il ginocchio con decorazioni floreali dorate. Metteva ben in evidenza il mio corpo slanciato e formoso. Iniziò a fotografarmi alternando primi piani del volto a ritratti di me tutta intera. Da innamorata della mia fisicità, la situazione riusciva a intrigarmi non poco. Percepivo la tipica sensazione di eccitazione che si irradiava dal ventre e dal mio sesso già gocciolante. Non vedevo l’ora mi chiedesse di spogliarmi. Non tardò a farlo. Prima dovetti mostrare i seni, belli pieni e sodi, con capezzoli ampi a coronamento. Purtroppo erano anche una condanna: non vi dico in classe quanti sorpresi a sogguardarmeli! Anche professori!

Poi mi chiese di abbassarmi e togliermi le mutandine. Così seminuda mi scattò decine di foto: sdraiata e ammiccante, semireclinata mentre fingevo di studiare a pancia in giù. In seguito, addirittura volle che gli spalancassi la mia rosa già madida, che evidenziassi i capezzoli col rossetto, mi mostrassi a piedi nudi, in piedi di schiena con le natiche e la figa scoperta. Finalmente, una volta svestita, indossando solo le scarpe. Infine, mentre accennavo a mosse di ginnastica, oppure fingevo di dormire. O ancora piegata con la schiena appoggiata al muro, sorridendo mentre mi esponevo. Completamente.
Dopo altre foto sconce non vedevo l’ora di toccarmi e godere, ve lo confesso.

Ale mi chiese d’inserirmi il dildo e di cominciare a cavalcarlo. Il cuore iniziò a battermi fortissimo. Ero incerta sul da farsi ma la voglia era troppa e richiedeva misure estreme. Mi stordiva quasi l’idea di ciò che avrei fatto di lì a poco. Divenni impacciata, ma provai comunque a fissare la base del dildo sulla scrivania iniziando a soppesarne le dimensioni. Non era enorme ma certamente non piccolo, un po’più di un cazzo normale, direi sui 25 cm e largo il giusto. Era di lattice gommoso. Inarcai le gambe così da appoggiarmelo sull’ingresso della vagina. “No, no prima leccalo mentre ti tocchi che ti scatto un po’di foto” mi fece Alessandro con voce arrochita a tradire la lussuria che lo animava. Così mi misi indice e medio della mano destra nella mia fessura fradicia e bollente mi misi in ginocchio cominciando a saettare con la lingua lungo quel fallo, proprio come stessi facendo un pompino. Mi sconvolgevano sessualmente le venature che riproducevano le vene del pene. Iniziai a sospirare forte. Era una tortura quella, ve lo posso garantire! Non ero mai stata in una situazione simile, ma mi piaceva sentirmi violata e oscena. Probabilmente sarei venuta di lì a poco non mi avesse chiesto di smettere con quel pompino al dildo, mentre mi masturbavo davanti a lui. Così, stavolta di mia iniziativa, divisai di penetrarmi con l’arnese, per la prima volta in vita mia.
Ero così innaffiata dei miei stessi succhi che il dildo mi sprofondò dentro senza tanti problemi, almeno inizialmente. Inspirai traendo un profondo sospiro, mentre affondavo quel corpo estraneo nel sesso che mi regalava splendide sensazioni. Quasi da svenimento. Il rumore di attrito che la figa bagnata produceva trafitta dal dildo contribuì ad infuocarmi ancora di più. Mi stabilizzai e iniziai e muovermi ritmicamente su e giù, sempre lentamente, poi accennando maggior velocità e roteando. Aveste dovuto sentire il lieve cigolio della scrivania sotto i miei 58 chili. Intanto, Alessandro mi fotografava spietatamente, catturando quegli attimi di perdizione peccaminosa, oppure per dirla schietta, il mio essere troia. In quel momento mi disinteressavo del tutto della possibilità quelle foto potessero finire in mani sbagliate. Stavo godendo. Ero nel fiore degli anni. Se qualcuno mi avesse vista così, meglio per lui! Avrebbe goduto! Non dovevo vergognarmi di essere così, pensai. Venni ben due volte dopo che Alessandro mi avvicinò il vibratore più piccolo strusciandomelo ripetutamente vicino alla clitoride. Mi contorsi, slanciando in aria e allargando le belle gambe tornite. Esplosi percependo distintamente le ritmiche contrazioni che piegavano tutto il mio sesso.

Dopo poco, Ale mi prese venendomi dentro in pochi minuti. Solitamente durava tanto ma quegli atti lussuriosi in cui mi aveva ritratto avevano dovuto sollecitarlo talmente. Quando poi si riprese mi sbatt&egrave di nuovo in varie posizioni.
Di sera, mi sorprese ancora di più. Mi chiese se avessi fantasticato su donne ultimamente. La risposta autentica sarebbe stata “no, almeno non ultimamente”, ma ero così eccitata da quella nuova situazione che, pur sapendo di rischiare d’incorrere nella sua ira, gli risposi sfacciatamente “sì a volte” aggiungendo leziosamente “Non ti arrabbiare”.
“mmm sembri così innocente e poi….ma vedrai”…..ecco ora prova questo, mentre ti giro un video. Mi passò il vibratore grosso, lo inserii più a fatica e, dopo averlo acceso, mi reclinai sul letto godendo di quelle vibrazioni straordinarie. Non riuscivo a trattenere sospiri e mugugni. Era la prima volta facevo qualcosa del genere con un vibratore, ma debbo ammettere che godevo molto di più che con le mie dita, vuoi per la novità, vuoi per essere addirittura ripresa. La punta più piccola ruotava sulla clitoride. mmmm. godevo tantissimo, dovevo avere uno sguardo beato perché mi sembrava di essere in paradiso. Sì mi vergognavo, ma la vergogna era essa stessa eccitazione. Se ci ripenso, come ora, mi viene una voglia folle e irrefrenabile.
Dato che il vibratore faceva tutto là sotto, badavo a solleticarmi seni e capezzoli, muovendo ritmicamente il bacino mentre lo strumento del peccato affondava dentro di me. Era bellissimo. Anche in questo caso venni due volte e quell’atto fu seguito da decine di minuti di puro sesso con Alessandro. Ero sfinita ma felice. “Non te li darò da portare a casa questi”-“Come mai?” chiesi stupita. “Voglio ti togli ogni sfizio qui con me e mi mostri fino a che punto puoi arrivare col tuo essere oscena, così che lo possa immortalare e tenere sempre con me. Credi non sappia che ti tocchi quando non ci vediamo?”. “Ma Alessandro, vedi, magari stiamo separati due settimane, se non di più, l’ho sempre fatto abbastanza….” tentai di giustificarmi. “Oh lo so che sei una porcella. Dimmi hai tue foto senza vestiti?” Mi ricordai che nel cloud dovevo avere qualcosa che non avevo cancellato. Decisi di mostrargliele. Ormai avevo perso qualsiasi pudore, almeno con lui, e ciò costituiva un’altra prima volta. Ero sempre stata controllata con gli altri. Non dico repressa, ma quasi. Mi travolgeva un misto di sensazioni che produceva in me ulteriori fremiti tanto più che ero sfiorata dalle brezze serene che annunciavano l’estate, premesse di eterna giovinezza e di libidine.
In una foto mi massaggiavo la figa seduta davanti allo specchio con un piede appoggiato a lato della superficie specchiata. Era una foto stupenda, di cui ero molto orgogliosa. In un’altra ero ritratta nuda con gli occhi socchiusi e mi riprendevo tutta dal bacino in su. In un’altra ancora allargavo la figa mostrandone spudoratamente tutto l’interno. Infine, ce n’era una in cui ero ritratta sul fianco, totalmente nuda. Si poteva scorgere lateralmente il capezzolo e la rotondità del seno, così come quella del mio culo e il pube ricoperto di peli curati e corti.
Sentivo Alessandro fremere e intuivo il suo cazzo ingrossarsi rapidamente. Percepivo la sua voglia di me. Il suo essere stordito dal mio corpo e dalla sensualità ferina che ora aveva davvero toccato con mano.. Mi strappò il pigiama di dosso e, quasi facendomi male, mi prese da dietro mentre cercavo di tenermi alla testiera del letto resistendo come potevo a quelle spinte profonde ed energiche. “Tu sei una maiala. Ti piace se ti sfondo così la figa, eh. Non vorresti altro, eh.” Non aveva mai utilizzato turpiloquio durante il sesso e questo mi rendeva ancora più vogliosa ma non feci in tempo a venire ancora. Sentii il suo liquido bollente inondarmi l’utero. Mi misi seduta sulla scrivania mentre quel seme rifluiva parzialmente, inondandomi le cosce e finendo verso il buco anale. “Sei bellissima. Vorrei ti portassi tutto dalla figa alla bocca”. Non me lo feci ripetere. Mi sentivo così profondamente assatanata e regina del peccato. Alessandro non mi aveva mai neppure dato ordini, anzi mi aveva sempre trattata come un gioiello immacolato e prezioso, una principessa da non insozzare. Amavo entrambe queste modalità di rapportarsi a me.
“Mi hai inondata vedi” gli mostrai mentre cercavo di pulirmi lì sotto per poi ingoiarlo. “Sei uno spettacolo, Virgy. Per quel che ti voglio fare domani” proseguì Alessandro “dovrei chiederti di raderti completamente la figa”. Mi venne un groppo in gola: non mi ero mai depilata completamente, abituata com’ero a tenere un triangolino corto di peli soffici che ben si accordava al mio corpo. Toglierli mi dispiaceva, ma da un lato mi avrebbe eccitata rimanere così esposta, senza più nulla a frapporsi tra Alessandro e la vista del mio sesso, della carne rosa scuro bagnata della mia rugiada. Mi iniziai a radere e mi tornò il desiderio di fare una serie impressionante di oscenità pensando a quanto sarebbe accaduto l’indomani, ma mi trattenni. Quella notte dormii tutta nuda. Il giorno dopo, contrariamente alle mie previsioni, non successe nulla di che. Almeno inizialmente.
Ale non mi sfiorò neppure. Su sua proposta, facemmo dei giretti per la città, per negozi. Anzi, ricordo che mi chiese di tenere “dentro al calduccio” una carota abbastanza corta per la verità. Eppure la tensione erotica tra di noi cresceva col passare delle ore e con l’aumentare delle temperatura atmosferica. Sì, ogni tanto ci scambiavamo baci appassionati ma nulla più. Vi era un’atmosfera di attesa, la classica quiete prima della tempesta.
Durante il pomeriggio non stavo più nella pelle. Ero pronta a trastullarmi con lui: apprezzavo questa nuova versione. Non ho mai prediletto uomini costantemente osceni, ma questo suo cambiamento repentino mi lusingava e intrigava. Amor di contrasti.
Eppure quel giorno, capii che Alessandro non aveva la benché minima intenzione di dedicarsi all’erotismo. Parlava di lavoro, di attualità, di storia, ma badava a non alludere né a provocarmi.
Avrei voluto gettarmi sul letto, inserirmi delle dita nel il sesso, regalandomi un orgasmo dietro l’altro e poi invitarlo ad entrare dentro di me, prendendomi in ogni posizione e situazione possibile, però non ero-che dico? non sarò forse mai- tanto audace. Prendere iniziativa, lo avrete intuito, non &egrave il mio forte.

Mi maceravo nella voglia di liberarmi dai vestiti e finalmente sfogarmi. Urlare di piacere. Restare accaldata sul letto mentre la mia passerina colava spandendo la sua fragranza intensa ed esotica per tutta la stanza. Sudare dal tanto che avrei goduto. Alessandro mi aveva anticipato che non ci sarebbero stati i vicini né sopra né a fianco né sotto, forse era stato quello l’unico importante accenno a qualcosa che sarebbe dovuto accadere. Però pareva proprio non volesse fare neppure la prima mossa.

Ad un certo punto, verso le quattro, suonò il citofono, mentre Ale era in bagno a rinfrescarsi. Mi allarmai tantissimo. Chi poteva essere? Che avesse invitato qualche suo amico senza dirmi nulla? Oppure una coppia? “Chi &egrave Ale?” Nessuna risposta. “Aspettavi qualcuno?” – “Forse qualcuno che porta un pacco, ora vedo” fece Alessandro uscendo. A scanso di equivoci, mi chiusi a mia volta bagno per sistemarmi un po’. Indossavo un abito femminile al ginocchio, molto fresco di un bel colore panna con decorazioni verdi. Era piuttosto aderente e sottolineava le mie forme, eppure non scollato né eccessivamente provocante. Sensuale, lo definirei. Indossai dei tacchi di altezza media, bianchi di pelle scamosciata e un filo di matita e mascara sugli occhi. Mi avevano detto tutti non necessitavo trucco, ma, si sa, noi donne non ci fidiamo di nessuno e preferiamo esser certe di apparire straordinarie, quando potremmo esserlo già. Nel frattempo mi interrogavo su chi avrei incontrato. Mi immersi rapita nel mio stesso riflesso allo specchio: era davvero splendido e magnificente. Provocante il giusto,. pensai, sorridendomi maliziosa. I lunghi capelli a cascata lungo la schiena, due ciuffi laterali ad incorniciarmi il viso. Avevo una voglia folle di sopire gli istinti del mio corpo concedendomi i più sfrenati piaceri. Sinceramente ero quindi un po’infastidita da quella seccatura temporanea.

Nel corridoio mi trovai dinanzi Alessandro e una ragazza, una giovane donna, avvenente a dir poco. Imparerete, conoscendomi, quanto sia restia ad ammettere l’estetica di altre donne, specie quando non siano effettivamente nulla di che. Solo trucco e parrucco e una buona dose di sfacciataggine. Lei invece era….era un sogno. “Piacere Evelyn” anche la sua voce era melodiosa, e sensuale, dolcissima. “Piacere Virginia” risposi, celando alla bell’e meglio un certo turbamento. Un fisico statuario e formoso, il seno che stimai solo un poco più piccolo del mio, ma totalmente, come dire, appropriato su quel fisico morbido, ma allo stesso tempo asciutto, bellissimo. Un viso seducente e sorridente, da ragazza pulita, ma conscia delle proprie potenzialità. Mi colpì in particolare il sorriso caldo e femminile, la brillantezza degli occhi di colore cangiante tra il verde e il nocciola, abbastanza simili ai miei ma più allungati. La bocca altrettanto ben disegnata con labbra più sottili, perfette nella foggia, tanto da parere dipinte. I capelli castano chiaro, raccolti sulla nuca. Fu una delle poche volte in cui mi trovai in imbarazzo solo a guadare negli occhi un’altra persona sostenendone lo sguardo. Solitamente accadeva l’opposto, ossia persone che neppure mi rivolgevano la parola per la timidezza. La confusione si acuì quando Evelyn mi sfiorò la mano. Il solo tocco produsse in me sensazioni inspiegabili. Poi avvicinò le labbra alle mie e mi baciò sulle labbra. Inaspettatamente, da sciocca, mi ritrassi. Non avevo già baciato un’altra ragazza? Non era quello che avevo sempre desiderato un vero bacio saffico? Non la stavo spogliando con gli occhi?

Eppure il cervello a volte va in conflitto col corpo. Mi rinchiusi in stanza. Quasi mi veniva da piangere. Quel disgraziato ha pagato un’ escort per fare insieme a me e lei chissà quale oscenità. Mi sentii in parte tradita, in parte sconvolta, ma anche rapita da lontani refoli di lussuria che mi richiamavano ad affrontare la realtà. Non sapevo come uscirne. Non mi sentivo pronta e non ero più sicuro di volerlo. Dopo entrò Alessandro. “Cosa c’&egrave? Non ti piace questa mia amica?” “Non credevo arrivassi a noleggiare un’escort per fare cosa? Un trio?” gli replicai quasi in lacrime. “Ma non &egrave un’escort, &egrave una ragazza che ho conosciuto in chat perché era disposta a fare qualcosa con te, semmai. E’una ragazza pulita, non promiscua, &egrave sempre stata bisex, più lesbica a dire il vero, ma ha avuto solo due o tre ragazze e un solo ragazzo. Ora che si &egrave lasciata con la ex vuole esplorare più liberamente. Ho pensato quindi che voi due potreste essere ottime per una serata di….ehm….eccessi”. “Avresti potuto dirmelo, no? O dove essere sempre l’ultima a sapere?”. “Facciamo così, Virginia, ti faccio parlare con lei, da sola a sola, io vado a fare un giro che ho una commissione da fare. Vedi come ti trovi, nessuno ti obbliga, ok amore? A me ecciterebbe vederti persa nell’erotismo, tanto più che hai avuto già altre ragazze, no? Entrambi sappiamo che sei bisex. Preferisco allora che ti abbandoni al saffismo davanti a me” concluse Alessandro sorridendomi maliziosamente. “Veramente non ne ho avuta nessuna. E non sono sicura di volerlo ora. Non sono affatto lesbica né potrei diventarlo. E’vero che immagino molto, specie da sola, ma di qui a fare sesso con una donna ne passa, non credi?” gridai certa che anche Evelyn avrebbe sentito. Ormai mi andavo tranquillizzando, ma ancora non sapevo risolvermi se l’avrei voluto davvero o no. Mi vergognavo tantissimo a pensarci, ma a giudicare dalle sensazioni che mi provenivano dal basso ventre, anche l’eccitazione andava di pari passo.
Sentii bussare. “Entra” risposi con un tono un po’impazientito e seccato. “Ciao Virginia” mi disse calma Evelyn quando Alessandro se ne fu andato. Era a dir poco divina: minigonna nera di velluto leggero, tacco alto anch’esso nero, due gambe chilometriche e ben tornite. Una pancia piatta seminascosta da un top bordeaux, sotto cui non indossava altro. “Mi spiace che Alessandro non ti abbia avvertita. Non devi essere gelosa, non c’&egrave mai stato nulla tra me e lui. Lui aveva messo un annuncio circa una ragazza disponibile a giocare con una coppia, dedicandosi specialmente alla “lei”. Non devi però sentirti forzata. Se faremo qualcosa non significherà affatto che sei lesbica, ma solo che avrai vissuto un altro lato della tua sessualità. Può essere anche solo per una sera, nessuno lo verrà a sapere”. Era così dolce e sicura la sua voce. Come scoprii in seguito aveva un paio d’anni meno di me, ma in quel momento sembrò più matura.Io la bambina che doveva essere rassicurata.
Parlammo per un po’del più e del meno trovandoci a nostro agio. La tensione tra noi, però, impercettibilmente saliva e dentro di me sapevo sarei dovuta ben presto arrivare a una decisione. Non era lì per diventare mia amica ma per godere di me e per farmi provare puro piacere. “ok, Virginia, senti…..tu sei di una bellezza indescrivibile, non ne ho mai vista una più attraente di te. Per dirla schietta mi ispiri sesso. Non so cosa vuoi fare tu, ma, se non ti dò fastidio vorrei toccarmi” concluse con voce già quasi affannata. Percepii che non era una recita. Tutt’altro. Si sollevò la minigonna e vidi che non indossava mutandine. La sua figa era lì, offerta sconciamente davanti a me. Se la spalancò lasciva mentre mi guardava con certi occhioni da angelo malizioso. Era una passerina bellissima, pareva disegnata da un grande pittore e richiamava in qualche modo le labbra della bocca, pensai. Era sottile e sovrastata da un pube con un ciuffetto di pochi peli corti. Solo scorgerla mi provocò lampi di desiderio. Allora Evelyn venne vicino a me, si piegò togliendosi agilmente la minigonna, mi parve quasi di sentire il profumo del suo sesso inebriarmi le narici, insieme al profumo floreale che aveva sulla pelle. Inaspettatamente s’infilò due dita dentro, nella sua cavità proibita, sdraiandosi con noncuranza vicino a me. Si era sciolta i capelli e poggiava il capo tra il mio braccio e il petto, quasi ad usare il mio seno come cuscino. “Posso?” mi chiese affannata indicando allusivamente i miei seni. Audace, si spinse a infilare una mano sotto al tessuto del vestito, poi sotto il reggiseno. Nel frattempo si scopava con movimenti lenti ma costanti il sesso con l’altra manina. Gemeva non riuscendo più a trattenere il piacere, quello che provava lì per lì e quello atteso.
Non ero mai stata effettivamente sfiorata da una donna. A questo punto non ce la feci più, la baciai e iniziammo a scambiarci una serie di saette di lingua, profonde e roventi come il sole estivo. Praticamente venne mentre mi stava baciando e le nostre lingue giocavano ardite tra loro. Avevo deciso “avrei fatto la puttana di Evelyn quel pomeriggio. E lei sarebbe stata la mia”.
Sentii la porta richiudersi. Era Alessandro. Ci sorprese proprio quando Evelyn, dopo avermi sfilato le mutandine, mi aveva condotta davanti allo specchio. Si era posta un grande cuscino sotto la schiena e ci era salita sopra languidamente. Io giacevo abbandonata tra le sue gambe, dandole le spalle. Le sue mani s’intrufolavano ovunque, senza posa. Mi mordicchiava il collo e inumidiva di saliva i capezzoli. Poi prese a sfiorarmi lì sotto, prima distrattamente, quasi come mossa apparentemente casuale, poi più insistentemente, raccogliendo i miei umori già copiosi tra i suoi polpastrelli. Così, ripudiando ogni residuo pudore, avevo iniziato a spingermi le dita in profondità dove più le sensazioni venivano suscitate. “Ah che monella sei. Non aspetti neanche ti tocchi io”. Mi guardai allo specchio e vidi uno spettacolo meraviglioso. Le guance arrossate. Gli occhi lustri di lussuria. Sfiorata indecentemente da un’altra ragazza. Cosa stavo facendo? Me l’avessero detto qualche giorno prima non ci avrei creduto. Ero ancora tentata di ricoprirmi e scappare via, ma il mio corpo, o meglio il mio sesso, mi comandava di restare.
“Vedo che vi siete ambientate bene”. Non riuscii a sostenere lo sguardo beffardo e voglioso di Alessandro. Incurante presi la mano di Evelyn e la condussi dentro. “Fammi venire ti prego. Non ne posso più”.
Finalmente iniziò a masturbarmi con due mani: una che perlustrava la mia cavità innaffiata di rugiada, l’altra con due dita a tambureggiare la clitoride. Mi faceva letteralmente impazzire quando raccoglieva il mio nettare per portarmelo alle labbra. Venni in pochi secondi e fu bellissimo osservarmi godere allo specchio. L’avevo fatto tante volte da sole, mai con questa intensità travolgente.
Vidi che Alessandro aveva immortalato tutto con la fotocamera.
“Sei spettacolare Virginia, una dea. I tuoi capelli ondulati, la tua schiena, le tue natiche, tutto &egrave perfetto morbido, curvilineo e femminile. Le ragazze che ho avuto erano nulla paragonate a te”. “Anche tu sei uno spettacolo unico”. “Spogliati del tutto Virginia. Voglio leccarti tutta”. Non me lo feci ripetere. Mi tolsi rapidamente il vestito sdraiandomi sul letto. Ero emozionata e tesa alla prospettiva di essere leccata da una donna, dal fatto che avrebbe gustato il mio sapore e, magari, fosse riuscita a farmi venire con la sua lingua. Il primo contatto mi fece rabbrividire. Una sensazione sconosciuta e pazzesca! Ma non ne avevo abbastanza, ogni contatto ne chiedeva un altro e così via. La implorai di continuare mentre mi stuzzicavo testardamente i capezzoli. Ero molto vicina. Mi obbedì. Dapprima lentamente, poi a ritmo regolare e veloce. Ogni tanto si bloccava per inserire la lingua nella fessura suggendo con avidità il miele che traboccava. Allora emettevo non solo sospiri e gemiti, ma un vero grido di piacere che, malgrado l’assenza di vicini, cercavo di soffocare per inveterata abitudine Venni. Fu stordente e incantevole. Slanciai le gambe e presi il capo di Evelyn in modo da schiacciarlo contro la mia fighetta pulsante. Il mio bacino era squassato da ondate di pura goduria, mentre io, in completo trance erotico, mi sfioravo ancora i seni per potenziare ulteriormente ciò che mi stava travolgendo.

Dopo l’orgasmo, mentre riprendevo fiato, fui io stessa a portare i miei succhi alla bocca di Evelyn. Lei apprezzò tanto da gettarsi sul letto a pancia in giù. Toccandosi indecentemente con due mani, le stesse ancora inzuppate di me.
Mi venne quindi un’idea. Sconcia.
Mi misi anche io in quella posizione chiedendo ad Alessandro d’infilarmi col suo membro. Ero così bagnata per l’orgasmo appena goduto che il cazzo sarebbe entrato quale lama che scivola nel burro. Accortasi, Evelyn si posizionò davanti a me, spalancandosi. Era totalmente nuda dalla cintola in giù, mentre indossava ancora il top sopra. S’era tolta i tacchi e con le dita dei piedi mi solleticava i seni. Mi venne una voglia matta di leccarle i piedi, tanto erano graziosi. Glielo dissi e lei se li massaggiò bagnandoli con le dita innaffiate dei miei e suoi succhi. Allora leccai, assaggiando il suo sapore femminile.
Intanto guidavo la punta del fallo di Alessandro sul mio pertugio, me lo sfregai per un po’sulla clitoride che chiedeva ripetute attenzioni. Poi un’energica spinta e mi trovai trafitta da quella colonna di carne. Evelyn era lì davanti a me, in posa oscena. I capelli lisci e perfetti, ora deliziosamente scomposti. La fronte imperlata di sudore. La mia bocca vicinissima al suo grembo. “Apriti” le sospirai. Lei non se lo fece ripetere. Evelyn si distese lussuriosamente sopra un cuscino così che potessi cominciare a leccare con maggior agio. Ero molto agitata: non sapevo se sarei stata brava né se il sapore femminile così concentrato mi sarebbe piaciuto. Avevo spesso assaggiato il mio e altrettanto di frequente avevo sognato di gustare quello di una bella ragazza. Eccomi accontentata. Un po’intimidita, ma affettando sicurezza, presi a saettare la lingua sulla clitoride già gonfia. Lo divenne ancor di più dopo le mie lappate. Era una sensazione strana cogliere quell’escrescenza, sede del piacere femminile, nella mia bocca, lambirlo e spingerlo con delicatezza. Avrei tanto voluto farlo pure su me stessa, quando mi concedevo pause di piacere solitario, ma non ero tanto snodata!

Poi, prendendo coraggio e iniziando ad apprezzare quel sapore di donna selvatica ed eccitata, lievemente aspro e salmastro, presi a leccarle avidamente tutta la fessura per poi continuare a concentrarmi sulla clitoride in un continuo movimento sussultorio. Era magnifico sentire la sua risposta vocale agli assalti della mia bocca, la quale, a propria volta, esalava la goduria di venire spinta così bene da dietro.
Alessandro, infatti, mi sbatteva, stavolta delicatamente così che potessi leccarla con calma. Non capivo più nulla dal tanto che ero immersa nell’erotismo. Era indescrivibile! Riempita da un pene, mentre mi abbeveravo nella femminilità di una ragazza non meno sensuale di me. Dopo poco godemmo tutti e tre, sebbene non in contemporanea. La prima a cedere fu Evelyn, segno che l’alunna stava imparando velocemente, oppure soltanto che la situazione la riscaldava talmente da non trattenersi che per pochi minuti. Poi venni io e poco dopo, grazie a stantuffi veloci, anche Alessandro si avvicinò a eiaculare tutto quanto aveva dentro. Ma poco prima di esplodere, uscì dalla mia figa e mi porse il suo fallo. Lo presi in bocca, percependone gli spasmi orgasmici sulla mia lingua, infine ingoiai tutto e vi assicuro che mi rovesciò in gola una quantità non indifferente della sua lava virile. Dopo aver assaporato Evelyn, mi piacque anche sentir scendere quel fiotto così caldo e dolciastro in gola. Non ne lasciai persa neppure una goccia.

Dopo una breve pausa, Evelyn e io riprendemmo a scambiarci baci roventi per la gioia di Alessandro che, rivestitosi, proseguì a fotografarci col cellulare. Io ero completamente nuda, Evelyn ancora col top. Non avevo ancora avuto occasione di ammirare i suoi seni, pensai. E mi accinsi a toglierle anche quello.
“Ho ancora tanta voglia” le sussurrai all’orecchio. “Voglio eccedere, trasgredire”. “Ho un’idea” dichiarò Evelyn! “Facciamo un 69”. Al solo sentire il fatal numero mi sobbalzò il cuore in gola. “Bene, ma tu prendi la pillola?”. “Eh no” mi rispose con noncuranza Evelyn. Allora meglio mi risciacqui per bene la bocca o rischi di rimanere incinta per tramite mio. “Sarebbe eccitante” riprese Evelyn con tono da sgualdrina.

Dopo poco eravamo completamente nude, l’una sopra l’altra. Io sotto con tutto il meraviglioso corpo di Evelyn sopra di me. Per l’occasione aveva indosso soltanto delle calze di nylon già rotte che io avevo ulteriormente aperto all’altezza del sesso. Impazzivo a vederla così spalancata: la sua figa, il suo buco. E, nel frattempo, la bocca vogliosa di Evelyn si faceva largo tra i miei petali impiastricciati del mio miele. Quella posizione oscena mi faceva vergognare, ma al tempo stesso eccitare oltremodo. Sentire il suo peso sopra di me era infinitamente coinvolgente. Afferrai Evelyn per il bacino e iniziai a leccarla. Sublime osservare come il suo corpo rispondesse ai miei tocchi di lingua. Godevamo in modo davvero indecente e non ci leccavamo solo le passerine, ma anche ogni cm di pelle a nostra portata di mano, non tralasciando anche il buchino dietro. Mi era ormai diventato così naturale toccare e leccare una donna. Il mio sesso, poco prima deformato dal bel pene di Alessandro, veniva ora circuita da labbra adorabili e dalla lingua abile e vorace di Evelyn. E io facevo lo stesso con lei. Avrei continuato per ore a leccarla, berle tutto, ma l’orgasmo montava dalle mie profondità. La avvertii e lei mi leccò più forte. Io la imitai e, tra lamenti orgasmici e gemiti torridi, raggiungemmo insieme il paradiso. Ma non ci spostammo. Restammo nella medesima sconcia posizione a continuare a leccarci con negligenza le fessure che colavano del frutto del reciproco orgasmo.

La voglia aumentava invece di diminuire. Stavolta mi adagiai sopra di lei. Feci cose da vera pervertita, come strusciarle un capezzolo sulla sua clitoride bagnandolo di lei e strappandole gemiti sconvolgenti. Oppure infilarle un dito nell’altro buchetto, gesto che lei non parve sgradire. Diventavo via via più disinibita tanto che le ordinai di leccarmi con furore mentre dimenavo il bacino sopra di lei come una forsennata in trance erotico. Godevo come non mai. Dopo pochi minuti venimmo nuovamente. Insieme. Davvero incredibile cosa si può provare abbandonandosi completamente ai sensi. Vidi Alessandro che immortalava quell’attimo osceno fotografandoci col pene eretto.

Decidemmo quindi di cambiarci d’abito. Stavolta per Evelyn un vestitino di color vaniglia, estremamente corto. Per me invece un neglig&egrave nero sopra un gonna scura a portafoglio. Poi mi misi un maglioncino a “v” color celeste.. Mi rifeci anche il trucco, stavolta ancora più leggero, ma indossando del rossetto amaranto. Ci concedemmo una merenda veloce con delle tartine alla crema di pistacchio. I piaceri non dovevano mai arrivare da soli. Alessandro ci guardava compiaciuto facendo battute per stemperare l’enorme tensione erotica. Ma quello che Evelyn aveva in serbo per me, mi lasciò senza fiato. Dalla valigetta che aveva portato con sé, tirò fuori un grosso dildo rosso allungato a due punte. Dai porno che vedevo sin da fanciulla, sapevo bene a cosa sarebbe servito. Così, senza togliermi nulla, neanche le mutandine dato che non le avevo indossate nuovamente, mi misi a carponi sul letto. Evelyn mi imitò. Aiutate da Alessandro che sosteneva il dildo appoggiandocelo sulle nostre passerine eccitate, iniziammo a ingoiarlo a poco a poco assorbendo le punte nelle nostre profondità femminili. Iniziammo a sospirare forte. Non vedevamo l’ora di averlo dentro quanto più possibile così da iniziare l’oscena danza sul letto. Era un mio sogno di adolescente essere scopata da uno di quegli strumenti che, al medesimo tempo, penetrava anche un’altra bella ragazza. Allora, toccandomi sfrenatamente, sognavo di sfiorare con le natiche le sue. Ed &egrave proprio quello che prendemmo a fare non appena le nostre fighe ebbero ingoiato abbastanza centimetri di dildo da toccare il collo dell’utero. Ci davamo spinte ritmiche e roteanti con l’intento di godere e far godere il più possibile sia noi stesse sia la compagna. Nel frattempo Alessandro mi aveva carinamente proposto di leccargli il cazzo che era in perenne stato di eccitazione. Quella vista, le spinte da dietro, l’essere completamente vestita mi stordivano i sensi frustandoli con lampi di desiderio. Esalavo i miei sospiri sul cazzo di Alessandro e intanto mi inebriavo di quell’odore pungente. Venni poco dopo percependo la mia patata che si contraeva sul dildo che la trafiggeva. Siccome Evelyn non aveva ancora raggiunto il culmine, continuammo a muoverci così finché venissimo nuovamente insieme, stavolta quasi gridando.
“Sesto orgasmo mio e quinto tuo se non sbaglio. E’stupendo che anche tu riesci a provare orgasmi multipli” le dissi mentre leccavo la punta del dildo che era appena stata al caldo dentro il suo scrigno femminile.
“E’stato bellissimo, Virginia. Ora però voglio vederti. Facciamolo l’una di fronte all’altra. Magari, dato che sono un po’stanca, aiutiamoci con i vibratori”. Non vedevo l’ora. Presi il mio piccolo vibratore e lei il suo, di color rosa, lievemente più grande del mio.
“Questo &egrave il mio primo” mi confidò. L’ho usato tanto che ho rischiato di romperlo temo. “Ti sei sempre…..ehm toccata spesso tu?” le chiesi quasi intimidita. “Sì da che ho memoria. Credo la mia media fosse sulle 3/4 volte al giorno, forse anche di più da quando sono andata ad abitare da sola”. Rimasi impressionata. “Pensavo in poche godessero da sole più di me”. “Pensa che quando frequentavo il liceo, a volte, durante le noiose lezioni mi trastullavo all’insaputa altrui. Temo qualcuno mi abbia vista, perché in seguito mi fecero delle frecciate, ma io non &egrave che abbia questo gran senso del pudore e mi piacque molto intuire che altri conoscevano il mio segreto. Poi mi piace masturbarmi anche su mezzi di trasporto. Certo lì non posso accendere il vibratore, ma me lo metto dentro e gioco con le dita sopra. Magari nascondo i movimenti ricoprendomi con una giacca o fingendo di dormire. E’mozzafiato fare tutto questo mentre c’&egrave gente ignara intorno”. Non credevo alle mie orecchie, quella ragazza così bella e apparentemente innocente era una vera dea del sesso e osava fare ciò di cui io avevo sempre avuto vergogna.
Così, rinfocolate dai nostri racconti, ci spogliammo completamente, mettemmo l’una di fronte all’altra, stavolta guidando noi il dildo a due entrate nei nostri sessi imploranti altro piacere. “Sfondami. Voglio che arrivi all’utero” le urlai, non paga di quello che avevamo fatto sinora.
Cavoli, non osavo crederci, ma non ne avevo mai abbastanza. Era meraviglioso essere unite in quell’intreccio, avvinte dal dildo che scavava nei nostri sessi, sospinto dalle nostre spinte viziose.
Ci mangiavamo con gli occhi: avevo lo sguardo affissato sui suoi seni sodi e perfetti, l’areola abbastanza grande e di un bel rosa scuro. Quei globi entusiasmanti le sobbalzavano come scossi da una marea ad ogni spinta. Allora mi venne in mente di far uscire il dildo e bagnarle i capezzoli con la punta che mi aveva penetrata fino a poco prima. Poi le appoggia la punta sulle guance, dove lasciarono una traccia umida, e sulle sue splendide labbra.
Le carezzai i capelli e la bacia intensamente. Poi immersi tre dita nella mia figa scandalosamente spalancata e gliele offrii da leccare. Infine, le bagnai la fronte e ancora i capezzoli e i piedi, un po’tutto il corpo dei miei umori.
Quindi indossai i miei tacchi alti color lilla a intreccio e mi sfogai. Presi quasi rabbiosamente il dildo cacciandomelo dentro con voluttà. Evelyn fece altrettanto, anche lei totalmente fuori controllo. Ci baciammo appassionatamente quasi a volerci mangiare le rispettive lingue. Anche lei raccolse i succhi che le colavano ai lati e sotto la patata per cospargerli sui miei seni che divennero lucidi di sesso. Ci divertimmo per un bel po’cercando di prolungare il godimento insieme, ma era come se le nostre fighe avessero goduto troppo in poco tempo e non riuscivamo a concludere.
Così Alessandro ci offri i rispettivi vibratori che avevamo messo sul comodino. Non avevo ancora usato quello piccolo. Lo appoggiai sopra e quasi svenni, rapita da un piacere incredibilmente intenso. Avevo dentro di me quanto più dildo la mia passerina potesse contenere. Avreste dovuto osservarci a muoverci in quel modo dioniaco e scostumato sul letto che stavamo innaffiando dei nostri umori. Avreste dovuto osservate i nostri due sessi esposti e bagnati, deformati deliziosamente dal dildo che le perforava, le clitoridi gonfie eppure ancora vogliose di suscitare piacere.
Erano così vicine le nostre fighette che potevo percepire il calore di quella di Evelyn. Ogni tanto, maliziosamente, le spostavo il vibratore con cui si torturava la clitoride per accarezzarlo con le mie dita. Lei mi imitava.
Sentivamo tanto caldo in tutto il corpo ed eravamo visibilmente stanche e arrossate: la melodia dei nostri sospiri; la delizia brividi di piacere che ci sconvolgevano l’utero e il centro della nostra femminilità irradiandosi fino alle dita dei piedi che si estendevano anch’esse implorando nuovi indecenti appagamenti; il battito dei nostri cuori che rimbalzava nelle nostre gole, le bocche che si rimpallavano sorrisi di beatitudine contraendosi poi in smorfie di godimento nell’esalare sospiri senza soluzioni di continuità; i lampi dei nostri sguardi di fuoco. Eravamo lì, tanto vicine da stringerci per mano, carezzare ognuna i seni dell’altra, mentre l’accoppiata dildo e vibratore minacciava di farci esplodere in un orgasmo indicibile. “Evelyn…..sono vicina….mmmm” “Eccoooo anch’ioooo. Veniamo insieme”. E così fu, non preoccupandoci di silenziarci. I nostri bacini si mossero disordinatamente e con violenza avanti e indietro, quasi a volerci fare male, scopandoci con foga impalate sul dildo che ci avvinceva in un legame morboso e sfrenato. Era stato perfetto. “Benissimo ragazze. Ora riposatevi un po'”. Ci rivestimmo e decidemmo di andare fuori a cena. Stavolta mi truccai di più. Forse esagerando. Propendetti per uno stile abbastanza aggressivo con minigonna a scacchi, giacchettino bianco e top color avorio. Indossai anche le calze di nylon trasparenti con decorazioni.
Evelyn optò per un abito blu scuro al ginocchio e per stivaletti neri. Per converso, si passò solo un po’di mascara e ombretto leggero. “Siete splendide ragazze”. E in effetti attirammo tanti sguardi quella sera. Mi colpiva pensare come fossero del tutto ignari di quello che avevamo fatto e avremmo ancora ripetuto, magari in modo persino più intenso.
Ci furono bacetti poco peccaminosi e palpatine molto più osé, ma nascoste sotto il tavolo. Mi sfioravano le mie intimità prima l’una poi l’altro, allora allargavo le gambe e il respiro automaticamente si velocizzava. Anche io toccai Evelyn inserendole dentro le mie falangi dipinte di smalto violetto. Alla fine l’aperitivo fu spettacolare. Dopo aver soddisfatto il desiderio di cibo, ora, tornate nell’appartamento nel quale era rimasto l’odore dei nostri sessi, non potevamo che abbandonarci alla sessualità.
Iniziò Evelyn a fare da diavoletta tentatrice. “Sai cosa facevo con le mie ragazze e che vorrei fare con te stasera? Ci mettevamo a forbice le fighette a contatto, i loro nettari a mescolarsi impregnando cosce e pubi. Un’estasi”. “Dai facciamolo” non mi potevo tirare indietro.

Ci incrociammo stese sul divano. Seminuda io (avevo indosso solo la camicia aperta) e del tutto svestista Evelyn. E già provai brividi veri ad essere così a contatto con la sua femminilità. Cercammo di fare aderire quanto più possibile le nostre patate depilate. E iniziammo a muoverci voluttuosamente. Ci spingevamo il pube l’una contro quello dell’altra acuendo la voglia di rinnovare il contatto. Eravamo così giovani, eccitate e belle. I nostri capelli si dipanavano a cascate fluttuanti lungo la schiena. A volte, sospinti dalle nostre mosse oscene, ci ricadevano sul viso. Allora li spostavamo via esalando sospiri ripetuti.
Quindi decidemmo di stendere delle coperte davanti all’armadio a specchio così da poterci osservare per bene. Ancora una volta incrociammo le nostre gambe. “Quanto godo. Non sono mai venuta tanto spesso con una ragazza” sospirò Evelyn ruotando la mano sul suo pube. Era evidente che non ne poteva più. Dopo un po’di tentativi, mi reclinai su due guanciali spalancando le gambe a forbice. Evelyn venne sopra di me e prese a strusciare e sbattere il suo pube contro il mio mirando alla clitoride che badava a esporre tirando con la mano la pelle che la proteggeva. Badando ad assecondare i movimenti della mia compagna, mi presi un piede con le mani e allargai al massimo delle mie potenzialità, mentre esalavo gemiti di goduria inesauribile. Iniziavo a sudare per tutte queste attività fisiche e per la frenesia di godere. Era una sensazione strana, mai provata, assolutamente fantastica. Ci stavamo strusciando come indiavolate, toccando ovunque. Urlavamo come fossimo su una giostra. Si sentivano i rumori delle nostre fighe fradice mentre sbattevano l’una contro l’altra donandoci brividi che esalavamo in gemiti. Cercavo di limitare le urla di godimento nel caso ci sentisse qualcuno, ma era estremamente difficile.
Grazie alla buona intesa che avevamo raggiunto, riuscimmo ancora a raggiungere l’orgasmo all’unisono tenendoci per mano e spingendoci con le braccia. Ci baciammo intensamente e, instancabili, riprendemmo senza quasi fermarci. Eravamo talmente prese l’una dalla voglia dell’altra. Stavolta mi misi io in posizione superiore a gestire il ritmo dell’atto erotico con la passerina alluvionata di succhi a sbatterle indecentemente sulla sua. Poi ci rimettemmo a forbice sul divano, l’una di fronte all’altra. Mmm spettacolare: provatelo, ragazze, perché non ve ne pentirete!
Restammo a strusciarci l’una contro l’altra per un periodo di tempo indefinito, che comunque mi parve molto lungo. Era come se volessimo compenetrare i nostri corpi, mescersi l’un l’altro.
Intanto tra i sospiri intavolavamo conversazioni molto erotiche e non mancava mai la presenza di Alessandro che passava dal masturbarsi guardandoci a scodellare il membro sui miei seni bagnandoli del suo liquido di eccitazione. Si sforzava evidentemente di non venire perché aveva ulteriori programmi, oppure voleva semplicemente continuare a provare quelle sensazioni che il cazzo turgido e paonazzo e la vista di noi due gli regalavano. A volte me lo appoggiava in bocca e io, ormai in trance sessuale, glielo leccavo avidamente. “mmm hai un sapore così buono. Puoi sborrarmi in bocca se vuoi. Ti piace vedermi così porca?” deliravo ormai fuori di me. Forse sarebbe venuto davvero, se non si fosse ritratto ricominciando a concentrarsi sulle foto che ci scattava: era a suo modo buffo e al tempo stesso eccitante, con quel pinnacolo arroventato sempre eretto a immortalare due ragazze che godevano senza posa. Malgrado tutto il piacere provato, acuite dalle spinte concentriche dei nostri bacini, non riuscivamo a esplodere. “Mmmm forse le abbiamo usate troppo….” allusi mordendomi le labbra. “Sì, sono eccitatissima, ma sembra non riesca a venire ancora…senti Alessandro ti andrebbe di prendere in valigia il vibratore grosso”. Deglutii, chissà cos’altro aveva in serbo la mia compagna di godimenti proibiti. Mi leccai le labbra dal tanto ero eccitata.
Ale arrivò portando un vibratore davvero grosso, lungo decine di cm: l’avevo visto spesso nei porno di masturbazione o lesbo. Non si inseriva dentro ma si appoggiava sulle labbra della passerina e, grazie alle sue vibrazioni rapidissime, prometteva sensazioni straordinarie, da svenimento. Alessandro si offrì di tenerlo sul punto in cui i nostri sessi fradici si congiungevano. Lo accese e …beh debbo dire che l’effetto fu più che eccezionale. Donava sensazioni pazzesche a entrambe tanto che urlavamo come vere indiavolate senza più far caso a chi ci avrebbe potuto sentire. Pensavamo solo a sfogarci mordendoci le labbra e carezzandoci i seni. Venimmo in modo straordinario e talmente potente da lasciarci stremate. Era indicibile sentire le contrazioni della sua figa sulla mia. Ci fermammo con le gambe incrociate, tutti i muscoli si erano contratti nella tensione pre-orgasmica. Subentrò una rilassatezza perfetta proprio mentre le contrazioni che si propagavano dai nostri grembi si spegnevano a poco a poco.

“Non pensavo saresti stata così, Virginia. Mi aveva detto Alessandro che avevi una sessualità inespressa pazzesca, ma sei davvero fantastica. Vederti godere così voluttuosamente mi fa godere a mia volta. Sei la più bella donna abbia mai conosciuto”. Lusingata dai complimenti non potei che dirle onestamente che anche lei era perfetta. “Sai quando fantasticavo da sola, toccandomi nella mia cameretta, mi raffiguravo mentalmente una come te, con cui provare orgasmi in continuazione”. Piene di voglia, riprendemmo a baciarci, mentre Alessandro provava a risvegliarmi la cosetta intorpidita mettendoci impudicamente due, poi tre dita dentro. Affondava le dita dentro strappandomi sospiri. Se le portava alla bocca. Le faceva assaggiare anche a me e a Evelyn. Non credevo di poter produrre tanti umori. Non contento, mi spalmò della panna sui capezzoli per poi pulirli con la sua lingua invitando la bella Evelyn a fare lo stesso. Ci fu poi il tempo di una breve sessione fotografica che utilizzammo per riprenderci. Fui immortalata mentre appoggiavo lascivamente la lingua alla clitoride della mia bella compagna. Mentre lei mi suggeva i capezzoli dopo averli spruzzati di panna mista alla mia stessa linfa vaginale. Oppure mentre Evelyn mi leccava i piedini.

Tutti questi giochi mi stavano facendo rieccitare enormemente tanto che chiesi “Avresti ancora dei giochetti da far provare alla tua Virgy?” le chiesi facendo gli occhioni. “Va bene ma prima indossa qualcosa d’indecente”. “Ecco, tipo questo”. E mi passò uno di quei corpetti che lasciavano scoperti i seni e una minigonna così corta da parere una cintura. Ecco anche i tacchi, tanto porti il mio numero. Così indossai quei tacchi 15 di pelle lucida. “Vai in bagno, rifatti il trucco e non smettere di stuzzicartela durante” ammiccò inserendosi due dita nella figa per poi lucidarsi con esse tutta la bocca.
Mi guardai allo specchio. Avevo uno sguardo un po’illanguidito dagli eccessi, ma nei miei occhi brillava ancora l’inesausto desiderio di godere, ancora e ancora. Mi truccai oscenamente con rossetto vermiglio che strideva col candore dei denti, ma soprattutto non ci andai piano con mascara, matita e ombretto. Mi sentivo veramente indecente e porca, volevo esserlo fino in fondo.
Uscendo dal bagno vidi Evelyn che si era rivestita con un due pezzi e aveva indossato una grossa cintura che si rivelò un’imbracatura su cui montare un grosso dildo dalle fattezze di un bel pene.
Mi sbrodolai solo a vederlo, sentendo irradiarsi calore dalle profondità del mio ventre. Tolsi i tacchi, non dopo aver tralasciato di giocherellare un po’con la punta vicino alla clitoride. Non indossavo nulla sotto la cintola e percepivo quanto mi stessi bagnando. Già pregustavo di essere penetrata da quell’arnese. L’avevo visto alcune volte in video: delle ragazze bellissime che se lo infilavano a vicenda. Avrei dato chissà quanto allora per vivere una scena simile. “Ecco Virgy, appoggiati all’armadio a specchio” mi fece Alessandro arrapatissimo. “Così Evelyn ti scoperà da dietro. Non hai bisogno di lubrificante vero. Sarai bagnatissima”. “Oh sì lo sono” e mi appoggiai allo specchio infilando le mani tra i miei folti capelli ondulati e sollevando la cortissima minigonna quel tanto che bastava per esporre il mio sesso. Mi aprii per bene le grandi labbra della mia vagina e, tremando di attesa, aspettai Evelyn. Dal canto suo la sgualdrinella si divertì un po’ a stuzzicarmela con la punta del dildo. Andava su e giù lungo la mia fessura, poi lo sbatteva sull’area in alto, così da stimolarmi la clitoride. “Sei un lago, mamma mia”. Sentii quindi una lappata. Era Alessandro che si era inginocchiato per assaggiarmi. Rabbrividii. Mi sentivo così squadernata, esibita e spudorata che solo la posa in cui mi trovavo mi procurava sensazioni irripetibili.
Finalmente con un colpo lento ma deciso percepii quel grosso fallo artificiale scivolarmi lungo il canale vaginale. Le mie grandi labbra spalancate e copiosamente lubrificate si allargarono compiacenti accogliendo quello strumento di lussuria. Mi morsi le labbra mugolando di piacere. Scariche elettriche mi ottenebravano la mente e i cinque sensi. Mi sentivo scandaloso. L’eccitazione era soltanto incrementata dal contatto dei capezzoli scoperti con la fredda superficie specchiata. Mi divertivo a spingere i seni sopra lo specchio. Poi indietreggiai lievemente per guardarmi mentre iniziavo a venire sbattuta, trafitta dal fallo artificiale che raggiungeva ciascuna porzione del mio sesso fino a contatto con l’utero.
Ero talmente oscena che più non si potrebbe. Inarcai la schiena per meglio favorire la penetrazione e mi volsi a richiamare le labbra di Evelyn. “Sbattimi ti prego” le sussurrai. “Voglio qualcosa di violento, sfondami!”. Lei allora cominciò a darmi una sequela di colpi avanti-indietro stringendomi forte per i fianchi. Io barcollavo sotto quelle spinte, che quasi mi schiacciavano contro lo specchio. Mi reggevo a fatica in punta di piedi. Ogni tanto allargavo i glutei per spalancarmi ancora di più protendendomi in avanti. “Hai un culetto divino” mi sussurrò Evelyn all’orecchio, scostandomi una ciocca di capelli. “A…a..anche tu” riuscii a risponderle. Venni in pochi minuti, annichilita dalle convulsioni lussuriose che quel bel dildo mi aveva provocato. Mi lasciai scivolare in ginocchio lungo le specchio perché le gambe mi tremavano e più non mi sorreggevano: il sudore che mi imperlava la pelle aveva fatto sì che lasciassi sullo specchio l’impronta dei miei seni. Sentivo tutto l’inguine zuppo su succhi.
Oddio sì m’intrigava quella situazione pazzesca. A ripensarci ora non riesco ad evitare che una manina lasciva scivoli quasi automaticamente sotto le mie mutandine trovandole già zuppe dei miei succhi.

Ripresi respiro sul letto, su cui mi ero distesa dopo essermi denudata completamente. Cercai di riprendere qualche energia. Mi carezzavo i capelli, alcuni dei quali erano aderiti sulla fronte sudata..mi dissero che ero uno spettacolo!
Sollecitata da Alessandro che aveva preso a massaggiarmi le rotondità dei seni, Evelyn mi era sopra pronta a prendermi nella posizione classica. La guardai vogliosa così da darle il mio assenso.
Sprofondò dentro di me e fu come essere presa da un uomo e da una donna insieme. In quella posizione potemmo baciarci avidamente, quasi volessimo consumarci le labbra e le lingue, mentre la mia fighetta veniva scavata in profondità. Ci mordicchiammo le labbra ridendo mentre sospiravo come una pazza. Stavo inspirando ed espirando profondamente per riprendere aria. Poi slanciai le gambe e gliele posi sopra la schiena ritmando la frequenza delle spinte che volevo ricevere. Credetemi, quando sbatteva sino in fondo era una sensazione di lieve dolore di gran lunga superata da una beatitudine prolungata, inesprimibile a parole. Impazzii quando mi prese i capezzoli in bocca mordicchiandoli e leccandoli in lungo e in largo. Raccolsi il mio miele dal perineo inzuppato e glielo portai alla bocca inserendo le mie dita tra le sue labbra. Era così priva di controllo che si produsse in un vero un pompino alle dita che le porgevo. E nel mentre mi scopava la patata! “Desidero farti godere ancora” mi disse mentre sprofondava l’arnese dentro di me.
Cambiammo posizione diverse volte. Mi scopò anche a pecorina, posizione nella quale sfiorai più volte il parossismo orgasmico tanto la penetrazione era impetuosa e profonda. Non mi stancavo mai di godere così. Ansimavo e gemevo senza ritegno. Adoravo sentirmi riempita così. Di tanto in tanto Alessandro mi porgeva il membro scappellato da leccare e, anche se non lo facevo venire, la cosa mi riempiva di lussuria. Alla fine mi rivolsi verso Evelyn, che nel frattempo si era completamente denudata. Mi misi nella posizione a smorzacandela. La adoravo anche quando stavo con un uomo.
Era meraviglioso oscillare, ondulando in quell’indecente danza, impalandomi svergognatamente su quel cazzo finto. Evelyn nel frattempo mi baciava le tette. “Che areole grosse hai. Sai che dicono che le donne che le hanno così ampie sono più vogliose? Poi sono così sode”. “mmmmm anche le tue sono bellissime!” e mi misi a baciarla selvaggiamente alitandole in bocca tutto il piacere che sperimentavo.
Mi posi infine di spalle così che potessi guardarmi allo specchio poco dinanzi.. Ero spietatamente oscena. Completamente svestita. Con le gambe allargate e spalancate, tutte tese. La mia figa trafitta dal fallo finto su cui mi sospingevo reggendomi in parte alle forti cosce di Evelyn, in parte ad un mobiletto a lato. Lei mi palpava i seni e i capezzoli quasi facendomi male- Era un dolore misto a ripetuti brividi piacere. Ogni tanto me li schiaffeggiava oppure strizzava quasi volesse portarmeli via. Ero tutta rossa in viso. Oscenamente bella e provocante. La mia figa deformata dal dildo che racchiudeva, totalmente esposta e questo dettaglio appagava grandemente il mio esibizionismo. Di tanto in tanto mi sfioravo schiacciando la clitoride per accrescere il piacere strappandomi urletti di puro godimento. Non me ne bastava mai anche se il mio peruncolo era così sensibile che il tocco rischiava di procurarle dolore. Così chiesi ad Alessandro di passarmi il vibratore. Mi vergognavo di me stessa, ma la stessa mancanza di pudore che stavo dimostrando mi infoiava ancora di più.
“Sì ti prego strusciamelo tu sopra la cosina. Sì, lì, ma non direttamente sono troppo sensibile. A lato. ahhhh mmmmmm sì proprio così lì, sopra il cappuccio. Schiacciami il bottoncino”. Impazzivo. Non so ripetere cosa provai o cosa riuscii a dire in quei momenti. Mi contorcevo roteando il bacino come una posseduta dal demonio.
Chiusi gli occhi e mordendomi le labbra fui colta da convulsioni che mi fecero scattare e sbattere ancora più vigorosamente sul cazzo finto. Stavo venendo per l’ennesima volta. Fu straordinario e violento: non una ma ben due volte di seguito grazie allo strofinamento spudorato della clitoride col vibratore, ad opera di Alessandro. Trattenni il respiro e poi gridai “Eve… Evelyn godooooo”. La mia patatina si contrasse esplodendo su quel fallo. Ristetti impalata sul dildo ansimando per decine di secondi che mi parvero un’eternità. Solo lentamente mi riprendevo dopo essermi sfogata in quel modo. Poi mi alzai a poco a poco. Avevo le gambe intorpidite, tanto che per poco non mi colse un crampo. La clitoride era tutta indolenzita come la fichetta lì sotto. Meraviglioso! Quando infine fui in piedi, stremata e barcollante, vidi con un misto di vergogna e lascivia compiaciuta che tutto il dildo era sporco dei succhi che avevo profuso, i quali si erano condensati in ogni sorta di rivoli gelatinosi tanto da sembrare seme maschile. Quella sera ero come una fontana inesauribile. Lo ponemmo sulla scrivania leccandolo tutti e tre. Mi vergognavo tantissimo ma ormai non mi ponevo più limitazioni.
Scorsi l’orologio a muro: erano quasi le undici. Dal pomeriggio non avevo fatto altro che godere. Con un’altra donna. In modo indecente e irripetibile. “Ci facciamo un altro giretto?” chiese Evelyn quasi svogliatamente. Era ancora seminuda ma si stava rivestendo. Cominciavo ad essere un po’assonnata per tutte le sconcezze che ci eravamo concesse, ancora molto arrossata in viso e mi stava venendo un po’di mal di testa. Mi accorsi di essere diventata talmente spudorata da scordarmi persino di richiudere le gambe. Evelyn, o meglio la sua lingua, mi aveva ripulito per bene dai miei succhi orgasmici saettando maliziosamente sulla mia fessura e sulle parti anatomiche intorno ad essa. Mi aveva bevuta tutta. Ora mi rilassavo beatamente mangiandomi un po’ di cioccolato misto a panna. Me ne ero spruzzata anche un po’ sui piedi e sui capezzoli per farmeli leccare da Alessandro ed Evelyn. Ci stavamo divertendo molto. “Ma tu sei venuto solo una volta, chiesi ad Alessandro?”. “Sì, ma non preoccuparti che non &egrave finita qui!” mi sorrise di rimando. Un brivido di voglia mi attraversò. “Ma sono un po’stanca”. “Beh, ha ragione Evelyn usciamo e facciamoci un giro, l’aria fresca ci farà bene, ma prima beviamoci su”. Aprimmo una bottiglia di vino bianco finendola tutta brindando a noi.

Ora vi descrivo come uscimmo. Indossai un gonnellino di tela bianca a mezza coscia senza intimo né calze. Mi stavo abituando a girare in modo così scandaloso. Ai piedi ballerine argentate col tacco. Sopra una camicetta color beige, aderente ma non troppo. Sotto nulla.
Evelyn invece si mise il mio vestito, quello che portavo indosso quando la vidi per la prima volta nel pomeriggio. Anche lei senza mutandine. Scarpe décollet&egrave nere.
In giro facemmo le stupide. Ci baciavamo quando incrociavamo qualche passante e ridevamo tra noi dinanzi alla sua faccia scandalizzata. Alessandro si divertiva a farci dispetti, come infilarci le mani sotto i vestiti a sfiorare i nostri sessi, intrufolandosi dentro di essi per rubarci dei gemiti. L’aria fresca della sera mi accalorava nuovamente.

Ci sedemmo su una panchina al parco. Non c’era quasi nessuno in giro. Evelyn tirò fuori il suo vibratore e, senza pudore, se lo spinse dentro la figa prendendo poi a titillarsi la clitoride. “Devo godere” quasi si giustificò sorridendo intimidita dalla sua stessa audacia. Si tirò giù le spalline e alzò un poco il vestitino a liberare la passerina per mostrarcela. Accese il vibratore e iniziò a godere mentre la baciavamo. Cercavamo di coprirla dimodoché nessuno la potesse vedere in quello stato. Era una scena stupenda. Evelyn si fidò di noi che le facevamo da sentinelle per avvertire nel caso qualcuno arrivasse. Godette come una porca su quella panchina, mentre rivoli di umori colavano dal suo sesso in fiamme. Dopo vari orgasmi puntò ancora una volta i piedi nudi sull’erba e sospirò soffocata “mmmm dodici…..”. “Dodici che?” chiesi interrogativa. “Sono venuta dodici volte oggi, come te se non sbaglio”. “Ah, quindi sarebbe una gara? Beh sappi che una volta da sola, sono venuta 14 volte!”. “Accidenti, a me pare sui 12/13 al massimo facendo solo quello” mi rispose impressionata. A cosa pensavi per farti venire così spesso mi chiese?”. “Nulla. I miei erano via per un week end. Casa del tutto libera. Dal mattino pensavo all’erotismo. Avevo 18 anni! Capirai, ero ancora più infoiata di adesso. Ti dico solo che non sono quasi mai stata vestita quel giorno. Domenica &egrave un giorno spesso inutile, assonnato, noioso. Così mi sono data da fare toccandomi ovunque: davanti allo specchio, sotto la doccia, su una sedia da ufficio davanti a video porno di altre ragazze che si toccavano venendo in continuazione”. Non ti dico che odore di sesso femminile aleggiava nella mia cameretta quel pomeriggio per le sfrenatezze che mi ero data. Tenni aperte le finestre per ore e spruzzai deodorante ovunque per timore di essere tradita. E tu invece, a cosa pensavi quando hai fatto così tanto?”. “Beh mezza giornata con la mia ragazza a farmela leccare e a giocare con oggetti. Abbiamo fatto vari 69. E’stato stupendo. Poi, semplicemente, ripensandoci nel pomeriggio. Dissi ai miei coinquilini che ero stanca e volevo fare una siesta pomeridiana. E invece mi toccai in continuazione. La sera ero distrutta. La mattina avevo pure squirtato!”.

Sapevo bene cosa volesse dire. Ero sempre stata invidiosa e al tempo stesso scettica di quelle ragazze dei video che venivano a fontana. Però mi sarebbe piaciuto dalla mia passerina uscissero umori talmente abbondanti da colare copiosamente irrigando piastrelle, parquet o mobili su cui ero appoggiata. Mi tornava voglia solo a ripensarci. “Senti ho ancora tutto dentro” disse infiammata di desiderio lussurioso. “Cosa?” mi risposero all’unisono Evelyn e Alessandro? “Un residuo di eccitazione. Voglio ancora” risposi con tono innocente e angelico.
“Ecco, fortunatamente mi sono portata il tuo amico” e ammiccò mostrandomi il mio dildo. “Appoggialo alla panchina e cavalcalo. Noi ti copriremo”. “Bene, ma prima, dissetami un po'” le dissi inchinandomi davanti a lei, scoprendo il lembo di tessuto che le copriva il sesso ancora madido di succhi. Le aprii le grandi e piccole labbra, trovandole bollenti e fradice. La sua fighetta era tutta gelatinosa e scivoloso, ma leccai tutto ripulendola del prodotto di tutti i suoi orgasmi come lei aveva fatto a casa con me pochi minuti prima. Stessa cosa feci col vibratore che l’aveva saziata, passandoci sopra la lingua, bagnandole del peccaminoso miele di Evelyn. “Ecco ora puoi riporlo” le feci con voce provocante con la bocca piena di quell’intenso sapore di donna.

Ben coperta dal gonnellino, mi accinsi a realizzare quanto avevo in mente di fare. Mi carezzai le grandi labbra trovandole già colme dei miei succhi e gonfie di eccitazione. Senza indugiare, inserii le mie falangi nella figa semiaperta. Brividi mi avvolsero tutto il corpo a quel contatto. Ogni impulso elettrico che stimolava il sesso finiva al cervello ingigantito in un battito d’ali. Sarebbe bastato insistere un po’per raggiungere l’agognato parossismo. Tuttavia, smisi. Fissai il dildo alla panchina e mi misi a cavalcioni sopra di esso, guidando la sua punta sulle mie piccole labbra.
A poco a poco lo feci sparire dalla punta dentro le mie profondità. Avevo imparato ad amare quella sensazione di pienezza, quel darmi ripetute spinte circolari e ondulatorie che mi elargivano un batticuore e un diletto pazzeschi. Cominciai ad ansimare soffocando le grida di piacere.
Mentre mi sollazzavo in quella guisa mi venne la folle idea di togliermi tutto. “Tu sei matta Virginia! Vuoi essere arrestata o farci passare dei guai?” “No, non devi pensarci, fallo e basta. Non ami sentirti immensamente oscena? Ora ne hai l’occasione. Si vive una volta sola”. C’erano queste due vocine che si alternavano nella mia testa mentre godevo stuzzicandomi i capezzoli. Così, ad un certo punto, inaspettatamente persino a me stessa, proprio dopo aver baciato Evelyn che mi porgeva le sue labbra rosee, rapidamente mi alzai gettando la camicetta a terra e lo stesso feci col gonnellino. Mi rimisi seduta, stavolta non sul dildo, ma toccandomi soltanto con le mie dita. Sentivo già la passerina contrarsi, perciò insistetti concentrando spinte e fregamenti sulla punta del clitoride. Prima con grazia poi più convulsamente. Tempestavo rabbiosamente il mio pube divaricando le gambe più che potevo. Era meraviglioso! Mai sazia, intrufolavo dentro le falangi arrivando quasi a sfiorare l’utero. Cercai poi di stimolare il famoso punto G che dovrebbe trovarsi sulla parete anteriore della vagina. Lo ammetto. Tenevo gli occhi chiusi per la vergogna e perché volevo sentire tutto dentro di me più intimamente, più intensamente. Soffocai i gemiti. “Cosa fai?” ti può vedere chiunque. “Copriti” “Coprila. Dai andiamo a casa, Virgy” sentivo confusamente che si alternavano Evelyn e Alessandro. “No, voglio godere. Mi avete fatto diventare così infoiata e ora non voglio più smettere” deliravo. Mi rimisi sul dildo, ancora incollato alla panca e tutto lubrificato dai miei umori. In su e in giù. In su e in giù. Cercando avidamente il culmine del piacere contorcendomi ritmicamente. Ero quale una bimba viziosa che al luna park non vuole più scendere dalla giostra. “Copritemi mettendovi ai lati, sto per venire. Ormai non posso più fermarmi” gridai. Sentivo ormai gli spasmi orgasmici erompere dalle mie viscere. Pochi colpi ancora a venni senza neanche più sfiorarmi la clitoride! Cercai di non urlare ma effusi l’orgasmo con un forte gemito, mentre contrazioni vorticose si spandevano da chissà quale profondità a me stessa ignota. Avevo offerto uno spettacolo osceno. Come mi raccontarono, durante l’orgasmo, la mia patata si dilatò e richiuse attorno al fallo artificiale. “Magnifico, &egrave stato sublime” sorrisi ancora attonita per il vigore dell’orgasmo che mi aveva scossa da capo e piedi. Ironicamente, mi coprii subito l’intimità per la vergogna. “Ti prego Virgy, rivestiti”. Ritornai sulla terra e mi resi conto di quanto fossi stata indecente. “Sei davvero scostumata” mi confermarono mentre mi rivestivo velocemente, mettendo via il dildo irrorato del mio nettare senza neanche aver potuto pulirlo con la mia bocca. La cosina ancora pulsava. Ero esplosa sperimentando un piacere sinora sconosciuto.
“Bene andiamo, perché mi guadate così?” chiesi con finta ingenuità.
Squadrai entrambi: fui certa che volevano spingersi ancora oltre. Rabbrividii all’aria fresca della sera. Pensate davvero fosse finita così la serata?
Beh dovrete ricredervi. Appena giunti a casa, Alessandro si spogliò e iniziò a trastullarsi alla luce soffusa e sensuale delle abat-jours. “Non ne puoi più eh?” lo provocai “Colpa tua che ti sei impalata come una pazza sulla panchina. Ho una voglia sfrenata”. Scostandomi i lunghi capelli che mi ricadevano sulle spalle, mi misi audacemente sotto di lui leccandogli i testicoli gonfi e suggendogli la linfa che stillava irrorando il glande gonfio e voglioso. Anche Evelyn si era languidamente distesa sul letto, sfiorandosi con noncuranza la vulva, aprendosela come una svergognata, raccogliendosi i rivoli di piacere che colavano da essa e leccandosi le labbra. “Mi eccita esporla così all’aria. Che ne dite?”. Si era abbassata pure spalline così da stimolare i turgidi capezzoli. Sospirava così dolcemente. Le sue labbra soffici e vermiglie quali fragole di bosco già si contraevano per il piacere che la iniziava a pervadere.
“mmmm mi sa che sta venendo ancora voglia anche a me. Vorrei usare il mio bel vibratore, quello grosso” proseguii decidendo di sorprenderli. “Non si &egrave detto che dobbiamo esagerare stasera, no?” I capezzoli, quasi automaticamente, mi si inturgidirono. Erano sempre stati recettivi. Il ben noto formicolio all’inguine non era stato spento dai troppi piaceri sinora sperimentati. Ogni fremito si dipartiva dal cuore della femminilità per colpirmi il cervello e rituffarsi là dove volevo il piacere giungesse.

Così andai a recuperare quell’oggetto di piacere, ma prima mi aprii la camicetta strusciando ovunque con lentezza studiata. Mi sollevavo il gonnellino per mostrare ai due, intenti nei rispettivi atti masturbatori le mie natiche sode che tanto avevano ammirato. Poco dopo, appoggiai la passerina sul bracciolo della sedia da ufficio per riempirmi nuovamente di voluttà. Lasciai una striscia lucida a marcare oscenamente il territorio. Poi, divaricai i miei petali esponendo la mia femminilità per esplorarla lentamente con la punta dei polpastrelli.
Non mi limitai. Sollevandomi e ancheggiando, mi recai dinanzi allo specchio baciando la mia immagine riflessa come del resto avevo fatto quando ero stata sbattuta contro di esso dal fallo artificiale di Evelyn. Mi distesi sul divano in pelle rotolandomi svogliata come una studentessa viziosa. Carezzai l’interno coscia, producendomi brividi e premature contrazioni vaginali. Mi dedicai dunque in una fellatio sul vibratore per la gioia di Evelyn e Alessandro che avevano preso a masturbarsi con ancora maggior foga. Non sembravano lontani dall’eruttare il loro piacere.

Avevo indossato i miei tacchi preferiti: blu vellutati con fiocco alla caviglia, da ragazzina leziosa e raffinaa. Intanto, come attrice consumata, avevo pure preso a strusciarmi la punta del vibratore sui capezzoli, ma anche sulla pancia che maliziosamente mi massaggiavo roteando il palmo della mano sempre più verso il monte di Venere. Infine, divaricando le gambe, posai quella punta di plastica anche sui miei due buchi. Ero, anzi sono tuttora, vergine in quello posteriore, ma mi piaceva lambirlo con le dita anche durante l’autoerotismo solitario. Automaticamente mi veniva da inarcare la schiena quasi a offrirmi. Al piacere.

Infine, non potendone più, affondai il vibratore nella patatina che implorava attenzioni. Ne trovai le labbra pronte a dischiudersi come burrosi petali di rosa. “Oddio mmmmm” mugolai con gioia. “Ecco dovrei accenderlo, ma voglio aspettare. Mi piacerebbe squirtare pensai”. Iniziai a contrarre i muscoli mentre muovevo il bacino a ritmo dapprima impercettibile. “Ale, ti prego, mi passeresti qualcosa…. con cui giocare” gli domandai senza più freni, mentre scariche elettriche mi stordivano la mente. Così, interrompendo lo scuotimento vizioso del suo pene, mi condusse una banana di quelle un po’acerbe, la aprì e me la porse. Era più che perfetta. “Io inizio. Datevi da fare anche voi…..se volete” auspicai con aria intrigante. Così, sotto i miei occhi illuminati di lascivia, vidi Alessandro, il mio fidanzato, accostarsi ad Evelyn e iniziare a sfiorarla, infilarle le mani e baciarla ovunque. “Scusa un attimo” si fermò Evelyn “possiamo?”. Io risposi “se non significa nulla oltre stasera potete farvi di tutto. Facciamo che quello che &egrave accaduto o ancora accadrà sarà qualcosa d’irripetibile, però. D’altronde anche io ho fatto di tutto con te” la rassicurai facendole l’occhiolino. In realtà ero gelosissima, ma lì per lì, travolta solo da idee sconce e peccaminose, desideravo quasi vederlo possedere un’altra donna. Dunque, l’idea assurda di condividere Ale mi suscitò non più o non solo fastidio, ma ancora maggior eccitazione.
Così li vidi, proprio davanti ai miei occhi. Ale spogliò Evelyn completamente, facendole scivolare il vestito ai piedi, e, dopo averla masturbata per qualche minuto, cominciò a penetrarla a pecorina. Prima però avevano spostato il letto verso di me così che potessero stare vicini a dove giacevo, completamente esposta ai loro occhi. Immaginate dunque la scena. Io adagiata sul divano di pelle color cuoio, davanti a me il letto a una piazza e mezza su cui Alessandro aveva iniziato a stantuffare Evelyn, la quale si dava a propria volta la spinta per meglio impalarsi sul membro. Sentivo il respiro ansimante di Evelyn arrivarmi fin sulla patatina. Era piacevolmente fresco a contatto coi bollori che la pervadevano. L’odore di sesso pervadeva la stanza scherzando coi nostri sensi come in un sogno perverso.

Trasalendo pervasa da brividi, mi liberai del gonnellino, tenendo indosso solo la camicia aperta a lasciar intravvedere i seni. I miei palmi non tralasciavano di sfiorare anche loro, ripetutamente. Divaricai le gambe dinanzi a Evelyn così da consegnarle una visione “ginecologica” della mia intimità. “ahmmmm sei davvero oscena Virgy”. Accesi il vibratore che iniziò a scavare con movimento rotatorio. riempiendomi d’incontenibile eccitazioni. Me lo lasciai scivolare giù fino in fondo godendo delle scariche elettriche che diffondeva, chiusi gli occhi badando a sollazzarmi come mai avevo fatto prima in vita mia. Non seppi trattenere gemiti sempre più frequenti, alternati a urla allorché la seconda punta vibrava stimolandomi viziosamente la clitoride.
“Com’&egrave stata la tua prima volta, Evelyn” le chiesi, riuscendo a malapena a parlare, subissata com’ero dal piacere totalizzante. “ahhhhh mmmmm vedi Virginia…..mmmm non ho sempre saputo di amare le donne, così a 15 anni provai con un ragazzo più grande mmmmmm sììììì sui 20 anni. Fu bello, ma durò solo un anno. mmmmm. E tu?” “Io? ahhhh mmmmm dopo la maturità!” “Eh…..solo, solo tre anni fa? Non ci credo! Sei bellissima e sconcia e sei attiva sessualmente da così poco”. “Ero molto timida e selettiva” mi giustificai sorridendo quasi più imbarazzata per aver perso la verginità a 18 anni che per le oscenità cui mi stavo abbandonando..
Provavo un diletto talmente eccessivo che in seguito potei solo a esalare gemiti e sospiri sempre più fitti. Era come procedere lungo un’agonia di estasi. Il mio seno e le mie guance si fecero roventi. Scottavo ovunque. La mia passerina insaziabile ingoiava il vibratore risucchiandolo con voracità. Percepivo gli umori scorrere oscenamente e irrefrenabilmente. Richiusi gli occhi per concentrarmi godendomi ancor più il momento. Dopo qualche minuto che mi stavo stimolando dinanzi a Evelyn penetrata da Ale, decisi d’iniziare a giocare con la banana.

Prima la leccai come fosse un fallo. Poi, eccitatissima, pensai di produrmi in un gesto oltre l’osceno. Spensi il vibratore con grande disappunto della mia vulva che brontolava vicina a esplodere. E sostituii l’oggetto col frutto. Non tralasciai di leccare il vibratore, ormai tutto imperlato dei miei succhi, i quali formavano rivoli copiosi e, in alcune aree, si erano condensati in filamenti cremosi, evidentemente per l’effetto della vibrazione che li mesceva in continuazione. Spinsi la banana ben dentro la mia vagina madida così da raccoglierne quanti più succhi possibile. Poi, quale novella Eva, mi portai il frutto peccaminoso alla bocca. Gustando me stessa. La immersi nuovamente beandomi del rumore che produceva sprofondandomi dentro. Lampi di lussuria si trasmettevano al cervello telecomandando ogni mio gesto.
E stavolta gliela porsi a Evelyn che veniva scopata spietatamente da Ale. Sembrava come la volesse sfondare. Ammirai i seni così sodi che oscillavano alle spinte impetuose. Vidi la sua bocca protesa nell’esalare gemiti e inspirare aria, i suoi capelli tirati da Alessandro. Continuammo così finché la banana fu del tutto consumata. Prima di riprendere, scorsi il mio ragazzo lasciare la presa sul bacino di Evelyn uscendo improvvisamento da lei. Sapevo non avrebbe potuto venirle dentro per ovvi motivi. Si avvicinò a me stesa sul divano. “Non riprendere a stimolarti” mi disse. “Dedicati a me”. Bastarono dieci secondi di contatto con la mia mano sulla sua asta scura che venne in modo sbalorditivo. Diresse il pene cosicché la maggior parte della sua eccitazione raggiungesse il mio pube depilato. Non potete credere alla quantità di sperma che rovesciò sul mio corpo alluvionandomi di schizzi copiosi. Parevano non finire mai. Alcuni getti audaci mi raggiunsero l’incavo del seno, altri divennero rivoli che correvano verso la seducente virgola dell’ombelico, la maggioranza m’impregnò la vagina spalancata e arrossata. Sembrava davvero fuoco sulla mia pelle morbida e serica quel bollente seme appena eruttato. E quell’odore di maschio così pungente e virile? Impazzii di voglia. Alla cieca mi sospinsi di nuovo il vibratore in profondità. Lo facevo entrare e uscire sempre più velocemente. Mi strusciavo spietatamente la punta sull’utero con ritmo vieppiù rapido nel parossismo della lussuria che mi annebbiava, facendomi tremare tutta. Accesi quello strumento di piacevole tortura portandolo alla massima velocità. Mentre mi sbattevo in quel modo indegno, roteando il bacino all’impazzata e puntando i piedi in aria, protendendoli verso l’esterno, badavo a ripulire il pene ormai rilassato e imparlato di seme che Ale mi porgeva.

Nel frattempo Evelyn aveva cominciato a giocare con il mio dildo, ancora in parte bagnato della linfa che avevo stillato sulla panchina del parco. Si stava penetrando a poco a poco. Nel frattempo, dopo essersi raccolta alcuni umori che le infradiciavano il sesso, si schiacciava la clitoride gonfia coi polpastrelli. Così, sopraffatta da tutto questo erotismo, riuscii a raggiungere il culmine per l’ennesima volta. Ma in questa occasione fu davvero dirompente. Le gambe tremarono. Continuai a sbattere a ritmo indiavolato il vibratore. Volevo mi squassasse tutto il sesso dal collo dell’utero alla clitoride stimolata dalla seconda punta. Serrai le labbra e poi le lasciai semidischiuse. Scariche elettriche quasi dolorose per la loro intensità mi stordivano. Quasi svenni, o, quantomeno, alcuni sensi si appannarono per esaltare all’infinito tutte le altre sensazioni. Urlai senza più trattenermi mentre le gambe e i fianchi fremevano in scatti scomposti e convulsi. Ormai non poteva più bloccarmi, avvinghiata tra le spire di quegli spasmi irrefrenabili. Il mio corpo venne scosso per intero. “Sìììììì sìììììì O……oddioooooooo”. L’orgasmo incontrollabile m’investì quale un treno lanciato alla massima velocità. Lasciai la presa sul vibratore che ricadde sul divano bagnandolo della mia eccitazione. Tutto il bacino e le mie profondità sussultarono nell’estasi dell’attimo. Rimasi senza respiro. Accaldata. Sudata. Annichilita.

Passò un certo lasso di tempo indefinibile. Ripresi fiato rilassandomi, coccolata dal suono del mio respiro che andava regolarizzandosi. Mi sfiorai i fianchi e i seni, stavolta dolcemente, e sorrisi beata. Avevo aperto gli occhi proprio in tempo per vedere Evelyn venire verso di me e procedere all’estrazione del vibratore.”Piano. Sono molto sensibile. Mi fa quasi male” sussurrai con un filo di voce. Mano a mano che il vibratore procedeva fuori dalla fessura arroventata, scendevano liquidi copiosi. Fu allora che vidi che la mia passerina, come un otre pieno, aveva tracimato, inzuppando la pelle del divano, ma anche colando a rivoli lungo le cosce posteriori e persino sul buchino sotto. Non ero venuta a fontana, certo, ma l’orgasmo era stato di devastante, sconosciuta, potenza. Avevo esalato fiumi di nettare. Evelyn lanciò un sospiro di meraviglia e badò a leccarmela per l’ennesima volta. “Wow, sei buonissima, quanto succo che ti &egrave uscito. Sembri inesauribile” esclamava mentre mi ripuliva avidamante le rosa ancora deformata e sconvolta. Io, imbarazzatissima, le ribadii di far piano perché ero diventata davvero troppo sensibile. Assieme al mio miele gelatinoso c’era anche sparso ovunque sul pube il seme di Alessandro che però si distingueva dai miei umori per la differente consistenza e, ovviamente, sapore. Evelyn non badava a differenziare e lambìva con la lingua anche il prodotto dell’orgasmo del mio ragazzo.
Ero stremata. Avevo avuto un orgasmo pazzesco, che portava il computo totale della giornata a….avevo quasi perso il conto ma direi 14! Mi gettai sul letto a pancia in giù, immergendomi nel cuscino. Era stato meraviglioso e violento, così coinvolgente e intenso. Mi ero spogliata, toccata, fatta toccare, penetrata, riempita di seme, bagnata: non c’&egrave che dire! Avevo fatto di tutto e mi ero lasciata fare di tutto! Mi riscosse solo il rumore del mio vibratore. “No, non ci credo” pensai. Evelyn l’aveva riacceso e se lo era inserito direttamente, così com’era, tutto innaffiato di me. Quantunque esausta, mi rigirai e decisi di assisterla nell’ennesima corsa al piacere. La baciavo mentre lei gemeva beata sogguardandomi con occhi luminosi e profondi. Le leccavo le labbra, a loro volta, impregnate del mio sapore. Ne scorgevo i dettagli, la bellezza impudente, il tremolio del labbro superiore dovuta all’intensità della goduria provata. Pareva una dea colta da estasi. Pensai a quelle labbra deliziose, a quante volte si erano abbeverate alla sorgente del mio nettare prima di perlustrarmi scandalosamente, a quante volte si erano contratto in smorfie di godimento oppure ne erano state fautrici, a quanto quella bella lingua vermiglia che ora rispondeva alla mia mi aveva permesso di godere, o, prima di me, aveva regalato brividi e scariche elettriche. Tutto era stato pazzesco e perfetto! “Adoro il tuo sapore, quello della tua bocca, della tua pelle e della tua femminilità” le sussurrai. Lei rispose con un gemito. “Anche io i tuoi: non mi stancherei mai di assaporarti….hai occhi bellissimi, resi ancor più belli dall’orgasmo”. Arrossii e le sorrisi.
Continuò per un po’ma sembrava non riuscire a deflagrare ulteriormente. “Non riesco, ma sono eccitatissima”.
Così pensai ad una strategia migliore: le avrei confessato alcuni miei trascorsi… Mi tolsi la camicetta e le chiesi di spegnere il vibratore. Così la sottoposi a un trattamento speciale. Prima, tutta nuda, le salii sulla schiena lasciando che i miei seni solcassero la sua meravigliosa schiena. Le mordicchiai il collo e le baciai tutto il dorso prendendo poi a leccarlo. Rivoli della mia stessa saliva le solcavano la pelle dalle spalle sino al primo fondoschiena rendendola luccicante.
Poi le massaggiai i glutei, simili ai miei, forse lievemente meno pronunciati, ma altrettanto sodi ed elastici così come i fianchi, larghi e femminili. La feci rigirare sulla pancia piatta impreziosita dalla virgola dell’ombelico e le leccai l’incavo della clavicola sentendo il sapore lievemente salato del suo sudore. “Fai una pausa, Evelyn. Ti voglio raccontare alcune cose che ho….fatto e non ho mai confessato a nessuno”. Lei annuì.

“Come hai ben capito sono sempre stata attratta dall’erotismo. Sin da piccola, consumavo grandi quantità d’acqua perché, facendo il bagno, posizionavo il getto del doccino sul mio sesso, regalandomi orgasmi rapidi e intensi. A volte fantasticavo, altre semplicemente m’infuocava solo pensare a ciò che stavo facendo, alla possibilità di venire scoperta che mi spaventava e accresceva la voglia al tempo medesimo. In un’occasione, qualche anno fa, ero andata con dei miei cugini al lago per una grigliata. Dopo pranzo loro, mia cugina, mio cugino e i miei zii, si erano messi a riposare in riva al lago e mi ritrovavo piuttosto annoiata. I sensi erano eccitati, accesi oltremodo anche dal calore che esalava dal terreno. Percepivo una sensazione ben nota di formicolio ed energia termica dipartirsi dal mio inguine. Così decisi di addentrarmi nel folto del bosco, spinta da non so quale impulso- Una tentazione senza nome. Rischiai più volte di scivolare tanto era accidentato il terreno e così urgente il desiderio di trovare un luogo nascosto alla vista. Neppure io sapevo se avrei avuto il coraggio di osare talmente. Ecco, desideravo soltanto trovare un posticino dove poter stare da sola. Finalmente, cercando e cercando, trovai una zona ricoperta di piccoli abeti che nascondevano alla vista qualsiasi cosa sotto di essi. Agilmente mi intrufolai tra di essi e rimasi in ascolto dei battiti del mio cuore e dei suoni della natura: dal frinire dei grilli allo stormire delle dolci brezze estive tra la rigogliosa vegetazione. Indossavo dei vestiti molto semplici e sportivi: jeans a pinocchietto e una normale t-shirt colorata. Sotto, normalissimo intimo nero classico. Ai piedi infine sneakers bianche. Immaginami così. Semireclinata sotto le fronde con le natiche adagiate su un tronco piuttosto grosso che mi sorreggeva. In quel luogo mi pareva di trovarmi in una dimensione spazio-temporale a sé stante, magica perché lontana da tutto, diserta da altri esseri umani. Rimasi così per chissà quanto tempo, ma forse più verosimilmente per pochi minuti. Che facevo? Mi rilassai soppesando ciò che avrei potuto fare di lì a poco. Inspiravo profondamente sentendo le mie narici pervase dall’adorato sentore di bosco e di abeti. Ero intimamente tesa come una corda di violino: non sapevo decidermi, ma alla fine ogni resistenza razionale fu vano dinanzi all’impeto dei sensi, alle richieste imploranti di ogni cellula del mio corpo.
Era una necessità.
Col cuore in gola e il respiro affannato dal panico, abbassai i jeans alle caviglie, insieme alle mie mutandine. Le trovai già imperlate dei miei umori. Mi ero toccata solo il giorno prima, nella mia stanzetta all’atto di coricarmi, eppure ero piena di voglia come non mi donassi piaceri da anni.
Vidi la mia patatina, coronata dal ciuffetto di peli corti. Sebbene titubante, l’allargai al vento e iniziai a sfiorarmela. Inserii anche la prima falange dell’indice e del medio, brevemente. Subito cominciai ad ansimare senza però divenire troppo rumorosa: volevo evitare d’interrompere l’arcano incanto della natura e, ancor meno, attirare con rumori sospetti. Se mi avessero scoperta sarei morta di vergogna. Sentivo sarei potuta esplodere in poco tempo se avessi continuato a strofinarmi e schiacciarmi la clitoride con quel ritmo deciso e sempre più rapido. Ricordo che muovevo il bacino prima impercettibilmente poi più visibilmente tanto che il tronco sotto di me scricchiolava un po’. Mi lasciavo scivolare sul piano inclinato che porta all’orgasmo, cullata dal dolce e continuo tamburellare dei miei polpastrelli su quel bottoncino magico. Ma desideravo strafare. D’altra parte, non riuscivo a trovare il coraggio per spogliarmi completamente, anzi, più prosaicamente una parte di me m’ingiungeva di rivestirmi. Proprio allora, spegnendo la ragione, mi tolsi la scarpa sinistra e, di conseguenza, divincolai una gamba dalle mutandine e dai jeans arrotolati. Potei quindi estendere completamente quell’arto con grande giovamento delle sensazioni che dardeggiavano dal mio grembo annichilendo ogni presa razionale che ancora mantenevo. Dimenticavo di dirti che ai piedi avevo anche dei calzini azzurri cortissimi. Ora dovevo decidere se togliere anche quelli o meno. Era tutto giocato sulla possibilità di rivestirmi e scappare se qualcuno mi avesse trovata in quello stato. Effettivamente, intenta com’ero nell’atto autoerotico, probabilmente non avrei fatto a tempo: se qualcuno mi avesse trovata in quello stato sarei stata alla sua merc&egrave. Sospinta da questa linea di pensiero, conscia che non avevo nulla da perdere, mi tolsi anche il reggiseno e la t-shirt. Me li strappai di dosso senza riflettere oltre e li posi sopra un ramoscello tra quelli che mi nascondevano. Stavolta quasi mi sdraiai sorretta solo da un piccolo abete, il cui giovane tronco flessibile si piegava un poco al mio peso senza però spezzarsi.Lasciai che la luce filtrante inondasse il mio viso e la parte superiore del mio corpo eccitato. Era uno spettacolo da mozzare il fiato trovarmi quasi completamente nuda in mezzo a quella natura quieta ma al tempo stesso piena di vita e di energie che mi proteggeva da sguardi indiscreti. Il biancore dei miei seni, appena contrastato dal rosa scuro delle areole attirava la mia attenzione. Me li stuzzicai indugiando con attenzione sui capezzoli grandi e rosati e sulle loro parti più sensibili, tralasciando per un attimo la passerina. Quindi spalancai le mie piccole labbra già gonfie di voglia consentendo all’aria calda dell’estate di lambire quel frutto ormai fradicio e profumato di me.
Per essere completamente nuda mi mancavano solo le calze, la scarpa da ginnastica sinistra e il lembo di jeans tuttora ancorato alla caviglia sinistra. Con un ultimo guizzo decisi di liberarmi anche dell’altra scarpa. Il cuore mi tamburellava nel petto all’impazzata. Per un attimo temetti mi sarebbe esploso. Spinsi un poco più in là con un piede i jeans e le mutandine e mi tolsi anche i calzini, inserendoli in una scarpa per non rischiare di smarrirli. Ora sì ero completamente nuda.

Se mi avessero scoperta non ci sarebbero state scuse. Provai a pensare a ciò che avrei potuto dire a mo’di giustificazione ma non mi sovvenne nulla. Facendo un rapido calcolo: se qualche uomo mi avesse vista, dovevo solo sperare in buone intenzioni e nella rapidità con cui sarei potuta scappare via. Mi avesse sorpresa un’altra donna c’era la possibilità che, scandalizzata, avvisasse qualche autorità. Mi chiesi anche se la Guardia Forestale ispezionasse quei boschi. Fui parzialmente rassicurata dal fatto che prima che eventuali viandanti mi avessero potuta scorgere, avrei sentito i loro passi avvicinarsi al mio nascondiglio.
Così mi accinsi ad affrettare le cose. Bagnai i capezzoli col mio succo vaginale e ne portai anche un po’alla bocca. Era lievemente aspro, molto buono. E’ eccitantissimo gustarsi così, pensai. Dopodiché divaricai e allungai ancor più le gambe, puntai un piede contro un altro tronco d’abete e sotto tutte quelle fronde, ripresi a strofinarmi la clitoride prima con cerchi lenti e misurati poi con ritmo via via più sfrenato. Roteavo il palmo della mano esercitando una pressione sul pube, proprio sul monte di Venere. Spingevo poi quel lembo di epidermide sul mio bottoncino. Poco dopo stabilii che, al fine di sperimentare un diletto ancora maggiore, sarebbe stato sensato aprirmi la passerina con due dita, mentre la clitoride veniva titillata dai polpastrelli dell’altra mano. Il cuore della mia femminilità era così rorido della mia rugiada che faceva rumore per lo sfioramento cui era sottoposto. Non credo di essere mai stata così fradicia prima di allora.
A momenti, tesa com’ero, mi bloccavo del tutto per ascoltare se si fosse aggiunto un rumore sospetto, per così dire antropico, a quelli naturali. Ma per mia fortuna non c’era anima viva. I raggi solari baluginavano illuminandomi il viso e parti del corpo. Li riscaldavano accendendoli di ulteriore desiderio. Ero in subbuglio: il sesso mi colava, o meglio, mi si scioglieva letteralmente tra le dita. Boccheggiavo mordicchiandomi le labbra quasi volendo tormentare in simultanea sia quelle del viso sia quelle inguinali: le une richiamano le altre. Non credete?
Ora dovevo solo godere e basta: tale ordine mi martellava nel capo. Continuai a strofinarmi sempre più veloce, i muscoli delle gambe sempre più contratti e irrigiditi. Inarcai la schiena maggiormente, schiacciando ancor di più il sottile tronco che mi supportava. Il bacino assecondava il ritmo che la mano imprimeva sulla mia patata affamata I sospiri e gemiti soffocati s’infittivano progressivamente. Avrei tanto voluto osservarmi. Sorridendo beata, sentii montare dalle mie profondità più remote un orgasmo di sconvolgente intensità che mi lasciò fiaccata e illanguidita. Le gambe mi tremarono, sollevai il bacino e il sesso mi esplose in mano.
Godetti di tutte quelle contrazioni convulse, le percepii distintamente con le punte delle dita. Me le leccai quindi con voluttà, le mie belle dita prive di smalto, innaffiate però di una copiosa quantità del mio miele. Ero stata talmente scandalosa e avventata: un tutt’uno con la natura in una fusione panica tra la fanciulla virginale e il muscoso terreno circostante. Rimasi a riposarmi per lungo tempo, protetta dalle fronde mie amiche. Recuperai le energie dopo il violento orgasmo che mi aveva squassato il grembo. Dirò meglio, mi parve trascorso molto tempo, ma &egrave probabile tutto questo episodio, da quando mi sdraiai a quando mi rialzai completamente nuda, possa essere durato non più di un quarto d’ora/venti minuti al più. Avevo il fondoschiena tutto indolenzito per la posizione e un lieve velo di sudore m’imperlava la pelle rosata del petto prosperoso. Portai alle labbra quanto più nettare effuso dal mio sesso potei e mi rivestii velocemente.
A perdifiato, malgrado sentissi ancora le gambe molli, corsi dove avevo lasciato i miei cugini e gli zii che stavano ancora risposando cullati dallo sciabordio del lago. Senza dir loro nulla mi rassettai un po’i vestiti, pulii i miei capelli di alcune foglie e mi misi a riposare sotto un materassino. Come nulla fosse”. Come desiderato,L’effetto che le mie parole avevano avuto su Evelyn era stato quello auspicato, dato che aveva ripreso a toccarsi, s’era pure nuovamente inserita il mio vibratore senza accenderlo. Era meraviglioso vederla mentre la sua vulva ingoiava così voluttuosamente lo strumento di piacere! “A…..avrei voluto tanto vederti tra que….quelle fronde” mi disse ansimando tra sospiri che non le davano tregua.
Pensai allora di narrarle un altro episodio, quello in cui fui quasi scoperta. Tra l’altro questi aneddoti-confessioni- mi stavano irrimediabilmente eccitando, quantunque la mia patatina fosse esausta per tutti i piaceri che mi ero concessa.

Quasi leggendomi nel pensiero, Evelyn mi fece “Hai una voce bellissima e così sensuale. Raccontami altri episodi simili. Mi fanno impazzire”. Così mi accinsi senza farmelo ripetere “dunque, non &egrave accaduto di recente, ma lo ricordo con intensità perché rischiai tanto di essere colta in flagrante. I miei non erano in casa. Dovevo studiare per un’interrogazione che avrei dovuto sostenere il giorno seguente. Avevo ripetuto tutto, ma, malgrado l’evidenza, il mio animo perfezionista mi spingeva a ricominciare da capo. Ad un certo punto, un po’annoiata, decisi di profittare della solitudine per spogliarmi e fare una sorta di défilé nuda allo specchio. Tutta colma di desiderio per me stessa,mi liberai velocemente di ogni cosa e, dopo aver ammirato il mio corpo nudo allo specchio del bagno, mi abbandonai languidamente sul letto, indossando soltanto scarpe col tacco. Mi sentivo meravigliosa e davvero indecente.
Scorgendo sul comò la spazzola, decisi d’inserirmela. Non lo facevo spesso, ma quel giorno ero così eccitata che non mi ritrassi all’idea. Magari sarei venuta anche più volte, pensai spregiudicatamente, colma di una voglia sfrenata. Un calore intenso mi risaliva dal grembo pervadendomi ovunque.
Malgrado fossi vergine, l’imene mi si era rotto da tempo, non ricordo nemmeno più se durante una spaccata al corso di danza, oppure qualche giorno prima che le mie dita erano state troppo audaci nello sprofondare dentro le mia cavità. Ad ogni modo, dopo essermi alzata a aver risciacquato per bene la spazzola riscaldandola con l’acqua calda, iniziai a stuzzicarmi il sesso, ad esplorarmi. Con innocenza indecente, mi diedi a me stessa.
Premetti la spazzola contro le labbra della mia intimità, già gonfie e bollenti, poi esercitai con essa una pressione sul bottoncino. Scosse elettriche mi annebbiarono per un attimo la coscienza. Infine, aprendomi i piccoli petali, iniziai a procedere sprofondandola viziosamente nella fessura già colma di umori. Era meraviglioso! Mossi i fianchi adagiata sul letto, assecondando la penetrazione: la volevo ancor più dentro! Così, la immersi sino in fondo nella cuore della mia femminilità, inzuppandola di umori. Anche riscaldata dal getto d’acqua, la spazzola risultava fredda paragonata al mio sesso eccitato e torrido. Sentivo il profumo del mio respiro che aveva un lieve retrogusto di fragola. Con l’altra mano i carezzavo i lineamenti: le linee dei fianchi, le guance, i seni che ondeggiavano. Ci giocavo senza fretta con movenze estenuanti e pienamente appaganti.
Badai poi a scostare il cappuccio della clitoride per richiamarla al suo dovere: condurmi in paradisi di estasi trasmettendomi sensazioni irripetibili. Gemetti.

Il tempo era scorso senza che me ne rendessi conto, persa com’ero tra i meandri dei sensi, ma non credo fossero passati molti minuti da che avevo cominciato a sollazzarmi in tal guisa che con angoscia estrema sentii la porta dell’appartamento aprirsi. Sbiancai e, in preda al panico, estrassi la spazzola, facendo appena in tempo ad asciugarla con le lenzuola e riporla sul comò. Mi tolsi i tacchi che caddero sotto il letto e riuscii non so come a mettermi una felpa che trovai sotto il guanciale, quando sentii bussare: “Virginia che ci fai a letto a quest’ora” mi chiese mia mamma preoccupata. “Nulla, ero un po’indisposta, ma non preoccuparti, sto già meglio”. “Mmmm” mi squadrò lei, in effetti sembri un po’pallida. “Cosa ti senti esattamente?” “Un po’di mal di pancia e nausea” “Allora ti farò una bel the caldo alla cannella, come piace a te. Vedrai che ti rimetterà al mondo”. Annuii spiando con la coda dell’occhio che la spazzola che fino a qualche istante prima mi stava penetrando. Temetti fosse rimasta su di essa qualche stilla della mia eccitazione passibile di tradirmi. Appena mia madre uscì, tirai un sospiro di sollievo, ma non potevo comunque muovermi per indossare qualcosa da mettermi dalla cintola in giù dato che avrei dovuto prenderlo dall’armadio e avrebbe potuto vedere la mia oscena nudità. Così decisi di continuare a rimanere a letto e…continuare a. toccarmi” “mmm che puttanella che sei” mi interruppe Evelyn “continua, ti prego, e sintetizza un po’non sono lontana dal venire”. In effetti vidi che si dimenava sul letto spingendosi il mio vibratore ben in profondità come telecomandata da una forza superiore. “Dunque ripresi a toccarmi. Poiché avevo bisogno di qualcosa dentro misi due dita della mano destra che scivolavano in profondità lungo le pareti della mia vulva, mentre sopra ripresi a scoprire e tormentare la pelle sensibilissima adiacente alla clitoride. Percepivo con le dita e col calore che si effondeva lì sotto che avevo ripreso a colare. Mi vergognavo tantissimo perché mi stavo toccando con mia madre a pochi passi. Avrebbe potuto sentire l’odore di fanciulla in calore o intuire movimenti sospetti. “E’quasi pronto Virgy!” mi fece mamma e io le risposi appena in tempo. “Gra….grazie” che venni impetuosamente. Riuscii appena in tempo a ricompormi alla bell’e meglio quando mamma mi portò la tazza. “Ora hai ripreso colore, anzi sei quasi rossa” “Avrò un po’di febbre in effetti, mi pare di scottare”. “Bevi il the e poi vediamo”. Così feci, ma, malauguratamente, avevo ancora necessità di godere perché la fame, in questi casi, vien mangiando. Mamma sembrava stare lì in cameretta per osservarmi, al che spazientita e vogliosa le feci “la febbre la provo poi! Fammi riposare un’oretta e vediamo come starò poi”. “Certo scusami. Ti abbasso la tapparella, ok?” “Sarebbe meglio, grazie” le risposi. Così quel pomeriggio non feci altro che toccarmi venendo altre quattro volte di fila. Mi rimisi la spazzola, che venne trattenuta dai miei muscoli vaginali, nella passerina. Intanto giocherellavo con le dita sopra. Tra un orgasmo e l’altro mi concedevo solo pause di pochi minuti.
Era la prima volta che godetti con qualcuno in casa di giorno, per cui fui costretta a soffocare i sospiri e a fare attenzione ai movimenti. Dovevano essere lenti e non rumorosi. Il respiro e i gemiti soffocati. Sotto la felpa mi massaggiavo i seni arrivando a stimolarmi i capezzoli. Fu intenso ed eccitantissimo godere tanto nella penombra della mia cameretta, prima che, esausta, mi addormentassi. Prima di uscire dalla stanza, sparsi per la stanza un notevole quantitativo di deodorante e spalancai le finestre “per cambiare l’aria dissi”. Mi trattenni poi in soggiorno per provare la febbre e, in effetti, scoprii di avere un paio di linee. Solo che sapevo di essere sana come un pesce e che il motivo di tale alterazione era ben altro. L’interrogazione del giorno dopo, però, andò benone”.
Non riuscii quasi a finire la narrazione che, inaspettatamente, fui investita da un fiotto di caldo seme. Distratta nei meandri dei ricordi non m’ero quasi avveduta di Alessandro che, toccandosi furiosamente, aveva eruttato sul mio corpo una quantità non indifferente di seme, se possibile ancora più abbondanteù che in precedenza. Rivoli di seme ovunque a contatto con la mia pelle soffice mi fecero l’effetto di benzina sul fuoco. E ancora quel bel pene continuava a gettare i suoi spruzzi su di me. Presi allora a raccoglierlo, giocarci un po’e, infine, a radunarlo proprio sulla mia intimità: sommersi le piccole labbra e la clitoride sotto un’alluvione di sperma. Vedendomi così indecentemente intenta, sentii Evelyn dimenarsi velocemente e ansimare. Le scosse del bacino erano inequivocabili: seppi che stava venendo. Le leccai la bocca che quasi le tremava mentre veniva travolta dall’orgasmo. Poi sorrisi ad Alessandro fintamente scandalizzata “Ma…..ma”. “Scusami ma i tuoi racconti sono stati pazzeschi, intensi ed eccitanti”.
“Ne sono contenta” gli risposi giocherellando imperterrita col suo seme sul mio sesso, mescendolo ai miei umori. Quanto mi stavo rieccitando, mio Dio. Siete mai arrivati ad un punto in cui siete quasi completamente sazi, ma mentalmente più affamati che all’inizio di una cena o di un pranzo? Ebbene, io mi trovavo nella medesima situazione. Il mio corpo era appagato, anzi esausto, il mio sesso stremato da strofinamenti, penetrazioni di ogni genere, orgasmi da sesso orale. Ma il cervello, all’opposto di quando avevamo cominciato quest’orgia di piaceri proibiti, desiderava ancora non lasciandomi requie.

Spinta dall’istinto, come un automa, mi recai in cucina. Trovai in frigo la zucchina lunga e vistosa che avevamo acquistato al supermercato. Ne tagliai il ricciolo iniziale smussandolo, la lavai e la misi su un piatto. Poi, tornata in stanza dissi ad Evelyn e Alessandro che mi sarei cambiata.
Indossai un baby doll nero con trasparenze e calze autoreggenti. Indossai nuovamente le mie scarpe coi tacchi predilette dal fiocco sulle caviglie.
Quindi andai a prendere la zucchina e gliela presentai ad Alessandro e Evelyn che stavano parlando del più e del meno stesi sul letto. “Virginia! Sei insaziabile!” esclamò Evelyn. “Lo so” le sorrisi di rimando arrossendo un poco. “Mi spiace ma sono molto molto stanca. Sono distrutta quindi pensavo di chiedervi ospitalità per stanotte, ma per oggi ne ho avuto abbastanza”. Le feci gli occhioni tristi quasi a ricordarla che io l’avevo aiutata a procedere verso il parossismo orgasmico poco dianzi. Allora intervenne Ale. “E’giusto Evelyn! Ora sei tu a dover confessare un aneddoto piccante ricambiando Virginia….poi accada quel che deve accadere!” aggiunse ridacchiando sardonicamente.

Dopo questa decisione salomonica, Evelyn, tutta nuda si sistemò sul divano al mio fianco e iniziò a narrare con voce soave e coinvolgente, mentre io le percorrevo la schiena nuda con la mano passando poi a stimolarle i morbidi seni. “Avevo compiuto da poco 18 anni, studiavo ancora al liceo. Quel pomeriggio avevo invitato a casa colei che sarebbe diventata in seguito la mia ragazza fissa, dal nome Sofia. Proveniva da una famiglia piuttosto tradizionalista ed era, &egrave ancora, molto pudìca. Io l’avevo iniziata al sesso saffico che riscontrava i suoi gusti (non era mai stata a letto con un uomo), ma la lasciava al medesimo tempo piena di dubbi e sensi di colpa. Questi conflitti interiori suscitavano talora litigi tra noi, ma sempre tornavamo unite essendo molto complici e attratte l’una dall’altra. Soltanto, mi aveva pregato di essere molto discreta perché almeno per il momento, non voleva che la sua famiglia sospettasse alcunché. Si può dire che aveva perso la verginità con me, allorché le avevo inserito un vibratore nella cosina dopo qualche mese che ci frequentavamo andando avanti a sfregamenti e torridi 69. Quel pomeriggio non era neppure previsto ci dedicassimo all’erotismo, perché l’avevo avvertita che mia madre sarebbe potuta tornare di lì a poco. Però, quella volta mi feci convincere, o meglio sedurre. Non so se per motivi ormonali, o stagionali, o altri fattori, ma Sofia era infoiata come non l’avevo mai vista. Poco dopo essere arrivata a casa e aver iniziato a studiare, aveva annunciato con voce languida di provare troppo caldo e, improvvisamente, si era tolta praticamente tutto, restando in calzini, mutandine di pizzo nero e reggiseno. Questa condotta mi colpì molto perché non era mai stata tanto spregiudicata. Purtroppo, attratta dal suo bellissimo corpo: asciutto, ma con le curve nei punti giusti e non privo di un seno piuttosto generoso (una terza scarsa ma comunque bella soda e ben proporzionata), persi la testa e non potei far altro che cedere alle lusinghe delle gioie carnali.
“Va bene ma non mettiamoci troppo” le concessi, lasciandomi mettere le mani sul seno, sui fianchi, sul sesso e scivolare l’abito che indossavo sino ai piedi. Così, completamente nude, ci posammo sul mio letto come due farfalle in amore. Lei accese il mio vibratore e, senza neanche chiederne il permesso, se lo spinse dentro la fighetta che conoscevo essere abbastanza stretta. Doveva essere un lago per infilarselo così velocemente, senza neppure previa stimolazione, pensai. Le sfuggì un mugugno di dolore, che, tuttavia, si risolse in pochi attimi in un’espressione beata di piena estasi. Piegandosi sopra di me con le natiche all’aria e il vibratore che le trapanava la vulva, deformandola, iniziò ad esplorarmi, dapprima con le mani, poi facendosi oltremodo audace con le labbra e con la lingua. Venni una prima volta sotto i colpi di quelle saette, mentre lei pareva apprezzare il prolungamento del piacere contentandosi di quelle vibrazioni che le sconvolgevano la cosina. Mentre il mio sesso ci contraeva pulsando e la mia bocca si apriva per sfogare l’eccitazione orgasmica, sentii le labbra di Sofia sulle mie a bere voluttuosamente l’esalazione dell’orgasmo che stavo provando.

Lei non era mai stata multiorgasmica e doveva ancora appagarsi, così proseguì imperterrita a godere, mentre mi mordicchiava la clitoride ancora gonfia e sensibile. Poi lambiva con la sua dolce lingua tutto miele che la mia fessura aveva sprigionato. Era davvero indecente quel pomeriggio. “Sembra che non abbiamo mai fatto l’amore” la canzonai. Lei per tutta risposta raddoppiò il ritmo con cui si sbatteva lo strumento erotico contro la cervice, affamata di sesso e di me.

Senza preavviso, come in un brutto sogno, sentii la chiave della porta d’ingresso ruotare nella serratura della porta e i battenti aprirsi. Quel giorno Sofia era piuttosto rumorosa, non si frenava. Mia madre ha sempre avuto un ottimo udito e, forse temendo mi stessi sentendo male, corse verso la stanza, senza neppure bussare. Tutto accadde in pochi secondi. Appena udito il rumore alla porta, avevo fatto segno a Sofia di tacere: Lei fece appena in tempo a fermarsi, estraendo il vibratore, ma la situazione era inequivocabile. Così, presa dall’eccitazione, come guidata da una volontà autodistruttiva, condensatasi nella voluttà di essere scoperta (che a quanto pare condivido con te), capendo che non c’era alcuna possibilità di trovare giustificazione per quella nostra posa oscena, presi il vibratore, innaffiato degli umori gelatinosi di Sofia, e lo inserii nelle mie profondità.
Non dimenticherò mai la faccia di assoluta sorpresa che fece mia madre quando mi vide. Sofia era diventata una statua di cera: mia madre la trovò seduta sul letto, del tutto sgomenta, mentre tentava inutilmente di coprirsi col lembo di un lenzuolo, lasciando maldestramente al di fuori il sesso depilato e ancora lucido per il profluvio di nettare colato fin sulle cosce. Non riuscì a spiccicare parola, era una statua di sale. Quanto a me, diabolicamente mi ero avvicinata a lei il più possibile, anch’io seduta, o meglio, semireclina sul letto. Mia madre mi vide così: spalancata, col bacino rivolto verso di lei e, particolare non insignificante, con quel vibratore piantato nel mio sesso a mo’di scandalosa appendice. Lei richiuse subito la porta e se ne andò di casa lasciando un biglietto. “Non volevo invadere la tua intimità, Evelyn. Da ora in poi ti chiamerò quando starò per tornare a casa. Quando ti andrà parleremo meglio, se lo vorrai”. Sapevo che mia madre non era troppo bacchettona, ma avevo sempre cercato di non espormi con lei e di tutelare quella che con un termine insopportabile e modaiolo potrei definire “la mia privacy”, però il tenore del biglietto mi calmò molto. Ne scorsi anzi gli aspetti positivi, avrei avuto molta più libertà e minori preoccupazioni nel dedicarmi a queste “passioni proibite”. Sofia invece la prese malamente, senza dire una parola si rivestì e se ne andò via di casa ancora sotto choc. Pur consapevole che la “colpa” dell’accaduto era principalmente sua, non mi rivolse parola per un paio di settimane. E’superfluo dire che appena andata via lasciai correre la mente a briglia sciolte e mi regalai due orgasmi potentissimi col vibratore che mi lavorava la passerina a pieno ritmo. Mi ero infatti detta che, essendo ormai stata scoperta, tanto sarebbe valso non limitare il piacere per quel giorno. Tra l’altro lei ancora reclamava”.
Durante questo racconto così eccitante, non nego che avevo iniziato a masturbarmi affondando dentro di me le falangi dell’indice e del medio della mano sinistra. Sapevo di essere indecente me le sensazioni erano troppo forte per non cedervi.
Mi muovevo sul divano ondeggiando come stessi su una nave, assecondando ogni movenza delle mie mani. Dopo poco avevo addirittura preso a inserire parte della punta della zucchina dentro la mia fessura. Non era troppo grande, anzi direi della dimensione perfetta per adattarsi alle mie roventi pareti vaginali. I muscoli la trattenevano. Mi sentivo riempita e ancora vogliosa.

Quando Evelyn terminò il suo aneddoto, si accorse con un’esclamazione di quel che stavo facendo, e, per un’ennesima volta, decidemmo di intrecciare le gambe in posa indecente. Ci sistemammo in modo da penetrarci con la zucchina nel modo più sincrono e comodo possibile. Avevo posto le gambe sotto le sue, mentre i nostri sessi venivano collegati dall’osceno ponte costituito dall’ortaggio che deformava le nostre intimità. Le pareti della passerina mi bruciavano un po’ e toccare la clitoride troppo sollecitata durante quel giorno sarebbe stato fuori luogo, dato che non si era per nulla ripresa dagli eccessi. Però era molto piacevole, specie mentalmente, continuare a giocare in quel modo vizioso e peccaminoso.

“Tutto quello che abbiamo fatto oggi &egrave stata la cosa più eccitante io abbia mai vissuto” confessò Evelyn “anche per me &egrave lo stesso e credo me ne ricorderò”. Ci baciammo intensamente, come due vere amanti.
Ci guardammo. Avevamo le guance imporporate per lo sforzo. Le lessi negli occhi il desiderio implicito di gustare ancora il mio sapore. Pian piano estraemmo la zucchina e ci separammo. Ci ponemmo quindi sul fianco a parti invertite dimodoché ci potessimo voluttuosamente dedicare ai nostri sessi pulsanti in quella posizione impudica. Ale, intuendo ciò di cui avevamo bisogno, ci consegnò i due vibratori più piccoli. Avvicinai il viso al suo bacino e lo posizionai tra le sue gambe. Respirai a pieni polmoni quel profumo inebriante di femmina che Evelyn emanava. Fui stordita da quell’afrore piacevole frutto dei numerosi orgasmi e dell’eccitazione irrefrenabile. Percepii che anche lei mi respirava. Provai un po’di vergogna perché dopo essere venuta così tante volte l’odore di sesso femminile (e in parte maschile) aveva pervaso l’aria. Per eccitarci maggiormente, avevamo stabilito di non aprire le finestre.

Colta da furioso raptus erotico, allungai la lingua alla cieca per lambire ovunque fossi in grado di raggiungerla. Sulla pelle assaporai il gusto del miele che aveva profuso. Sentii Evelyn fare altrettanto su di me, perciò la agevolai allargando le gambe e distendendone una in aria. Quando ebbi una visione della sua passerina spalancata dalle mie dita maliziose la vidi arrossata, di un rosa molto scuro tendente al vermiglio. Era ancora bagnata ma molto meno che in precedenza. Sentivo però che si stava eccitando enormemente quando presi a passarle il vibratore sulle grandi labbra. Sapevo che scosse elettriche la stavano stordendo. Accesi dunque quel giocattolo erotico cominciando a stimolarle la clitoride. Sussultai convulsamente, perché Evelyn mi avevo imitato. Un calore intenso e crescente mi pervadeva le parti intime. Gemetti affannata. La clitoride di Evelyn già molto gonfia aumentò ancora di dimensioni. Pure la mia patatina pulsava assorbendo e riverberando le vibrazioni esterne. “Mettimelo dentro ti prego” riuscii a gridarle con voce soffocata. Mi sentivo sciogliere man mano che quell’oggetto apriva la mia intimità. Stavo perdendo completamente il controllo tanto numerose e intense erano le scariche di adrenalina che mi raggiungevano il cervello. Urlai frammenti di frasi sconnesse stringendole il capo tra le cosce quasi volessi sprofondarlo dentro di me.

Pure le labbra di Evelyn erano inturgidite per l’attività cui erano state sottoposte e per il desiderio che ancora la impregnava. Iniziai a spingerle il vibratore ben dentro in un andirivieni vizioso. Le spalancavo le ninfe e lo lasciavo scomparire verso l’utero. Le pareti vaginali lo ingoiarono secernendo ancora linfa. Trovai qualche ostacolo perché in profondità non riusciva forse più a bagnarsi adeguatamente. Così lo estrassi e lo leccai avidamente. Evelyn invece mi scopava la patata col vibratore a pieno ritmo. “Ti escono ancora tantissimi umori” esclamò Evelyn. “E’eccitantissimo. Dove trovi tutti questi liquidi?” mi chiese soggiogata. Ero scossa da brividi ogniqualvolta l’oggetto mi penetrava ed era incredibile la sensazione che mi pervadeva quando me lo lasciava inserito dentro il canale vaginale mentre si dedicava al mio bottoncino mordicchiandolo. Mi faceva impazzire come esalasse sospiri e gemiti sul mio sesso. Anche il suo fiato caldo pareva fresco quando raggiungeva la fornace della mia intimità. Allora non riuscivo ad evitare di emettere continue grida di piacere sospirando sull’inguine di Evelyn.

Mi resi conto che Ale stava riprendendo la scena col cellulare. Pensai che avevamo dato materia per interi filmini porno.
Stavo per esplodere grazie all’effetto combinato delle vibrazione sulle pareti vaginali e dei dardi di lingua sul mio pulsante del piacere. Anche Evelyn gemeva assecondando la penetrazione con deliziosi movimenti ondulatori del bacino. Non riuscivo a leccarle con agio la clitoride quindi mi spostai lievemente per dedicarmici appieno e gustare il suo sapore.
Vedevo infatti i suoi umori che iniziavo a raccogliersi intorno alla passerina divaricata dal vibratore. Scosse elettriche mi attraversavano tutto il corpo, i miei seni fluttuavano voluttuosi richiedendo la loro parte di sollecitazioni. Sentivo che stavo per godere ancora follemente, malgrado tutto quanto avevo già provato.
Ma volevo attendere a Evelyn, sentire le sue contrazioni sulla mia lingua mentre anche io le venivo in bocca. Così velocizzai il ritmo e la avvertii che stavo per esplodere. Il mio corpo e la mia mente vennero rapiti dall’estasi. I miei sensi divennero come annebbiati, azzittiti dall’ondata orgasmica che stava per erompere dalle profondità del mio grembo. “Sono vicina, ci sonooo”….le spinsi come una matta il vibratore nella vagina vogliosa e venni. Gridai e mi abbandonai a quell’immensa beatitudine rilassando i muscoli prima contratti e scuotendo il bacino ancora trafitto dal vibratore. Quasi contemporaneamente, pochi secondi più tardi, ammirai distintamente l’orgasmo di Evelyn. La sua fessura che si contraeva sulla plastica del suo giocattolino. Feci in tempo a toglierglielo da dentro sostituendo la mia lingua così da non lasciarmi sfuggire né i succhi che colavano né la splendida sensazione di percepire quegli spasmi di goduria sulle mie labbra e sulla mia lingua assetata. Anch’esse avevano contribuito grandemente a tutti i piaceri della giornata.
Ci fermammo. Finalmente. Stremate, sudate e zuppe dei rispettivi umori.
Evelyn aveva lasciato il vibratore dentro la mia vulva e io, stringendo le gambe, l’avevo come incastrato dentro di me. Sentivo che mi leccava tutto intorno i rivoli di umori che erano evidentemente tracimati. Evelyn si riscosse. Dopo aver spento il il giocattolo, lo dimenticò dentro di me e mi baciò. Percepii, molto intenso, il mio sapore. Ripulimmo intrecciando le lingue quello che era stato fino a poc’anzi dentro la sua intimità.
La forza e il numero degli orgasmi provati mi aveva distrutta tanto che non riuscivo quasi ad articolar parola. Crollai, addormentandomi improvvisamente, senza badare che il vibratore era ancora inserito laggiù. Quando mi risvegliai il giorno dopo Evelyn e Ale erano nudi accanto a me.
Mi alzai per andare in bagno facendo attenzione a non svegliarli. Mi guardai allo specchio. Avevo l’aria ancora un po’stanca e tutto il corpo era impiastricciato del seme di Ale. Prima di mettermi sotto il getto dell’acqua diedi un bacio alla mia immagine riflessa, scostandomi una ciocca di capelli e sorreggendo lascivamente i miei seni.

Leave a Reply