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Racconti Erotici Etero

Gioco

By 5 Ottobre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

22:22

Lei è stesa di fianco sul letto, e sta vivendo la mezzanotte più calda dell’anno con una leggerezza così naturale che l’affanno, penseresti, non potrebbe mai averla. Il materasso sembra non avere nemmeno una piega sotto il suo corpo, che è come un lenzuolo di seta rosa che qualcuno ha lasciato cadere nella stoffa, dove si è appoggiato delicatamente, lasciando agli occhi di chi guarda la statica armonia di una superficie senza pieghe.
Lui è allo specchio, con un pettine di plastica si sta strofinando la barba, lasciando cadere una nuvoletta quasi invisibile di mostriciattoli e polvere, compagni di una giornata di lavoro. La vuole pulire, ma non vuole usare la crema, perché sa che quando giocano a lei non piace la barba morbida. Le piace ruvida, come il dorso verde di una spugna appena comprata, qualcosa che lasci sulla sua pelle una sensazione a metà tra una carezza e un grattino.
È stata lei a chiederglielo questa mattina, mentre lui preparava il caffè.

08:10

-”stasera posso mangiare gli spaghetti?”
-“se stanotte giochiamo”
-“che gioco vuoi fare?”
-“il mio preferito”

19:43

Lei è seduta alla sua sinistra, sono stretti, la tovaglia è ripiegata solo a metà tavolo, è una cena di metà settimana dai profumi essenziali. Lei lo guarda, lo fissa mentre lui mangia gli spaghetti. Osserva le sue mani pesanti che arrotolano in una forchetta quanti più spaghetti possibili, li guarda sparire in boccate che si chiudono lasciando piccole pieghe tra le labbra strette. osserva l’arancio del sugo che sporca gli angoli della sua bocca. osserva e osserva tutto, il modo lento ma bramoso con cui si mangia quegli spaghetti. Sa quanto gli piacciono e quanto li desidera e sa che vorrebbe essere quel piatto,

22:58

Sono le 23, e di solito a quest’ora lei fa quelle piccole cose che si tiene sempre per quel lasso di tempo, quelle cose che la aiutano a dormire, legge un paio di capitoli, scorre i pollici su pinterest, idee per fare delle magliette, prende appunti. beve una tisana fredda. Non si è lavata, non si è profumata. Le regole del gioco sono quelle che lui deve stare al gioco in qualsiasi caso. Le regole però, le conosce solo lei. Cose così le ricordano i giochi che faceva con suo padre da bambina, quelli del lupo che rubava “ora il lupo vuole la gamba” e se la mangiava. Non c’è sesso in questi pensieri, le danno solo un senso di pace, di leggerezza che può ritrovare solo in quell’antro bambinesco. L’equilibrio del momento è il patto non scritto per il quale lui deve fatto tutto senza saperlo, è la caverna segreta del suo passato, la sua quiete in comodato.
Non c’è un vero e proprio inizio, scambiano qualche parola sottovoce, il suono è lieve e si dissipa nelle vibrazioni di quello dell’aria e delle auto, e dei grilli e di tutto quello che sta cantando fuori dalla finestra..
Mentre parlano lui le sfiora le gambe con le dita, lucida la sua pelle facendo avanti e indietro in quella superficie liscia con le peighe dei polpastrelli che accarezzano i peletti trasparenti.
Poi tra un sussuro e l’altro, tra carezze e respiri con il naso hanno cominciato a baciarsi. Lui è di fianco e la sta avvolgendo con le braccia. Ruotandosi la fa sparire nella siluette del suo grosso corpo, che è già un meccanismo in costante movimento di muscoli e ossa che ballano sotto una pelle lucida, bagnata delle rugiade luminose del sudore.
Ancora qualche bacio e poi lui si alza, senza dire niente, si toglie i pantaloni, il rumore del’acciao della cintura che sbatte e cade a terra sembra eccitarla. Lei si siede sul letto e si toglie la cannotiera. Scopre tutto, la pancia e i suoi piccoli rotolini, il suo seno piccolo, tutto e subito, fuori, nudo. Lui rimane in mutande, lei con un piede trascina e lascia cadere le lenzuola sul pavimento. Lui le raccoglie e le ripiega tre quattro volte e ne fa un cuscinetto nel quale si inginocchia. In ginocchio, come una vecchia devota in chiesa davanti ad un altarino dove c’è da fissare qualcosa di sacro. Quello che inginocchiandosi si ritrova davanti sono le gambe aperte di lei, e li, poprio li in mezzo c’è già quel sacro da fissare, il punto di arrivo per vincere il gioco. Il fondo del letto era semibuio e mentre lui li in ginocchio aspettava il chiarore ripensava alla prima volta. L’avevano fatto al buio. Più rudimentale, più impacciato, ma lei dice sempre di non scordarlo mai, l’aveva presa di sorpresa ed è quello, con il suo ricordo di pongo, il piacere delle prime volte.
Lei spegne la luce grande, e accende quella della lampada con le falene in vetro, con gli occhi rossi e le ali arancioni riflettevano un colore organico che avvolgeva quasi tutto il letto.
Ora si stende, e sembra allungarsi mentre lo fa, rilassa ogni muscolo. La sua testa affonda sul cuscino, i suoi occhi si chiudono, e ora non deve fare più nulla. Una volta aveva provato a bendarla, ma non le era piaciuto, voleva lasciarlo fare, ma quando lo voleva, doveva poter guardare, godersi le parti migliori.
Lui comincia a massaggiarle delicatamente i piedi, dandole dei piccoli bacetti sulle dita, lei ogni tanto ha un sussulto e ridacchia per il solletico :
“ti piacciono i miei piedi?”
“adoro i tuoi piedi”
“leccali”
lui comincia a succhiarle le dita e a leccarle il palmo del piede. Parte sempre dal basso perché le piace sentire il bollore salire dal basso, le piace sentire quella piccola marea di brividi e calore che attraversa in piena il suo corpo man mano che lui sale.

“mi piacciono i piedi della mia bimba, e mi piacciono le sue gambe”
Le accarezza le gambe, partendo dalle sue caviglie strette sale a piene mani e con delle carezze decise le riscalda la pelle, si ferma in una regione di pelle pericolosa, che dista poco dagli incavi che portano alle zone umide. Preme quella zona in maniera più decisa, facendole provare quella tensione che da un momento all’altro pensa, lo potrebbe portare nelle zone più sensibili, e ogni volta che risale con le mani torna a sentire il dolce fastidio del calore che si allonta da li.
È già una piccola tortura, sente di non resistere a lungo e ora sudava anche lei. Sente delle goccioline che attraversano la sua fronte, e con traiettoie pazze le finiscono sotto le orecchie, sulla bocca, bagnando il letto. sente l’umidità impossessarsi di lei, come se stesse per entrarle dalla bocca per attraversarle il corpo che ora è una cavità che fà defluire tutta questa estate nel suo basso ventre. Lui traccia linee rette di saliva sulle ossa, e finendo negli incavi dove queste si uniscono si ferma a mordicchiare facendole scattare qualche nervo.
“adoro il tuo pancino bimba”
“adoro le tue mani bimba”
le parole escono sporcate della saliva e del suo naso che che si accartoccia sulla carne, la sta annusando, le sta leccando il sudore, le sta mordendo la ciccia dei fianchi e della pancia
-“il tuo odore.. il tuo sapore tesoro..”
-“mangiami”

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Il suo corpo lucido e scivoloso la sta ricoprendo interamente ora, &egrave tutto in tensione, sospeso per non schiacciarla. Le il collo, il suo collo stretto e fragile. Lei ha la bocca socchiusa e ansima, con gli occhi semi aperti cerca le tempie di lui e le afferra per condurlo più in basso verso il seno. Lui si fa guidare e con il naso comincia a sfiorare i capezzoli duri e rossi del tepore, li bacia li lecca e mentre lei carezza la sua testa lasciando correre le dita come vermi in un campo di erba nero e grigiastro il suo succhiare si fa più avido, succhia così forte che sembrava voler tirare fuori qualcosa dai suoi seni, sembra che qualcosa lo stia nutrendo. “voglio mettere la mia bocca solo sui tuoi capezzoli, per sempre”. La bocca di lei ora &egrave aperta, lascia entrare ed uscire tutto, ha le guance rosse, sente i suoni più lentamente e ogni tanto dall’affanno del suo respiro scappa un gemito. Non &egrave solo il vizioso sfamarsi della bocca di lui, &egrave anche il suo pene. lei lo sente disegnare sulla sua pelle, lo sente tutto, sente sfiorarsi le gambe quando si alza un po’ e sente premerlo forte sulle sue mutande e nel suo ventre quando si abbassa. La superficie del fluido che corre nella seta delle sue mutande muta al tocco forte del membro di lui, che tinge la punta delle mutande col liquido di lei. E adesso li, proprio li lei sta andando a fuoco, sta pulsando.
“tirami via le mutande, ti prego”
Quella che era una sensazione e poi piacere passivo &egrave ormai una tortura, tutte quelle piccole sensazioni, quelle piccole vibrazioni che all’inizio sentiva ovunque lui la baciasse o la toccasse sono ora irrimediabilmente defluite li, &egrave la battigia di una spiaggia che si riempie d’acqua ad ogni onda.
Lui si abbassa, facendolo preme tutto il suo organo su di lei e lo ferma li. si bagna di tutto quel liquido che ruba il tatto della seta. si alza, si inginocchia di nuovo, al punto di partenza. Aferra con due mani i lati delle mutandine e lentamente le fa scivolare giù, lei inarca le ginocchia e fa di tutto per aiutarlo. Prende in mano quello che sembra un panno fracido e lo annusa, lo lecca
“mi piace il sapore del tuo liquido”
“cosa vuoi fare ora?”
“voglio bere da te”
Getta le mutandine a terra, si abbassa, l’ affera per le gambe e la trascina verso di se. Ha le braccia forti e per lei &egrave come scivolare in una frazione di secondo verso il punto più caldo della notte. Davanti agli occhi di lui si staglia ora, in un rilievo che sembra avere luce propria, il tempio per completare il gioco, per offrire il suo tributo. &egrave piccola, rossa, sembra quasi vibrare. due piccole spunte di un rosso più escono dalle labbra come piccoli petali; &egrave da li che che lui comincia a leccare. Fa nuotare la punta della sua lingua in quel piccolo laghetto superificiale, lecca, delicato, tutto quello che c’&egrave. Quello che lei sente &egrave una bestiola viscida che le corre su tutta la vagina, e adesso non riesce più a trattenere i gemiti, sfuggono tutti e risuonano nell’aria in un ansimare costante. Comincia a contorcersi quando lui le entra dentro con la lingua e scava sempre più affondo, piano, allargandole le membra.
Nella sua testa &egrave come se stesse cominciando a sparire il segnale che la connette a tutto quello che ha intorno, la radiazione cosmica di fondo si fa più accentuata, la fronte &egrave bollente e con il rumore dei succhiottini che lui le lascia sulle labbra sta attraversando il suo primo orgasmo. Silenzioso, un piccolo cortocicuito, quasi nessuno spasmo evidente, una cosa tutta sua. La bocca inodore le &egrave diventata di colpo dolce e quando dopo una decina di secondi netti tutto &egrave finito tira un lungo sospiro, si gusta la bocca e appoggia delicatamente la guancia sul cuscino, sente le orecchie tappate e le gote bollenti e per qualche secondo rimane in silenzio, quasi insesibile a quello le sta accadendo sotto. C’&egrave così tanto del suo liquido che lui lo raccoglie con la lingua e con il naso, dove l’aria ne fa bollicine, ogni tanto lei lo sente deglutire e quel rumore le piace. Ora ha rialzato la testa e sembra aver messo di nuovo a fuoco le cose. Lo prende per i capelli : “tiralo fuori”.
Con un braccio si asciuga la bocca, si alza e si toglie le mutande, scoprendo il suo dono per lei, il suo tributo finale.
“vieni qui” lei gli indica di mettersi di fianco al letto, vuole toccarlo,
“dio” e mentre lo dice sembra emozionarsi “&egrave durissimo”.
Lo tiene con forza tra le mani calde di tutti gli sfregamenti sulla seta e le carezze sui capelli.
“cosa vuoi fare adesso?”
senza rispondere lui si rimette ai piedi del letto, inginocchiandosi si lascia cadere sopra di lei, con le braccia teste, facendo vibrare il letto, la bacia, forte, solo con le labbra mentre fa ondeggiare il bacino, e lei comincia a rispondere meno ai baci, apre la bocca, respira sulla sua, apre gli occhi e sente lo sfregare del suo pene, non più la seta delle mutande, ma lo sfregare della pelle sulla sua, lo sente scivolare lungo le sue labbra fino al suo monte di venere, attraverso il suo giardinetto di piccoli peletti neri, una sensazione ambivalente li sta coinvolgendo sempre di più, a lui piace la sensazione di questo sfregamento, come piaceva a lei quello della sua barba quando glieva stava leccando. Sfrega lentamente ma preme sempre più forte, non &egrave una sorpresa quando lo sente scendere, e piegando la sua punta sulla sua pelle comincia a entrarle dentro.
Si baciano e il tocco delle sue labbra sembra come una stretta di mano, un invito a lasciarsi andare. Lui comincia a spingere, entra ed esce da lei, &egrave tutto scivoloso e spesso scivola fuori, lo riprende e rimpie di nuovo il vuoto, lei non fa un solo vagito, ha la bocca spalancata, gli occhi socchiusi, la faccia rossa. Sono attimi, secondi, poi comincia a dare delle note forti a quell’urlo muto ed &egrave chiaro alla notte che sta attraversando il suo secondo orgasmo. Con le mani sul petto di lui accenna una spinta per farlo uscire ma muove solo la mascella, digrigna i denti e appoggia di nuovo la testa sul cuscino, mentre lui spinge più forte e tra lo schiocco di pelle e liquidi viene tremando dentro di lei. Un suono simile ad un lamento, bloccati per qualche secondo come statue, prima di uscire l’uno dall’altro per stendersi, stremati, bagnati, sudati, su un letto di umori.
Immobili e coi petti che scoppiano fissano le pale della ventola girare lentamente e nell’immobilità si godono una piccola inezia di aria che entra dalle finistre. Lui si alza, va nel bagno, prende un paio di asciugamani, si mette ad asciugarla mentre sta in ginocchio sul letto, la pulisce, poi si asciuga e lascia cadere gli asciugamani, spegne tutte le luci e si stendono entrambi a letto. A lei piace dormire a pancia in giù, appoggia il braccio sul petto di lui e affonda la testa sul cuscino, rivolta verso di lui. Lo bacia sul braccio, chiude gli occhi e lascia che adesso ad attraversarla sia il sonno. Lui fissa ancora per qualche minuto il soffito, non pensa a niente. poi pensa al caldo, al lavoro, ad Amanda, la sua amante, abbozza pensieri e sensi di colpa che si autodistruggono, si gratta il petto, sbadiglia e smette di pensare, chiude gli occhi.

23:43

Ora dormono entrambi.

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