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Racconti Erotici Etero

Hayashi

By 1 Settembre 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Gli sembrava un miracolo che con tutta quella gente avessero trovato il divanetto all’angolo libero, si fiondarono ad occuparlo mentre qualcuno della comitiva andò dritto al bar per il primo giro di drink. Da lì si poteva vedere tutta la discoteca, la pista gremita che si muoveva all’unisono con la musica martellante, come un’onda del mare appena infranta sulla scogliera. Apparvero sul tavolino due bicchieri
‘Non potete capire cosa c’&egrave al bar! Un MILFone esagerato!’
il solito diretto e scurrile Edoardo che ogni volta lo disgustava con quei discorsi da spogliatoio, ma la cosa che lo stupiva di più era la quieta accettazione di quell’atteggiamento da parte di Martina, ormai stavano insieme da due anni e lui non era cambiato di una virgola e lei continuava a tenere gli occhi bassi con un viso inespressivo, qualunque cosa accadesse. Va bene essere timidi, ma quell’atteggiamento prono gli metteva una rabbia.
‘ ‘ sarà arrivata prestissimo, &egrave già ubriaca marcia! Non potete capire quanti sfigati le stanno girando intorno cercando di palparla!’
A quanto pare quello sarebbe stato l’argomento della serata, nella speranza che non sarebbe andato avanti per i giorni a seguire. Ruotò gli occhi al cielo ed annoiato dalla situazione guardò verso il bar
‘Ma io quella la conosco”
gli uscì dalle labbra senza che avesse davvero voluto parlare
‘E bravo il mio marpione! Te la sei già fatta, eh?’
ed Edoardo provò ad infilargli una mano tra le cosce che subito scacciò via con un manrovescio, certi atteggiamenti li aveva trovati fastidiosi persino da adolescente
‘Idiota ‘ gli scappò da bocca, e senza pentirsi continuò ‘ &egrave la madre di un mio compagno del liceo.’
comunicò agli altri mentre osservava con più attenzione quella donna seduta scomposta ad uno sgabello del bar.
La serata continuò come tanti degli altri venerdì sera, ma non riusciva proprio a lasciarsi andare, con gli occhi andava sempre più spesso verso quella donna vestita con un tubino nero che agitava senza senso le braccia cercando di difendersi dalle mani troppo invadenti del nugolo di ragazzi che le giravano attorno. Ogni tanto se ne vedevano di ubriache del genere, ma di solito c’era sempre qualche amica che andava in loro soccorso, cosa che non stava accadendo. La situazione lo irritava troppo.
Si alzò e deciso andò verso di lei. Standole fermo davanti
‘Ciao Silvana, sono Marco.’
‘Ciao Marco”
lo salutò lei con la bocca impastata dall’alcool e gli occhi vacui. Distolse lo sguardo poi tornò a guardarlo in viso
‘ ‘ Io ti conosco”
‘Sono Marco, andavo al liceo con Claudio.’
Le disse calmo e lasciandole il tempo per elaborare l’informazione per la lentezza dei ragionamenti in quello stato
‘ ‘ &egrave vero’ mi ricordo ‘ disse quasi incomprensibilmente ‘ Mi vuoi offrire da bere anche tu come tutti questi bravi ragazzi?’
Quegli stessi bravi ragazzi che ora lo fissavano con odio per aver monopolizzato il loro giocattolino, sentendo la rabbia salire non si curò di loro
‘No, hai bevuto a sufficienza per stasera. Ti porto a casa.’
le stese la mano per aiutarla a mettersi in piedi, tutti intorno a loro cominciarono a protestare a voce alta, anche ad insultare, qualcuno lo spinse anche, furioso li squadrò uno per uno, a brutto viso gli intimò di andarsene ma quelli più determinati cominciarono a spingerlo e lui dovette far valere la sua statura e la sua struttura possente per farli allontanare definitivamente.
Girandosi verso Silvana che continuava a stare seduta su quello sgabello in una forma troppo rilassata rispetto allo sguardo leggermente impaurito per il tafferuglio che le si era svolto attorno
‘Andiamo.’
stendendole la mano, stavolta l’accolse e si mise in piedi. Camminando con lei sotto braccio si accorse che alcuni dei suoi amici erano andati a dargli supporto, passando vicino ad uno gli disse
‘La riaccompagno a casa, ci sentiamo.’
e con una pacca sulla spalla gli diede il benestare.
Silvana rideva, straparlava, inciampava, divagava e si ammutoliva, tutto nel giro di un minuto per poi ricominciare da capo fino a quando non si fermarono davanti alla sua macchina.
‘Questa non &egrave la mia macchina!’
disse schietta
‘Lo so, questa &egrave la mia macchina, ti riaccompagno io a casa.’
e le aprì la portiera del passeggero
‘No! Voglio la mia macchina!’
e cercando di spingerlo cadde sul sedile fortunatamente senza sbattere nulla. Rideva ininterrottamente mentre faticosamente cercava di sedersi più comoda, le afferrò le gambe e gliele mise dentro prima di richiudere lo sportello e fare in fretta il giro per entrare anche lui in macchina. Abbassò i finestrini per far entrare l’aria fresca della notte
‘Voglio la mia macchina”
‘Mettiti la cinta.’
‘Voglio la mia macchina”
lo guardava con gli occhi languidi e lucidi
‘Sei troppo ubriaca per guidare, mettiti la cinta.’
Provò a farla ragionare
‘Non &egrave vero!’
‘Abiti sempre lì?’
‘Sì’ ma voglio la mia macchina!’
‘Basta!’
urlò e la gelò sul posto con lo sguardo duro. Piegandosi verso di lei prese la cinta e cominciò a tirarla per poterla assicurare. Sentiva il calore di Silvana, il suo profumo floreale storpiato dall’odore pungente dell’alcool, lei era ferma, immobile, tentava di non respirare e lo guardava leggermente impaurita.
Era davvero bella, un viso ancora fresco nonostante l’età e la situazione, il tubino fasciante con la scollatura quadrata da cui spuntava il merletto nero del reggiseno esaltava ancora di più il profondo decolté, non faticava a credere che avesse attirato così tante attenzioni in discoteca.
Riprendendosi da questi pensieri le si allontanò ed agganciò la cinta, come sollevata da un peso riprese a respirare, ma non aveva il coraggio di guardarlo ancora e mentre continuava a borbottare qualcosa sulla sua macchina fissava le luci della strada che le strisciavano veloci di lato mentre la macchina si muoveva tra il traffico del venerdì notte.

‘&egrave questa vero?’
le chiese fermandosi davanti una villetta
‘Sì”
biascicò ridestandosi da un sonno ad occhi aperti.
L’aiutò a scendere, sembrava più pesante, si poggiava molto di più su di lui mentre le gambe le si muovevano con poca coordinazione. Passarono il cancello, arrivarono all’uscio dopo il breve vialetto. Aprì e si diresse alla luce lampeggiante dell’antifurto ed inserì tutte le cifre scandendole per quanto la bocca impastata dall’alcool le permetteva, senza curasi affatto che lui fosse ancora lì, probabilmente non si era neanche accora di averle dette a voce alta.
‘Grazie”
gli disse mentre era ancora con la faccia rivolta verso il muro al quale si stava poggiando
‘Ce la fai ad andare a letto?’
lasciando la parete e ruotando su sé stessa
‘S”
e l’afferrò appena in tempo prima che cadesse definitivamente a terra. Le cedettero le ginocchia e l’accompagno a terra per far terminare il riso isterico che le usciva senza riuscire a controllarlo.
Aspettò con calma che si riprendesse un poco, era una figura davvero triste. Una donna così bella ridotta in quello stato, gli dispiaceva immensamente per lei, la ricordava fiera e simpatica per quelle poche volte che l’aveva incontrata, ora invece sembrava di non riconoscerla più.
Si calmò rimanendo in silenzio inginocchiata a terra. Avrebbe potuto dormire a terra se l’avesse lasciata lì. Piegandosi su di lei e facendole passare un braccio dietro il collo la alzò quasi di peso per rimetterla in piedi, le cinse la vita ed iniziò a camminare piano, rispettando i suoi tempi.
‘La camera &egrave di sopra?’
‘Sì”
gli disse con voce nasale, si girò a guardarla. Stava piangendo, sommessamente e senza farsi sentire, ma le lacrime scendevano copiose sulle guance portandosi dietro il trucco pesante.
Lentamente arrivarono davanti al letto e con cura la fece sedere, quando la lasciò cadde su un fianco con la testa sul cuscino, le alzò le gambe che erano diventate più malleabili e la fece stendere. Sembrava una bambina indifesa all’ora della nanna completamente vinta dal sonno, teneva gli occhi aperti solo per brevi istanti. Le tolse le scarpe e gliele poggiò ai piedi del letto e poi se ne andò spegnendosi la luce alle spalle
‘Scusa”
Gli parve di sentire mentre scendeva le scale. Chissà se lo avesse detto a lui o a chiunque l’abbia fatta arrivare a quel punto, o forse non lo aveva neanche detto e gli era solo parso di sentire quella parola. Riattivò l’allarme ed uscì. Il cellulare squillava, un numero che non conosceva sul display rendeva alta la possibilità che fosse un qualche call center ed il sabato mattina non ne aveva proprio voglia, con un tono arrabbiato rispose
‘Pronto.’
un istante di indecisione dall’altra parte
‘Ciao Marco’ Sono Silvana, la mamma di Claudio”
fin dalla prima parola aveva riconosciuto quella voce che aveva decisamente acquistato brillantezza senza tutto l’alcool in corpo della notte precedente
‘Buon giorno’ Come hai avuto il mio numero?’
Chissà perché lo avesse chiesto, era una domanda sciocca e di certo non aiutava la poveretta dall’altra parte che sentiva in difficoltà
‘Tua madre’ Avevo ancora il vostro numero di casa ma mi ha detto che non abiti più da lei e così mi ha dato il tuo numero di cellulare, spero non ti dispiaccia”
si sentiva dal tono della voce quanto si sentisse in imbarazzo ed a disagio
‘No, figurati ‘ rise appena per alleggerire la situazione ‘ Dimmi.’
‘Ehm’ Ecco’ ‘ iniziò confusamente ‘ Per caso ci siamo visti ieri sera?’
Non lo ricordava davvero o stava solo facendo finta per l’imbarazzo? Anche se fosse, cosa importava? Sembrava già mortificata di suo per rendere la situazione ancora più pesante e rimarcare la cosa
‘Sì, in discoteca ‘ spiegò calmo ‘ Avevi bevuto un po’ troppo e così ti ho riportata a casa”
Sentì un sospiro di sollievo dall’altra parte della cornetta
‘Ti ringrazio’ &egrave che stamattina mi sono alzata con un mal di testa pazzesco e ricordavo davvero poco di ieri sera’ non sono per niente abituata a bere’ non so perché l’ho fatto”
provò a giustificarsi come se avesse davvero avuto bisogno di chiarire con lui
‘Figurati, nessun disturbo.’
provò a chiudere la questione
‘&egrave che uscendo di casa non ho visto la macchina e sono andata un po’ nel panico’ Mi sembrava di ricordare di averti incontrato ed ho provato a chiamarti per capire meglio cosa era successo”
‘Non potevo lasciarti guidare in quello stato, così ti ho riaccompagnata io. La tua macchina dovrebbe essere ancora al parcheggio della discoteca.’
‘Grazie! Avevo proprio un vuoto! Se &egrave lì sono più sicura ‘ pausa ‘ però &egrave lontana”
aggiunse sommessamente
‘Non hai nessuno che ti accompagni a riprenderla?’
‘No, sì’ cio&egrave”
ammutolita, sentiva quanto si stesse sforzando per pensare ad una via di fuga
‘Non sapresti come spiegare l’accaduto”
andò in suo soccorso
‘Esatto! ‘ prese la palla al balzo ‘ Non &egrave che per caso tu”
‘Dato che so già tutto e non c’&egrave bisogno di spiegare nulla possa venire ad aiutarti per riprendere la macchina?’
finì la frase per evitarle lo sforzo e l’imbarazzo di doverla dire lei.
‘Già”
‘Va bene, arrivo tra mezz’ora.’
‘A tra poco allora, ciao!’
lo salutò rivitalizzata
‘Ciao.’
e chiuse la chiamata. Ieri una buona azione, oggi una buona azione’ la santità si fa sempre più vicina! Rise di sé stesso mentre si preparava per uscire.

Arrivò prima di quanto pensasse, lei non era in strada, scese dalla macchina ed andò a suonare al citofono
‘Ciao Marco, entra che ti offro qualcosa di fresco.’
e sentì scattare il cancello. Tanto valeva continuare con i convenevoli. A differenza della notte precedente ora poteva vedere il giardino in tutto il suo splendore, ben curato e lussureggiante, si guardava attorno mentre percorreva il breve vialetto selciato, quando alzò gli occhi vide Silvana ad aspettarlo sull’uscio della villa, il cuore fece un balzo, gli sembrò ti essere tornato indietro ai tempi del liceo, a quando era andato a trovare per un paio di volte Claudio a casa. Capelli neri, sciolti, a coprire le spalle, un sorriso gioviale, una camicetta bianca su una gonna nera, lunga e larga senza però compromettere la femminilità. Una differenza netta con la donna che aveva riaccompagnato ubriaca a casa solo poche ora prima e che si sforzava a tutti i costi di apparire
‘Grazie che sei venuto”
abbassò lo sguardo vergognosa quando le si fece più vicino
‘Di nulla.’
le disse con un sorriso mentre la seguiva verso la cucina. La casa era bellissima ed in un certo senso gli ricordava la sua proprietaria, qualcosa sul gusto dell’arredamento o forse della luce diffusa.
‘Ho del t&egrave freddo, del succo di frutta o se vuoi posso fare un caff&egrave”
gli disse poggiandosi con una mano al frigorifero
‘Il t&egrave va benissimo, grazie.’
Con un sorriso cominciò a servire il suo ospite che nel frattempo si era seduto al tavolo, poi però la sua espressione si fece più cupa, cercò per un istante i suoi occhi ma poi distolse di nuovo lo sguardo, si vedeva quanto fosse a disagio, si percepiva una certa elettricità venire dai suoi pensieri
‘Non ricordo poi molto di ieri sera ‘ si giustificò ed alzò gli occhi per capire se le credesse e vedendolo con quell’espressione seria ma serena provò a continuare ‘ Non mi succede mai’ Non che lo faccia spesso! In realtà non bevo mai! Non so cosa mi era preso ieri sera”
La scrutava cercando di capire se davvero non ricordasse nulla della serata, sembrava imbarazzata, oltre ogni misura, ma quello poteva essere anche solo per l’ubriacatura e per essere stata costretta ad essere riaccompagnata a casa da un semisconosciuto, teneva gli occhi fissi sul tavolo e non riusciva a capire cosa pensasse davvero
‘Non fa niente’ per una volta può succedere”
provò a rincuorarla
‘Davvero! Non faccio mai cose del genere!’
lo fissò dritto negli occhi e rimase ferma per più di qualche istante finché non vide che le credeva effettivamente
” e per questo che ti vorrei chiedere un altro favore’ ‘ pausa ‘ Davvero non lo faccio mai’ e non vorrei’ mhh’ Per favore potresti non dire a nessuno dell’altra notte?’
lo guardava supplichevole, gli occhi le luccicavano appena e le labbra serrate avevano perso una tonalità del loro rosa naturale. Le poggiò una mano sulla sua, senza stringerla, senza afferrarla, appena poggiata per farle sentire la sua presenza e per trasmettere meglio quello che stava per dire
‘Non ti preoccupare, terrò il segreto.’
gli sorrise, anche gli occhi erano felici e riprese a respirare calma
‘Grazie! Non sai che sollievo che mi dai”
ed invertendo la posizione delle mani stavolta era lei ad averla messa su quella di lui stringendola però di gioia. Rideva, una donna completamente diversa da quella della sera precedente
‘Quando mi sono svegliata stamattina! ‘ rise ancora ‘ ed ho visto quello che indossavo, non sai che colpo che mi &egrave preso! Sarò stata ridicola con quel vestito addosso’ non lo mettevo da almeno dieci anni!’
Rideva e lo sbirciava, ma soprattutto non gli lasciava la mano anzi, gliela stringeva ancora di più. Sapeva cosa volesse sentirsi dire, che poi non era altro che la verità, ma aspettò ancora un istante prima di risponderle per lasciarla sulle spine
‘Ed invece eri stupenda.’
le disse serio e calmo, lo scrutava, lo guardava negli occhi e guardava gli angoli della bocca, nessun guizzo
‘Non prendermi in giro!’
disse quasi ridendo. Si alzò e le si mise di fronte, senza i tacchi era decisamente più bassa di lui e la costrinse a guardare in altro per non interrompere il loro contatto visivo. Negli occhi marroni aveva dei riflessi ambra, come fossero pagliuzze d’oro, non li aveva mai notati, come non aveva notato quanto potesse essere espressivo il suo volto. Per un attimo lei allentò la presa della mano ma poi la riafferrò in maniera più gentile
‘Non ti prendo in giro, sei una donna stupenda’ sia col vestito di ieri sera che vestita così”
gli fissava le labbra mentre pronunciava quelle parole come se fosse desiderosa di scolpirsele nella memoria. Gli lasciò la mano e la alzò come per andare a toccargli la bocca ma il movimento rallentava man mano che saliva finché non si fermò e la poggiò sul proprio petto. Il profumo fruttato che proveniva da lei era estremamente piacevole e forse amplificato anche dal calore del corpo che sentiva nonostante non si toccassero più.
Lenta con le dita, aprì il bottone a metà dello sterno ed allargò i lembi di cotone scoprendo l’inizio del seno. Alzò gli occhi per capire cosa pensasse di lei, sembrava sospesa in un mondo a sé e l’unica cosa che l’avrebbe riportata su questo piano di esistenza sarebbero state le parole sbagliate da parte sua, ma non le disse nulla, continuava a guardarla in quegli occhi color cioccolata con dei riflessi di luce propria al loro interno. Alzò lento una mano, senza che lo avesse programmato le sfiorò la curva morbida del fianco provocandole un leggero fremito. Decise di seguire quella linea con la punta delle dita fino a quando non arrivò alla vita sottile, con un lungo salto lento della mano si portò al bottone sotto quello che era stato appena aperto e con dita abili lo aprì.
Silvana lasciò andare un sospiro caldo e con la mano che ancora teneva il lembo della camicetta aprì ancora di più la scollatura scoprendo il grande reggiseno bianco. Prima uno, poi l’altra si inumidirono le labbra con le lingue veloci, senza che se ne fossero accorti i loro bacini già si toccavano e condividevano il caldo che stava crescendo nelle loro viscere. Si chinò su di lei, lei si spinse più in alto che poté fino a quando le loro labbra si incontrarono e si unirono in un bacio torrido e lussurioso, un bacio in cui lei lo accoglieva ufficialmente nel suo mondo separato dalla realtà. Chiusero gli occhi e volarono nel loro abbraccio, le mani si muovevano vogliose di scoprire in fretta l’intero corpo dell’altro, palpate profonde o tocchi appena accennati, qualunque cosa per eccitarsi e per eccitare.
La afferrò dalle natiche e con uno sforzo che gli sembrò inesistente la mise seduta sul tavolino a gambe aperte facendo tintinnare i bicchieri. Le loro labbra si separarono per la prima volta e lui andò subito a cercarle il collo e scendere poi verso la morbidezza del petto
‘Marco!’ asp”
ansimava e si godeva i baci profondi sulla pelle nuda, poi però lo afferrò dalle spalle e lo allontanò, guardandolo fisso negli occhi
‘Non qui’ andiamo di sopra”
Non aveva dubitato neanche per un istante della sua voglia, lo prese per mano e gli fece strada, di tanto in tanto la fermava per baciarla o per toccarla, lei lasciava andare dei mugolii quando le baciava il collo ma poi riprendeva a camminare fino a che non arrivarono alla camera.
Si fermarono ad un passo dal letto, sembrava confusa sul da farsi così prese l’iniziativa e con dita leggere, che la sfioravano appena, le aprì completamente la camicetta e con accortezza gliela sfilò. La pelle di un rosa pallido fremeva ogni volta che la toccava, lo guardava attentamente con gli occhi profondi, sentiva il suo desiderio di capire cosa pensasse di lei, ma non glielo espresse a parole, non voleva far scadere l’atmosfera. Infilando due dita sotto le bretelle del reggiseno gliele allargò finché non caddero dalle spalle, il seno pesante aveva lasciato dei solchi appena accennati nella carne, glieli sfiorò e poi glieli baciò. Sentiva il suo respiro accarezzargli il collo mentre il petto le saliva e le scendeva con un ritmo lento e profondo.
Riafferrò le bretelle del reggiseno e le spinse in basso fino a che le coppe non si capovolsero lasciando uscire le grosse mammelle. Il reggiseno le finì alla vita. Era rimasta paralizzata dalla situazione era indecisa se prendere l’iniziativa anche lei od abbandonarsi completamente a quel ragazzo che la stava facendo vibrare dall’eccitazione. La fissò negli occhi e la lasciò interdetta quando interpretò correttamente i suoi pensieri e le accarezzò delicato i capezzoli rosati, non poté non gemere. Le poggiò la bocca sulla sua quando era ancora aperta per il gemito e tenendola stretta la baciò con passione.
Lo seguiva in quel viaggio di piacere, lo lasciava fare, che fino a quel momento non aveva sbagliato nulla, era riuscito ad eccitarla sempre di più fin dal primo contatto delle loro mani. La pressione intorno alla vita si allentò e poi semplicemente la gonna cadé a terra, si sentiva accaldata ma ora la pelle nuda era piacevole. Le accarezzava il corpo delicatamente e lei era desiderosa di fare altrettanto, ma quando provò ad aprire la sua camicia, le si sottrasse mettendosi in ginocchio. Lo guardava dall’alto e vedere la sua faccia a pochi centimetri dal pube la eccitò oltremodo, lo afferrò dai capelli, voleva possederlo, ma lui forte, si opponeva alle spinte della sua mano e chissà perché la cosa era ancora più eccitante. Le afferrò gli slip bianchi anche loro e lento, mentre tenevano ancora gli sguardi intrecciati glieli abbassò. Vedere quel giovane viso squadrato a pochi centimetri dal suo cespuglietto riccioluto le aveva acceso un fuoco nel basso ventre che la stava sciogliendo da dentro e l’alito di lui sulle cosce nude non faceva che soffiare su quella fiamma
‘Sdraiati”
le disse con un sorriso accennato, lo guardò come se non capisse la sua lingua ma si riprese e fece come le aveva detto mettendosi prima seduta e slacciandosi il reggiseno, poi tirandosi indietro e restando poggiata sui gomiti per guardarlo meglio.
Tornato in piedi vedeva come era rapita da lui, come seguiva tutti i suoi gesti e come ne fosse eccitata. Tolse la camicia in fretta e le lasciò la visione sgombra sul suo fisico atletico, sembrava combattuta se continuare a guardarlo in viso o dar libero sfogo alle sue voglie e guardargli il torso tonico o forse non voleva apparire eccessiva nelle sue occhiate lussuriose e di tanto in tanto lo guardava negli occhi per capire se la giudicasse male. Muovendo le mani sul corpo attirò la sua attenzione sui pettorali e poi sugli addominali, lo seguiva con lo sguardo mentre la lingua non smetteva di inumidire le labbra, come se avesse voluto leccarlo tutto.
Stavolta lento, si sbottonò i pantaloni e con calma programmata ne allargò i lembi per tenerla alla giusta eccitazione mentre accentuava le forme che nascondeva sotto la stoffa premendo le mani intorno al pene gonfio. Non lo guardava più negli occhi, era completamente rapita, infilando i pollici nell’elastico delle mutande con un colpo secco le abbassò insieme ai pantaloni fin alle caviglie, in quell’attimo di suspense lei rimase senza respiro per poi lasciare andare un
‘MMMM’
di approvazione quando finalmente poté vedere il cazzo duro ed eretto che puntava in alto. Era proprio arrivata al limite dell’auto controllo. Le sorrise avvicinandosi.
Avrebbe voluto mettersi seduta per accoglierlo meglio ma con una mano sulla spalla la bloccò e poi la spinse in basso fino a che non la fece sdraiare. La sentiva fremere ora che le loro pelli si toccavano senza ostacoli. Le fece scorrere la mano dalla spalla al petto, sensuale tra i seni dandole brividi di piacere. Lo accompagnava con lo sguardo mentre scendeva sempre più in basso, prese posizione tra le sue gambe aperte, ne sentiva l’odore di donna e la cosa lo eccitava profondamente, ma non cedette ai suoi istinti, ci giocò, come giocò sicuramente con la voglia di lei quando afferrandole una gamba iniziò a baciarla sulla carne morbida a metà coscia. Le labbra e la lingua la percorrevano dall’alto in basso senza darle la soddisfazione di toccarla dove era più sensibile. Lo afferrò dalla testa, non ce la faceva più ad aspettare, e lo tirò con forza verso la figa e quando ne sentì la pressione addosso lasciò andare un gemito. Era arrivato il momento.
Le alzò le ginocchia per avere più spazio tra quelle cosce ben tornite, la sfiorò appena con le dita e già fremeva per quel tocco, le aprì senza ritegno le grandi labbra facendo apparire una striscia di carne rosa attraverso la peluria riccia. Era lucida, tanto era bagnata, ci poggiò la lingua ed iniziò a gustarla lentamente. Calda e saporita era molto ricettiva, gemeva, tremava dal piacere e si bagnava sempre più, ruotando la lingua intorno al clitoride glielo fece diventare durissimo, pronto per essere succhiato. Lo circondò con le labbra ed iniziò a stimolarla con sempre maggiore passione, non si controllava più, non sapeva se allargare oltre le cosce o stringerle dal piacere, se usare le mani per stimolarsi i capezzoli o per afferrargli la testa e spingerla con forza verso la figa. Mugolava incessantemente.
Con la lingua le percorse tutto lo spacco, ne raccoglieva i succhi e li usava per lubrificare il suo tocco, un dito si fece strada dentro di lei che ora cercava unicamente ti tenersi stretta alle lenzuola per lasciarsi esplorare a fondo mentre i suoi tremolii cominciavano a diventare scossoni per il piacere che dal pube si propagava come un fulmine lungo la spina dorsale. Stimolandola con sapienza da dentro e fuori contemporaneamente sentiva soltanto la sua voce acuta che era spezzata dai gemiti profondi. Era arrivato il momento. Le infilò un altro dito dentro e mentre le succhiava con forza il bottoncino duro muoveva velocemente le dita piegate ad uncino dentro di lei. Urla sempre più forti riempivano l’aria finché con un guizzo incontrollato lo allontanò da sé e tremando per il forte orgasmo cercava di prendere fiato come poteva mentre il suo respiro era rotto dai forti spasmi.
Era così eccitante vederla sul letto in quello stato, il corpo tonico ma morbido attraversato dai tremolii incontrollabili del piacere appena raggiunto, in cui ogni tentativo di calmarsi sembrava fallire sul nascere e bloccarle di nuovo il respiro mentre le cosce si aprivano e chiudevano per conto proprio. A tratti riusciva ad aprire gli occhi ma quando le pupille le ruotavano verso l’alto era costretta a chiuderli ed aggrapparsi a qualcosa per tentare di controllare i suoi spasmi.
In qualche modo, alla fine, si calmò. Lo guardava inebetita con un sorriso vacuo mentre cercava di spostare i capelli che le si erano appiccicati al sudore del viso
‘Era da tanto che non venivo”
riuscì a dire prima che un nuovo tremolio le bloccasse le parole in gola. Avvicinandosi, le prese le caviglie e le aprì le gambe, senza più forza non si opponeva, non che avesse voluto. Le si piegò sopra, le loro gambe si toccarono, poi il pene duro le toccò la parte bassa del ventre prima di essere bloccato tra i loro corpi, con una mano lo tirò a sé e lo baciò con passione e lascivia, sembrava volesse ringraziare quella bocca per il regalo ricevuto. Quando le loro labbra si separarono la guardò dritta negli occhi
‘Pronta?’
fece un piccolo gesto col capo per dire di sì e guidandosi con la mano le fece scivolare il glande nella fessura provocandole ulteriori brividi ma gli si aggrappò alle braccia ed ansimando chiuse gli occhi aspettando l’intera penetrazione. Cosce aperte, corpi sudati e la sinfonia dei loro gemiti congiunti, ritmati dai loro bacini frenetici. Potevano essere stati pochi istanti o lunghissimi minuti per fargli esclamare
‘Vengo!’
lo afferrò dalle natiche
” dentro”
riuscì a dire tra gli affanni. Un momento dopo gli si irrigidì il corpo mentre lasciava andare tutto il suo seme.

Girandosi verso il comodino e cercando nel cassetto tirò fuori una sigaretta, che portò direttamente tra le labbra e subito si sentì il click dell’accendino, l’odore agro di fumo già l’avvolgeva quando poi cadde di nuovo con la schiena sul letto. Come ricordandosi di non essere da sola si voltò verso di lui e prendendo la sigaretta tra indice e medio gliela porse
‘No, non fumo.’
le disse lapidario, Silvana cambiò espressione, come se la bolla di piacere le fosse scoppiata davanti agli occhi lasciandola con una leggera angoscia di aver rovinato tutto
‘Scusa, la spengo subito”
provò a rimediare voltandosi di nuovo verso il comodino per raggiungere il posacenere. Rimase un attimo sospesa quando lo sentì alzarsi dal letto
‘Non importa, posso fare una doccia?’
‘Sì.’
rispose d’istinto senza pensare e, con ancora la sigaretta pronta per essere spenta, lo vide raccogliere i propri vestiti ed uscire dalla stanza. Rimase immobile all’ascolto, sentì l’acqua della doccia correre e poi la porta della cabina chiudersi. Non aveva chiuso la porta del bagno, pensò, i suoni erano troppo nitidi, era davvero un ragazzo sicuro di sé. Mettendosi seduta sul letto e riuscendo appena a riflettersi allo specchio del comò finì la sua sigaretta assaporandola in grandi boccate.
Quando tornò nella stanza si sorprese nel trovarla vestita, quasi, doveva ancora chiudere qualche bottone alla camicetta. Si guardarono ma era come se non si vedessero.
‘Sei pronta?’
le chiese sapendo già la risposta
‘Sì, andiamo.’
Attraversarono la casa in silenzio, lei prese la borsa e poi uscirono.
Il viaggio in macchina fu altrettanto silenzioso e malinconico, si era rotto qualcosa, qualcosa che da passione trasformò tutto in freddezza. Ogni tanto, brevemente, lo sbirciava in volto e lo trovava serio, troppo serio, e quando si accorgeva dei suoi sguardi, invece di voltarsi anche lui o di dire qualcosa, semplicemente si irrigidiva e così lei distoglieva di nuovo lo sguardo non riuscendo proprio a capire cosa avesse fatto di così sbagliato da farlo comportare in quel modo.
Il parcheggio della discoteca era deserto, tranne che per una macchina, la sua. Marco gli parcheggiò di fianco. Che dire ora?! Avevano percorso così tanta strada senza dire nulla che quel silenzio era diventato doloroso
‘Grazie allora”
le uniche due parole che le uscirono, ma perché aggiungere allora? Che senso aveva? Per la prima volta da quando erano in casa si voltò verso di lei
‘Di nulla.’
sempre lapidario, sempre troppo duro, ma almeno aveva detto qualcosa. Lo guardò fisso cercando di dire qualcos’altro ma non le veniva nulla in mente e le sembrava che lo stesse innervosendo con la sua presenza
‘Vado allora”
aprì la portiera e scese, nell’indecisione rimase un attimo ferma poi chiuse la portiera ed andò alla propria macchina. Avrebbe almeno potuto salutarlo, del resto anche lui avrebbe potuto salutarla ed invece nulla’
Entrò in macchina e si stupì nel vederlo ancora fermo lì a scrutare i suoi movimenti, la metteva a disagio, cosa stava aspettando? Che senso aveva ora di preoccuparsene dopo la freddezza con cui la stava trattando? Accese il motore e le sembrò di vedere sul suo viso un’espressione diversa, qualcosa che le ricordava quella vista la notte precedente, anche se annebbiata dall’alcool. Nel petto le salì un profondo affetto e senza volerlo, mentre partiva lenta, alzò la mano per salutarlo, lui si irrigidì di nuovo e la osservò sfilargli di fianco, poi partì rabbioso ed imboccò con furia l’altra uscita del parcheggio, quella che lo avrebbe portato lontano dalla strada che avevano fatto per arrivare lì. Si rigirava nervosa nel letto, quasi contorcendosi nel tentativo di trovare la posizione che le avrebbe finalmente permesso di dormire, ma non c’era, era troppo agitata. Perse il cellulare per controllare se fosse arrivato un messaggio. Niente di nuovo e l’agitazione aumentò ancora. Prese un’ennesima sigaretta e l’accese al buio. Aveva giurato a sé stessa che due sigarette fa era l’ultima della giornata ma fu più forte di lei. Dopo la prima boccata prese di nuovo il cellulare, ovviamente non c’era nessun nuovo messaggio. Odiava quel metodo di comunicazione, come faranno i giovani a riuscire ad avere una conversazione valida in quel modo se dall’altra parte impiegano ore per risponderti? Trattenne a stento il pollice che avrebbe voluto far partire la chiamata. Prese un’altra boccata per calmarsi. Scorse a ritroso la cronologia. Sarà davvero arrabbiato con me, pensò, stamattina aveva risposto dopo pochi minuti, sono ore invece che gli ho mandato il messaggio e’ nulla’
La prese lo sconforto, le si aggrovigliò lo stomaco ed anche il fumo le stava dando la nausea, spense la sigaretta nel posacenere sul comodino. Un’ultima occhiata allo schermo del cellulare e quando si spense rimase completamente al buio. Era così opprimente quella stanza buia e l’intera casa in un silenzio tombale sembrava soltanto aggravare la situazione. Chiuse gli occhi, così da poter sopportare più facilmente l’oscurità, ma la mente agitata si mosse in fretta e subito venne assalita da quello che era successo qualche ora prima, da prima in realtà, dalla mattina, quando nervosa ed inquieta per quello che era successo il giorno precedente, ma con ancora abbastanza presenza di spirito per fingersi calma e ‘moderna’ mandò a Marco il messaggio:
‘Buon giorno, spero di non disturbarti’ Vorrei parlarti”
Naturalmente appena lo spedì si accorse di quanto fosse stata vaga ed impersonale e le vennero in mente cento altri modi per scriverlo, avrebbe voluto correggersi ma sapeva che non era possibile. Un minuto più tardi le arrivò la risposta
‘&egrave urgente?’
Ovvio che era urgente, si sentiva completamente sottosopra, i pensieri le si accavallavano uno sull’altro ed era estremamente inquieta per non riconoscersi nei suoi gesti del giorno prima, ma soprattutto per l’epilogo glaciale di quella sbandata che ora la impensieriva e non poco su quello che sarebbe accaduto da lì in avanti. Ma come poteva riassumere tutto quello in pochi caratteri?
‘No, non &egrave urgente”
Cretina! Si maledì appena lo inviò, non voleva stare in quello stato un minuto in più, chissà quanto l’avrebbe fatta aspettare. Trillo del cellulare
‘Ci sentiamo sul tardo pomeriggio allora.’
‘Non puoi passare qui? Vorrei parlare di persona”
gli scrisse di getto e più il tempo passava aspettando che le rispondesse e più le sembrava che aver agito senza pensare la stava davvero portando sull’orlo della nevrosi
‘Ok’
Arrivò a salvarla da sé stessa.
Mentre aspettava che arrivasse il pomeriggio le sembrava che quella fosse la parte più difficile di tutto il processo: riuscire a rimanere calma, cercare di avere una visione più lucida degli ultimi due giorni e riuscire ad impostare un discorso per chiarire tutta la situazione. Quando se lo ritrovò alla porta, vestito da cerimonia, fu come se la sua mente si fosse resettata e svuotata da tutti i suoi piani, si preoccupava soltanto di averlo disturbato durante una qualche occasione speciale e la sua faccia tirata e dura di certo non la rassicurava. Avrebbe voluto sottrarsi a quello sguardo, le sarebbe bastato riaprire gli occhi per ritrovarsi da sola nella sua stanza buia invece che davanti a lui che la guardava così freddamente con quegli occhi verdi. L’avevano stregata la prima volta ed anche ora che era solo un ricordo doloroso non riusciva a distogliere lo sguardo. Non avrebbe mai pensato che quegli occhi così dolci ed espressivi potessero diventare così spaventosi, sembravano la superficie di un lago ghiacciato, pronto ad inghiottirla al primo passo messo in fallo.
Nei suoi ricordi si ritrovò in salotto ancora confusa nel vederlo così elegante, le metteva ancora più soggezione
‘Scusa se ti ho disturbato ‘ indicando con lo sguardo i suoi vestiti ‘ Accomodati pure”
Con un’aria di sfida e scocciato si tolse la giacca blu scuro e la poggiò sulla poltrona, ma non si sedé
‘Di cosa volevi parlarmi?’
Era duro, distaccato, i lineamenti del viso erano ancora più affilati, le faceva male guardarlo in quello stato, avrebbe voluto avvicinarsi, toccarlo, ma dopo un passo si sentiva troppo in soggezione sotto quello sguardo torvo e si fermò. Era a poco più di un passo da lui ma lo sentiva distante anni luce. Sospirò, ricercò un minimo di calma e poi iniziò a parlare
‘&egrave per ieri ‘ pausa, per scrutarlo in viso e cercare di capire se ci fosse un qualche cambiamento, non ne vide, sembrava una maschera ‘ ecco’ quello che &egrave successo ieri’ tra di noi”
lo stomaco le si annodò, per un istante interminabile le sembrava di aver perso tutte le parole ed al suo interno c’era solo vergogna, pudore, confusione ed angoscia tutte mescolate insieme. Lo vide ghignare, voleva affrettarsi nello spiegare ma la gola le si strinse e dovette afferrare lo schienale della poltrona per evitare di far girare la stanza tutt’intorno.
Sospirò, ma non arrivò la calma, alzò comunque gli occhi cercando di non piangere per il nervoso
‘&egrave una cosa che non faccio mai.’
sentì la sua voce pronunciare quella frase. Era vero. Ma sentiva che non era quello che voleva dire prima. Il ghigno sulla faccia di Marco si allargò trafiggendola
‘Anche ubriacarti il venerdì sera”
le disse sbeffeggiandola, perché era così cattivo con lei? La faceva sentire uno schifo’ ma’ ma non poteva essere tutta colpa sua’ qualunque fosse il motivo per cui la stava trattando in quel modo, lei non lo aveva obbligato a fare nulla. La doveva smettere di piangersi addosso per delle azioni che non riconosceva neanche come proprie. Doveva chiarire la cosa, chiuderla e farlo andare via dalla sua vista prima di scoppiare a piangere per il nervoso. Lo guardò dritto in viso
‘Senti, io non faccio certe cose, quindi ti prego di non andare in giro a raccontare questa storia.’
lo aveva detto di getto, ma ferma, aveva fatto uscire tutta la sua preoccupazione, si sentiva sollevata e soddisfatta di sé finché non le scoppiò a ridere in faccia
‘Siete proprio tutte uguali! ‘ urlò ‘ Venti, trenta od a cinquant’anni, tutte uguali! Vi fate gli affari vostri, prendete quello che vi pare e piace e poi vi preoccupate di quello che penseranno gli altri di voi!’
rideva fragoroso, ma con rabbia, aveva gli occhi accesi e puntati su di lei. Quell’atteggiamento la fece sbottare, alzò il dito indice e puntandoglielo al petto glielo premette con forza nel pettorale
‘Sentimi bene ragazzino!’
con un gesto rapido le afferrò con forza il polso, lo strinse fino a farle male, la teneva bloccata, anche strattonando non riusciva a muovere l’avambraccio, figuriamoci a divincolarlo, ma a parte quello non sembrava aggressivo nei suoi confronti, era più un monito vigoroso a controllare le sue parole. Lo guardò con sfida, lui la trapassava con quegli occhi verdi
‘Fai quello che vuoi, dillo ai tuoi amici, dillo in giro, metti i manifesti, non mi importa ‘ lo osservò attentamente per capire se stava davvero pensando ad andare a vantarsi in giro, ma continuava ad essere imperscrutabile ‘ Lo sappiamo entrambi che &egrave stato un errore e se ti reputi così superiore avresti dovuto accorgertene prima.’
Lo guardava dal basso verso l’alto, aveva la mandibola serrata stretta, non si muoveva, sembrava una statua, non dava neanche segno di aver capito quello che gli aveva detto, ma la mano che l’afferrava non accennava a diminuire la pressione. Voleva rispondere, ne era sicura, sentiva come il presagio che da lì a poco sarebbe esploso in una moltitudine di parole che l’avrebbe sepolta, ma gli occhi gli si strinsero appena e di colpo le lasciò il polso, si voltò ed a grandi falcate raggiunse l’uscio che, senza aver alcuna colpa se non quella di essere chiuso, venne afferrato ed aperto con rabbia. Uscì senza dire nulla, semplicemente quelle spalle larghe varcarono la soglia e scomparvero dalla vista.
Era finita, pensò accasciandosi stremata sulla poltrona, quando si appoggiò allo schienale però si accorse della giacca di Marco. Senza pensare, forse per istinto di chiudere davvero lì quel fine settimana assurdo, si alzò e corse alla porta con la giacca in mano, ma lui non c’era più, neanche la sua macchina.
Provò a chiamarlo al cellulare ma non le rispose, non la richiamò neanche e per questo che alla fine gli scrisse quel messaggio che tutt’ora non sapeva se aveva letto
‘Hai lasciato la giacca qui.’

Ora che il ricordo era finito riuscì a riaprire gli occhi, la stanza era sempre buia ma una luce flebile dall’esterno riusciva a farle intravedere i contorni dei mobili. Alzò il braccio destro, anche senza vederli, sapeva benissimo dov’erano i segni delle dita che le aveva lasciato, non le facevano male ma era come se ne sentisse ancora la pressione, forte, maschia’ sì’ anche se aveva la stessa età di Claudio era un uomo. La cosa le diede un brivido, le sembrò che le si acutizzassero i sensi, ne sentiva l’odore vicino a lei, forse erano le lenzuola’ non le aveva cambiate. Provò ad annusarle ma non notò la differenza, però muovendosi sentì i capezzoli strusciare liberi nella sua vestaglia e subito in mente le tornò Marco che glieli aveva accarezzati allo stesso modo il giorno prima. Sentì un calore nel basso ventre. Era stato uno stronzo, era uno stronzo, si corresse, ma di sicuro sapeva come toccare una donna. Portò le mani al seno e lo massaggiò lentamente mentre le gambe le si muovevano da sole strusciando le cosce tra loro.
Quelle mani forti, insieme alle labbra delicate e passionali, se le sentiva scendere sul collo. Si sentì accaldata improvvisamente, si dovette scoprire. I capezzoli erano ormai duri, provò a pizzicarne uno ma con la stoffa di mezzo non la soddisfaceva, tirò fuori la grande mammella sinistra e strizzandone il chiodino in cima ci strusciò anche il polpastrello ruvido del pollice. Le scappò un mugolio. Si sentiva troppo eccitata per resistere, portò la mano destra tra le gambe e quando si toccò le mutande le trovò zuppe, era troppo tardi per salvarle dai suoi umori. Fece percorrere al dito tutta la fessura, lenta, come aveva fatto lui, sentiva ancora la sensazione della sua lingua che calda ed umida la leccava a fondo. Infilò la mano nelle mutande, era davvero sporco lì sotto e la cosa la eccitava ancora di più. Strinse con forza il capezzolo ed una scossa di piacere le arrivò dritta al cervello e prima che si affievolisse infilò due dita in figa. Chiuse gli occhi e gli tornò in mente la sua espressione appagata quando le entrò fino in fondo. Ora era sicura di sentire il suo odore indistintamente, prese a muovere la mano. Si leccò le labbra ricordano il sapore di lui dopo che aveva bevuto così tanto lì sotto, portò le dita alla bocca e le succhiò avida a gustare sé stessa, ma la figa richiese in fretta le sue attenzioni e non poté far altro che penetrarsi di nuovo e massaggiarsi con cura.
Voleva di nuovo la forza di quel corpo maschio e giovane su di lei, voleva sentirsi posseduta fino in fondo, spalancò le cosce, cercò la stessa sensazione ma si dovette accontentare del ricordo ancora vivido. Ansimava, le dita veloci andavano a cercare solo le parti più sensibili, sentiva l’orgasmo sempre più vicino, sfiorò il clitoride e finalmente si liberò di quel grumo di eccitazione che aveva in grembo accompagnandolo con un urlo.
Sudata, spossata, sporca del sesso consumato da sola, ma felice ed appagata, chiuse gli occhi, le dita che l’accarezzavano ancora ma che cercavano solo di cullarla con dolcezza, si assopì così, non accorgendosi del massaggio arrivato
‘Passo domani dopo il lavoro.’ Erano più o meno le diciassette e trenta quando suonò il citofono, scattò subito in piedi, pensava di essersi preparata mentalmente per quello che sapeva essere il loro ultimo incontro ed invece, in qualche modo, era agitata. Lasciò uscire un lungo respiro poi prese il ricevitore e chiese di rito
‘Chi &egrave?’
‘Marco.’
lapidario ed ancora duro con lei
‘Ti apro”
‘Potresti portarmi fuori la giacca?’
la interruppe bruscamente.
Si era arrivati a quel punto dunque, non voleva neanche più entrare in casa, come se fossero degli estranei. Inghiottì il rospo e rispose laconica
‘Sì, arrivo.’
Scattò il cancello pedonale e riagganciò. Andò in salotto dove aveva lasciato la giacca e prendendola in mano le arrivò il buon profumo che oramai riconosceva familiare. In cuor suo le dispiaceva enormemente che ben presto lo avrebbe dimenticato.
Uscì, lui aveva fatto solo un passo all’interno del cortile e la aspettava irrigidito, più si avvicinava e più ricordava che non era sempre stato così, che era stato dolce, galante, affettuoso e premuroso con lei, più di quello che il senso comune richiede.
Gli si fermò davanti e lo guardò in viso e come apparivano chiari quegli occhi verdi, lui stese la mano per ricevere indietro la sua giacca. Le dispiaceva immensamente vederlo così e titubante si lasciò scappare
‘Mi spiace essere arrivati a questo punto”
la guardò male, le sembrò con disprezzo poi le sorrise ironico
‘Tranquilla, ho capito, non andrò in giro a dire quello che &egrave successo!’
e facendo mezzo passo in avanti arrivò ad afferrare la giacca, lei però non gliela lasciò, anzi, la strinse con ancora più forza. Continuava a guardarlo in viso, si sentiva lacerare il petto e per questo non si sorprese nel sentire una lacrima calda correrle lungo la guancia. Serrò le labbra, non sapeva cosa fare, o cosa dire, ma vide una breccia in quell’atteggiamento da duro di Marco quando si accorse che stava piangendo e questo le fece ancora più male perché le confermava la sua impressione che fosse un bravo ragazzo.
Si guardarono intensamente senza che nessuno dei due dicesse nulla o si muovesse. Sentendo gli occhi gonfi di lacrime le lasciò uscire ed intervallata dai singhiozzi le accompagnò con delle grida appena trattenute
‘Sono anni che Claudio &egrave all’estero’ e si sta facendo una vita là’ Dopo venticinque anni di matrimonio’ mio marito mi lascia’ per una ragazzina! ‘ le lacrime ormai scendevano copiose ed il suo viso era diventato una maschera di dolore rigata dal trucco sciolto ‘ Ho un lavoro part-time’ solo per non stare in casa tutto il giorno’ e quando torno, la casa &egrave vuota!’ Faccio giardinaggio per non pensare’ che tutte le mie amiche hanno una propria famiglia’ a cui badare ed io’ sono così SOLA!’
Non riusciva più a trattenersi, le lacrime, i pensieri, le parole, uscivano senza alcun ostacolo, lui la guardava intenerito, la stava afferrando dalle spalle, aveva le mani calde
‘E’ e’ e quando poi incontro un ragazzo’ gentile’ premuroso’ bello’ che si prende cura di me mentre sono ubriaca’ senza volersene approfittare’ Mi odia!’ Non mi vuole più vedere!’
‘Signora, tutto bene?’
Una voce femminile che proveniva da dietro le spalle larghe di Marco, dall’altra parte della viuzza, da dietro la recinzione. Sapeva perfettamente di chi fosse. Si passò le mani sul viso nel tentativo vano di cancellare le tracce del suo pianto, assunse un’espressione vuota e poi guardando oltre il ragazzo
‘Signora Maria, tutto bene grazie.’
accennò anche un sorriso ma non potendo resistere a lungo afferrò l’anta del cancello e la richiuse. Sentì una mano calda che le si poggiava tra le scapole, alzò gli occhi e la dolcezza sul viso di Marco la rassicurò. Si lasciò guidare placida lungo tutto il vialetto, le prese di mano la giacca, ma ora sapeva che non sarebbe fuggito via appena riavuta.
Si fermarono nel salotto, dalla schiena le fece scivolare la mano lungo tutto il braccio nudo, le prese delicatamente la mano, era così dolce, anche se fermo, sembrava pensieroso ma almeno non la guardava più in quel modo tremendo
‘Era la mia vicina ‘ sorrise ‘ una vera impicciona”
continuava a guardarla, in quel modo nuovo, o forse vecchio, qualcosa le ricordava l’espressione che aveva quando la stava riaccompagnando a casa dalla discoteca, si tirò fuori dalla tasca un fazzoletto e con estrema cautela le asciugò il viso
‘Sono una vera stupida’ dire tutte quelle cose e mettermi a piangere in quel modo ‘ lo scrutava dal basso in alto, ma lui continuava il suo lavoro meticoloso ‘ Non so cosa mi &egrave preso, scusami”
Si fermò e continuando ad avere una mano sulla sua guancia la guardò dolce
‘Scusami tu ‘ le disse con voce calda e profonda ‘ quando mi hai detto che non venivi da tanto ho pensato che venerdì sera eri andata in discoteca ad ubriacarti solo per portati a letto qualcuno.’
Glielo disse direttamente, senza esitazioni, che solo quando finì di parlare si sentì le guance arrossate per il pudore di ciò che quella frase implicava, però la guardava ancora dolcemente
‘Mi vergogno per la situazione in cui mi sono cacciata quella sera, ma mi sentivo così sola in casa che non resistevo più’ Tutto il resto &egrave colpa mia’ sapevo di essere brilla ma ho continuato a bere per sentire la testa ancora più leggera.’
Le lacrime le si prepararono nuovamente agli angoli degli occhi ma lui le sorrise e le accarezzò il viso, sedendosi sul divano la trascinò con sé e rimasero vicini dato che la abbracciava forte
‘Non dovevo saltare a conclusioni affrettate’ &egrave solo che ultimamente i rapporti mi sembrano soltanto l’unione di due persone: chi usa e chi viene usato’ ed io non voglio ricadere in nessuna delle due categorie.’
Sembrava così triste mentre lo diceva, stava anche fissando un punto lontano per non correre il rischio di incrociare lo sguardo, era così fiero e gentile, gli poggiò una mano sul petto e poi anche la testa, lui sospirò e poi le accarezzò delicato i capelli. Il ritmo del cuore rallentava pian piano.
Era caldo ed il suo buon profumo era accogliente, pensava di averlo perso ed invece’ Sollevandosi leggermente lo guardò negli occhi, sempre dolci e profondi, come piacevano a lei. Gli poggiò una mano sul viso, la guardava rapito, gli si avvicinò con le labbra, le dischiuse e lo baciò con amore. Le accarezzava la schiena, si sentiva bene premuta contro di lui, si staccò per guardarlo in viso. Così bello, così giovane, gli sorrise, le sorrise
‘Non voglio usarti e non voglio che mi usi.’
gli sussurrò appena, le accarezzò il viso ed il leggero solletico la fece sorridere di nuovo
‘Neanche io.’
le disse serio e sincero.
Gli aprì la camicia mentre lo guardava fisso negli occhi, la sua espressione non cambiava, anzi, la aiutò a sfilarsela una volta che i bottoni furono tutti aperti. Gli toccava il petto nudo e villoso, giovane e muscoloso, le piaceva quella sensazione ed a giudicare dal gonfiore al cavallo piaceva anche a lui.
Gli aprì i pantaloni e delicata alzò l’elastico dei boxer per far uscire il pene ormai quasi eretto. Era inginocchiata tra le sue gambe e quello era il posto più bello al mondo, prese l’asta e dolcemente tirò indietro il prepuzio. La guardava estasiato e voglioso ma le lasciava condurre le danze. Con dei piccoli baci a partire dalla base iniziò a portarlo alla sua massima durezza, lo sentiva crescere nel suo pugno sia in dimensione che in consistenza fino a quando non rimase in piedi da solo. Un magnifico pezzo di carne gonfio di desiderio’ per lei. Ne assaporò la punta ed il gusto maschio la inebriò, ne voleva di più e facendo salire e scendere il viso, affondava ripetutamente il cazzo in bocca. Marco le aveva raccolto i capelli dalla faccia e tenendoli da parte la accompagnava nei movimenti mentre la guardava all’opera. Con una mano prese a massaggiargli i testicoli e lui lasciò uscire un mugolio di approvazione, lo leccava e lo succhiava con cura, voleva fargli sentire tutta la morbidezza e la forza della sua lingua e seppe di essere arrivata al punto che voleva quando reclinò la testa all’indietro facendo uscire un altro suono gutturale. Era bellissimo quando godeva.
La prese dalla nuca
‘Vieni qui.’
e tirandola a sé con forza e delicatezza al tempo stesso la baciò ardentemente, amava quella passionalità ed il sentirsi desiderata quanto lei desiderava lui. Dopo alcuni tentativi per trovare la chiusura del vestito finalmente le abbassò la chiusura lampo e lei poté sfilarsi quella stoffa fiorata che sentiva come un peso. A cavalcioni su di lui si sentì prendere le tette e poi una miriade di baci le si abbatté sul seno lasciandola inerme quando raggiunse i capezzoli turgidi e sensibili. Glieli succhiò con forza provocandole una scossa di piacere. Tolse il reggiseno per lasciargli campo libero.
La leccava, la baciava, la stimolava con le dita, si sentiva completamente alla sua mercé, e questo le piaceva, come le piaceva sentire schiacciato sotto di sé il pene duro. La sorreggeva, la faceva sentire protetta e desiderata, si abbassò su di lui e sospirando le scappò di bocca
‘Scopami”
quando si accorse della sua lussuria pensò di aver rovinato tutto, ma la guardava con voglia, la baciò e poi i loro corpi si dovettero separare per un attimo per finire di spogliarsi, il più presto possibile e poi fu di nuovo sopra di lui ma stavolta, con più precisione, puntò l’asta dritta verso la figa e mentre si allargava lo sentiva entrare dentro. Si piegò di nuovo su di lui per baciarlo lentamente, alla stessa velocità con cui la stava penetrando.
Un cazzo perfetto, duro e caldo, si sentiva riempita, aiutandola con le mani sulle natiche iniziò a farla muover su e giù, si sentiva bagnatissima ed ogni affondo era sempre meno fastidioso.
Poi perse ogni percezione della realtà, le sembrava che il suo mondo fosse racchiuso tutto in quella stanza piena di gemiti, di un cazzo che sbatteva su una figa bagnata, di una forte sensazione di calore nel grembo ed una forte percezione di maschio sotto di lei che l’afferrava, la baciava, la stimolava ma soprattutto la scopava fino a darle alla testa. La sensazione era così forte che non sapeva neanche se quello fosse un lunghissimo orgasmo
‘Vengo”
Marco la avvertì, gli prese la testa tra le mani e mentre continuava a strusciargli il bacino contro
‘Vienimi dentro!’
Lo guardò fisso in quegli occhi verdi, anche lui aveva il viso stravolto, un altro paio di affondi e lo sentì liberarsi dentro di lei. Non interruppero mai il contatto visivo, nonostante erano entrambi scossi dai brividi di piacere. Quattro, cinque schizzi, poi perse il conto, ma quando lo sentì esaurirsi lo baciò sulle labbra e gli si accasciò sopra stremata. Era ancora sopra di lui, pelle contro pelle, bagnati di sudore, le aveva accarezzato la schiena per tutto quel tempo anche se era passato molto da quando aveva sentito sgonfiarsi l’erezione dentro di sé e poi sentirlo uscire naturalmente. Le piaceva sentire il ritmo del suo cuore, gli teneva una mano sul petto solo per questo, all’inizio forte e forsennato, poi che si calmava man mano che i loro respiri si regolarizzarono.
‘L’altro giorno ho visto che hai una vasca con l’idromassaggio, ti va di fare un bagno insieme a me?’
mentre glielo diceva la mano sul petto vibrava, tirandosi un po’ su lo scrutò negli occhi, sempre dolci, sempre calmi con dei riflessi smeraldo. Non era affatto come la volta scorsa in cui andò a farsi la doccia da solo, pensò, ora mi vuole con lui’
‘Sì’
gli sussurrò mentre gli angoli della bocca si stirarono per disegnare un bellissimo sorriso. Si alzarono e la prese per mano. Nuda e scalza, il pavimento più fresco di quello che si aspettava e l’aria che le si muoveva intorno al corpo accaldato e sudato era piacevole, sentiva la mano di lui, calda, forte, premurosa che la tirava leggermente. Con la mente leggere e rilassata seguiva quel bellissimo ragazzo nudo che le faceva strada. Finalmente, dopo anni, si sentiva libera.
Le lasciò la mano solo quando furono in bagno, era affascinante vederlo così deciso nei gesti ed anche se era nudo non era il suo corpo che l’attraeva, o meglio, non solo quello. Aprì l’acqua e poi andò a prendere dalla doccia spugna e bagnoschiuma che poi versò nella vasca
‘No!’
le uscì di bocca troppo tardi, Marco si girò per guardarla perplesso
” non puoi mettere il bagnoschiuma nell’idromassaggio, saremo sommersi dalla schiuma”
Senza essere preoccupato da quella rivelazione le sorrise dolcemente
‘In realtà non volevo fare l’idromassaggio ma stare semplicemente in acqua con te”
Dal profondo del petto la investì una forte sensazione d’affetto che non poté far altro che intrecciare di nuovo le dita con le sue e baciarlo sulle labbra per cercare di passargli parte di quel sentimento
‘Vieni”
la aiutò ad entrare, ed anche se l’acqua era alta solo pochi centimetri nell’ampia vasca, si sedettero cercando una posizione comoda, uno di fronte all’altra e ripresero a baciarsi. Più andavano avanti e più sentiva di non essersi sbagliata a giudicarlo, sentiva le sue mani sulla pelle nuda e più che palparla e farla sentire come un oggetto sessuale, le sembrava che la sorreggessero, che l’abbracciassero per tenerla più vicina al cuore. Quando le loro labbra si separarono sentì gli zigomi farle male per il troppo sorridere, anche lui le sorrideva mentre le teneva il viso tra le mani. Si bagnò una mano ed iniziò ad accarezzarle il viso molto delicatamente
‘Prima non sono riuscito a toglierti tutto il trucco”
le disse mentre era tutto concentrato nel bagnarle la guancia e strofinarla appena coi polpastrelli. Per la vergogna di come si immaginò di essere combinata provò a scattare all’indietro per allontanarsi e ripulirsi ma lui la trattenne con gentilezza e continuò il suo lavoro minuzioso. Non riusciva più a guardarlo fisso negli occhi tanto era in soggezione per essere in fallo
‘Sarò orrenda’ senza trucco e con tutte le rughe”
‘L’esatto opposto. Sei bellissima, eri solo un po’ sporca ma ora ho sistemato”
quelle parole la sorpresero, non le parole in sé ma il tono, il timbro della voce, che le comunicò quanto profondamente la riconoscesse. Lo baciò di nuovo
‘E le rughe?’
‘Le adoro!’
le disse con un sorriso sincero
‘Smettila!’
e per spingerlo via schiaffeggiò l’acqua che ormai era alta abbastanza e ricoperta da uno spesso strato di bolle al profumo di vaniglia. Chiuse il rubinetto e senza quello scroscio riuscì a sentire il silenzio nell’intera villa, ma ora non era da sola, ora si sentiva protetta all’interno di un bozzolo.
Con la spugna carica di schiuma Marco cominciò ad accarezzarle la pelle delle braccia, era come immergersi nello zucchero filato con un profumo intenso ed un calore avvolgente. Si mise in ginocchio per lui, per dargli la possibilità di lavarla con cura, sul petto, tra i seni, l’addome piatto. Scivolando in acqua si girò di spalle e quel forte sentore di vaniglia la accolse da dietro. La spugna strizzata le fece scivolare lungo la spina dorsale una copiosa manciata di schiuma. Era così erotico, sentiva le sue mani che spargevano il sapone sulla pelle scivolando incontrastate, premendo appena nei punti in cui aveva bisogno di un massaggio per rilasciare la tensione
‘In piedi’
le sussurrò in un orecchio, sbirciandolo da sopra la spalla trovò le sue labbra ad aspettarla e le sfiorò appena con le sue prima di mettersi in piedi e rimanere in acqua dalle ginocchia in giù. Le natiche ricevettero immediatamente le attenzioni delle mani, si sentiva massaggiare quella massa di carne morbida e soda al tempo stesso, quando un dito le attraversò lo spacco pensò che le avrebbero ceduto le ginocchia ed invece rimase in piedi a farsi contemplare e massaggiare. Si girò lenta e lo guardò di nuovo in viso, dall’alto in basso, con la faccia a pochi centimetri dal suo boschetto. Le sorrise, gli sorrise e poi la spugna prese ad accarezzarla. La pancia, i fianchi, le gambe e poi lentamente tra le cosce. Gli poggiò una mano sulla testa e gli afferrò i capelli per non cadere per i tremiti che quei tocchi sulla figa ancora estremamente sensibile le provocavano
‘Vieni su”
gli disse e cercò le sue labbra prima ancora che si mettesse in piedi. Con le braccia al collo lo strinse a sé e gli si strusciò contro col petto per iniziare a ricoprirlo di schiuma.
Si guardarono negli occhi, si capivano, non c’era bisogno di parlare. Gli prese la spugna di mano e lenta ripeté i gesti che erano stati fatti su di lei. Le braccia, il petto largo e villoso, la schiena forte e le natiche sode. Era giovane, era normale che avesse una nuova erezione pochi minuti dopo la prima, ma la cosa la compiacque ugualmente, dava il merito alla sua femminilità per quella dimostrazione di virilità.
Alla fine arrivo ad accarezzargli anche il membro gonfio e dritto, la guardava intensamente ma rimaneva fermo ad accogliere qualsiasi cosa gli volesse donare e così la mano, resa scivolosa dalla schiuma, lo accarezzò sensualmente.
Si protesero l’uno verso l’altra ed i loro respiri si unirono prima che lo facessero le loro labbra. Un bacio tenero ma passionale, due corpi che volevano essere uno solo. Si inginocchiarono in acqua, poi si sederono, al di sotto della superficie i loro corpi si spogliarono dello strato di schiuma che andò ad unirsi a quello che gli galleggiava intorno. Le accarezzava il viso, la baciava, la stringeva
‘Ahi!’
‘Tutto bene?’
le domandò preoccupato
‘Sì, sì, era solo la posizione un po’ scomoda”
gli disse dandogli un bacio veloce sulle labbra
‘Vediamo se questa &egrave più comoda”
ed afferrandola per le spalle la voltò come se fosse senza peso e dopo essersi sistemato con la schiena sul bordo la tirò a sé facendole da cuscino
‘Molto più comoda!’
gli disse sorridendo e reclinando la testa all’indietro sulla sua spalla, ne cercò le labbra per farsi baciare di nuovo.
Si sentiva completamente circondata e per questo abbracciata, era tra le sue gambe, sentiva ancora l’erezione premergli contro la parte bassa della schiena ma soprattutto sentiva le sue braccia forti che la stringevano da sotto il seno per tenerla ben aderente al suo corpo. Le piaceva, si sentiva protetta ed amata, anche se non poteva baciarlo come prima, si abbandonò su di lui.
Chiuse gli occhi per gustarsi meglio la sensazione sulla sua pelle, per poterla ricordare a lungo. Quando li riapri le sembrò che fosse passato più di qualche istante. Non mi sarò assopita? Temette. Sai che figura?! Ma tutto intorno a lei era calmo, tranquillo, sentiva il respiro di Marco accarezzarle la pelle esposta
‘Era da parecchio tempo che non usavo questa vasca”
lasciò uscire il suo respiro
‘&egrave un peccato, un bagno caldo &egrave sempre molto rilassante’
si lasciò cullare da quella voce profonda che veniva dalle sue spalle
” eh’ ne avrei bisogno”
fece di nuovo fluire all’esterno i sui pensieri
‘Almeno non avresti più bisogno di fumare’
proseguì con calma
‘Già’ fumo solo quando sono nervosa”
‘E dopo il sesso’
aggiunse lui. Si voltò per guardarlo in viso e cercare di capire cosa pensasse di lei, ma non volendo lasciare la cosa in sospeso e cercando di essere più aperta e sincera possibile
‘Tu sei l’unico con cui sono stata da quando mi sono separata.’
Le sorrise e dopo una leggera carezza sul viso la baciò teneramente. Riprese la sua posizione comoda come se quel discorso fosse ormai una cosa di un passato lontanissimo. Con le mani le mandava leggere onde d’acqua calda sul petto dove la pelle bagnata si stava spiacevolmente raffreddando, i grossi seni galleggiavano liberamente appena sotto la superficie e ne ricevevano un massaggio lento
‘Erano anni che non facevi un bagno caldo’ Che non venivi’ Che non facevi l’amore”
quell’ultima parola, sussurrata appena, descriveva perfettamente quel pomeriggio, ben oltre quello che era successo sul divano
‘Dovevo solo trovare la persona giusta”
sentì la sua voce pronunciare i suoi pensieri e si sentì in imbarazzo per essersi esposta così apertamente, non aveva il coraggio di voltarsi per guardarlo in viso e stava in attesa per percepire ogni sua mossa. Rimase ferma a lungo, respirava appena, poi con le mani le arrivò al petto e sfiorando appena i seni
‘Mi piacciono le tue tette’
e lo disse con una dolcezza disarmante che fece crollare tutta la sua attenzione per cercare di capire cosa pensasse di lei
‘Sono troppo grosse’ con gli anni sono scese’ dovevi vedermi a”
l’assalì la verità dei fatti. Quando aveva vent’anni lui non era ancora nato, aveva l’età di suo figlio, quindi ventun anni di differenza, non avrebbe nemmeno potuto vederla nel pieno della sua bellezza, era tutto così assurdo, non poteva essersi invaghita di un ragazzo così giovane, sì, invaghita, non poteva mica essere amore dopo solo pochi giorni che lo vedeva. Era colpa dell’età, giovane, bello, dolce, e del fatto che si sentiva così sola’
Un bacio sulla tempia interruppe i suoi pensieri, la stava abbracciando stretta
‘Non &egrave importante quanti anni hai tu o quanti ne ho io. Nei giorni scorsi ero così arrabbiato con me stesso perché pensavo di averti giudicata male, pensavo fossi come le altre, ed invece sei dolce, mi piace il modo in cui mi guardi, mi piacciono quei riflessi d’oro nei tuoi occhi, mi piace la dolcezza che ti viene da qui”
e le poggiò una mano aperta tra i seni. Lo guardava stupefatta, pensava di aver corso troppo con l’immaginazione ed invece, a quanto pareva, non era una corsa solitaria, aveva davvero trovato un compagno con cui condividere quelle esperienze intense e rivitalizzanti. Lo baciò
‘Non voglio rinunciare a sentirmi bene e cercare di far stare bene anche te per un dettaglio senza importanza.’
la fissava negli occhi e le accarezzava il corpo, era come un massaggio alle sue terminazioni nervose, sentiva una lieve scossa di piacere diffondersi da dove la toccava, era rilassante ed appagante al tempo stesso, reclinò la testa sulla sua spalla e lo lasciò fare mentre la sua mente vagava senza peso. Le si fermò tra le cosce, non voleva eccitarla o penetrarla con le dita, si accontentava di giocare con la sua peluria
‘Dovrei accorciarli”
bisbigliò espirando e riaprendo gli occhi. Lo strato di bolle sull’acqua era quasi scomparso del tutto e poteva vedere distintamente il triangolo nero del suo pube e le dita che ne esploravano i confini
‘Dovresti fare solo ciò che ti fa stare bene’
le sussurrò dopo un poco
‘Ma se anche tu te li accorci lì sotto”
si girò verso di lui per scrutarne le reazioni
‘Non ti piace?’
le chiese con un tono che sembrava di preoccupazione
‘Sì, mi piace, non &egrave questo il punto ‘ dovette cercare le parole per esprimere la confusione che aveva dentro, mentre lui aspettava paziente ‘ Quando ero giovane andava così’ e non mi sono più adeguata a’ alla moda”
le sorrise mostrandole il bianco dei denti e poi le accarezzò teneramente il viso
‘Non c’&egrave nessun problema. Fai solo ciò che ti rende felice non quello che pensi possa rendere felice me. Mi piaci per come sei.’
Diavolo quanto era bello quando diceva cose come quelle, lo baciò in risposta.
‘Si sta facendo tardi, ti va di rimanere a cena?’
‘Con molto piacere’
le disse con tono calmo e profondo
‘Però stiamo ancora un altro po” Avevi ragione’ &egrave davvero rilassante”
e dicendolo si stese di nuovo su di lui e prendendogli le mani se le avvolse intorno al corpo per farsi abbracciare. Lo fece con delicatezza e lo accompagnò con un bacio
‘Tutto il tempo che vuoi.’

Quando uscirono dalla vasca l’acqua si era ormai raffreddata, galantemente la aiutò a scavalcare il bordo e senza dire una parola iniziò a tamponarle la pelle con un asciugamani, si sentiva coccolata e riverita, ci fosse stato un qualsiasi altro uomo con lei probabilmente si sarebbe sentita in imbarazzo a stare nuda oltre il necessario, ma con lui sembrava tutto così naturale. Lo accarezzava mentre le girava attorno e scendeva sempre di più con le mani. Si sentiva estremamente rilassata, sentiva come se i muscoli avessero perso tutta la loro forza, ma non era affatto stanca. Le sorrideva dolcemente.
Prese un asciugamani asciutto e ci si avvolse i capelli bagnati e poi se lo fissò come un turbante sopra la testa
‘Come sto?’
gli chiese con aria buffa
‘Sei sempre bellissima’
le rispose prima di baciarla
‘Adulatore”
ed allungò una mano per spingerlo via ma si fermò per prolungare il contatto con il petto
‘Sei ancora tutto bagnato!’
e gli prese di mano l’asciugamani che aveva usato per asciugarla e ricambiò il favore. Più lo guardava da vicino, con la calma che &egrave impossibile durante il sesso e più lo trovava bello.
Prese per lei l’accappatoio che era vicino la doccia e l’aiutò ad indossarlo, abbracciandola da dietro le legò anche la cinta in vita
‘Mi spiace, non ho un altro accappatoio”
‘Non importa, faccio così”
e si avvolse l’asciugamani intorno alla vita come fosse un pareo
‘Sei bellissimo’
e lo baciò.
Mano nella mano arrivarono in cucina
‘Ho dei petti di pollo. Che ne dici se li cuocio veloci in padella e ci metto un’insalata ad accompagnarli?’
‘Qualunque cosa va benissimo per me. Come ti posso aiutare?’
In quel momento le sembrò la frase più sexy che le avessero mai detto, lo baciò
‘Perché, tu cucini?’
‘Certo, vivo da solo, ho imparato’ almeno le basi”
le rispose tra l’orgoglioso ed il timoroso. Gli sorrise
‘Per questa volta faccio da sola, tu puoi aprire una bottiglia di vino. Le tengo lì’
Mentre Marco sceglieva tra le varie bottiglie disponibili lei prese a cucinare la carne. Lo guardava di tanto in tanto di sfuggita per non farsi scoprire e le piaceva come si muoveva con disinvoltura in cucina, senza chiederle nulla trovò al secondo tentativo il cavatappi ed i bicchieri direttamente al primo, sembrava conoscerla così bene da sapere già qual era il suo concetto di ordine. Le portò il suo bicchiere ai fornelli ed anche senza brindare si augurarono con lo sguardo tutto il bene possibile. La abbracciava da dietro mentre lei controllava la rosolatura, averlo così vicino le metteva in pausa tutti i pensieri e semplicemente si godeva il momento. Un forte sfrigolio la riportò alla realtà
‘Che fai?’
gli chiese ma solo dopo si accorse che aveva ancora la bottiglia di vino in mano e che probabilmente ne aveva versato un po’ in padella
‘Così &egrave più buono”
ed allungandosi, ma senza lasciare l’abbraccio, arrivò al piccolo vasetto con gli odori, prese del rosmarino e lo aggiunse alla carne. Gli toccò le braccia nude come se avesse voluto abbracciarlo anche lei
‘Allora sai cucinare davvero”
gli disse canzonandolo, non le rispose, la baciò sul collo e la strinse con più forza.
Sembrò ad entrambi la migliore cena della loro vita, decisamente meglio di qualsiasi ristorante.

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