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Episodio 36

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Giada non era mai stata così eccitata in vita sua. Forse, nemmeno quando aveva perso la verginità a sedici anni con quel ragazzo figo che aveva conosciuto in vacanza al mare, nascosti sotto una barca tirata a secco e capovolta sulla spiaggia, la sera, si era sentita in uno stato simile.
Già solo l’idea di fare finalmente suo Luca, avere il suo uccello in mano e poi in bocca, il profumo della sua pelle che la stordiva, quel senso di proibito, il sesso in una stanza che non era sua, in una casa con dozzine e dozzine di altre persone, Alessio da qualche parte in giardino… Figa, che sensazione strana, potente, terribile ma al tempo stesso impossibile da non desiderare. Era come se la sua mente fosse una scatola e solo una piccola parte, schiacciata contro una parete, fosse disponibile al suo raziocinio, mentre il resto era un turbinio confuso e oscuro di piacere, desiderio, passione e istinti primitivi di essere posseduta e chiavata fino allo sfinimento da decine di uomini, uno dopo l’altro, poi in coppia, in gruppo, tutti assieme, la loro troia, il loro buco di carne dove sfogare una vorace fame di sesso, abbandonata a terra con sborra che usciva a fiotti da ogni suo orifizio…
Quel pensiero la eccitò e al contempo la terrorizzò… Cosa stava immaginando? Perché un’idea tanto squallida le impediva di godersi il suo Luca, di farlo godere come mai prima di allora e poi renderlo suo per sempre?
Tornò a concentrarsi sull’uccello che aveva in bocca, sulla fortuna di fare l’amore con Luca, il sapore che lasciava sulla sua lingua e il profumo che stava riempiendo le sue fauci e scivolava fino nel suo naso. Non era pratica di pompini, i pochi che aveva fatto li aveva donati al suo amante in spiaggia e un altro ragazzo che aveva conosciuto l’anno dopo, che la trattava male ma che, nonostante questo, la faceva bagnare ogni volta che lo vedeva. Con Alessio, invece, non si era mai abbassata a mettere in bocca il suo cazzo…
Nonostante questo, si chiedeva cos’altro avrebbe potuto essere una pompa se non muovere la testa avanti e indietro, simulare una figa con il cavo orale: non che una vagina facesse tanto altro. E poi, per un uomo sborrare era tutto quanto gli serviva per considerare qualcosa un atto sessuale: per una donna era un compito ben più semplice soddisfare il suo partner che il contrario. Luca sarebbe stato in grado di darle piacere più di Alessio e… beh, anche degli altri due che, a parte essere dei pezzi di manzo, non avevano avuto altre qualità.
Da come ne parlava e lo provocava quella troia di Flavia quando stavano insieme, sembrava che il ragazzo di cui aveva lo splendido uccello tra le labbra fosse un campione a letto…
Scacciò quei pensieri inutili, che le stavano facendo perdere il contatto con quanto c’era di veramente importante in quel momento: ora era suo il compito di far godere Luca, farlo innamorare del suo corpo meraviglioso e renderlo il suo amante per sempre. Chiuse gli occhi, appoggiò le mani sulle cosce del ragazzo e si concentrò sul grosso cazzo che aveva in bocca, sulla sua lingua che ne accarezzava la parte inferiore, la pelle leggermente salata per il sudore, la cappella che strusciava contro il palato, accarezzandolo e provocandole un appena accennato solletico. La saliva le stava riempiendo il cavo orale, e quando spingeva all’indietro la testa, un po’ le colava dalle labbra, pendendo fino alle sue grosse bombe.
– Brava, Giada… – sospirò Luca, la sua mano sulla testa che le infondeva sicurezza e apprezzamento. Stava andando bene, il pompino era perfetto e lui, presto, sarebbe stato suo: cosa serviva d’altro per soddisfare un uomo se non farlo godere?
Abbandonò la coscia destra di lui e portò la propria mano alla sua passerina, che aveva iniziato a pruderle mentre iniziava a bagnarsi e a lacrimare sul pavimento. Se l’accarezzò dolcemente, mentre un senso di stordimento che non era sicura di aver mai sperimentato cominciava a farle girare la testa. Emise un gemito di piacere quando un dito dall’unghia smaltata di rosso scivolò dentro di lei, un ben misero surrogato all’uccello che aveva in bocca.
Perché gli aveva detto che poteva scoparla solo in bocca e nel sedere? Che idiota! Se l’avesse preso in figa avrebbe forse potuto farla godere, ma un pompino e un’inculata a cosa potevano servire a lei, per il suo piacere.
Le parole di Luca la riportarono al presente.
– Giada, sto per venire – disse, sospirando e, con sorpresa della ragazza, la mano che aveva appoggiato sulla sua testa non la stava usando per bloccarla come aveva fatto il suo secondo amante, ma per allontanarla e uscire dalla sua bocca.
Fu quasi delusa dal comportamento del ragazzo, che si aspettava si sarebbe svuotato nella sua gola, quello che le sue amiche sostenevano essere il modo migliore per conquistare il cuore di un uomo. Invece, lo vide stringere i denti e, con due dita, premere l’asta del suo uccello, appena sotto la cappella.
– Cosa fai? – domandò lei, confusa.
Dal tono di voce, era evidente che Luca stesse combattendo contro il suo stesso corpo. – Non voglio venirti in bocca… non sarebbe educato. Io… mi sto trattenendo. – Respirò profondamente, cercando di rilassarsi.
Giada lo fissò, scoprendo che il ragazzo di cui era innamorata follemente, nonostante quanto aveva immaginato fino a qual momento, non era uno stronzo come gli altri. A sentire i racconti che faceva lui sulle scopate che aveva avuto, e da quanto riferiva la troia rossa con l’intenzione di fare scoppiare la sua invidia e rabbia, sembrava che Luca fosse una specie di carro armato del sesso, uno che bloccava una donna a letto legandola e la scopasse per farla a pezzi, sderenandola fino a renderla uno straccio coperto di sborra… e invece… Lei stessa, pensò, se si fosse trovata al suo posto, con una figa come lei a spompinarla, non si sarebbe fatta problemi e ne avrebbe approfittato fino in fondo.
Fu piacevolmente sorpresa dalla cosa, ma al tempo stesso si rese conto che questo mandava a gambe all’aria il suo piano: di certo, non avrebbe impressionato molto il ragazzo farsi fare una mezza pompa da lei, poi chiudersi in bagno e immaginarsela che lo concludeva venendo in un paio di strappi di carta igienica. O peggio, immaginando qualcun’altra al suo posto… magari la troia o la madre Samantha…
Fu quasi presa dal panico quando si alzò in piedi, appoggiandosi a lui, strusciandosi, il cazzo che le scivolava lungo una coscia. – Sei stato davvero gentile, Luca – disse, prima di dargli un bacio sulla bocca. – Ma voglio sentirti mentre mi vieni dentro.
Lui sollevò le sopracciglia. – Ma hai detto che la f… davanti non vuoi che… – cercò di dire, ma il testosterone, l’orgasmo mancato e il seno di Giada contro di lui lo stavano facendo confondere.
La ragazza prese di nuovo una mano di Luca ma, questa volta, invece di una tetta, la appoggiò su una chiappa, vicino allo spacco. – Ho un buco solo per te.
Luca parve incapace di respirare per un istante, mentre le sue dita si mossero tra i glutei muscolosi, accarezzando la pelle in mezzo, scendendo fin quasi alla rosellina.
– Ti piace il mio culo? – domandò Giada.
Lui annuì, poi aggiunse, come se gli occhi spalancati e l’uccello che stava di nuovo preparandosi ad entrare in azione non bastassero ad essere sufficientemente esplicito: – È bellissimo.
Lei si staccò da lui, facendo qualche passo verso il letto, sculettando vistosamente. Giunta al bordo, si voltò con il busto, gli fece segno di avvicinarsi con un dito e disse: – Allora, vieni a prenderlo.
Si sdraiò prona sul copriletto, sentendo il tessuto ruvido contro la sua figa bagnata e sensibile. Forse, pensò, se lui l’avesse inculata per bene e abbastanza a lungo, lo sfregamento contro la stoffa avrebbe potuto fare insorgere un passabile orgasmo anche a lei. Aprì le gambe e chiuse gli occhi, sospirando e rilassandosi.
Un attimo dopo, il letto si mosse mentre Luca saliva dietro di lei, poi sentì il suo corpo appoggiarsi al suo, il calore infondersi nella sua pelle, la cappella baciare il buco del suo culo. Però non entrò. Invece, sentì il fiato di Luca accarezzarle il padiglione auricolare destro.
– Tuo collo è off-limits? – sussurrò.
La domanda colse di sorpresa la ragazza. – No… perché? – chiese, senza capire come potesse scoparsi il suo collo. Ma non ebbe il tempo di trovarsi una risposta, perché sentì il cazzo scivolarle nel culo e, ancora prima di poterne assaporare le emozioni che le provocò, scoprire cosa si provasse con un vero pezzo di carne e non di plastica, una mano scivolò sotto il suo seno, stringendolo, un’altra sul suo inguine, e si trovò capovolta, sopra Luca, nell’altra piazza del letto, emettendo involontariamente un gridolino di sorpresa.
Prima ancora di riuscire a dire una parola, la mano che l’aveva presa all’inguine si sposto sulla sua nuca e le spostò la testa a sinistra, e le labbra di Luca si avventarono tra la spalla destra e l’orecchio, baciandola, leccandola, venerando la pelle del suo collo con una brama che bloccarono il fiato alla ragazza. I suoi occhi si aprirono, così come le labbra dolci e desiderose di amore e dolcezza: il suo petto sembrò incapace di contenere il suo cuore che batteva all’impazzata e la felicità che lo stava riempiendo, colmandole i seni che sembravano essere diventati di roccia e quasi zampillando fuori dai petali della sua rosa.
Provò a dire qualcosa, ed esprimere il piacere che stava vivendo, quel senso di eccitazione che le stava infiammando i muscoli spingendola quasi a mettersi a saltare e la pace che l’aveva travolta facendole desiderare di sciogliersi sopra Luca, entrare nei pori della sua pelle e vivere per sempre in quello stato, ma l’unico gemito che le uscì dalla bocca fu qualcosa di simile ad un singulto.
Luca, dal canto suo, questi problemi sembrava non averli. Il ragazzo tranquillo e timido, che fino a pochi minuti prima appariva abbattuto e pronto a piangere, implorando la troia rossa di tornare da lui, stava dimostrando quanto la stessa apprezzava tanto di lui. Sembrava in preda al delirio, un folle che stesse sbranando di baci una donna, come se ne andasse della sua vita. Possedeva il suo collo, la sua spalla, il lobo del suo orecchio con le labbra o la lingua, poi, quasi ringhiando, le diceva, prima di riprendere a baciarla: “Sei bellissima, Giada!”, “Vorrei avere più mani per darti quello che ti meriti!”, “Voglio farti godere come mai prima di ora!”
Ma Giada stava già godendo come mai prima di allora, e, se la sua mente non fosse stata un turbinio di emozioni, stordita dal piacere che stava vivendo, si sarebbe probabilmente sorpresa che il cazzo in culo, in cui aveva segretamente riposto le speranze di un orgasmo, anche piccolo piccolo, una mezza impressione di piacere, per la prima volta nella sua vita, in quel momento non occupava nella sua coscienza più spazio di quanto ne stessero avendo i capelli o le unghie.
La mano che le spostava la testa si abbassò tornando sull’inguine, due dita si appoggiarono sulla commensura, premendo. Un’ondata di una sensazione strana, all’inizio quasi spiacevole ma subito dopo necessaria, vitale, lambì la sua anima.
– Il tuo clitoride… – dissero le labbra che dovevano continuare a possederle il collo, – posso o è…
La ragazza sentì un’altra voce ansimare, tra un battito del cuore e l’altro, implorare: – Ancora… ancora…
Un istante dopo, Giada fu un corpo meraviglioso privo di una mente, una ragazza le cui membra si muovevano sotto lo sconquassamento e lo tsunami di ormoni impazziti, la schiena che si arcuava, le gambe che si fletteva e si rilassavano, sobbalzando sul letto che cigolava, le dita che sembravano zampe di ragni folli che volevano correre ovunque, una mano sulla bocca per impedirle di urlare al mondo intero il piacere che stava vivendo, un’altra sulla sua figa sgorgante a torturarle la perla in fiamme.
Probabilmente svenne, ma forse non ebbe semplicemente memoria del momento in qui l’orgasmo raggiunse il picco. La sua coscienza, riaffiorando dal mare di ormoni e piacere che si stava asciugando, la ritrovò indolenzita nei muscoli, ansimante, assetata, con il cuore che galoppava al punto tale che solo la mano di Luca sul seno pareva in grado di impedirgli di sbalzarle dal petto. Era sudata, grondava letteralmente, e il suo inguine era bagnato, facendole credere che se la fosse fatta addosso, ma l’assenza dell’odore caratteristico lo faceva sembrare improbabile. Era già sdraiata, o sarebbe crollata per la stanchezza.
Come se nulla fosse accaduto, Luca riprese a baciarla al collo e a palparle le grosse tette, ora dolorose. – Godi bene, puttanella.
Giada chiuse gli occhi, sentendosi svuotare. – E tu sei un pezzo di merda… – rispose lei. Avrebbe voluto essere una battuta, esclamata con spirito, per creare una sorta di ribellione giocosa a come lui l’aveva apostrofata, ma a Giada uscì come un piagnisteo, – avresti dovuto scoparmi prima così. Farmi godere come questa sera già da tempo! – aggiunse, lamentosa.
Lui non rispose, chiudendosi in un silenzio completo. Smise anche di baciarla e il piacere che metteva nello stringerle il seno calò sensibilmente. La ragazza comprese che aveva detto qualcosa di sbagliato, decisamente sbagliato. “Idiota”, si accusò mentalmente, “si sta scopando la ragazza del suo migliore amico, cosa che per lui è un peccato mortale, e lo sta facendo solo perché depresso dall’abbandono della sua ex, e tu gli rivanghi tutto dopo che gli hai avuto un orgasmo addosso…”
Si accorse che il suo amante, in realtà, aveva pensato solo a lei, e lui era a becco asciutto: il suo cazzo era tra le sue chiappe, e non percepiva nessuna strana sensazione di bagnato dentro di lei.
La ragazza si girò, finendo sul copriletto. Accarezzò il volto di Luca. – Ma… non sei venuto… – constatò con troppa fretta nelle sue parole, impedendo al ragazzo di pensare ad andarsene. Dopo quanto gli aveva appena dato, lui sarebbe stato suo, a qualsiasi costo.
– No – rispose lui, e il tono di voce con cui pronunciò quella parola, quasi gli importasse poco, anzi l’alternativa lo disgustasse, e non avesse alcun interesse a porre rimedio alla cosa, fece stringere il cuore di Giada.
Quasi presa dal panico, lei riassunse la posizione di prima, prona. Le parole che le uscirono dalla bocca sembrarono finte, recitate da una pessima attrice. – Ecco, prendimi il culo.
Luca la fissò per un istante, come se non riconoscesse di aver appena dato un orgasmo a quella meravigliosa ragazza, quasi ne fosse infastidito, e poi si mise seduto.
“Se ne va!”, pensò Giada, terrorizzata. “Ho sbagliato, ho fatto una cazzata totale, sono una…”
Luca, invece, si mise in ginocchio dietro di lei, poi sopra le sue gambe. Una mano afferrò i capelli biondi della ragazza, si mosse in circolo arrotolandosi la ciocca attorno al polso, quindi la ragazza sentì la mano appoggiarsi contro la sua nuca e bloccarle la testa contro il cuscino, facendola affondare nell’imbottitura anti-soffocamento.
Giada, però, si sentì soffocare ugualmente, un senso di allerta che stava per sfociare nel panico, confusa, stringerle il petto. Percepì il peso di Luca scaricarsi attraverso l’inguine di lui sulle sue chiappe, una sua mano spostarne una per avere spazio di movimento. Una sensazione strana, diversa da quella che aveva vagamento sperimentato prima, le fece comprendere che il suo ano si stava dilatando per permettere l’ingresso del cazzo del suo amante.
Sentì il suo fiato di nuovo accarezzarle l’orecchio… no, questa volta sembrò assalire il padiglione, le venne in mente lo sbuffo che, nei cartoni animati di una volta, il toro nell’arena soffiava con rabbia dalle narici prima di caricare il protagonista della storia. Per un istante, la ragazza ebbe la certezza che non se la sarebbe cavata con destrezza e fantasia come Bugs Bunny.
– Sei una… – iniziò a dire Luca, ma non aggiunse altro. Il tono di voce e il colpo che spinse nel retto lasciarono comunque intendere a Giada che la continuazione della frase non sarebbe stato un complimento. Lei si spaventò sempre più, le gambe che sembravano gelatina, incapaci di sorreggerla se non fosse stata già sdraiata.
Luca l’aveva bloccata a letto con il suo peso, impossibilitata a muoversi. Il cazzo sprofondava con forza dentro di lei, per tutta la sua lunghezza, le palle che sembravano sculacciarla ad ogni colpo; poi usciva, lentamente, si fermava, quasi volesse prendere la rincorsa e di nuovo il letto e lei cigolavano e gemevano, sussultando sulle molle. Lui continuava a sussurrare qualcosa, mezze frasi, come se volesse darle della troia per come si stava comportando, per il fatto che lo stava usando per tradire la fiducia del suo amico, ma al contempo non fossero abbastanza in confidenza per prendersi certe libertà.
Il problema, comprese Giada, con un senso di paura che iniziava a palesarsi alla sua coscienza come immotivato, era che stava cominciando a piacerle tutto questo. E quel senso di sottomissione, di essere la puttana di Luca, apprezzare tutto questo, era proprio quanto la disgustava maggiormente nella vita, era la cosa che più le faceva ribrezzo nel rapporto che lui aveva avuto con Flavia… Un brivido le corse lungo la schiena al pensiero che lei, che doveva controllare la vita di Luca, decidere cosa dovesse fare, chi dovesse vedere, essere la sua donna e dea, non poteva ridursi alla cloaca dove lui poteva scaricare tutto il suo malessere, la sua rabbia, la sessualità malata che quelle due stronze gli avevano inculcato nella mente.
Lui ringhiò al suo nuovo colpo.
No, quello era sbagliato, quello non poteva accettarlo… Giada non era la troia di nessuno, tanto meno di Luca. Era una dea, una donna superiore alle altre, sia fisicamente che… beh, in qualsiasi altro campo. Il suo corpo le imponeva di stare con il ragazzo più bello che ci fosse in circolazione, ma nessuno aveva il diritto di trattarla così, di mancarle di rispetto in nessun momento, soprattutto mentre stavano facendo sesso.
Luca tolse la mano dalla nuca della ragazza, e un attimo dopo lei la sentì posarsi sulla sua gola e stringere un po’, nemmeno volesse strozzarla. Un nuovo spasimo di timore scosse la sua anima ma questo, come prima, parve riverberarsi nella mucosa bagnata e implorante della passera. Giada si scoprì più sconvolta, quasi spaventata per come il suo corpo stava reagendo alle brutalità del suo amante che alle sue stesse azioni di sottomissioni.
Improvvisamente, quando quella consapevolezza affiorò alla sua coscienza, qualcosa cominciò a cambiare anche nelle sensazioni che il suo ano le restituiva. Un senso di piacere, come un solletico, cominciò a sorgere nel suo retto, nemmeno l’asta dell’uccello di Luca le stesse grattando un fastidioso prurito che, fino a quel momento, non si era mai accorta di avere. Giada si scoprì a respirare con lo stesso ritmo dei colpi d’inguine di Luca. Un torpore eccitante la avvolse lentamente, non come il ditalino di prima, ma comunque piacevole: i plug non avevano mai prodotto qualcosa di anche solo lontanamente paragonabile, e, fu pronta a scommettere, era dovuto in buona parte anche al comportamento ed al calore umano di lui.
– Luca… – ansimò – non fermarti, ti prego… Fammi venire di nuovo…
Questa volta lui non si trattenne. – Non te lo meriteresti, puttanella – disse lui, e la sua voce dimostrava tutto il disprezzo che poco prima le parole di Giada avevano fatto sorgere nella sua anima. Un nuovo colpo, profondo, le palle che sbattevano contro le sue chiappe muscolose, avrebbe potuto essere considerato uno schiaffo, ma ebbe l’effetto di una stilettata di piacere, sempre più intenso per la ragazza. – Ma ti amo, Giada, – aggiunse Luca, e lei non ebbe difficoltà a capire che erano i suoi ormoni, il suo bisogno di godere in un corpo così perfetto, a farlo parlare, – e adoro vederti venire.
La ragazza sorrise all’idea che, in realtà, la cosa stesse andando meglio di quanto aveva sperato, ma la sua espressione di felicità scomparve, sostituita da una di sorpresa e, poco dopo, di piacere, quando la mano di Luca che non la stava strozzando comparve sotto il suo inguine. A differenza di prima, questa volta non fu il clitoride ad essere il soggetto dell’interesse delle dita ma, contravvenendo alla sciocchezza della passera in esclusiva per il suo fidanzato di facciata, dopo aver discostato i petali caldi e gonfi del suo bocciolo di rosa, sprofondarono nel calice del suo utero.
Giada aveva sempre detestato i ditalini, sciocche imitazioni di un uccello che non davano la soddisfazione di avere un vero organo dentro di sé, un dito che si muoveva avanti e indietro in un movimento infantile e ridicolo. Si stupì’, quindi, quando Luca di dita ne infilò due, e queste non si mossero dentro e fuori, ma iniziarono a premere sul davanti, con forza: un senso di piacere, denso quanto il miele, iniziò a riempirle la mente, stordendola, colmandole il petto, soffocandola. Rimase a bocca aperta, la schiena che si muoveva all’indietro, le chiappe che si chiudevano sul cazzo del suo amante, la figa che veniva schiacciata da dietro e, al contempo, dall’interno.
Sentì le parole di Luca, qualcosa che non riuscì a comprendere, provenire da un altro mondo, mentre percepiva il bisogno di fare pipì all’improvviso… Un forte capogiro le diede l’impressione che si fosse trovata all’improvviso su un fianco, e nonostante i suoi occhi le dessero la conferma che adesso stava davvero vedendo un muro invece del cuscino, la cosa non ebbe la minima importanza. Anche il cazzo di Luca, di colpo fermo dentro di lei, la mano sul collo che la stringeva ancora di più per qualche secondo e poi lasciava quasi la presa non ebbero alcun impatto sulla sensazione di doloroso piacere che la stava uccidendo, le stava bruciando la mente e sopprimendo la coscienza.
Quando si riebbe, diversi secondi dopo, credette di essere tornata in vita o, per lo meno, l’esperienza che più si avvicinava nella sua esperienza era risvegliarsi da un’anestesia totale a cui era stata sottoposta anni prima per un’appendicectomia. Ma, a differenza di allora, non si era mai sentita tanto stanca e desiderosa di vivere di nuovo quegli attimi di perdita di coscienza.
Aprì un attimo gli occhi, poi li richiuse, quasi volesse riaddormentarsi sperando di rivivere quel sogno. – Ah, figa… – disse a bassa voce, incapace comunque di esprimere la soddisfazione che stava provando.
Sentì Luca muoversi alle sue spalle, letteralmente, il suo cazzo uscire dal suo culo. Avrebbe voluto chiedergli di lasciarcelo ancora un momento, e anche le dita che stavano abbandonando la sua passera. Da entrambi gli orifizi colò qualche goccia di liquido caldo, sebbene quello dietro non fosse suo.
Si voltò verso Luca, il senso di piacere che echeggiava ancora nelle sue fibre distrutte dalla stanchezza, desiderosa di dirgli che era stato fantastico, ringraziarlo, implorarlo di farlo ancora, di scoparla tutte le volte che volesse, purché la facesse godere di nuovo come un attimo prima, ma non riuscì a fare nulla che sorridere, perdendosi nei suoi occhi e sospirando. In quel momento, scacciò con terrore l’eventualità che dovesse tornare a essere ancora il buco dove sborrava quel coglione di Alessio invece di diventare, finalmente, la fidanzata di Luca.
Nemmeno Luca disse nulla. La afferrò di nuovo per la gola, avvicinò il suo volto a quello di Giada, e la baciò. Non fu uno di quelli dolci, romantici, lunghi: in un attimo la sua lingua entrò nella bocca della ragazza e, qualche istante dopo, ebbe fine. Poi si limitò a guardarla per una manciata di secondi, con lo sguardo ma che non riusciva a nascondere la soddisfazione di aver inculato una ragazza così perfetta.
– È stato magnifico, Giada, – disse, – ma non si ripeterà mai più.
La ragazza non ebbe bisogno di affettare l’espressione di dispiacere che comparve sul suo volto. – Ma, Luca, noi…
– No, – rispose lui, senza esprimere alcuna emozione, – già quanto abbiamo fatto è sbagliato. Non ho intenzione di scoparmi di nuovo la rag… – si bloccò, e questa volta l’ombra dell’imbarazzo fece la comparsa tra i suoi connotati. Giada aveva compreso che la stava per definire “la ragazza di Alessio”, ma Luca, nonostante volesse apparire un duro, non aveva comunque intenzione di sminuirla, nonostante Alessio fosse il suo migliore amico. – …beh, tu, finché…
– …finché sarò la ragazza del tuo migliore amico – concluse Giada, sebbene senza la rabbia che lui si sarebbe aspettato. – Va bene. – E come Luca, preferì non aggiungere cosa pensasse della sua decisione, nonostante una stilettata di rabbia avesse appena trafitto il piacere che aveva appena vissuto.

Continua…

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