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High Utility

Episodio 42

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In realtà, Giada amava il fatto che Luca andava con lei in palestra ad esercitarsi. Non solo gli altri uomini avevano smesso di ronzarle attorno, ma stava mettendo su anche parecchi muscoli. Era un gran figo, un ragazzo bellissimo, ma in quel momento, mentre si sollevava di qualche centimetro sulle ginocchia e poi scendeva, il cazzo del suo amante che scivolava dentro il calice del suo bocciolo di rosa, discostando le pareti che trasudavano desiderio bagnandolo fino alle palle, lei apprezzava il suo impegno nello sport soprattutto per i suoi pettorali, su cui adorava appoggiare i palmi delle mani, duri quanto quello che aveva in mezzo alle gambe.
Però, preferiva concentrare la sua attenzione alla sensazione eccitante che la cappella le trasmetteva quando si muoveva dentro di sé, quel senso di caloroso completamento che le faceva sciogliere il cuore. Non riusciva a smettere di vederla con l’occhio dell’immaginazione, quella punta bulbosa che divaricava la sua vagina, scivolando sulla sua mucosa liscia come la seta, che, a sua volta, la coccolava con contrazioni che sembravano aumentare di intensità ogni secondo che passava. Sorrise, mentre sentiva la sua mente riempirsi ancora di un’eccitazione umida e calda, scacciare ogni pensiero e cullarla verso il piacere.
Luca, poi, sembrava stesse divertendosi più di lei. Beh, era facile per un maschio divertirsi con una ragazza bella come lei: ovunque mettesse le mani, trovava qualcosa di molto piacevole da palpare. Nel suo caso, erano una bomba e una chiappa: nella prima sembrava stesse imitando un gatto che impastava usando solo le dita, mentre sul sedere pareva stesse contemplando con il tatto la perfezione. No, si disse: aveva già il suo cazzo che stava lavorando a proprio vantaggio, il resto del suo corpo aveva il dovere di dare piacere esclusivamente a lei.
– Luca, – disse sospirando, smettendo di andare su e giù ma passando ad un movimento avanti e indietro sull’inguine dell’amante, – fammi quella cosa con le dita sul mio bocciolo.
Un’ombra di disappunto per l’interruzione di qualcosa che gli stava procurando uno stato di profondo, intimo piacere passò per un secondo sul volto del ragazzo, ma cedette dopo pochi istanti. Si leccò i polpastrelli degli indici con la punta della lingua e poi li appoggiò sul clitoride eretto che pendeva di qualche centimetro oltre il cappuccio sulla commensura superiore della vulva. Giada si lasciò sfuggire un forte gemito di piacere quando le dita cominciarono a titillare la minuscola protuberanza, quindi il suo respiro divenne più profondo e intenso, sebbene il movimento che applicava al cazzo di Luca diminuì sensibilmente, fino quasi a fermarsi.
– Io ti faccio venire, – propose lui, incapace di nascondere una sfumatura di irritazione nella voce, – poi ti lasci scopare come piace a me…
Giada fece finta di non sentire. Aumentò la profondità di penetrazione, sorridendo. – Come sei bravo, Luca. Mi fai impazzire – mormorò, lasciando che l’estasi che viveva arrotondasse il suono delle sue parole. Chiuse gli occhi per dare l’impressione che non avesse notato l’espressione divenuta dura sul viso del suo amante.
– Lo so che sono bravo – le fece eco lui, ma non mise una briciola di orgoglio nella propria voce. – Ma potrei fare anche di meglio.
– A me piace così – rispose Giada, con un tono che parve canzonatorio a lei stessa sotto i gemiti di piacere che le dita di Luca le stava provocando. – Fammi venire, amore.
Il movimento sul clitoride aumentò, la pressione divenne quasi insopportabile, ma la sensazione che invase e stordì la ragazza, provocandole un capogiro che cresceva e diminuiva, facendole credere che sarebbe caduta dall’inguine di Luca, fu ancora superiore. In pochi attimi, un calore aveva cominciato a scivolare sotto ogni sua fibra, a incendiarle i polmoni e a farla sudare; ora, solo la coscienza del cazzo che le scivolava dentro la fica e le scosse di godimento che le rimbombavano nella mente erano le uniche percezioni che riusciva a sentire.
Si lasciò andare, rilassare, cadere. Per un attimo fu solo una luce nella sua anima, nient’altro che piacere allo stato puro, quasi fastidioso, che spazzò via qualsiasi cosa nell’universo. La visse con voracità, assimilandola con i polmoni, riempiendosene la mente, i muscoli che sembravano volessero accaparrarsene un po’ ciascuno.
Quando finì, un indeterminabile periodo di tempo dopo, fu come quando restava nella vasca da bagno e faceva fuggire l’acqua nello scarico, lasciandola stanca, priva di forza e desiderio. Per qualche motivo, si scoprì sdraiata su un fianco, accanto a Luca, i grossi seni schiacciati tra le braccia. Un forte odore penetrante appesantiva l’aria, che le diede fastidio: uno era quello del cazzo, ancora in erezione, che fino a poco prima la faceva bagnare ed eccitare, l’altro proveniva dal liquido che, a gocce e schizzi, era sull’addome del ragazzo.
Lui la guardò, negli occhi un misto di soddisfazione per aver fatto godere una donna e aver compiuto il suo dovere di uomo, e contemporaneamente, dalle veloci puntate alle sue bombe, la voglia di soddisfare anche sé stesso con il perfetto corpo che aveva davanti. La cosa fece sorgere un moto di rabbia in Giada: Luca non poteva durare trenta secondi come Alessio, e limitarsi a sborrarle dentro quando lei stava già avendo un orgasmo? A quel punto avrebbero concluso e basta. Lui avrebbe soddisfatto lei, e lei avrebbe dato il suo blando orgasmo a lui, poi avrebbero potuto fare quello che dovevano, come accompagnarla a fare shopping, condividere le sue vicissitudini attraverso la sua voce, far crepare di invidia le sue amiche che avevano ragazzi brutti e scarsi a letto, dirle che era bellissima…
Lei gli sorrise, sebbene quella sensazione di seccatura le impedì di simularlo al massimo delle sue capacità. – Grazie, Luca.
– Mi piace farti godere, Giada – rispose lui, la voce resa più profonda da un’eccitazione che non si limitava a quanto accadeva tra le sue gambe.
La ragazza lo comprese e afferrò l’asta del cazzo, bagnata del suo desiderio. Cominciò a muovere su e giù, il prepuzio che scendeva di qualche centimetro sotto la cappella, per poi ricoprirla quasi completamente.
– Adesso tocca a te, amore.
Le labbra di lui si contorsero in un’espressione che lasciavano intendere uno scarso apprezzamento di quanto stava accadendo al suo organo sessuale e la voglia di qualcosa di meglio. – Per quanto possa apprezzare una sega fatta con la tua dolce manina, ammetto che preferirei continuare dentro di te, nella tua fica bagnata e bollente.
Giada trattenne uno sbuffo di frustrazione. Era mai possibile che tutti volessero pisciarle dentro, o addosso, cosa ancora più vomitevole, la loro squallida sborra? Già farsela colare sulle mani le dava un fastidio che non riusciva ad esprimere a parole. Nascose quei pensieri dietro ad un bacio che diede sulla bocca di Luca, e aumentando la velocità con cui lo masturbava.
La lingua del ragazzo impiegò poco a superare la barriera delle labbra e la sentì scivolargli sui denti, accarezzandole le gengive. Giada cedette dopo qualche secondo, pensando che già si stava limitando a menarglielo invece di concedergli qualche orifizio, e poi, facendolo eccitare maggiormente sarebbe venuto prima: la sua lingua si concesse a quella di Luca, strusciandogli contro.
La cosa ebbe l’effetto sperato nel volgere di pochi attimi: lui si staccò dalle sue labbra, il volto con la tipica espressione di quando stava per avere un orgasmo. Nel frattempo, però, afferrò la mano che stava lavorando al suo uccello e, contemporaneamente, con quella libera, si strinse la radice dell’asta. Si lasciò sfuggire qualche gemito prima che riuscisse a dire: – Aspetta, Giada, stai per farmi venire.
Strinse i denti e chiuse gli occhi, mentre cercava di rilassarsi sotto lo sguardo attonito della ragazza. – Cosa stai facendo? – domandò lei, confusa, ma non abbastanza da comprendere che il suo tentativo di chiudere lì il rapporto con uno spruzzo all’aria del suo amante fosse miseramente fallito.
Dall’intonazione di voce di Luca, la ragazza comprese che era incredibilmente eccitato, sembrava quasi facesse fatica a restare concentrato su quanto stava dicendo tanto era stordito dagli ormoni. – Non voglio sprecare questo orgasmo con una sega. Voglio fotterti, puttanella.
Il senso di disgusto che stava crescendo in Giada si palesò con l’acuirsi della voce e un allungamento delle vocali. – E come vorresti… fottermi, Luca?
Lui abbandonò i suoi genitali e le strinse le grosse bocce. – Voglio sedermi sul tuo stomaco, mettere il mio cazzo in mezzo a queste due meraviglie e… – sorrise con una ghigno che non piacque affatto alla ragazza, – chissà se ce l’ho abbastanza lungo da farlo uscire dall’altra parte delle tue tette? Se ci riesco, ti metti in bocca la mia cappella e la lecchi fino a farmi sborrare sul tuo incantevole viso – concluse, felice come mai lei lo aveva visto. – Sarà qualcosa di incredibile, soprattutto considerando quanto mi arrapi, Giada, e che ho bloccato il mio orgasmo già due volte.
L’espressione di disgusto emerse prepotentemente sul volto della ragazza. L’immagine di lei, anche solo l’ipotesi di lei, che metteva in bocca l’uccello di Luca dopo che lo aveva infilato dentro la sua passera, sporco dei suoi stessi fluidi… Giada sentì il suo stomaco contrarsi, un senso di malessere prenderla al petto. E la sua fissazione di voler godere tanto quanto una donna, avere orgasmi potenti quanto i suoi… che razza di idee gli aveva messo in mente quella vecchia sgualdrina?
Giada non poteva nascondere che, per quanto riguardava il sesso e il piacere femminile, Samantha aveva ammaestrato alla perfezione Luca, inculcandogli nella testa che la sua amante doveva godere ogni volta che facevano l’amore, e più volte a sessione… ma fargli credere che una donna dovesse prendersi il disturbo di ricambiare il favore, farsi sbattere nelle posizioni più umilianti, essere scopata per dieci minuti, perché un uomo avesse un orgasmo come quello che lui le dava, quando la donna non ci guadagnava nulla se non una sborrata dentro o fuori oltre ad una perdita di tempo? Limitarsi ad una sega veloce e chiudere lì, come faceva con Alessio? Il suo “ex” non ne era particolarmente soddisfatto, ma, ehi, aveva la possibilità di vantarsi di scopare una bellezza perfetta come Giada e, per quanto a lei non piacesse che ne parlasse in giro, era comunque meglio del farsi eiaculare in bocca o in faccia.
Luca non pronunciò una parola, ma fu facile per lei accorgersi che l’eccitazione, in risposta al fastidio che quella parola aveva reso palese sui suoi lineamenti, si stava trasformando in irritazione.
– Non voglio, Luca, è schifoso. Perché dovrei mettermi in bocca il tuo uccello? Non puoi… – smise di parlare, mettendosi a gesticolare in modo confuso con una mano, qualcosa che avrebbe potuto significare qualsiasi cosa.

***

Luca sentiva la rabbia e la frustrazione crescere in sé. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente per riuscire a schiarirsi la mente, allontanando quelle emozioni che stavano bruciando i suoi muscoli e la sua volontà di comportarsi come una persona civile, ma l’aria della camera, resa viziata dall’odore di sesso e desiderio della ragazza, quasi lo disgustò. Quasi si chiese se, realmente, l’atmosfera delle camere da letto di Samantha e Flavia, appesantita dai vapori delle loro eccitazioni sessuali, lo avesse fatto impazzire di voglia di possederle ulteriormente o, piuttosto, schifato fin quasi al vomito come in quel momento.
– Cosa vuoi farmi, Giada? Una sega? – domandò lui, lasciando che nella sua voce trasparisse tutta la sua insoddisfazione.
La voce della ragazza fu quasi sbrigativa. – Tanto godi e ti svuoti lo stesso.
Lui sbuffò, poi aprì gli occhi. Fu sul punto di ribattere, ma si trattenne. Se c’era una cosa che aveva scoperto della ragazza, era che, in qualche modo, finiva sempre con il trovare un modo per avere lei ragione, anche quando non era affatto così. Era come ragionare con una frana lanciata contro di lui, cercando di convincerla a fermarsi.
Ebbe per un attimo la tentazione di ricordarle che, la prima volta, alla festa, lei si era presentata nuda davanti a lui, si era inginocchiata e se l’era messo in bocca. Lei avrebbe risposto che lo faceva ancora, o che quella volta aveva voluto sedurlo, e non doveva più considerare quell’evento. E poi, aggiungeva, la sua bocca non era quella di una troia come la rossa o la madre della stessa, facendo arrabbiare Luca, cosa che lui aveva compreso essere parte della tattica di Giada per farlo sentire in colpa e plagiarlo.
– Almeno dammi il culo… – propose lui, prossimo a sentirsi sconfitto. L’erezione stava per abbandonarlo, ma, forse, le magnifiche chiappe di lei avrebbero risvegliato il suo desiderio.
Lei mise il broncio. – Sono stanca, Luca… non mi va di saltellare su e giù, e poi è una posizione scomoda…
Luca trattenne a stento un impeto di furia. Sentì i muscoli delle braccia irrigidirsi e i pettorali contrarsi: in quel momento sentì la stessa sensazione che viveva quando veniva preso in giro a scuola. – Potresti metterti a pancia in giù – propose, la voce appiattita dalla rabbia repressa. – Mi arrangerò da solo.
La ragazza parve poco convinta, quasi non volesse dargli la soddisfazione, come se potesse perdere una parte del proprio potere su di lui in quel modo. Però, alla fine, cedette, o lo graziò. – Va bene – concesse, girandosi, e a Luca parve ci impiegasse più tempo e usasse più movimenti del dovuto. Per essere una diciottenne che stava per avere un rapporto anale, che a suo dire era una cosa che amava e che aveva tenuto solo per lui, sembrava piuttosto una settantenne che si voltava, costretta a ricevere una dolorosa iniezione in un gluteo da un infermiere incapace.
Lui scacciò quel pensiero, e contemplò la figura nuda e di schiena di Giada. In realtà, ammirare quel sedere che si innalzava maestoso, pronto ad accoglierlo, meritava ogni sua singola attenzione mentale e, presto, anche fisica. Non poté trattenersi dall’avvicinare le labbra ad un gluteo e baciarne la perfezione. – Che meraviglia… – sussurrò abbastanza forte perché la ragazza potesse sentire chiaramente. Lei si mosse un po’, forse in risposta a quel complimento. Luca afferrò con entrambe le mani le chiappe e cominciò a massaggiarle, percependo un soddisfacente e piacevole effetto sulla sua erezione; le premette, le strinse con le dita, poi le separò, svelando la valle al loro interno e il buco che custodivano.
Le gattonò sopra, le appoggiò la punta del cazzo sull’ano e poi si sdraiò sopra di lei, scaricando il proprio peso sulle braccia e sulle gambe. Come lui, la sentì sospirare quando le penetrò con lentezza, poi le baciò il collo. – Sei bellissima – le disse in un orecchio, – ma anche un filino rompipalle.
Giada rispose con un po’ troppo brio. – Noi ragazze lo siamo.
La rete cominciò a gemere mentre lui iniziava a muoversi dentro il retto della bionda. Era un suono lento, grave.
Luca cominciava a sentire lo stimolo ripresentarsi, e questa volta non aveva intenzione di perdere l’opportunità di avere lui un orgasmo dentro la sua fidanzata. Era più di un’ora che si prodigava per la felicità e soddisfazione di Giada, e riteneva fosse giunto il suo momento. Il calore del retto gli scaldava il cazzo, la resistenza che le pareti contrapponevano era fantastica. Per un attimo pensò che Flavia e Sam non avessero più un culo così chiuso, perfetto per essere scopato.
Ma era anche vero che nessuna delle due aveva mai dato tante rogne quanto Giada…
Tornò al presente, alla bionda sotto di lui che stava possedendo. Lasciò che le sue emozioni provenissero dal corpo meraviglioso che stava scopando, dal profumo della pelle e della morbidezza dei capelli. Prese una tetta, stringendola e sentendo che il suo stimolo aveva fatto un balzo avanti, un senso di obnubilazione che stava offuscando tutta la sua coscienza che non fosse puntata sul suo inguine prossimo ad esplodere. Afferrò inconsciamente, quasi più un movimento istintivo che voluto, la gola della ragazza, e sussurrò: – Adesso sei mia, puttanella…
Fu quasi come se fosse improvvisamente esploso un terremoto nella stanza, la sua coscienza che veniva totalmente, dolorosamente svegliata quando lei si mosse sotto di lui come una gatta idrofoba, urlando: – No! Cazzo! No!
Luca si spostò da lei, più spaventato che altro, ma nonostante questo riuscì ugualmente a ricevere una gomitata nel costato, strappandogli un gemito. – Che diavolo, Giada…
– Non farlo mai più, pezzo di merda! – strillò lei, girandosi. A tre zampe, una mano che copriva il punto all’altezza della milza in cui la ragazza lo aveva colpito, il ragazzo ebbe l’impressione che Giada fosse diventata più grossa e, dovette ammettere con sé stesso, le fece scattare qualche istinto atavico che si attivava solo in presenza di un predatore. Inconsciamente, si allontanò fino al bordo del letto, alzandosi in ginocchio per avere le mani libere nel caso lo attaccasse davvero.
Lo sguardo della ragazza, in realtà, non sembrava nemmeno quello della stessa persona che, fino a pochi minuti prima, aveva avuto un paio di orgasmi, ma quello di una folle che sembrava uscita da un film dell’orrore, più precisamente della protagonista che seminava morte dopo aver fatto sesso con qualcuno per poi cibarsi delle sue carni ancora calde. Fissava il suo amante mostrando i canini candidi che, se in altre occasioni, avrebbero potuto dimostrare l’impegno che metteva Giada nel curare il proprio aspetto anche attraverso l’igiene orale e la dimostrazione che la sua famiglia aveva la possibilità di avere accesso ad un’ottima assistenza sanitaria, in quel momento suscitava impressioni molto meno socievoli.
Quasi ricordandosi che era un uomo e che aveva il dovere di difendere la propria mascolinità, Luca la affrontò, sebbene cercasse al contempo di tranquillizzarla, senza accorgersi che stava usando lo stesso metodo che metteva in campo quando si trovava di fronte il grosso pastore bernese di suo zio, che a lui, in realtà, nonostante le assicurazioni che fosse un pacioccone e che abbaiasse solo perché lo conosceva poco, instillava un profondo terrore. Mise avanti le mani, mostrando i palmi, e con la voce più tranquilla che riuscisse a trovare, cercando di trattenere la rabbia che quella dolorosissima gomitata gli provocava, disse: – Che cosa diavolo hai, Giada? Un attimo prima sei…
– Che diavolo ho? – le fece eco lei, furiosa, – Mi tratti come una puttana, ecco che diavolo ho!
Luca si lasciò sfuggire dalle narici uno sbuffo di collera. – Mi dai dello stronzo e del pezzo di merda, ma se ti chiamo affettuosamente “puttanella” ti incaz…
– “Puttanella” le chiami quelle troie di Samantha e della tua ex! Stronzo!
Il ragazzo sentì letteralmente i muscoli del suo viso perdere la forma che avevano assunto per dissimulare la rabbia che ardeva dentro di lui, crollando in un’espressione che lasciava trasparire solo in parte cosa stava davvero provando. Era perfettamente a conoscenza dell’odio che Giada provava verso di loro perché erano state le sue donne al posto suo per diversi mesi, ma in quel momento, sentirglielo dire di nuovo, considerando anche come si era comportata con lui pochi minuti prima, fu più doloroso della botta nell’addome.
Luca abbassò le mani, quasi sperando che lei passasse alle vie di fatto solo per avere una scusa per darle un paio di sberle, ma improvvisamente si sentì disgustato anche solo all’idea di toccare di nuovo la ragazza che aveva appena cercato di possedere analmente. Non ci fu alcuna emozione nella sua voce quando le disse di vestirsi ed andarsene a casa sua.
Giada accusò il colpo, il suo sguardo che passava da furia assassina a sbigottimento in una manciata di secondi. Sbattè le palpebre, balbettando: – Cosa… Luca, io… non…
Lui diede il buon esempio, scendendo dal letto, nascondendo la smorfia di dolore che il movimento del costato gli causò, e prendendo i vestiti a terra. Senza guardarla, si infilò le mutande, ringraziando il cielo che non le avesse messe al contrario. Quando sollevò lo sguardo sulla ragazza, quella sembrava ancora confusa, ma lo fu solo per un istante: subito assunse l’espressione che aveva sempre quando voleva fare sesso. Luca si chiese quanto fossero reali le altre volte che glielo aveva visto in faccia e che lo aveva portato a darle piacere senza ottenere anche lui quanto si sarebbe meritato.
– Dai, – cominciò lei, sedendosi sui polpacci e spostando le braccia all’indietro, mettendo bene in vista il grosso seno, che iniziò ad ondeggiare quando prese a ruotare leggermente il busto a sinistra e a destra e mordendosi il labbro inferiore, – facciamo la pace. Il mio culetto ha ancora…
La testa di Luca sbucò dalla maglietta. – Il tuo culetto si alza e se ne va. Devo studiare e non mi piace avere attorno nessuno quando faccio i compiti.
Palesemente basita, Giada si trovò con la bocca aperta ma senza nessuna parola da pronunciare. Rimase qualche secondo ferma, nuda, i seni che smettevano di ondeggiare: al ragazzo diede quasi l’impressione di una statua di creta di un sogno erotico che si stava asciugando e solidificando. Per la fortuna di entrambi, parve comprendere che sarebbe stato non solo inutile ma anche peggio cercare di ribattere e, sconfitta, scese anche lei dal letto e cominciò a rivestirsi.
Pochi minuti dopo, Luca ebbe comunque la creanza di accompagnarla alla porta dell’appartamento. Giada si voltò prima che lui chiudesse la porta, usando la tipica tattica del far sentire in colpa il partner.
– Chiamami, quando ti sarà passato – gli disse, con una punta di offesa nella voce.
– Se continui così, mi passerà presto – rispose Luca, senza specificare il soggetto, poi la salutò senza calore e chiuse la porta prima che la ragazza potesse domandargli cosa intendesse.

Continua…

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