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I GIGLI DEL DANUBIO

By 4 Dicembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Blumenburg, 3 novembre 1872.

Il vento del Danubio diffondeva a destra e a manca il profumo dei gigli d’autunno. Lo si percepiva distintamente, specialmente su quella veranda, dove cresceva quasi ogni genere di pianta d’appartamento, oltre ad alcuni rampicanti, che quasi ispiravano l’affetto. Lei era seminuda, non portava indosso che una vestaglia bianca, la quale lasciava un po’ scoperte le sue forme di ventenne, statuarie, al pari delle belle caviglie, di cui una era ornata con una sorta di laccetto. La mano destra di quella giovane reggeva un innaffiatoio dorato, che sembrava confezionato da un gioielliere e spargeva tutt’intorno, sui bei gigli, una sorta di pioggia languida, che assomigliava ad una rugiada.
Il sole sorgeva sulle acque del Danubio, visibile da quel terrazzo, al pari dei tetti del borgo di Blumenburg, la cittadina dei fiori, che tutti amavano, al pari della grande Festa dell’Autunno, che vi si teneva una volta all’anno e dove si potevano ammirare le piante più strabilianti che la natura potesse offrire. Non esito a confidare tutto questo al mio diario, al pari di come narro della visione un po’ offuscata e da dipinto della quale, nei primi istanti del mattino, si poteva godere dall’alto della terrazza di cui vi parlo. Di lassù, lo sguardo si perdeva in una distesa di case e casupole dalle forme aguzze e quasi romantiche, tinteggiate di bianco, di celeste o di verde chiaro, con le imposte marroni o di colore scuro, come si usava allora, nei paesi che facevano parte dell’Impero d’Austria e d’Ungheria. Più in là, in lontananza, spuntava, vaga nelle brume dorate di quel mattino di novembre, la figura del campanile gotico, il cui orologio segnava le ore per tutti gli abitanti di Blumenburg.
La luce rossastra, vermiglia delle prime luci del giorno indorava quella visione.
Su quella veranda non si spargeva tutt’intorno soltanto l’olezzo dei fiori e delle piante; invero, in quell’etere estasiato si propagava anche una musica di pianoforte, che proveniva dal salotto interno, tutto tappezzato di seta di Persia. Colà, una giovane si esibiva con passione ed eleganza, facendo scorrere le sue dita sulla tastiera di un piano verticale, di colore nero ed ornato con due vasi di fiori finti, collocati ciascuno rispettivamente all’estremità destra ed a quella sinistra di quel mobile prezioso. Appoggiata sulla parete opposta, vi era un’ottomana, la quale costituiva un vetusto mobile d’antiquariato e faceva risaltare ancor più i quadri di pittori fiamminghi, appesi tutt’intorno, che raffiguravano paesaggi.
Ad un tratto, qualcuno suonò il campanello.
– Avanti! – disse la governante.
Apparve un giovane, che portava un cappello a cilindro sul capo e teneva in mano un bastone con il pomolo d’avorio. Egli chiese di Yvonne, di Yvonne, sì, la sua innamorata…
Costei era la ragazza che innaffiava i fiori sulla veranda; nessuno fu in grado di trattenere lo sconosciuto, che corse dalla sua bella.
– Voi! – gli disse la giovane, stringendolo tra le sue braccia. – Mi avevano detto che eravate morto, in guerra!
– No, per miracolo sono ancora qui, a godere delle vostre premure e della luce dei vostri occhi! – le rispose il suo amante, togliendosi il cappello a cilindro e toccandola ardentemente.
– Ma non sapete che &egrave pericoloso, per voi, stare qui?
– Mia Yvonne, rimarrò soltanto per pochi giorni. Volevo salutare Blumenburg, in occasione della Festa dell’Autunno, ma soprattutto, desideravo ardentemente rivedere il vostro bel volto, le vostre belle forme.
– Ma che avete fatto al collo! &egrave una cicatrice!
– Sì, &egrave stato un colpo di sciabola, sferrato a tradimento…
La musica languida, della quale vi ho narrato, nonché l’olezzo dei gigli del Danubio avvolgevano i due amanti. Lei appoggiò uno dei suoi grandi piedi ad un vaso capovolto, che stava in un angolo del terrazzo, onde apprestarsi a ricevere il suo uomo là dov’era donna. I due erano certi che nessuno li vedesse; ad ogni modo, per loro, gli sguardi altrui non avevano importanza. Le gambe di lei erano statuarie e curate, prive di peli, al pari del resto del corpo, i cui seni di marmo spuntavano vistosamente dalle pieghe ornate di pizzo di quella vestaglia bianca. I due consumarono violentemente, senza farsi notare, lassù, sotto le prime luci di un nuovo giorno.
Nel viottolo che serpeggiava sotto di loro, fiancheggiando il Danubio, passò un carro, che trasportava ogni genere di fiori e di rose d’autunno, le cui radici erano racchiuse in vasi di terracotta o in botti di legno, tagliate a metà. Una pariglia di cavalli bianchi conduceva quel carico chissà dove, mentre la nera frusta di chi stava a cassetta schioccava allegramente in aria.

Blumenburg, 4 novembre 1872.

Yvonne, la giovane di cui vi ho raccontato, amava coltivare una specie particolare di fiori. I suoi gigli, che sbocciavano insolitamente nel corso dell’autunno, avevano la proprietà di far innamorare chiunque li portasse all’olfatto e li toccasse.
– Diese sind die Blumen der Liebe ‘ aveva detto lei, sulla veranda, al suo amato, dopo aver consumato con lui l’amplesso di fuoco, che vi ho narrato poco fa.
Per l’occasione, ella aveva colto un mazzo di gigli del Danubio e li aveva offerti affettuosamente al suo amico del cuore, affinché ne odorasse gli olezzi. Un raggio di sole le aveva illuminato il volto, mentre era intenta a compiere quel gesto, così semplice, ma che aveva il sentore dell’eterna giovinezza dell’amore.
Io non so quanti abitanti dell’Impero d’Austria e d’Ungheria avessero goduto delle fragranze di quei fiori, ma credetemi, quella giovane li aveva offerti a molti uomini e a molte donne di ogni età e tutti coloro che avevano fiutato quegli olezzi avevano avuto modo di godere di una felicissima vita amorosa.
Dimenticavo di dirvi che la bella Yvonne non serbava il proprio corpo statuario soltanto per il suo amico del cuore; ella praticava, altresì, l’autoerotismo, a notti alterne, prima del sonno e con degli oggetti che, già all’epoca, erano assai in voga. La giovane non di rado confidava quelle esperienze alla sua amica, di cui vi ho narrato, sì, la suonatrice di pianoforte e, aggiungo, considerato che le due solevano dormire vicine, ad Yvonne non dispiaceva farsi sentire dalla compagna, in occasione dei propri autoerotismi.

Blumenburg, 5 novembre 1872.

Venne il giorno della Festa dell’Autunno. Per l’occasione, la piazza principale di Blumenburg era ingombra di bancarelle, che vendevano i fiori di novembre. Erano giunti, altresì, dei mercanti ungheresi, che offrivano oggetti d’antiquariato, caldarroste ed ogni genere di dolci. Vi erano anche dei venditori di cavalli, dalle lunghe criniere che ondeggiavano e brillavano nel vento d’autunno. Sui muri maestri dei palazzi antichi pendevano degli stendardi, che contenevano l’emblema di quel borgo: due leoni alati, separati da un gigantesco mazzo di gigli, variopinti e dai petali grandissimi; i loro lunghi steli verdastri erano tenuti uniti da una corona dorata.
In quel brusio di voci e di passanti, sotto i tigli, dalle foglie rese malinconiche dal novembre, due giovani passeggiavano sottobraccio. Erano Yvonne ed il suo amato, l’uomo dal cappello a cilindro e dal bastone con il pomolo d’avorio, di cui vi ho parlato.
– Offritemi ancora i vostri fiori, i gigli del Danubio ‘ le disse lui, stringendola a sé ardentemente.
– Ve ne offrirò ancora, sì, a mazzi, a mazzi ‘ rispose lei. – Ma credetemi, quest’oggi, mentre passeggio con voi tra le bancarelle e le primule di novembre, la testa mi gira forte per l’amore!
In quel mentre, il giovane che la teneva sottobraccio si voltò di scatto. La folla li circondava ed egli aveva riconosciuto tra gli astanti l’uomo che gli aveva cagionato la cicatrice sul collo.
– Ah, siete voi, voi, voi! – ruggì l’amante di Yvonne, afferrando violentemente per i colletto uno sconosciuto, che portava una divisa da soldato.
– In nome del Cielo, non fate follie! – lo implorò la sua ragazza.
Ma egli non la udì.
La folla già aveva circondato i due litiganti, che ruzzolavano al suolo, avvinghiati, in una sorta di lotta senza pace e senza né un vincitore, né un vinto. Ad un tratto, l’amante di Yvonne riuscì a svincolarsi dalla stretta dell’avversario e gli gridò, prima di prenderlo a pugni:
– Ora mi vendicherò per la cicatrice che mi avete inferto!
Lo sconosciuto, vestito da soldato, strinse forte il ventre del suo rivale. Pareva che fosse sua intenzione farlo scoppiare.
Qualcuno degli astanti cercò di separarli, ma non vi riuscì. Dalle labbra grandi e femminili di Yvonne sfuggì un grido di pietà e di terrore…
– Oh, vi prego! Non uccidete il mio amato! – fece la bella, giungendo le mani. – Non uccidetelo!
Alla fine, l’uomo dal cappello a cilindro ebbe la meglio. Egli era riuscito a vendicarsi, a modo suo, per la cicatrice che il destino aveva deciso di fargli portare sul collo, per il resto dei suoi giorni.
– Presto! Fuggite con me! – disse Yvonne al suo amico, afferrandolo per un braccio e portandolo via con sé, attraverso la folla sbigottita. – Fate presto, prima che arrivino i gendarmi!
Egli la seguì, mentre il suo nemico giaceva al suolo, la divisa strappata, il volto insanguinato, che un’anima pietosa tamponava con un fazzoletto bianco, ornato di merletti.

Blumenburg, 7 novembre 1872.

Dopo aver salutato il proprio amante, promettendogli di raggiungerlo al più presto là dove fuggiva, Yvonne si recò presso l’infermeria in cui era stato trasportato l’uomo che egli aveva quasi ucciso. Ella non esitò a chiedere di vederlo, dicendo di essere una sua amica. Le credettero; per l’occasione, la giovane aveva portato con sé un canestro, colmo di fiori dai petali di colore giallo ocra. Erano i gigli del Danubio.
La luce bianca di novembre illuminò il bel volto di Yvonne, mentre si chinava sul ferito e, facendogli odorare un mazzo dei suoi fiori, gli diceva:
– Annusate, vi faranno guarire presto! Ma vi prego, in nome dell’amore che vi ispireranno, non denunciate alla polizia questo delitto!
Poco dopo, la videro ai piedi di una scalinata presso il fiume, mentre era intenta a regalare un mazzo dei suoi gigli a due giovani amanti, che passavano in barca lungo il Danubio. In quel mentre, Yvonne mormorava il nome del suo amato. Blumenburg era in festa.

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