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Racconti Erotici Etero

I guardiani del faro

By 4 Novembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Lighthouse point, cio&egrave ‘Punta del faro’, &egrave l’estremo limite della piccola penisola di Malin. Malin &egrave a 7 chilometri da Carndoghan, nel Donegal, e a 225 da Dublino. Poiché non c’&egrave bus diretto, tra una cosa e l’altra ci vogliono non meno di sei ore.
L’agenzia mi aveva detto che per il momento era il solo lavoro disponibile: riassettare l’alloggio del guardiano del faro, e, nel caso, preparare anche qualcosa da mangiare, acquistando il necessario a Malin, dove, la sera, sarei tornata nel miniappartamento che mi metteva a disposizione la ‘LCo’, la struttura che gestiva i Fari.
Trattamento economico discreto, viaggio pagato, e piccolo bonus dopo i due mesi di servizio.
Tutto sommato, a Dublino non avevo trovato nulla e la famiglia presso la quale prestavo la mia opera di woman-Friday o handy-woman, come chiamano lì le ‘tuttofare’, sarebbero rimasti negli USA, presso i loro parenti, proprio i mesi di luglio e agosto.
Presi le mie cose e vi andai.
Non ero mai stata in quei luoghi, al nord-ovest, e mi incuriosiva andarci. Del resto, pensavo, non sarebbe stata una gran sfacchinata pulire un piccolo alloggio e preparare un po’ di cibo. Fra l’altro, la storia con Ronald, dopo alti e bassi, era finita da qualche settimana, ed ero totalmente libera.
Sì, Miss Eileen Kern, di quarantacinque anni, poteva andare dove voleva!
Arrivata a Malin trovai le chiavi del miniappartamento all’ufficio postale, come mi era stato detto.
L’appartamento era veramente ‘mini’: un vano d’ingresso con i mobili che servivano per dormire e mangiare, TV, telefono, poi un cucinino col relativo necessario, la doccia e i servizi igienici, dov’era anche il boiler per l’acqua calda. Nell’armadio e nella credenza trovai biancheria, coperte.
La stufa a torba della cucina avrebbe scaldato, se necessario, tutti gli ambienti. Il vantaggio era che la casetta coi quattro appartamentini, era abbastanza centrale, in quel minuscolo paesello. Nel piccolo box accanto alla porta d’ingresso, trovai lo scooter. Abbastanza nuovo, di marca francese. Il distributore del paese aveva il conto aperto con l’amministrazione dei fari. Dovevo solo firmare una ricevuta ogni volta che facevo rifornimento. Quindi, a mio parere, tutto a posto.
Ma come avrei passato il tempo libero?
Avrei cercato di fare qualche conoscenza, per scambiare due chiacchiere.
E giunse il mattino che dovevo recarmi al faro. Avevo le chiavi.
^^^
Arrivai in poco tempo. Traffico quasi inesistente. Un po’ di vento. Ma era bello il luogo dove sorgeva il mastodontico Faro. Un picco quasi a strapiombo su un mare che s’infrangeva sugli scogli sottostanti. Acqua color celeste-cinerino, schiuma bianchissima.
Mi avvicinai alla ringhiera di metallo, mi affacciai. Non c’era nessuno, a perdita d’occhio. Un po’ in basso una capanna in muratura che non capii a cosa servisse.
Andai alla porta del Faro, aprii con la chiave che avevo. Entrai nel vasto locale d’ingresso, mi guardai intorno. C’erano altre porte, una scala che portava a un ballatoio, e un’altra che certamente doveva condurre fino alla ‘lanterna’ che, però, si poteva raggiungere anche con un piccolo ascensore.
Mi guardai intorno. Non mi sembrava che non ci fosse molto da pulire. Mi avviai verso una delle porte quella che, a mio parere, doveva essere la cucina. Era, infatti, una specie di tinello con credenza, tavolo, sedie, frigo, lavello, piano di cottura. Guardai nei cassetti e nella credenza: piatti, bicchieri, posate, stoviglie, tovaglie, tovaglioli’
Tornai nell’ingresso.
Malgrado avessi tolto il cardigan che indossavo sullo scooter, faceva abbastanza caldo. Slacciai un po’ i bottoni della scollatura della vestaglia, mi detti una scrollata. Com’&egrave abitudine della mia gente, niente reggiseno, ovviamente, e mutandine classiche, quelle a culottes. Scarpe basse.
Ero curiosa, aprii un’altra porta, piano.
Una camera un po’ in penombra. Aguzzai lo sguardo, era una camera da letto. Un letto strano: troppo piccolo per essere matrimoniale, troppo grande per essere lettino. Sopra, sdraiato, gambe e braccia aperte, torso nudo e corti pantaloncini, dormiva beatamente un uomo. Niente di speciale, lo guardai attentamente, avrà avuto intorno ai cinquanta, era muscoloso, ma non tozzo. Abbronzato dal sole. Capelli biondicci, corti, labbra marcate. Volto con una mascella abbastanza quadrata. Doveva essere alto circa un metro e ottanta, quindici centimetri più di me, e dava la sensazione di chi fosse abituato a lavori pesanti.
Stavo per riuscire, quando aprì un occhio. Mi guardò.
‘E tu, chi sei?’
‘Sono Eileen, Eileen Kern, addetta alle pulizie e alla cucina.’
‘Brava Eileen, allora va in cucina, nel frigo, prendi una bottiglia di birra’ no’ due bottiglie, e torna qui’ ah.. io sono Alan Connor”
‘I bicchieri sono nella credenza, vero?’
‘Si, ma non ci servono. Stappa le bottiglie prima di portarle qui.’
Andai in cucina, feci come mi disse lui, tornai con le bottiglie aperte.
‘Brava, siedi qui, e fammi compagnia’ hai detto Eileen, vero?’
Annuii. Mi avvicinai a lui, si tirò un po’ da una parte, mi fece posto.
‘Dai, Eileen, siedi qui!’
Sedetti, gli porsi le bottiglie.
‘Che me ne faccio di due. Prendine una, fammi compagnia,’
Prese la bottiglia, l’alzò un po’ la batt&egrave contro la mia.
‘Prosìt!’
E vi si attaccò.
Io lo imitai alla meglio.
Che strana accoglienza. E che strano che a quell’ora dormisse. Non ci capivo nulla.
Poggiò la bottiglia, vuota, per terra.
Mise una mano sulla mia coscia, così, come per caso.
Allora, Eileen, di dove sei, sei sposata?
Gli raccontai, brevemente, che venivo da Dublino, non ero sposata, ed avevo profittato dell’assenza della famiglia dove lavoravo, per guadagnare qualche extra.
‘OK!’
E la sua mano batt&egrave sulla coscia.
‘Anche io sono single, dipendo dalla compagnia dei Fari, e sono stato mandato qui per un certo periodo. Slan, il collega, ed io, ci alterniamo: un giorni lui e un giorno io. Turni di ventiquattro ore.’
Intanto la mano palpeggiava.
‘Però, Eileen, sei ben messa!’
Non era spiacevole quella mano, ma mi provocava un certo disagio ed anche una lieve eccitazione. Era un bel maschione Alan, certamente, ed io non ricordavo da quando non ero stata con uomo. O forse era anche quell’isolamento, quel silenzio rotto solo dal frangersi dell’onda sulla roccia.
Lo guardai con aria stupida, e con un inespressivo sorrisetto sulle labbra.
‘Dai, finisci la birra”
‘La finisco più tardi”
‘Allora metti la bottiglia sul pavimento.’
Ubbidivo come un automa.
Quando mi rialzai, mi afferrò per un fianco e intrufolò la mano nella vestaglia, afferrando una tetta, con decisione ma senza aggressività. Come se fosse la cosa più logica del mondo.
Sprimacciò ben bene, e il capezzolo, incontrollabile, gli disse come stavano le cose.
‘Veramente niente male, ragazza. Sei proprio un bel tocco di figliola’ aspetta”
Si voltò su un fianco, mi aprì completamente la vestaglia, mi guardò ben bene. Sorrise, con delicatezza infilò le dita robuste nell’elastico delle mutandine e le tirò giù. Mi sorpresi ad alzare le gambe per aiutarlo a sfilarmele. Rimasi così, senza sapere cosa fare.
Seguitò a fissarmi.
‘Sei bellissima Eileen, e sono certo che nel tuo folto bosco dorato c’&egrave una micetta deliziosa’ vieni”
Mi spinse giù, dolcemente, si sollevò sulle ginocchia, e tirò via i pantaloncini. Ne sortì un vigoroso manganello di carne sormontato da una balda capocchia paonazza, che al solo vederla sentii una piacevole contrazione tra le gambe e un dolce gocciolare dal mio sesso.
Ero rimasta con la vestaglia aperta. La sfilai rapidamente.
Alan mi dischiuse completamente le gambe, e restò un attimo a guardare tra esse, mi carezzò il pube, tra i riccioli, allontanò con le dita le grandi labbra, mentre il suo fallo vibrava impaziente, prese il glande e lo condusse all’ingresso caldo e umido della mia vagina. Mi penetrò lentamente, fin quanto pot&egrave. Rimase fermo un attimo. Certo sentì assestarsi le pareti della vagina intorno al suo nerboruto argomento. Poi cominciò un ‘dentro e fuori’ che mi stava dando sensazioni paradisiache’ sempre più in fretta’ col mio bacino che s’inarcava, il grembo che sussultava e’.. e l’orgasmo m’invase’ mi sconvolse’ e lo munsi avidamente’ senza fermarmi’ un lieve rilassamento e quando le sue dighe s’aprirono e il seme m’inondò, incrociai le gambe dietro la sua schiena e lo strinsi convulsamente a me, vibrando come foglia al vento.
Sotto, il frangersi delle onde accompagnava il nostro ansare.
Proprio una gran bella scopata, appagante per qualità e durata. Ci voleva!
Quel soggiorno al Faro di Malin prometteva bene.
Alan, ad un certo momento, mi chiese se fossi d’accordo a mangiare qualcosa perché lui, dopo, avrebbe dovuto ispezionare gli organi rotanti e luminosi, ed eventualmente rimuovere qualche traccia che potesse compromettere la luminosità.
Infilai la vestaglia alla meglio, lasciando le mutandine sulla sedia, andai in cucina. Nel frigo c’erano due bistecche, del burro, patate lesse, frutta, e perfino un plum-kake ancora nella sua confezione.
Apparecchiai la tavola, misi le bistecche sulla griglia del forno, presi piatti, bicchieri, posate, birra e’ stavo per chiamare Alan, quando mi accorsi che lui era sulla porta e mi guardava. Gli sorrisi.
‘Sei proprio un bocconcino, Eileen, a real dish. Cosa conti di fare dopo aver mangiato?’
‘Riassetto tutto e’ dovrei tornarmene a casa.’
‘OK, ma prima di mettermi al lavoro, lassù, nella lanterna, devo dirti ancora qualcosa”
Mangiammo tutto con appetito, bevemmo la birra, e assaggiammo il dolcetto.
Mi misi a sparecchiare, Alan era rimasto sulla sedia, mi seguiva con lo sguardo. Quando mi curvai per togliere il coperchio dal recipiente dei rifiuti, sentii che mi alzava il vestito, e subito qualcosa calda e’ massiccia s’insinuò tra le mie chiappe, si soffermò sul buchetto, scese, e s’infilò, con risolutezza, ma dolcemente, nella mia sempre umida vagina. Mi poggiai sul lavello, aprii un po’ le gambe. Era meraviglioso quel batocchio di carne che stava scampanando nel mio grembo. Lui, intanto, aveva afferrato una tetta e la tormentava con esperienza, con l’altra mano titillava il clitoride. Un tempismo perfetto. Io lo accompagnavo coi miei movimenti, spingendomi verso lui, cercando di aprirmi al massimo per sentirlo sempre più dentro di me, e fece bene a stringermi forte quando l’orgasmo mi sconvolse, perché non riuscivo a controllarmi e c’era il rischio che uscisse da me’ no, per fortuna’ ed ecco ancora una volta quella voluttuosa inondazione.
Rimase così, profondamente, nel mio grembo. Lo sentii lentamente indebolirsi. Si ritirò pian piano. Mi dette una pacca sul sedere e riabbassò il vestito.
‘Ciao, Eileen. Sei uno schianto, sei fantastica!’
Si allontanò e sentii che stava salendo lentamente la scala a chiocciola.
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Ero sotto la doccia. Avevo acquistato un bagno schiuma profumato. Curavo particolarmente la persona, mi preparavo per tornare al Faro. Mentre l’acqua carezzava il corpo, mi sembrava percepire ancora le mani di Alan, e sentivo il suo odore. Caratteristico. Un po’ aspro e tanto attraente.
Sorridevo al pensiero del suo nome, Alan, che significa bello, ma anche pace.
In effetti. Avevo incontrato la mia ‘pace’, serenità dello spirito, beatitudine dei sensi, ma al solo pensiero che lo avrei di nuovo incontrato, risentito in me, mi elettrizzava, mi eccitava. Mi asciugai lentamente, e mi soffermavo tra le mie gambe.
‘Buona, micetta, che tra poco ingoierai di nuovo il tuo topolino!’
‘Topolino’! Si, altro che topolino, era una poderosa stanga di prua, un nerboruto bompresso’ poi mi venne in mente lo scovolo degli spazzacamini, quell’arnese che infilavano nella canna del cammino, e la ‘scovolavano” Già’ scovolare’. scopare’ ecco, doveva essere quella l’origine di tale parola’ ‘scopare’!
Provai un brivido. Certo che lo scovolo di Alan era proprio quello che ci voleva per togliere le ragnatele che stavano facendosi nella mia’.
Ecco. Ero pronta. Una spruzzata di profumo, quello delicato, sotto le ascelle, sulle tette, sul cespuglio che orna il mio grembo palpitante, un rapido esame, allo specchio, del tutto. Voglio dire, in particolare, seno, sedere, pancia e, logicamente, l’ingresso fremente del mio sesso. Via, al Faro.
Lascio lo scooter, entro piano, senza far rumore. Voglio fargli una sorpresa.
Abbasso lentamente la maniglia della porta della sua camera.
Oggi &egrave totalmente al buio. Ha chiuso le serrande e tirato le tende. Non ci si vede quasi per niente. La luce che filtra dallo spiraglio della porta mi fa intravedere il letto, noto appena la sagoma che dorme, fisso bene nella mente la distanza, dov’&egrave la sedia’ chiudo la porta, mi avvio verso il letto, tendo una mano.
Ecco la sedia. Mi tolgo il vestito, le mutandine, le scarpe. Allungo ancora la mano. Il letto, la leggerissima coperta che lo copre, la sollevo, mi infilo accanto a lui, con la massima accortezza, senza far rumore né scuotere il letto. Allungo la mano. Ah, oggi s’&egrave preparato, &egrave nudo. Rabbrividisco di piacere.
Mi stendo, mi volto su un fianco, verso lui, lo carezzo appena, giù, sul pube.
Sento la sua mano protendersi verso me, toccarmi, soffermarsi sul mio fianco, tornare a carezzarmi, scendere tra le mie gambe.
Poi, in silenzio, senza parlare, mi spinge supina, con un ginocchio mi fa aprire le gambe. Le allargo ben bene, in attesa’
L’attesa dura pochissimo, la sua mano dischiude le grandi labbra, sento il suo glande, infuocato, che poggia, prepotente, all’ingresso fremente della mia turgida e rugiadosa vagina. Spinge’ ma’ o s’&egrave ristretta la mia vagina o s’&egrave ingrossato il suo fallo. Deve spingere abbastanza, per entrare, ma &egrave bello, forse più di ieri, si fa strada lentamente ma , le pareti del mio sesso si dilatano, si stringono attorno a quel meraviglioso scettro. Non finisce mai’ ora, logicamente’ non può andare oltre’
Lo ritira piano. Che bellezza! Torna a spingere’ e così via’ sempre più speditamente né si ferma quando io mi dimeno con forza, in preda a un incredibile orgasmo, che mi fa sobbalzare, gemere, dire parole senza senso, e lui che pompa, ardentemente’. Ecco’ un poderoso colpo di reni e mi riempie di un fiotto interminabile che si spande dovunque, e mi fa da balsamo lenitivo. Sono voluttuosamente inebriata. Ancora qualche suo colpo, graditissimo, e poi sento le sue labbra cercare le mie e baciarmi in un modo del tutto nuovo, con avidità.
Deglutisco, cerco fiato’
‘Sei stato meraviglioso, Alan. Meraviglioso.’
Sento, non lo vedo così al buio, che si solleva un po’ da me.
‘Ma io sono Slan, bambina splendida, Alan oggi &egrave di riposo.’
Mi sembra di essere folgorata. Lo sento ancora in me, intensamente, ed &egrave ancora ben arzillo. Mi viene in mente di scuotermelo da dosso, alzarmi, scappare.
Ma lo sento’.lo sento’. Palpita, &egrave magnifico’
Nella mente come una luce: &egrave Slan, che significa dono di dio’
Non posso certo rifiutarlo’
Lo stringo a me, muovo il bacino’ mi godo il dono!
Saranno due mesi di paradiso!
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