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Racconti Erotici Etero

I ricordi di Terry: 1) Sereno American Bar

By 28 Luglio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono passati tanti anni -più di trenta!- e tante cose sono accadute nel frattempo, ma a volte mi viene in mente quell’episodio ed &egrave un ricordo piacevole. Divertente e stuzzicante.
Ma mi rendo conto che, se non racconto ordinatamente, non riuscite a capire nulla e allora cominciamo.
Sono Teresa, anche se tutti mi chiamano Terry, una signora che ha superato il periodo fertile (non siate indiscreti, chiedendomi l’età: sono una signora, alla fine dei conti!), ma ho avuto due ragazzi meravigliosi -Matteo e Laura- da mio marito Mario… o meglio: dal mio ex marito.
Io e Mario ci siamo conosciuti giovanissimi, non avevamo ancora venti anni ed abbiamo ‘preso le misure al mondo’ insieme, fino a quando, a venticinque anni, ci siamo sposati.
Gli sono piaciuta subito: minutina, capelli biondi quasi biondoplatino (all’epoca amavo essere biondissima!): mi piaceva il mio seno, con rosei capezzolini ed areole ristrette, ma ho per conformazione il sedere non a mandolino come Mario (ed io, ovviamente!) avremmo gradito.
Lui &egrave un omone: un metro e novanta, spalle larghe e a quei tempi aveva una testata di folti capelli castani. Era (ed &egrave tuttora) particolarmente poco peloso e durante il servizio militare si era fatto crescere i baffi, che ha sempre portato fino ai giorni nostri, diventando bianchi mentre i capelli, diradati ed ormai un pò stempiati, sono sale-e-pepe.
Unico… sussulto quando, dopo pochi mesi che uscivamo insieme, mi ha detto che lui ama fare sesso anche coi maschi…
‘Ma vai con gli uomini???’ gli ho chiesto, incredula.
‘No, coi maschi… sono loro a scopare me…’ mi ha risposto.
Ho dovuto elaborare la cosa, digerirla, ma poi in fondo lui cercava solo sfogo alla sua esuberanza ormonale, non mi tradiva con altre donne (ogni tanto &egrave successo, ma sono sopravvissuta! Comunque parliamo altre quattro o cinque donne, a fronte di decine, forse centinaia di maschi!) ma con maschi la cui unica cosa che lo interessava erano i cazzi.
Nei sei anni prima di sposarci &egrave capitato, come in tutte le storie, di amarci alla follia ed arrivare quasi a lasciarci; a me &egrave capitato di essere sedotta dal mio principale (facevo la commessa in un negozietto di abbigliamento) e poi da un tipo che mi ha fatto un colloquio per essere assunta nella sua ditta: l’unico posto che ho avuto, &egrave stato accanto a lui, nel suo letto e sulla sua ‘barca’, una mezza dozzina di volte mentre Mario era militare.
Mio padre era severissimo, come tutti quelli nati durante la prima guerra mondiale e quindi con Mario non avevamo mai fatto un viaggio che non prevedesse il rientro la sera stessa o, men che mai!, avevamo passato una notte insieme.
Ma come diventai sua moglie, potemmo levarci tutte le fantasie, viaggiare, andare in montagna, fare le tre, le quattro in giro…
Mi aveva spinto a vestirmi in modo più… attizzante ed avevamo cominciato a mettere inserzioni su riviste (cartacee: internet ed i cellulari erano solo nella mente di pochi scrittori di fantascienza, all’epoca!), per cui ci scrivevano al fermoposta e noi valutavamo, sceglievamo, incontravamo -in media 5-6 ogni inserzione, con quasi un centinaio di risposte, spesso deliranti!- e poi, magari, con uno ci trovavamo a ‘giocare’.
A pensarci adesso, ero davvero un po’ stronza: gli uomini li volevo alti, snelli, di bell’aspetto, dotati almeno come i venti centimetri di mio marito, non ignoranti come capre e sopratutto al massimo della mia -nostra- età; quella era la ragione per cui la selezione delle lettere (prima di arrivare a scambiarci i numeri di telefono -fisso, inutile dirlo!- con relative complicate istruzioni riguardo modi ed orari di chiamata) faceva scartare così tanti aspiranti alla mia tenera fichetta ed al mio culetto voglioso.
Mi rendevo nebulosamente conto che il piacere maggiore di mio marito era vedermi -o sapermi- con altri uomini ed io ero gelosamente felice che non puntasse principalmente allo scambio con un’altra coppia.
Già prima di sposarci, avevamo ‘il giro’ di andare a fare l’amore in macchina, prima nella sua 500 e poi un po’ più comodi con la 127 e quando si era reso conto che ci stavano spiando, si era eccitato ancora di più; eravamo diventati una presenza familiare per i guardoni delle alture, tanto che si avvicinavano alla nostra macchina fino a premere i nasi sui finestrini, mentre si masturbavano.
Mario aveva fatto amicizia con alcuni di loro e, quando non potevo vederlo, magari andava lui in altura a spiare le altre coppie.
Frequentavamo inoltre una scogliera dove si faceva serenamente nudismo ed un giorno Mario incontra un suo conoscente, Marco: un ‘signore’ alto, snello, con solo un’aureola di capelli neri e sopratutto, un ‘vecchio’: probabilmente ben oltre i quaranta contro i nostri ventisei!
Mario fa le presentazioni, mi racconta che che &egrave un suo vecchio amico e, dopo un po’, annuncia che va a nuotare e mi lascia con l’uomo.
Mi era venuto in mente come mio marito lo conoscesse: lui mi aveva raccontato che ogni tanto incontrava Marco in un certo piazzale, saliva sulla sua auto e poi andavano in altura dove Mario succhiava e si faceva scopare dall’uomo.
La persona era gradevole, affabile, scherzosa il giusto; una compagnia davvero simpatica per ridere e chiacchierare mentre, con la coda dell’occhio, vedevo mio marito che nuotava nei paraggi tenendoci d’occhio, forse sperando di vedermi abbassare sul pube di Marco e succhiarglielo.
Avevo cortesemente dissuaso l’uomo da approcci sessuali, spiegandogli (coi dettagli che lui mi chiedeva) come mi piacevano i maschietti e facendogli quindi intuire che fosse decisamente un fuori-quota; lui non fece una piega e fu affabile e simpatico per il resto del pomeriggio, anche quando mio marito si unì alla conversazione.
All’ora di andare via, Marco lasciò cadere un: ‘Magari, se mi lasciate il vostro numero di telefono, una sera di queste vengo con un amico ed andiamo a bere qualcosa dopocena…’
Guardai Mario che aveva una luce implorante negli occhi dove lampeggiava quasi la scritta ‘Accetta! Accetta! Accetta!’
Marco era stato affascinante e si era lasciato sfuggire che conosceva molti tipi come piacciono a me… Gli diedi il nostro numero di telefono, incuriosita ed intrigata.

Passarono tre o quattro giorni, poi Marco ci telefonò, una sera e ci accordammo per andare a bere qualcosa dopocena la sera dopo.
Per difendere la nostra privacy, gli demmo l’appuntamento a trecento metri da casa nostra e la sera dopo arrivammo per primi al luogo dell’incontro.
Mario mi aveva spiegato che l’amico aveva -ai tempi- una Mini Minor, ma quella sera arrivò con una Volvo 740 station wagon.
Scesero, lui e il suo amico Giorgio e lui ce lo presentò: avrà avuto massimo ventidue, ventitr&egrave anni, muscoloso non poco, faccia volgare ‘da borgataro alla Pasolini’ (come lo avrebbe poi definito Mario, ma senza malevolenza) e… maschio, molto maschio!
Mi guardò e gli occhi gli luccicavano come quelli di un lupo davanti ad un agnello… sentii una fitta alla fichina.
Marco manovrò perché mio marito sedesse sul sedile del passeggero, mentre io occupai il divanetto posteriore con Giorgio; il nostro maturo amico, coinvolse ed impigliò definitivamente mio marito in una discussione politica (erano i primi anni 80, ancora annidipiombo e le città la sera erano deserte…), lasciando al borgataro ampia libertà di parlare con me e… gli scostai con dolcezza la mano dalle mie cosce un paio di volte, durante il percorso di due-tre chilometri per arrivare alla nostra destinazione.
Lasciammo la station wagon ed entrammo in un american bar abbastanza noto, in un luogo abbastanza elegante della città.
Eravamo nel mezzo della settimana e quindi, quando ci sedemmo sulle poltroncine intorno ad un basso tavolino, solo un altro paio di tavoli erano occupati e un paio di persone bivaccavano sugli sgabelli davanti al bancone, ma il locale &egrave abbastanza grande da sentirci come fossimo stati soli.
Marco continuava a bloccare l’attenzione di mio marito sulla discussione che stavano pacatamente conducendo, mentre Giorgio faceva sfoggio di un fascino inaspettato ed io… io ero sempre più eccitata, sia dalle parole che dai furtivi sfioramenti, alle cosce ed ai seni, che lui ogni tanto combinava.
Era almeno una mezz’ora che eravamo lì ed avevamo quasi finito i nostri drink…
Giorgio, si piegò verso di me e mi sussurrò qualcosa all’orecchio. Sorrisi: la sua proposta mi divertiva ed eccitava.
Mi alzai e mi rivolsi ai due che non smettevano la loro discussione: ‘Scusate… volevo dire che… vado un attimo in bagno…’
Mio marito si bloccò a metà di una frase, mi guardò un istante, fece un cenno col capo di aver capito e riprese, concludendo la frase.
Entrai nell’antibagno, dov’era il lavabo e attesi: Giorgio mi raggiunse quasi subito.
Ci baciammo, ci stringemmo, lui mi strizzò i capezzolini attraverso il vestitino di spugna che indossavo e poi abbassò le mani, mi palpò le chiappine e mi fece scendere gli slippini fino alle ginocchia; allora li lasciai cadere in terra e li raccolsi, ma lui me li sfilò di mano e se li mise in tasca, ghignando.
Me lo aveva fatto sentire da sopa i jeans e volevo vedere se davvero era tantaroba come sembrava alle mie mani: gli slacciai il bottone ed abbassai la zip e un cazzo durissimo, turgido, con una grossa cappella paonazza, sfrecciò fuori!
Lui mi mise una mano sulla testa ed io non mi rifiutai: dovetti allargare ben bene la mascella -perch&egrave era ben più grosso di quello, già soddisfacente, di mio marito- per farmela entrare in bocca e poi cominciare subito a succhiarla, gustando con la lingua la gocciolina subito spuntata in cima al suo bel cazzo.
A Giorgio piaceva, lo capivo dai sussulti della sua asta, ma mi mise delicatamente la mano sotto il mento e mi fece alzare, baciandomi in bocca.
Poi mi sollevò di peso e mi mise a sedere sul lavabo, sempre baciandomi: avevo capito le sue intenzioni ed aprii al massimo le gambe, divertita dalla novità: voleva scoparmi seduta sul lavabo.
Controllò con due dita che fossi abbastanza eccitata, ma si insalivò in un lampo le dita e me le spennellò sulla fichina, ad ogni buon conto.
Poi… poi sentii la sua grossa cappella sulle ninfe, e i suoi pollici che me le scostavano e poi lui che lentamente, con delicatezza entrava dentro di me e mi sforzava le mucose, ma facendomi sentire colmata.
Ci mise un pochino per entrare tutto e si fermò un attimo per farmi abituare alle sensazioni.
Avevo le braccia attorno al suo collo ed incrociai le caviglie sulle sue reni, mentre il suo grosso pistone cominciava a scorrere dentro di me, prima piano e poi a velocità sempre crescente e la mia fichina ruscellava il mio piacere.
Come mi disse poi, Mario ad un certo punto realizzò che ero andata via già da un po’ e, guardandosi in giro, non aveva più visto neanche Giorgio; troncò il confronto con l’amico ed alzandosi in piedi gli disse ‘Scusami un attimo…’, mentre aveva avuto l’impressione che Mario sorridesse impercettibilmente, sornione.
Si era mosso verso i bagni, combattuto tra la paura di fare la figura dell’idiota -perch&egrave non era successo nulla- o del geloso, o del cornuto e la speranza che fossimo chiusi in un camerino a trombare.
Aveva fatto un profondo respiro e poi, come ci si tuffa in acqua, aveva aperto la porta, rimanendo impietrito.
‘Ma cazzo, accidenti!!! -ci investì- Ma non potevate chiudervi in un cesso? Se entrava qualcun altro, sai il casino che scoppiava???’
Poi se ne andò, agitato, mentre io e Giorgio ridacchiavamo, divertiti della… monelleria.
Mentre ci ricomponevamo in qualche modo, lui era tornato a sedersi ed aveva comunicato a Marco la sua scoperta e la assoluta mancanza di stupore di questi, avevano fatto intuire a mio marito che probabilmente i due furboni avevano programmato ogni cosa.
Tornammo a sederci, ridacchiando e restammo nel locale ancora una decina di minuti.
Poi Marco propose: ‘Andiamo a fare un giro in macchina…’; così uscimmo e tornammo sulla Volvo, Mario sempre davanti a discutere ed io sempre dietro con Giorgio, con quale ormai avevamo confidenza e quindi mi godevo le sue palpate, i suoi baci e le sue carezze.
Il porco se lo era tirato fuori ed io glie lo masturbavo lentamente, mentre mi rovistava nella fichina con tre dita e, a volte, spingeva il medio anche a sondarmi il culetto.
Mi mise una mano sul collo e capii: mi abbassai e cominciai a fargli uno dei miei migliori pompini, leccandogli lo scroto, l’asta ed il glande, poi facendomelo entrare in bocca ed aspirandolo mentre lo massaggiavo con la lingua…
Mario poi, a casa, mi raccontò che era infervorato a discutere con Marco e che aveva casualmente girato la testa verso di noi, accorgendosi che stavo spompinando Giorgio; si sentì in imbarazzo -non voleva disturbarci o far la figura del guardone, il mio dolce amore!- e si girò bruscamente a guardare in avanti.
Ogni tanto, però, non resisteva e gettava una rapida occhiata, rubando rari fotogrammi di ciò che avveniva sul divano posteriore.
Una delle sue ultime sbirciate, mi sorprese ormai impalata sul suo cazzo duro, abbracciata a lui che era comodamente seduto e provai un fremito di piacere a sentire una mano (un’altra mano! di Mario? Di Marco?) che mi accarezzava rapidamente le chiappine ed il buchino.
Sentii mio marito fare un forte sospiro e poi, infine, parlare all’amico: ‘Ho visto mia moglie toccata in auto da sconosciuti e l’ho vista anche trombata accanto a me; ho visto coppie scopare in macchina, ma non ho mai visto mia moglie scopata in macchina ed io fuori, come fossi un qualsiasi guardone…’
Sentii Marco rassicurarlo che, se era quello che voleva, lui stava cercando un posto tranquillo dove farlo scendere e permettergli di vedere me scopata da attraverso i finestrini.
Dopo un po’, mentre cavalcavo il mio stallone, mi resi conto che la macchina si era fermata ed una rapida occhiata mi fece capire che eravamo quasi sotto all’ultimo lampione di una stradetta che si perdeva nel buio.
Ero eccitata dalla situazione, completamente nuda -Giorgio mi aveva sfilato il vestitino estivo- a scopare in macchina con un -quasi- sconosciuto e mio marito che stava per scendere per potermi guardare da attraverso i finestrini, come un qualunque guardone segaiolo e mentre quel porco di Giorgio mi stava allargando il culetto con due dita, con l’evidente intenzione di mettermelo anche lì…
La luce interna mi fece capire che le portiere anteriori erano state aperte e dall’oscillazione sugli ammortizzatori capii che i due uomini erano scesi entrambi e poi avevano richiuso le portiere; girai la testa verso il parabrezza e vidi mio marito accostarsi al finestrino destro, mentre Marco apriva la portiera posteriore sinistra e, mentre Giorgio si (e mi) spostava un po’ più in là, si sedeva accanto a noi, richiudendo la portiera e facendo scattare la chiusura centralizzata delle portiere; una grande novità, all’epoca.
Subito sentii anche le sue mani sulla pelle e la libidine mi travolse: vedere l’aria buffamente disperata di mio marito, chiuso impietosamente fuori a fare davvero il guardone, mentre io ero lì con due maschi, mi mandava su di giri; perdonai Marco di essere vecchio, di essere pelato e mi dedicai anche a lui con la stessa passione che avevo riservato a Giorgio; succhiai con golosa passione quel cazzo che il mio maritino aveva già succhiato tante volte e poi, dopo un po’, me lo sentii entrare nel culetto, mentre Giorgio era sempre profondamente infisso nella mia fichina e mi venne quasi da ridere: anche mio marito era stato inculato da quello stesso cazzo, ma lui non poteva neanche immaginare quanto piacere mi potesse dare con anche un altro uccello -ben ben grosso, tra l’altro!- piantato dentro di me!
I due uomini dimostravano un ottimo affiatamento e mi fecero godere tantissimo; alla fine li sentii irrigidirsi entrambi dentro di me (si erano scambiati di posto e Giorgio mi aveva ben aperto il culetto, alla fine!) e poi sborrarmi dentro contemporaneamente, mentre anche il mio piacere esplodeva per un’ultima volta.
Mi sedetti sul divanetto, in mezzo a loro, a riprender fiato e loro furono delicati e gentili, dandomi piccoli baci sulla pelle surriscaldata e dolci, tranquille carezze ovunque.
Cercai la mia borsetta per recuperare un fazzolettino e darmi una pulita, ma Marco intuì il motivo del mio armeggiare e mi dissuase: ‘No, dai… non ti pulire: ci farebbe piacere che andassi a casa così, portandoci dentro di te… poi potrai pretendere, in cambio di quanto tuo marito si sia divertito, che ti pulisca lui, con la lingua…’
Il suggerimento era interessante e lo applicai.
Mario mi ripulì tutta la patatina ed il culetto delle sborrate dei due e poi facemmo l’amore, furiosamente, fino a crollare esausti.

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