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Racconti Erotici Etero

I RISCHI DEGLI SMS

By 14 Agosto 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Era una maledizione. Non riusciva davvero a sopportare quel terribile senso di disagio. Dover correre al primo supermercato aperto, fiondarsi fra gli scaf-fali, individuare quello adatto per lei, che non fosse troppo fastidioso, che non le creasse irritazioni, per di più con la preoccupazione che da un momento all’altro si aprissero tutte le cataratte: non era il massimo quando si trovava per strada. Maledettissimi (ma utilissimi) assorbenti!
Il grande momento era alle porte: stava insieme a Francesco da ormai sei me-si. Una storia tenera tra sedicenni che vivevano nello stesso palazzo e da pic-coli avevano giocato a palla nel cortile e si erano azzuffati. Non c’era mai stata una particolare emozione nei loro primi incontri, poi un bel giorno lui aveva notato che sotto il solito vestitino a righe della sua amica Arianna si stavano sviluppando due piacevoli rotondità e le labbra, con un po’ di rossetto, non erano più così infantili.
L’aveva invitata a cena diverse volte, in presenza della famiglia: non voleva certo dare l’idea di essere un ragazzo poco serio. L’educazione che aveva rice-vuto gli imponeva di rispettare certi schemi. Dopo due settimane di timidi sor-risi e discorsi banali, una sera d’estate, dopo averla accompagnata a casa, ave-va trovato il coraggio di prenderle la mano e di baciarla. Arianna aveva sentito una piccola scossa, mentre lui assaggiava le sue labbra e dolcemente aveva infi-lato la lingua nella sua bocca. Si era sentita calda e strana e dopo l’aveva ab-bracciato, in silenzio, e aveva appoggiato la testa sulla sua spalla, tutta ver-gognosa del suo rossore. Dopo sei mesi di baci, si sentiva sempre più eccitata. Amava quel ragazzo alto e magro, con i capelli biondi a caschetto e lo sguardo sbarazzino, ma ultimamente più che guardarlo, le piaceva sentire il suo tremore quando era tra le sue braccia’ Lo sentiva ansimare, sudare e avrebbe voluto sco-prire quella cosa dura come il marmo che premeva sulla sua gamba.
A scatenare la tempesta ormonale era stata, poi, la moda ormai universalmente diffusa del perizoma sotto i pantaloni a vita bassa. Quando la mano irriverente di Francesco si era intrufolata lì dove non avrebbe dovuto, per prendere con un sorriso divertito fra le dita quel tratto di elastico spuntato all’improvviso’ Beh, certo: le parole che lei gli aveva rivolto non erano state proprio diploma-tiche. Ma la sera, da sola, a pensarci su’ Le era dispiaciuto che lui si fosse timidamente scusato e non avesse proseguito l’esplorazione. D’altronde, aveva pensato Arianna, a che serve indossare quella biancheria intima così bella espo-sta nelle vetrine, se non a vedere che effetto fa metterla in mostra? Non era questo che cercavano di scoprire le ragazze della sua età che correvano a com-prare i modelli più microscopici e ricamati, abbinandoli a jeans che non arriva-vano neanche a coprire il necessario?
La mattina dopo, appena sveglia, il trillare del cellulare aveva un qualcosa di particolare. Lei sapeva già da chi arrivava quel messaggino, ma non ne imma-ginava certo il contenuto. Il suo Francesco le aveva scritto l’sms nel cuore della notte: lo aveva capito vedendo l’ora di invio. Arianna lo vedeva nella sua mente, insonne e agitato, mentre pigiava sui tasti del suo cellulare. ‘Mi spiace x ieri sera ma 6 davvero troppo bella e t amo troppo’. Il suo cuore aveva preso a correre. Ma il seguito l’aveva mandato in fuorigiri. ‘T desidero da impazzire. Voglio fare l’amore cn te. ILY’.
Peccato che sul suo diario c’era una grande lettera in rosso a ricordarle che da quel giorno e per i prossimi sei giorni avrebbe dovuto continuare a pensarci e basta: ‘M.’ come mestruazioni. Che tortura! Telefonò subito al suo ragazzo, e come aveva sempre fatto, gli disse che non avrebbero potuto vedersi perché aveva mal di testa. Francesco non ne capiva molto, ma siccome era una faccenda che si presentava a intervalli regolari e aveva un termine preciso, non si era mai pre-occupato.
Quattro giorni di isolamento in casa, imbottita e nervosa: un’eternità! E in-tanto i messaggini di Francesco erano sempre più audaci’
‘Amore, qnd t vedrò nn so cosa succederà, nn riesco a pensare ad altro ke a te e a qnd sarai solo MIA’
‘Voglio sentire il calore della tua pelle nuda sotto le mie mani’ Sto esplo-dendo,t prego dimmi ke passerà presto questa settimana!’
Arianna piangeva, anche se Francesco lo sentiva tutti i giorni. Le aveva an-che mandato dei fiori. Non era l’amore però che le mancava e la faceva sentire così frustrata e depressa. I suoi pensieri e i suoi sogni erano pieni di sospi-ri, di candele, di letti e di corpi aggrovigliati.
E finalmente arrivò l’alba dopo quella dura notte di attesa. ‘Francy, voglio essere tua’ digitò svelta sulla tastiera del suo cellulare. Solo pochi secondi di attesa e il telefonino trillò allegro: ‘Alle 8 domani al casolare, amore mio’. Quella sera passò con ogni secondo scandito dai sogni, come se tutto ciò che le ruotava intorno fosse per Arianna un colorato sottofondo musicale di un film che già pregustava nella sua mente.
Non ci fu bisogno, la mattina dopo, che la sveglia suonasse all’ora stabili-ta: Arianna era già in piedi da un pezzo, cantando sotto la doccia. Il miglior profumo, la migliore biancheria, il trucco più accattivante: bella come non mai! Uscì da casa come volando. Gli sguardi ammirati che si voltavano verso di lei per strada erano, secondo Arianna, la prova generale di quello che stava per succedere.
Calma! Si impose di non perdere la testa. Era in anticipo: non doveva prece-dere Francesco; non &egrave certo nelle regole della prima volta che la ragazza dimo-stri tutto il suo desiderio. Varcò la soglia del casolare alle 8 in punto con il cuore che sembrava uscirle fuori dalla gola. Un luogo abbandonato da anni, buio e silenzioso, ritrovo preferito delle coppiette di quel paesino cattolico, come si capiva facilmente dai preservativi e dai fazzoletti sparsi in giro. Ogni tan-to il sindaco mandava qualcuno a pulire, protestando in tv per quella indecenza. Arianna sobbalzò sentendo che qualcuno stava arrivando alle sue spalle. Sembra-vano i passi di un elefante, lenti ma decisi. Si girò velocemente e rimase e-sterrefatta quando vide il giovane operaio. Era un ragazzo del paese, una volta aveva anche aiutato suo padre ad aggiustare le tubature. Non era molto alto, era castano, aveva la barba di un paio di giorni e indossava dei jeans strappati, una maglietta grigia e degli stivali verdi. I suoi occhi erano scuri e aveva le labbra carnose e leggermente screpolate.
‘Che ci fai qui, bella?’ le disse con un sorriso spavado. ‘Aspetti qualcuno?’.
Lei diventò paonazza: ‘Io’ ehm’ non so’ boh, tra poco arriv”.
Ma lui la interruppe subito: ‘Che bel vestito! Non avere paura, vieni qui!’ e le prese un braccio. Lei voleva divincolarsi ma era attratta, sentiva un odore di terra, di sudore e di vino poco costoso.
‘Non ti faccio niente di male, voglio solo parlare un po”, continuò spaval-do, mentre cominciò ad accarezzarle il braccio e ad arrivare vicino alla spalla. Voleva scappare ma si sentiva eccitata, aveva un fuoco in mezzo alle gambe.
‘Siediti qui sul muretto, non avere paura, come ti chiami?’.
‘Arianna”.
Erano seduti uno di fianco all’altra, nella penombra. Si vedeva la strada e le macchine che passavano veloci, ma nessuno poteva vedere loro.
‘Ti ho già visto a te, eri in piazza con uno. &egrave il tuo ragazzo, vero?’.
‘Si”.
‘Ci hai fatto l’amore? Cosa fate quando siete soli?’ chiese lui sospirando. ‘Ti ha messo le mani sotto la maglietta? Non lo dico a nessuno, te lo prometto’.
Ormai Arianna era come in trance. I suoi occhi erano fissi verso il basso. Dai jeans poteva distinguere la forma e il contorno di quella cosa. Un cazzo gonfio, enorme, che cercava spazio ed era ricurvo verso destra.
‘Lo vuoi sentire? Dai, che ti piace”.
Le prese la mano con forza e gliela guidò sul rilievo dei jeans. Era vivo, pulsante e voleva lei. Non ritrasse la mano e si spinse a fare una carezza pro-fonda. Il ragazzo ormai ansimava senza ritegno e cominciò a tastarle il seno, la pancia e le cosce. Prima lentamente e poi stringendo forte con le sue dita ruvi-de. Ma lei era ancora un po’ tesa e tremava.
‘Stai tranquilla, tesoro’ le disse sorridendo. ‘Non ti faccio nulla di male, soltanto cose belle!’.
Prese a baciarla sul collo e salì fino alle labbra, ma non le assaggiò,infilò subito la lingua con foga. Arianna si aggrappò al suo collo e rispose al bacio’ Ormai aveva superato il limite e non era il caso di tirarsi indietro sul più bello. Lui continuava a palparla e intanto armeggiava con la cerniera dei jeans.
Lei si sentì assalire da una vampata non appena vide tirarselo fuori. Un caz-zo così, rigido all’inverosimile, non l’aveva mai visto! E quando lui se lo ini-ziò a menare, avvicinandolo alla sua gonna, Arianna non riusciva più a staccare gli occhi da quella mazza dura e bellissima.
Ne fissò nella mente tutti i particolari. Un bellissimo cazzo roseo, lucido, con una gran cappella che usciva tutta fuori quando lui glielo avvicinava alla gonna e se lo strofinava contro le sue cosce. Dopo un po’ di quell’andirivieni, non poté più resistere: allungò la mano e lo prese. Il cuore prese a battere a mille non appena sentì quel grandissimo cazzo pulsare sotto i suoi polpastrelli.
‘Brava, mi stai facendo impazzire’ Continua, dai! Stringi forte!’.
Anche Arianna cominciò ad ansimare e dischiuse le gambe. Si scorgevano di-stintamente le sue mutandine nere di cotone, che coprivano appena l’indispensabile e lasciavano scorgere qualche pelo pubico. Era troppo per un uomo che lavorava dalle 6 di mattina fino alle 6 di sera e le uniche donne con cui aveva provato piacere negli ultimi mesi erano le conigliette di Playboy.
Improvvisamente le tolse la mano dal cazzo e le strappò via le mutandine, gettandole da qualche parte. Si inginocchiò davanti a lei e per un attimo restò in contemplazione di quella visione paradisiaca: una fica scura, leggermente di-schiusa e tutta bagnata, tanto che i peli erano quasi tutti appiccicati. Con forza la prese per la schiena e iniziò a leccargliela con voracità, quasi voles-se mangiarsela. La lingua percorse le grandi e le piccole labbra e poi saettò dentro e fuori, dentro e fuori, velocemente. Era salata, come l’acqua di mare. Arianna ebbe un fremito e gli strinse ancora di più la testa tra le cosce. Sotto le labbra lui sentì il suo clitoride, gonfio e pulsante come un piccolo pene, e iniziò a titillarlo con la lingua e poi lo prese in bocca e lo succhiò’ Lei gri-dò dal piacere e il ritmo dei suoi sospiri aumentò. Stava ormai gemendo come una puttana.
‘Ti prego’ non ce la faccio più’ lo voglio”. Non era lei che parlava: la sua testa se n’era andata da un pezzo. Lui non se lo fece ripetere due volte e si alzò subito, con il cazzo in mano. Lo poggiò sulla fica, cercando il buco, ma era difficile entrare: era molto stretta. Cominciò a strusciargli la cappella lì, sempre più velocemente, finché finalmente riuscì a penetrarla. Arianna gri-dò, per il dolore ma anche per il piacere e strinse le cosce attorno ai fianchi per farlo entrare tutto.
‘Mmmh’ che bello, come sei stretta” disse con voce rotta e poi cominciò a spingere, a spingere, a spingere’ Lo sentiva ingrossarsi ancora dentro di lei. Reclinò la testa all’indietro e gli mise le mani sul culo. Ormai la sua fica era tutta piena. La stava chiavando come una cagna in calore, si sentiva distinta-mente il rumore del cazzo che entrava e usciva con foga e dei fianchi di lui che sbattevano contro le cosce di lei: un ‘ciac-ciac’ continuo.
‘Ahh’ si, scopami più forte’ sono la tua troia’ gli urlò con voce tremante. L’uomo aumentò il ritmo delle spinte mentre la leccava tutta: sul viso, sul col-lo, e le stringeva le tette, pizzicandole i capezzoli. Lei fremeva ancora di più e non pensava. Era tutto un fuoco e le fitte di piacere si irradiavano per tutto il suo corpo, sempre più frequenti.
Poi fu un attimo’ una sensazione bellissima e indescrivibile, che la fece urlare. Era come essere trapassati da un raggio di sole. La sua fica si contrae-va senza controllo e lei era felice.
Dopo il suo orgasmo, il ragazzo non poté più resistere e, estraendo con dif-ficoltà il cazzo enorme, gli piazzò la cappella sulle labbra e la spruzzò tutta di sborra. Lei, in estasi e più porca che mai, si ripulì con la lingua. Restaro-no abbracciati due minuti, con il sesso di lui poggiato su quello di lei, poi l’uomo si staccò, ancora con i pantaloni calati, e fumò una sigaretta.
‘Sei una porcellina! Lo sai che non riesco più a farlo entrare nelle mutan-de?’ le disse con un sorriso.
‘Veramente’ ehm’ &egrave stata la mia prima volta’.
Il ragazzo la guardò meravigliato: come poteva essere? Una ragazza vergine che la dà a uno spiantato come lui, un poveraccio con un solo paio di jeans sporchi e logori? Ma poi notò che il suo membro era un po’ macchiato di sangue e allora le credette.
‘Spero che ti sia piaciuto prenderlo da me. Comunque mi chiamo Enzo. Ora devo andare a lavorare perché il capomastro altrimenti mi licenzia. Però ti lascio il mio numero, se vuoi rivedermi’.
Le scrisse qualcosa sul braccio e le stampò un bacio sulle labbra.
‘Ciao, tesoro!’.
Ancora attonita, lei lo salutò con un cenno della mano.
Il suono delle campane delle 8:30 la riportò bruscamente alla realtà. Come a-veva potuto comportarsi in quel modo? E se l’avesse vista qualcuno? Ma soprat-tutto: Francesco dov’era? Cominciò a correre freneticamente per la strada e, una volta arrivata a casa, entrò nel bagno senza salutare nessuno e si fece una lun-ga doccia, per cancellare l’odore di lui e la sua saliva dal suo corpo. Si sen-tiva in colpa ma era stato tutto così bello e così inaspettato’
Spense il cellulare, si infilò le cuffie dello stereo e stette tutto il gior-no ad ascoltare musica, chiusa nella sua stanza e senza badare a nessuno.
Il giorno dopo riaccese il cellulare. Una notte di riflessioni le era bastata per capire che ciò che aveva fatto l’aveva resa donna e non doveva spaventarsi di nessuno, perché era il suo piccolo grande segreto. Subito le arrivò una va-langa di messaggini, alcuni della sera prima e alcuni di qualche minuto avanti.
‘Amore sn arrivato t aspetto cn ansia’Il tuo Francy’, ore 19:51.
‘Ehi ma ke fine hai fatto? M sto preoccupando”, ore 20:20.
‘Ary x caso tua mamma ha scoperto qlcs e nn ti fa uscire? Ho kiamato e m ha detto ke 6 kiusa in camera da stamattina e nn vuoi sentire nessuno. Appena leg-gi, fammi sapere. T amo’, ore 20:47.
Non ci fu bisogno di leggere gli altri per rendersi conto che l’appuntamento non era per le otto di mattina, ma per le otto di sera!! Prese subito il telefo-no e cominciò a digitare il numero di Francesco. Mancava solo l’ultima cifra’ ci pensò’ si fermò’ ma scoprì che in fondo non aveva proprio niente da dirgli. Ave-va passato una magnifica mezz’ora che le aveva fatto scoprire tante cose di sé stessa; più di quante ne avesse imparate nella sua storia con Francesco. Spense il telefonino. Lo chiuse nel cassetto. E uscì.

Questo racconto &egrave ispirato alla confessione di una mia cara amica (il nome della protagonista del racconto non &egrave quello reale, ovviamente), non so se sia vera o meno…

Un bacio a tutti i navigatori!

Questo sito &egrave fantastico!

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