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Racconti Erotici Etero

I sette vizi – prologo

By 21 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Lemon, questo era il suo nome. Un nome eccentrico, unico, proprio come era lui. Proprio come piaceva essere a lui.
Ricco di famiglia, posizione priviliegiata nella società, aveva potuto permettersi di godere della vita senza dover fare alcun sacrificio.Un pò come si potevan permettere i letterati del diciottesimo secolo, che vivevano grazie ai fondi di famiglia. Però con tutti gli eccessi che può offrire il ventunesimo secolo.
Fin da bambino aveva vissuto nel lusso. Era stato cresciuto dai servitori di famiglia, in quanto i genitori eran costantemente impegnati ad ingrandire il patrimonio di famiglia. Era quindi abituato a ordinare; unico ostacolo alla sua libertà di comandare era il fratello, di due anni più grande.
Peraltro totalmente diverso. Due poli opposti in tutto e per tutto. E anche i nomi stessi sembravano confermarlo. Lemon, John. Uno particolare, uno totalmente comune.
John era uno di quegli uomini di chiesa, ligio al dovere e all’osservazione dei valori cristiani. E così, anche in periodo di infanzia, contrastava sempre il volere e le azioni di Lemon, vomitando discorsi su come bisognasse perseguire la morale del bene, dell’umiltà e della carità. Tutte quelle favolette che avrebbe raccontato Gesù, insomma.
E invece Lemon era guidato dalla ricerca della felicità. Questo era tutto.
Che poi per ottenerla fosse in una costante ricerca dei piaceri dei sensi e di nuove emozioni, senza pensare minimamente a ciò che poteva causare agli altri nel frattempo, non gli importava. Il fine per lui giustificava i mezzi.

 

Uno dei suoi ultimi intrattenimenti era frequentare “la casa della Padrona”. Una villa esteriormente come tutte le altre.
Ma che nascondeva la quintessenza della perdizione del piacere carnale.
Sarebbe volgare chiamarla bordello, tanto poteva offrire. Ovviamente la qualità aveva il suo prezzo, il lusso costa. Ma i soldi non erano un problema per Lemon. Tutto ciò che voleva era appagare i suoi desideri. E quelle donne non avevano certo difficoltà a farlo. Anche la scelta non costituiva un problema: si poteva possedere qualsiasi donna si desiderasse in quel momento. Mora, bionda, rossa, orientale, bassa, alta, snella, grassa. Qualsiasi voglia poteva essere soddisfatta.
Si raccontava che riuscivano a far venire un uomo senza toccare nessun organo sessuale, nessuna zona erogena. Certo, era una storia che aveva dell’assurdo, ma donava ancor più fascino a quella cerchia di sirene del sesso.

Solo una donna non era disponibile. Non era addirittura possibile toccarla. Non si sapeva nemmeno il vero nome. La chiamavano semplicemente “la Padrona” e da tale si comportava. Accoglieva i clienti e dopo aver ascoltato le loro richieste dava ordini alle altre, come fossero sue schiave.
Lemon le aveva più volte offerto pagamenti spropositati. Ma lei non aveva mai dato il minimo cenno di essere interessata a scopare con qualcuno. E neanche con lui. Solo in un’occasione aveva accettato a partecipare a un amplesso, seppur indirettamente.
Aveva ceduto a una richieste di Lemon nel giorno del suo compleanno: guardarlo mentre prendeva da dietro la sua puttana preferita, una morettina cinese che lui chiamava “Mani di Fata”. Erano andati in una stanza con uno specchio a muro e, fatta piegare Mani di Fata contro la parete, aveva iniziato a penetrarla. Colpi profondi ma lenti, perchè non voleva che finisse subito quel momento. E intanto guardava l’immagine riflessa della Padrona: era rimasta tutto il tempo in fondo alla stanza, ferma e in silenzio, vestita.
Ma a Lemon non bastava più quell’unico avvenimento. Voleva di più. Era avvelenato da lei. Si era innamorato di quei lineamenti un pò spigolosi, del suo viso sul quale iniziavano ad apparire le prime rughe dell’età, dei suoi movimenti lenti e leggiadri, della sua voce calma e decisa, sentenziosa. Ma la cosa che lo faceva impazzire di più era il fatto di non aver mai visto il suo corpo nudo. Mai un lembo di pelle sotto l’altezza del collo era scoperto.
Tutte le volte le chiedeva, fugacemente, se era disposta a concedersi e lei rifiutava; tutte le volte sorridendo maliziosamente. Ma la smania di Lemon cresceva e un giorno decise che non si sarebbe rassegnato davanti all’ormai conosciuto rifiuto.
Lei non rimase offesa o irritata dalla sua insistenza, ne sembrava anzi compiaciuta. Ma non cedeva, nemmeno alle offerte di denaro più folli.
“E va bene” lo interruppe a un certo punto, quasi sussurrando “ti concederò una possibilità. Ma io non sono una qualunque, non saranno i tuoi soldi o il tuo fascino a convincermi. Lo saranno i tuoi peccati. Dovrai compiere tutti e sette i vizi capitali. Più saranno singolari, più avrai possibilità che io faccia sesso con te. Ma dovrai anche portarmi delle prove o non ti crederò, non sono così ingenua. E soprattutto, mi voglio divertire.”
Lemon fremeva. Fremeva di peccare, fremeva di adempiere alla richiesta, ancor più ammaliato dal fascino della Padrona. Il dover superare delle prove lo eccitava ancora di più. Tutto ciò che voleva era lei. E ora, aveva la chiave per farlo.
Accompagnandolo all’uscita la Padrona disse “E poi, nel caso esistesse l’inferno, voglio essere sicura che chi mi ha scopato ci finisca.”

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