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Racconti Erotici Etero

Idiopatica

By 24 Febbraio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Passare le festività natalizie e di fine anno da solo &egrave veramente triste.
Quando Carlo mi invitò a trascorrerle con loro, lui e la moglie Mariella, nella casetta di Madonna di Campiglio, ne fui felice. Lo dissi a Lucia, che considero un po’ la mia donna, anche se i rapporti non sono sempre facili, ma lei, con la malagrazia che la distingueva, ha rifiutato decisamente. L’ho riferito a Carlo, scusandomi per la rinuncia, ma lui ha insistito moltissimo, affermando che a Madonna troveremo altri amici.
E, quindi, sono partito con loro.
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Siamo andati a sciare.
Appena lasciata la funivia, Carlo ci ha salutato e ha detto che lui, ‘provetto’, sceglieva la pista rossa, quella difficile. Ci ha fatto ciao con la mano e si &egrave allontanato rapidamente.
Mariella ha scosso la testa, un po’ sconsolatamente, e mi ha guardato.
‘Piero, io sono poco più di una principiante, se vuoi va pure. Mi aggiusterò alla meglio.’
‘No. Ti aiuto a sistemare gli sci, e, se vuoi, andiamo un po’ i là, a provare qualche modesta e facile discesa.’
‘Dici?’
Annuii.
‘E se prima bevessimo qualcosa di caldo al bar della stazione della funivia?’
‘D’accordo.’
La presi sottobraccio, all’ingresso lasciammo gli sci, entrammo. Ordinò un ‘mandarinetto bollente’, lo scelsi anche io.
‘Certo che l’hai presa bella la fregatura, Piero. Lo sai quanto sia egoista Carlo, tutto sommato &egrave felice che Lucia non abbia potuto accompagnarti, così io, che sono un impaccio per lui, specie in montagna, resto imposta a te che sei così gentile”
Le toccai il braccio. Affettuosamente.
‘Se questa &egrave imposizione, ci metto la firma. Sto bene in tua compagnia, mi sento sereno, disteso, tranquillo. Se vuoi restiamo qui.’
‘Ma no, meglio provare come riesco a mantenermi sugli sci.’
Uscimmo, riprendemmo gli sci, andammo poco distante, in un luogo scarsamente frequentato.
L’aiutai infilare gli sci. Mi disse che si sentiva sicura.
Invece’ si era appena avviata, lentamente, che perse il controllo, aumentò la velocità malgrado la modestia della discesa’ cadde’ e non molto bene. Lo sci non si staccò.
Corsi subito verso di lei, slacciai lo sci e riuscii, con molta cautela, a farla uscire da quella scomoda posizione. Si toccò il ginocchio, disse che le faceva molto male.
Si avvicinarono altri sciatori, uno disse di essere infermiere. Sempre delicatamente riuscimmo a togliere scarpone, calzettone. L’uomo toccò, con evidente pratica, la caviglia, tirò su il pantalone tagliando un po’ della cucitura, palpò il ginocchio. Mariella stringeva le labbra, disse che le faceva male lì, al ginocchio, non poteva muoverlo. L’uomo chiese se ci fossero delle bende, qualcuno corse al bar, c’era la cassetta di medicazione, la portò, molte bende di varie dimensioni. L’infermiere la bendò alla meglio, dopo aver bagnato le bende nella neve e aggiunse che la donna doveva andare al pronto soccorso. Chiamammo la slitta dell’assistenza, giunse in brevissimo tempo. Di Carlo neppure l’ombra. Pregammo la cassiera del bar di dire dell’accaduto se qualcuno avesse chiesto qualcosa.
Riuscimmo a raggiungere rapidamente il pronto soccorso. Dopo accurati accertamenti conclusero per una distorsione di primo grado, per fortuna, che richiedeva solo immobilizzazione della parte e consigliarono un apposito tutore.
Tornammo a casa, con un taxi.
Mariella era aggrappata a me. La sollevai di peso e la portai nella sua camera, sul suo letto. L’aiutai a togliere un po’ di roba (pantaloni e calzamaglia erano stati levati al pronto soccorso e lei era stata avvolta in una coperta che avremmo restituito), le feci indossare il pesante pigiama di flanella e la feci mettere sotto le coltri.
Mi guardò con tanta tenerezza, si scusò per il fastidio che mi arrecava e mi ringraziò con lungo bacio sulla guancia e lei abbracciata al mio collo.
Sembrava una bambina spaventata.
In effetti, Mariella non dimostrava i suoi 32 anni, sembrava una adolescente. Piccola, graziosa, con un visetto delizioso. Avevo potuto constatare che aveva delle belle gambe ed anche delle procaci tettine.
Beh. Dovevo scacciare quei pensieri.
In quel momento tornò Carlo.
Era infuriato.
Prima ancora di domandare notizie moglie, disse che quando uno non sa reggersi in piedi sugli sci &egrave meglio che li lasci a casa, e che erano anni di inutile tentativi, quelli di Mariella.
‘A proposito, cose ti sei fatta? Come stai? Vuoi vedere che dobbiamo tornare a casa?’
Infatti, tornammo a casa, tra i mugugni e i gestacci di Carlo!
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Telefonai a Mariella, le chiesi se e quando potessi andare a trovarla.
Mi rispose che potevo andarci subito, Carlo era in gita con amici, le avrebbe fatto piacere vedermi.
Sapevo che era ghiotta di gianduiotti, ne acquistai una grossa scatola e bussai alla sua porta. Venne ad aprirmi Nicolina, la colf, mi fece entrare nel salotto dove, in poltrona, era Mariella, in una elegantissima lunga vestaglia celeste chiaro che faceva risaltare il nero dei suoi capelli, la splendida carnagione.
Era graziosissima, truccata leggermente, con la frangetta che la faceva ancora più bambina e che mi piaceva da morire.
Le tesi la mano, alzò la testa sorridendomi e mostrando chiaramente di voler essere baciata sulla guancia. Pelle vellutata, come quella di una pesca.
La gamba infortunata era poggiata su uno sgabello.
Le porsi i gianduiotti, le si illuminarono gli occhi.
‘Grazie, lo sai che sono golosa”
Aprì subito, ne scartò uno e lo mangiò ghiottamente. Mi disse di prenderne, rifiutai cortesemente.
‘Come va, Mariella?’
‘Così!’
Scostò un lembo della vestaglia.
Indossava un leggero ma lungo tutore, una ginocchiera articolata, che andava dalla coscia alla caviglia. La vestaglia era completamente aperta, e la coscia si vedeva ben al di sopra della ginocchiera, fino a dove le gambe si congiungevano. Non so se si accorse che deglutii nervosamente. Era uno spettacolo, tutto sommato, incantevole. Strano, avevo veduto Mariella al mare, ma non mi ero accorto dello splendore delle sue gambe. Era veramente bella. Una bambolina.
Non era molto alta, credo un metro e sessanta, e con un personalino affascinante.
Lasciò aperta la vestaglia, mi fece cenno di sedere, di fronte a lei.
Nicoletta si affacciò e disse che andava a fare la spesa. Mi chiese se gradissi un caff&egrave. Le dissi che andava bene così. Grazie.
Fu naturale che il discorso cadesse su Madonna di Campiglio, l’incidente, l’irritazione di Carlo, il penoso viaggio di ritorno.
‘Se non sbaglio, Mariella, siete sposati da circa dieci anni.’
‘Nove, per la precisione?’
Solo dopo aver formulato la domanda mi accorsi di essere indiscreto, importuno.
‘Come mai niente bambini? Non ne volete?’
I tratti del volto le si indurirono.
‘E’ il tema del quale Carlo si serve per trattarmi male, umiliarmi. Abbiamo fatto ricerche, sembra che lui sia perfettamente a posto, e a me non hanno trovato nulla di anormale, sia anatomicamente che funzionalmente, ma non sono riusciti a far nulla. Hanno concluso: sterilità idiopatica, cio&egrave che non sanno spiegarsi!’
Allungai la mano per carezzare la sua.
Lei ammantò la gamba, con la vestaglia, vi poggiò la mia mano, la coprì con le sue piccole dita affusolate.
Mi sporsi verso lei, con l’altra mano le carezzai affettuosamente la guancia.
Mi guardò e sorrise.
Conoscevo da molti anni Mariella, ma ora la vedevo sotto una luce completamente diversa. La credevo un tipo superficiale, puerile. Si dimostrava, invece, una splendida donna-bambina un po’ malinconica e certamente scontenta della vita che conduceva, c’era una evidente vena di delusione nel suo atteggiamento, nelle sue parole. E sentivo che aveva tanto desiderio, forse tanta necessità, di tenerezza, dolcezza, amore, premure, coccole.
Occhi splendidi, lucidi per un sottile velo di lacrime, occhi dolci, li battezzai occhi di cerbiatta.
E fu naturale ripetere la carezza sulla guancia. Prese la mia mano, ne baciò il palmo.
Mi stavo accorgendo che la situazione stava scivolando verso dove non dovevo andare. Non &egrave che non volevo, ripeto, non dovevo.
Rimanemmo silenziosi, guardandoci, e poi fui io a cercare la scappatoia.
‘Fai riabilitazione, fisioterapia?’
‘La comincerò fra qualche giorno, ed &egrave anche difficile dire come potrò raggiungere il fisioterapista. Nicoletta non sa guidare l’auto. Prenderò un taxi.’
‘Sarei felice di poterti accompagnare io.’
‘Ma &egrave un enorme fastidio”
‘Sarebbe un vero piacere. Se manco un po’ da studio le cose vanno avanti da sole, e non ho alcun altro impegno, da buon vecchio scapolo.’
‘Scapolo si, ma se sei vecchio tu a quarant’anni!’
‘Diciamo quarantacinque!’
‘Puoi dire anche trentacinque e tutti ti crederebbero.’
‘Adulatrice.’
‘Niente affatto, Piero, sembri più giovane di Carlo che non ancora compie i 40!’
Colloquio futile, un po’ sul mio lavoro, poi la sua attività di eterna supplente di storia dell’arte, gli immancabili piccoli disaccordi di coppia. Lei riteneva Carlo un grosso egoista, alquanto prepotente e preoccupato solo del proprio io. Quella sterilità, poi, era oggetto di ironia.
‘Idiopatica’ ‘le diceva- ‘non riesci nemmeno a esprimere una patologia, che, comunque, &egrave evidente in te!’
Per fortuna tornò Nicoletta.
Dissi che dovevo andare, la salutai affettuosamente ‘un rapido bacetto sulla guancia- e le confermai che avrei telefonato per sapere quando portarla a fisioterapia.
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Una cronaca particolareggiata del come sono maturate le cose trasformerebbe un breve racconto in una lunga e romantica narrazione, noiosa per chi non &egrave interessato ai dettagli, alle circostanze.
All’inizio della fisioterapia, poiché Mariella non poteva camminare se non per pochissimi passi, la prendevo sulle braccia. Poi, però, quando le era quasi normale gironzolare per case e fare quattro passi fino al bar, continuai a prenderla in braccio, sempre più stringendola a me, cullandola, e sfiorandole il volto con piccoli e non respinti baci.
Fu verso una delle ultime sedute fisioterapiche che, accompagnandola a casa, e profittando che Nicoletta non c’era, fu irresistibile il desiderio di abbracciarla e poggiare le mie labbra sulle sue che si dischiusero dapprima con qualche esitazione, ma poi le nostre lingue, avide e golose, si cercarono, si avvilupparono. I nostri corpi volevano fondersi, le mie mani, vogliose, curiose, le carezzavano la schiena, il magnifico tondeggiare dell’ammaliante sodo fondoschiena. Si alzò sulla punta dei piedi, sentivo il suo grembo caldo, e non poteva sfuggirle l’evidenza del mio desiderio. Tanto!
Ci staccammo, ansanti ed infiammati.
I suoi occhi, splendidi, esprimevano gioia e rammarico.
‘Non possiamo’ Piero’ non possiamo’ ti prego’ scusami”
Si staccò da me e fuggì nella sua camera.
Mi diressi alla porta d’uscita, l’aprii lentamente, uscii, la richiusi delicatamente. Scesi. Rimasi a lungo in auto, con lo sguardo nel vuoto. Confuso, dubbioso, perplesso.
Sabato, ultima seduta di riabilitazione.
Mi domandavo come avrei fatto, quale pretesto avrei addotto per rivederla.
Glielo dissi. Fece un profondo sospiro, alzò le spalle.
‘Io desidero vederti ancora, Mariella, non posso farne a meno.’
Eravamo seduti in auto, sotto casa sua. Poggiò la sua mano sulla mia.
‘Anche io, Piero. Sento che mi mancherai’ molto”
‘Forse non &egrave bene restare qui, oggi &egrave sabato, se Carlo dovesse vederci, dato che &egrave giorno libero, potrebbe seccarsi”
‘Carlo &egrave fuori, da stamattina, &egrave andato a Punta Ala per una gara di Golf, non torna prima di domani sera.’
La guardai con occhi che le dicevano tutto il mio desiderio. Divenne improvvisamente pallida, poi avvampò. Annuì, in silenzio, aprì lo sportello dell’auto. La seguii immediatamente.
Ero tentato di abbracciarla, dovetti controllarmi.
‘Quindi, a casa c’&egrave solo Nicoletta?’
Scosse la testa in segno di diniego.
”.e quando torna?’
Un profondo sospiro, testa bassa, voce bassa.
‘Domani sera.’
Fu come se un lampo mi attraversasse la mente, per qualche attimo non capii nulla. Mi trovai in casa di Mariella, nell’ingresso, senza ricordare di aver preso l’ascensore, che lei aveva aperto la porta’ Era stata capace a fare tutto questo, mentre io’
La presi tra le braccia, la baciai appassionatamente, con fervore, passandole le mani sul suo delizioso corpo che mi stava facendo impazzire.
La sollevai di peso, mi cinse il collo con le stupende braccia. Sentivo il calore di lei, mi avviai verso la camera da letto, la deposi sul letto, non ne potevo più, le sbottonai il vestito, lasciava fare, trafficai col reggiseno, lo tolsi.
Bellissime tettine, tonde, sode, con una meravigliosa ciliegia rossa che le impreziosiva, mi gettai quasi, su lei, e mentre ciucciavo avidamente una tetta, con una mano la palpeggiavo, scesi giù, quasi le strappai le mutandine, mi staccai un po’ per vederla, contemplarla, perfetta, gambe splendide, riccioli nerissimi, tuffai la mia testa su quel groviglio serico, morbido, che eccitava la mia lingua, lambii, penetrai, sentii il meraviglioso acre che stillava dalla fremente, calda, stupenda vagina, titillai il clitoride, la mia lingua entrò in lei, girò tutto intorno, uscì e rientrò.
Mariella vibrava come percorsa dall’elettricità, tremava, palpitava, gemeva, le gambe si strinsero intorno alla mia testa, e fu pervasa da un orgasmo incontenibile, che non finiva mai. Poi giacque. Ne assaporai a lungo il nettare delizioso. Ero eccitatissimo.
Finalmente, riuscii a sollevarmi. Lei aprì gli occhi, mi guardò con espressione estatica, incantata. Voce affannata.
‘Piero’ amore’ ma cosa mi hai fatto’ cosa? Non ho mai provato una sensazione, un piacere, una voluttà simile’.’
Mi tese la mano, mi avvicinai a lei’ l’altra mano incontrò la mia patta che stava per scoppiare, annuì energicamente, con risolutezza’ Poi mi lasciò e cominciò a togliere il vestito spiegazzato, quanto le era rimasto addosso.
In men che non si dica ero rimasto nudo, con una impetuosa e impaziente erezione.
Venne di fronte a me, incantevolmente vestita di nulla.
Era piccolina, bellissima, un personalino seducente, stuzzicante, appetitoso, una luce invitante nei suoi occhi, le tesi le braccia. Fu un attimo.
Mi saltò con le braccia al collo e le gambe avvinte alla mia schiena. Il fallo era quasi tra le sue natiche sode e calde che afferrai con forza, si staccò un po’, si mosse. Con una mano presi il glande e lo posizionai all’ingresso tumido del suo sesso, si avvinghiò ancor più, si impalò fremente, deglutendo. Io tenevo sempre le sue chiappette energicamente abbrancate, strette.
Cominciò una danza che mi stava facendo impazzire, sentivo il piacere salire rapidamente, il suo lungo gemito incalzante mi eccitava anche di più. Mi mungeva, quella deliziosa donnina, mi stringeva in lei. Il suo grembo sussultava, il suo ventre carezzava il mio’
Oddio’ stavano per rompersi le dighe del mio seme, come fare’.
Lei stava mugolando di piacere, avvicinai le labbra al suo orecchio’
‘Mariella’. Mariella’ sto per ”
Non mi fece finire, si dimenò ancora più in fretta, si avvinse ancor più a me, spingendo forte il suo sesso, ansando, farfugliando’ niente da fare’ troppo tardi’ sentii erompere con violenza e generosamente il seme che non ero riuscito a controllare.
Mariella afferrò con avidità le mie labbra, le succhiò, e nel contempo la sua vagina ciucciava voracemente il mio fallo, carezzava il glande’
Tremavo, addirittura temevo di cadere. Dietro di me c’era una poltroncina, di quelle senza braccioli, cercai di sedermi, quasi vi caddi di peso, e lei con me. Il fallò penetrò ancora più’ Non so quanto restammo così.
Mariella, con fare spossato, con occhi socchiusi, con andare simile a quello di una persona ubriaca, si sollevò pigramente, si fece cadere sul letto, a pancia sotto, con le braccia spalancate, le gambe semiaperte.
Una visione incantevole, stimolante. Un sederino meraviglioso.
Mi avvicinai a lei, mi chinai e le baciai i calcagni, risalii lentamente al polpaccio, la mia lingua la lambiva golosamente. Più su’ la coscia’ ed ecco, finalmente, le natiche, perfette, vellutate come una pesca, sode, che al contatto con le mie labbra si contrassero. Erano fascinose, come un frutto succulento’ non resistei alla tentazione di addentarle, cercando di non stringere troppo. Sentii che si indurivano’ la lingua s’avviò verso la schiena la percorse tutta, con golosa lentezza, soffermandosi ogni tanto, per assaporare i fremiti che percorrevano quella pelle liscia e delicata, la baciai sul collo.
Il fallo, intanto, aveva strisciato sulle sue cosce e, guarda caso, s’era andato a infilare proprio tra quelle palpitanti chiappette che lo stavano stringendo voluttuosamente. Mariella si sollevò un po’ sulle ginocchia, la mia mano corse al mio glande e lo portò subito all’ingresso palpitante della calda vagina. Le nostre spinte si incontrarono. Ero nuovamente in lei. Le mani le ghermivano le tette, le dita titillavano i capezzoli, il clitoride. Lei sculettava divinamente, io stantuffavo a tutto vapore, e c’incontrammo, insieme, sulla vetta del piacere, travolti da un godimento incontrollabile, meraviglioso’ e poi giacemmo, io inlei, esausti e felici.
‘Sei meravigliosa, Mariella, eccezionale, straordinaria”
Eravamo ancora affannati.
‘E’ stupendo Piero, favoloso’ non so cosa mi capita’ sei magnifico”
E la stretta del suo grembo testimoniò il suo piacere.
Sembravamo sempre affamati e indistruttibili, instancabili. Mi meravigliavo della mia vigoria, del rapido rifiorire del mio sesso che si mostrava gagliardo e insaziabile, inesauribile. Ci baciavamo, carezzavamo, abbracciavamo, ci esploravamo, curiosi e felici, e riprendevamo ancora ad amarci’.
Mariella, con aria rapita e affascinante, si alzò, andò nel bagno, tornò con un accappatoio, che mi porse, tornò ancora nel bagno e sentii lo scrosciare della doccia. La raggiunsi, entrai anche io sotto l’acqua, la scusa era buona per carezzarla ancora, per strusciarmi a lei. Ci asciugammo reciprocamente, indossammo vestaglia e sandali. Mi prese per mano, si avviò verso la cucina, aprì il frigorifero, c’era della macedonia di frutta. Portò sul tavolo il vaso che la conteneva, prese dal cassetto due cucchiai. Io sedetti e lei si pose sulle mie ginocchia. La mangiammo tutta, era ottima. Mariella, senza alzarsi, aprì un altro cassetto e tirò fuori delle ottime cioccolatine. Erano veramente buone. Ne metteva una tra i denti e avvicinava la sua bocca alla mia. Era proprio una bambina, una deliziosa bambina.
Ad un certo momento, percepì gli inequivocabili segni della mia nuova eccitazione; si mise a cavallo, scostò la mia e la sua vestaglia, si sollevò sui piedi, afferrò il glande, con impazienza, come se obbedisse a un impulso impellente, a una necessità imperiosa e indifferibile, e si impalò voluttuosamente con la sua calda, piccola, meravigliosa vagina che palpitava vogliosa e sensuale.
Che scopata! Perfino più sensuale e passionale delle precedenti.
Fu tanta la sua foga, la sua veemenza, il suo ardore, che dopo un conturbante e interminabile orgasmo, che la sconvolse impetuosamente, si aggrappò al mio collo e poggiò la testa sul mio petto. Si placò lentamente, il respiro tornò normale, divenne lento e cadenzato. Si assopì, come una bambina, sì, ma col mio sesso in lei! Inutile dirvi le ore successive, l’indomani, ed anche i giorni seguenti.
Non appena poteva mi telefonava, veniva a casa mia, ed erano momenti di travolgente passione.
Temevo che non sarei stato capace di mantenere quel ritmo, era possessiva, ingorda, avida. Ma mi sapeva donare sensazioni inimmaginabili.
Era un mese che andavamo avanti così, senza diminuire qualità e quantità dei nostri incontri appassionati.
Mi telefonò a studio, voleva vedermi subito, era in auto, stava arrivando.
Entrò con una strana luce negli occhi, un volto splendente, radioso’ sventolava un foglio che aveva in mano. Chiuse la porta, e mentre si avvicinava alla mia scrivania quasi mi gridò: ‘Sono incinta, Piero, sono incinta’ abbiamo un figlio’ nostro figlio!’
Sedette sulle mie ginocchia, mi abbracciò e baciò, follemente.
‘Nostro figlio?’
‘Certo, amore, certo’ con Carlo non ho rapporti da almeno tre mesi’ nostro’ solo nostro’. Alla faccia della ‘idiopatica”. &egrave da lui che il mio fisico non voleva un figlio, da lui’ da Carlo’ perché sapeva, da sempre, che ci saresti stato tu”
Si alzò, come in preda a esaltazione. Andò a sedere sulla scrivania.
‘Adesso, Piero’ adesso’.!’
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