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Racconti Erotici Etero

Il camice

By 16 Aprile 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

“E domani mattina, sotto il camice niente”. Questo era stato il tuo ultimo sms della sera prima.
Venerdì, ultimo giorno della settimana, mi saresti venuto a prendere direttamente in studio e io sarei dovuta rimanere tutto il giorno lì con indosso il mio camice, senza nulla sotto affinch&egrave, una volta entrata in macchina, tu potessi godere dell’intrigante visione.
Giunsi come sempre puntuale, mi recai nello spogliatoio dove tengo il camice e lì rimasi qualche minuto indecisa sul da farsi.
In un primo momento non volevo accontentarti, soprattutto perch&egrave temevo che i pazienti che passavano da me per fare l’accettazione potessero accorgersi di qualcosa, ma alla fine cedetti e volli farlo fino in fondo.
Le scarpe furono l’unica cosa che lasciai indosso, il resto finì chiuso nell’armadietto. Il tessuto del camice era abbastanza spesso, per cui di fatto nulla poteva intravedersi, se fossi stata brava a mantenere posizioni poco esposte. Certo &egrave che la scollatura del camice poteva darmi qualche problema, così come gli spazi tra un bottone e l’altro.
Andai alla mia postazione, mi sedetti con molta attenzione, sistemai il camice e mi sembrò che nulla trasparisse.
La giornata trascorse tranquilla, più rimanevo nuda sotto quel camice e più mi abituavo alla cosa, riuscendo a gestire perfettamente la situazione.
Ancora un’ora e poi a casa, pensai, quando entrò uno dei pazienti più giovani, sulla trentina direi.
“Ciao, dovrei fare la terapia con Carla” mi disse, sorridendomi gentilmente. Era un bel ragazzo, moro, con profondi occhi scuri. Fisico assolutamente normale, ma quello sguardo era magnetico e mi ci persi per un lungo istante. “Oggi Carla non c’&egrave, non sei stato avvertito?” – “A dire il vero no. Pazienza” si passò la mano dietro la testa, come a riorganizzare le idee. Io mi alzai per prendere la carta per la stampante “Mi dispiace davvero. Come vedi lo studio &egrave vuoto proprio perch&egrave &egrave malata e i pazienti non sono venuti” continuai dandogli le spalle, mentre aprivo l’armadio della cancelleria. “Visto che non c’&egrave nessuno” mi disse raggiungendomi alle spalle “potremmo approfittare della situazione”. Sentii il borsone che aveva con s&egrave cadere in terra, mentre con il braccio destro mi cingeva la vita e il suo corpo premeva contro la schiena.
Il respiro mi si bloccò in gola, sapevo di essere completamente sola, sapevo che una volta scoperto il segreto del camice non si sarebbe più fermato, ma soprattutto sapevo di desiderarlo. Una fitta in mezzo alle gambe mi colse, non appena la sua mano sinistra sollevò un lembo del camice lungo la coscia “Che buon profumo che hanno i tuoi capelli”. Aveva affondato la testa fra i miei boccoli e con due dita disegnava la linea della gamba fino a quando “Vedo che non porti le mutandine. Già sapevi che ti avrei scopata e non hai voluto perdere tempo eh?”. Non riuscivo a dire nulla, il mio corpo agiva separatamente dalla mia testa. Mi stavo strusciando senza ritegno contro di lui, la sua erezione che mi accarezzava le natiche, il mio viso che si voltava cercando la sua bocca. Labbra e lingue che si intrecciarono in un bacio profondo e famelico, le sue mani che aprivano bottone dopo bottone il camice, fino ad aprirlo completamente. Mi fece girare e osservò il mio corpo fino a quando infilò una mano fra le mie gambe, un dito cercò di farsi spazio nella mia intimità “Sei anche già fradicia, brava la mia bambina”. In un attimo fu in ginocchio di fronte a me, cosa che mi sorprese molto, ma non ebbi il tempo di ragionarci ulteriormente, perch&egrave con le dita mi teneva aperta la figa e la sua lingua mi stava deliziando. Mi aggrappai alla sua testa, godendomi quella leccata intensa, quelle labbra che di tanto in tanto succhiavano il clitoride, le sue dita che mi penetravano. Ansimavo, gemevo, non pensavo minimamente al rischio che potevo correre, alla vergogna che avrei provato se fosse entrato qualcuno. Venni sulla sua faccia, avvicinandogli ancora di più il volto alla figa. Rimasi spossata e deliziata, lui intanto si alzava, prendendomi per mano e trascinandomi in una delle cabine per le terapie. Mi tolse completamente il camice, mi fece sdraiare su uno dei lettini, mi montò sopra a cavalcioni dopo essersi spogliato. Avevo il suo cazzo duro ed eretto proprio di fronte la faccia “Adesso succhia, troia”. Quasi non aspettò nemmeno che aprissi completamente la bocca, avevo il suo cazzo tutto dentro fino in gola. Succhiai voracemente, lansciandolo di tanto in tanto per leccarlo e renderlo grondante di saliva. Lo vedevo godere, mi incitava senza tregua “Così brava, sei una pompinara nata, continua a succhiare”, ed io pompinara mi ci sentivo davvero, mi dedicavo con attenzione al suo cazzo e probabilmente non si rese mai conto che quello che stavo facendo piaceva paradossalmente più a me che a lui. “Così, così…sborro…” venne nella mia bocca con schizzi copiosi, da quella posizione facevo fatica ad ingoiare senza sentirmi soffocare, ma non mollai la presa fino a quando non fu lui a tirare fuori il cazzo e a riversare gli ultimi schizzi sul mio seno.
Qualcuno applaudì.
Sollevai la testa spaventata a morte, cercando di capire di chi si trattasse. Il ragazzo, invece, non mi parve sconvolto più di tanto. Eri tu, bastardo. Hai sorriso a lui, annuendo per poi avvicinarti a me che ero ancora sdraiata sul lettino.
“Brava, davvero brava” mi disse, mentre una sua mano finiva sulla figa fradicia “Da tempo mi ero accorto di quanto lui ti piacesse, ho pensato che se davvero avessi fatto quello che ti avevo chiesto, meritavi un premio no?”. Cercai di parlare, ma mi chiuse la bocca con un dito. “Adesso però, visto che so quanto ti sei divertita a fargli un pompino, tocca a noi”.
Mi fecero scendere dal lettino ed inginocchiarmi per terra. Anche il ragazzo si inginocchiò, sollevandosi il cazzo con la mano, come a porgermelo “Faglielo tornare duro, io intanto mi dedico a questo bel culo”. Solo a sentirlo mi eccitai da morire e presi di nuovo a spompinare il ragazzo. Dietro di me ti sentivo armeggiare con cinta e zip, poi un tuo ditò mi violò l culo senza tanti preamboli “E’ un po’ strettino, hai ragione, &egrave troppo tempo che non te lo visito, ma rimediamo subito” e un altro dito entrò prepotentemente nel buchino a fare compagnia al primo. Gemevo come una cagna in calore, più mi facevi godere con quelle dita e più succhiavo il cazzo del ragazzo con foga. Lui si gustava la scena, stavolta tenendomi per i capelli.
Mi sentivo usata e mi piaceva. Di tanto in tanto tiravi fuori le dita dal culo per raccogliere i copiosi umori che colavano dalla figa e poi di nuovo dentro, ad allargarmi ancora. Poi, senza preavviso, hai tolto di nuovo le dita, stavolta per infilarci il tuo cazzo di prepotenza. Cacciai un urlo, più di sorpresa che di dolore, e appena mi fui abituata, ero io stessa che mi muovevo verso di te per sentirti ancora più in profondità. Mi sbattevi forte, così come il ragazzo scopava forte la mia bocca, fino a quando decideste di darvi il cambio. Il suo cazzo era più largo del tuo e così lo sentii chiaramente allargarmi ancora di più il culo, mentre spompinavo te. Il piacere ormai si impossessò di me, non facevo altro che gemere, e mettere ancora più foga nei miei gesti, nei miei movimenti. Il ragazzo mi sborrò nel culo e so che di lì a poco saresti venuto anche tu, ma non era la mia bocca il tuo obiettivo. Ti sei spostato di nuovo dietro di me, riprendendo ad incularmi e dopo qualche colpo violento, hai mischiato la tua sborra alla sua, lasciandomi libera di gridare il mio orgasmo.
Sono rimasta inginocchiata ancora un po’, sentivo la sborra colare fino alla figa. Il ragazzo uscì salutandomi con un semplice “Ciao” come se nulla fosse accaduto, tu mi mi hai aiutata ad alzarmi “Sei stata fantastica” mi hai detto baciandomi ed accarezzandomi “E adesso vestiti, proseguiremo a casa…”.

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