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Racconti Erotici Etero

Il cane e l’agnello

By 4 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi tingo i capelli.
Li tingo come l’oro, un biondo dorato non mio. Da bambina mi hanno insegnato che le principesse sono tutte bionde, alte e longilinee, sottili come giunchi. E buone, immensamente buone.
Non sono una principessa, ma tingo i capelli di un biondo dorato, tenue e caldo come il miele. Mi riesce facile visto il colore castano chiaro che per natura mi appartiene e che facilmente dissimulo con una tinta non mia.
Non sono alta, sono 1 e 55; non sono longilinea né sottile come un giunco, ma morbida e mediterranea, seppur snella. La mia carnagione non è bianca, ma abbastanza pallida da sembrare tale, eppure facilmente attrae il sole, trasformandosi nell’immediato in un luminoso bronzo estivo; non è né morbida né sottile come la pelle delle principesse di cui mi raccontavano da bambina, ma dura, soda, tanto da non poter essere afferrata tra le dita.
Mi sono ben nascosta con gli anni, un cane rabbioso sotto le spoglie di un agnellino.
Sempre buona, sempre perfetta, la più brava, la più gentile, la migliore, colei che eccelle.
Ho cambiato colore di capelli, ho evitato di abbronzarmi eccessivamente, ho imparato un italiano corretto ai limiti dell’esasperazione, ho eliminato ogni forma di accento regionale da me percepibile. Ho studiato, sempre e tanto, abbastanza da dimostrare di avere un mio cervello e un mio pensiero autonomo, di non dover pendere dalle labbra di nessuno, tantomeno un uomo. Ho sempre vestito in modo sobrio e senza eccessi, ho indossato ed indosso abiti pastello e a fiori e portato scarpe col tacco, ho ripudiato le scarpe da ginnastica relegandole a situazioni di mera necessità.
Per chi mi conosce sono la bambola, quella che veste secondo gusto femminile, quella che non si sporca mai, che sa intrattenere una conversazione intelligente, che non strepita.
Si, mi devo complimentare con me stessa, mi sono saputa nascondere.
Negli ultimi 4 mesi ho scopato 4 uomini diversi. All’insaputa del mio uomo. Non troppi per non dare nell’occhio, ma abbastanza per compiacere il mio cane rabbioso che mi digrigna nello stomaco giorno dopo giorno.
Del primo ricordo l’incontro particolare in una discoteca. Visto il mio atteggiamento disinibito mi chiese se fossi una escort e mi disse che mi avrebbe pagata per scopare. Io non lo sono’ ma non ci pensai due volte e la sparai grossa’ 400 per un’ora.
Mi disse ok e mi ritrovai in una stanza di un motel vicino a fargli una pompa. Il suo cazzo non era male, ma mi chiedevo perché uno così pagasse’ in fondo non ne avrebbe avuto bisogno. E glielo chiesi.
Lui mi disse che non voleva perdere tempo, che non era interessato ad una relazione ma voleva solo scopare. Mi feci fottere per un’oretta in cui godetti abbastanza ,ma fu soprattutto lui a godermi. Era giovane il porco, 30enne circa, fisico palestrato, mi parlava senza mezzi termini’ ‘puttana montami e muoviti, puttana impalati sul mio cazzo, puttana guarda come lo prendi bene in figa’ te lo spingo dentro tutto fino a toccarti lo stomaco.’
Quando sborrò chiesi il compenso e lui buttò sul letto quattro banconote da 100. Mi chiese il numero per rivedermi, disse che era tanto che non godeva così e allora lo accontentai.
34502045′ un numero valeva l’altro, tanto era falso. Gli dissi di richiamarmi l’indomani e mi dileguai con gli occhi pieni di promesse e le mani piene di grana.
Il mese dopo incontrai un uomo diverso, stavolta davvero adulto, 50enne, un cliente dell’ufficio in cui lavoro. Parlandomi lanciava occhiate sporadiche alle mie tette. Mi offrì un caffè’ mentre mi raccontava del suo lavoro, credo avesse percepito la mia fame di sesso, il cane che mi rosica dentro. Mi mise una mano sulla coscia al di sopra della longuette nera formale che indossavo, prima sfiorò e poi la posò con decisione. Minuti dopo eravamo nella sua auto in una stradina deserta, avevo la sua lingua in bocca e le sue dita avevano oltrepassato il bordo delle autoreggenti raggiungendo il mio triangolo di stoffa intimo. Mi chiamava bambina’ credo abbia adorato questo genere di perversione, mi guardava come fossi davvero una bambina innocente, ma mi fotteva da troia. Calò i sedili, mi fece voltare e si mise dietro di me. Mi scopò a pecora con forza, colpi lenti e mirati che piazzò spingendosi più che poteva. Metteva così tanta forza da sentire l’auto smuoversi. Godetti di vari orgasmi, lenti ma inarrestabili.
Dopo essermi riassettata mi riaccompagnò al bar dove avevamo preso il caffè. Gli intimai di non farne parola con nessuno, che per una serie di eventi avevo conosciuto sua moglie, che si rivolgeva ad un professionista dello studio in cui lavoro e che, se avesse fatto lo stronzo, lo avrei detto a lei.
Incazzato nero mi scaricò dandomi della troia di merda.
Il terzo della lista lo conobbi in rete. Avevo voglia di dominare un uomo e lui mi si offrì. Mi venne a prendere, mi servì e riverì da bravo cagnetto. Gli frustai le palle e il culo, lo scopai con vari cazzi finti sempre più grossi e gli imposi di ringraziarmi per il dolore che gli procuravo. Poi, con uno dei suoi giocattoli nel culo, mi feci scopare a mia volta. Sembrava il suo cazzo stesse per scoppiare per quanto era rosso, una cappella dura come il marmo, in pieno turgore . Gli imposi di non venire, glielo ordinai e non lo fece finchè lo volli io. Dopo essere uscito da me gli diedi il permesso di venire’ sborrò lentamente, colando sui suoi stessi piedi e lo frustai per questo. Lo punii come un bambino cattivo e l’umiliai per la sua inettitudine.
Il quarto lo incontrai tre giorni fa sulla statale dopo aver avuto un guasto con l’auto. Ferma come ero sul ciglio, lo vidi fermarsi con la sua bmw grigia e scendere per chiedermi se volessi una mano. Dissi che si era fermata senza che io potessi farci nulla e allora lui provò a controllare se ci fossero guasti. Tolse la giacca e la cravatta e li lasciò sul sedile del passeggero della sua auto. Poi aprì il cofano e, tirando su le maniche, diede una occhiata al motore.
Come calmare la mia bestia assetata di sesso? L’uomo era indubbiamente bello, non toccava i 40, snello, capelli castani e accento del nord. Sciolsi i capelli legati in un sobrio fermaglio, sbottonai le perline che chiudevano la camicetta in corrispondenza del seno e lasciai intravedere il reggiseno in pizzo bianco sotto l’ampio scollo. Mi avvicinai titubante e sconsolata’ e adesso cosa fare? Disse di chiamare un carro attrezzi, che di lì non l’avremmo spostata. Lo fece lui per me, poiché il mio cellulare non dava segni di vita e lo ringraziai. Di tutta risposta si offrì di restare ad aspettare con me e allora il mio cane rabbioso pretese la sua parte e cominciò l’attacco. Fortunatamente non era di certo una strada molto affollata’ altrimenti come celare le urla ai numerosi conducenti che sarebbero potuti passare? Ero lì, con le mani sullo sportello chiuso dell’auto, la gonna sollevata fino alla vita e quest’uomo che da dietro mi riempiva la figa con grossi colpi. Mi scopava al ciglio della strada sollevandomi quasi da terra, sentivo i colpi poderosi di quel cazzo ricurvo verso l’alto’ mi sentivo puttana fin nel midollo’ scopata sul ciglio della strada come una prostituta da quattro soldi. Gridavo il mio piacere al vento, la figa reagiva ad ogni suo affondo, il suo cazzo era una colonna di carne dura che dopo interminabili minuti si svuotò uscendo da me e ricoprendo l’erba sotto di noi.
Quando arrivò il carro attrezzi lo ringraziai e salutai, da quell’istante risolsi la faccenda da sola.
Come sempre, dopo aver nutrito il mio cane rabbioso, tornai stanca e spossata tra le braccia ignare del mio uomo. Ogni volta è così, ogni volta c’è una scusa nuova a giustificare la mia stanchezza o la mia distrazione. Questa volta non fu da meno delle precedenti’ mi spiace tradirlo ma lui non capirebbe. Così, come ogni volta, anche l’ultima mi abbracciò e mi chiese perché fossi così stremata.
L’auto’ colpa dell’auto che mi ha lasciata in strada! Se non fosse stato per l’aiuto di un passante non avrei saputo come fare. Il mio telefono non reagiva e non potevo chiamare!
E lui? Lui se ne dispiacque! Lui, da mio uomo qual è, si fece carico di risolvere il problema. Pensava alla sua povera donna’ alla sua bambina che non aveva potuto aiutare e proteggere! Da sola, ferma sul ciglio della strada con l’auto guasta!
Anche questa volta lo abbracciai e lo ringraziai.
Mi lasciò una tenera carezza sui capelli, mi promise che avrebbe risolto lui le mie faccende e mi mandò a riposare.
Ma il mio cane rabbioso non smette mai di ringhiare. Nonostante la mia puttanaggine’ nonostante le menzogne. Intanto l’agnellino, la bambina, andò a riposare.
Sono sempre stata brava a nascondermi, vero?

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