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Racconti Erotici Etero

Il castello

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Forse il caso, una coincidenza, uno strano scherzo del destino ha fatto sì che i nostri sguardi s’incrociassero assaporando quel turbinio di passione che ci travolse in quella breve vacanza in cui, entrambi, eravamo esuli di vite alla deriva.

Fuggiti dalla nostra quotidianità per ritrovare quell’imput che da qualche tempo ci aveva abbandonato.

Meta dell’ambita vacanza i castelli della Loira’una gita guidata alla riscoperta d’antichi sapori e tradizioni.

Tu eri con una compagnia proveniente da Nord, un tour organizzato ed io capitavo lì per caso spinta a cercare rifugio in una giornata infernale in cui nuvole nere colme di pioggia lampeggiavano alte nel cielo e un forte vento scuoteva gli alberi circostanti.

Quel castello era stato addebito ad albergo ma aveva conservato le sembianze di un tempo con enormi saloni, scale di marmo e pesanti poltrone di velluto bordò.

Consolle di vecchio legno il cui odore, ormai, si era perso fra quelle alte pareti dai grandi soffitti incastonati di vecchi travi con grosse borchie di ferro.

Armature lucidate facevano da guida nei lunghi corridoi illuminati da un susseguirsi di torce ardenti.

Grosse tende di stoffa un po’ sbiadita coprivano alti finestroni che si alternavano lasciando spazio alle varie camere.

La 409 era, la camera che mi era stata data, all’ultimo piano, sotto tetto ma ero stata fortunata visto che il vostro gruppo ed uno atteso per la serata, avevano prenotato quasi tutto il castello.

Ricordo che aprii la porta della stanza e rimasi affascinata dal gran fasto che vi era dentro, prima di allora avevo visto tante rifiniture solo nei film. Un grandissimo letto a baldacchino padroneggiava e un piccolo tavolino stile Luigi xiv’ era posto proprio davanti un piccola finestra.

Il soffitto era scosceso, ricoperto di vecchi travi con al centro un gran lucernario che coincideva con i cuscini adagiati su soffici coperte.

Mi stesi e spensi la luce.

Fissavo quel gran finestrone che mi proiettava uno squarcio di cielo. Potevo vedere il susseguirsi dei lampi e il rincorrersi delle nuvole.

Una musica di sottofondo copriva, in parte, l’espandersi dei tuoni.

Accarezzavo con le mani le coperte cercando di ripercorrere la storia di quella stanza così strana e affascinante nello stesso tempo.

L’ora di cena.

Fatta una rapida doccia, ricordo che indossai un vestito lungo, nero velato sulle braccia e le spalle fino a metà seno.

Una bella collana d’oro bianco ricordante una foglia con incastonata una perla vi stava perfetto e faceva risaltare il mio volto truccato con discrezione e in modo non volgare.

Orecchini dello stesso tipo della collana mi scendevano delicatamente verso il collo dandomi un aspetto ancora più slanciato.

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