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Racconti Erotici Etero

Il Centone

By 3 Ottobre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Me ne stavo a casa senza un cazzo da fare, invischiato fino al collo in una giornata pigra.
Era una di quelle giornate in cui la cosa migliore sarebbe farsi una lunga dormita, staccare la spina. E questo avevo fatto, almeno fino a quel momento. Il campanello che squillava, però, non era per niente d’accordo, così mi ero alzato, e grattandomi le palle ero andato ad aprire.
Dall’altro lato della porta Valentina, sgallettata affezionata al mio cazzo prima che a me.
-Che vuoi?-; in effetti ho il risveglio lento, ma tant’&egrave.
-Non mi fai entrare?
-Dipende-.
-E va bene-, disse Valentina, e chinandosi sullo zerbino e armeggiando col mio pacco: -vorrà dire che il pompino te lo farò sul pianerottolo-
Cristo santo, pensai, le donne!, e la feci entrare.
-Senti tanto che sei qui-, dissi, -preparami il caff&egrave che sono in ritardo-
In ritardo? E per cosa? Comunque Valentina se la bevve e andò ad accendere la macchina per il caff&egrave. Mentre aspettava che si scaldasse ( &egrave un modello di lusso, gente, e pure lei ha i suoi tempi), tornò alla carica con la storia del pompino.
Dovete sapere che Valentina &egrave una grandissima succhiatrice di cazzi, una degustatrice raffinata, fa pompini affezionati e affettuosi; appartiene a quella particolare razza di donne che AMANO dare piacere al proprio uomo.
Di conseguenza, ce l’avevo duro, e mi grattai le palle ancora un po’ meditando sul da farsi.
Se io ero vestito solo di un pantalone leggerissimo e nero, lei era una vera bomba: jeans attillatissimi che le inguainavano il culo in una forma soda, rotonda ed esplosiva, un top scuro che le stringeva le tettone, zero trucco, capelli nerissimi e lisci legati in un coda alta. Chiunque altro le sarebbe saltato addosso all’istante, o se ne sarebbe venuto nelle mutande (che per altro non avevo) e si sarebbe chiuso nel cesso per spararsi una innocua e rassicurante sega. Chiunque altro, appunto, ma non io.
Io avevo preso una decisione.
-Ok, ok-, dissi ‘ma ti costerà parecchio.-
-Parecchio quanto?-
-Diciamo 100 euro-
Lei parve soppesare la mia offerta, mordicchiandosi le labbra e scoprendo con questo gesto fintamente innocuo e del tutto studiato denti regolari e bianchi. Poi scoppiò in una risata contagiosa. Per un attimo smisi di grattarmi le palle.
-Ci sto-, disse la suddetta troia (troia? Ma no, in fin dei conti il mondo &egrave un gigantesco sacco di merda, e ne facciamo parte un po’ tutti, quindi meglio evitare inutili volgarità gratuite ad uso e consumo dei lettori). E continuò, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, -ma prima devi farmelo vedere-.
-Ok-, e mi abbassai i pantaloni, mettendo in vetrina questi 20 centimetri abbondanti di cazzo, mezzo dritto ma non del tutto.
-Posso toccarlo?-
-Mi prendi per il culo?- la bloccai mentre già si avvicinava.
-Prima dovrai pagarmi.-
Lo sbuffo di vapore della macchinetta del caff&egrave segnalava che l’infernale aggeggio era pronto per darmi il buongiorno.
-Per me non li vali tutti questi soldi-, disse Valentina.
-Tu dici?-
-Già-
Certo certo, un buon trucco, peccato che mi ero già ritrovato in situazioni del genere e conoscevo il copione. Così non abboccai.
-Allora fammi il caff&egrave e vattene-, dissi.
Ancora quella risata; cazzo c’era da uscirne pazzi.
-Stavo scherzando-, disse lei, e si avvicinò. Una bella mano, davvero, smalto rosso, dita ffusolte, eleganti, dotate di insospettabile forza. Me lo strinse alla base.
-I soldi-, dissi, -coraggio tira fuori il centone.-
Valentina allentò la prese, e tirandomi per il cazzo andò verso il divano dove aveva poggiato la borsa. Da chissà quale tasca pescò un fragrante biglietto verde, me lo porse con gentilezza.
Stavo per controllare che fosse vero e non una patacca (ogni tanto qualcuna ci provava ancora a rifilarmi soldi falsi), ma decisi che poteva andare bene così. Le accarezzai i capelli lucidi, dopotutto sono il gigolò più dritto della zona.
-Bene-, dissi, -allora puoi cominciare.-
Sapevo perfettamente come Valentina succhiava il cazzo; era capitato che una sua amica le aveva dato il mio numero di telefono (l’amica era una mia cliente, naturalmente), e dopo la sua prima telefonata era passata a trovarmi un paio di volte. Non ho idea di che lavoro facesse, se lavorava o meno, o magari studiava, o magari che cazzo ne so. Insomma, non me ne fregava un accidente.
Ma torniamo al pompino. Valentina se lo gustava di brutto, masturbandosi freneticamente. Da dov’ero vedevo il manicomio di vestiti in giro per la stanza, jeans, mutandine, sandali, e la sua testa che andava su e giù. Non riusciva a prenderlo tutto, ma chiaramente non forzavo la mia cliente. Succhiava la cappella come un’idrovora, tenendo una mano alla base del cazzo e con l’altra sgrillettandosi come una pazza.
Aveva un ritmo forsennato, e poi improvvisamente rallentava, leccando tutta l’asta e i coglioni, e poi ripartiva daccapo.
Mugolava di piacere, di tanto in tanto mi fissava negli occhi. Sapeva che non doveva chiedermi se mi piaceva o meno, e sapeva pure che non era mia abitudine insultare eccessivamente le clienti (ma con un giusto extra si poteva anche fare, che cazzo!), così sorrideva, almeno per quello che poteva con il mio attrezzo in bocca.
Una mia ex, una vita fa, mi aveva raccontato che mangiando ananas lo sperma aveva un sapore particolare; cio&egrave, ente, a lei piaceva, e io mi ero rpeso il lussop di generalizzare i suoi gusti, un po’ perché l’ananas piaceva anche a me e un po’ perché avevo studiato un po’ di marketing e sapevo che bisogna allettare il cliente (la cliente, non ricevo omosessuali) con qualcosa di particolare. In tempi di economia globale’
Insomma, il mio sperma piaceva parecchio i giro, e non so se era merito dell’ananas o che cazzo ne so. Sta di fatto che Valentina, sempre col cazzo sprofondato in gola se ne venne emettendo suoni gutturali mentre le tenevo la testa per farglielo sentire un po’ di più. Belle le vibrazioni della sua voce in preda all’orgasmo sulla cappella. Come diceva un vecchio zio, bisogna anche saper trovare il tempo di divertirsi sul lavoro’
Quando l’orgasmo iniziò a spegnersi, tirai fuori il cazzo per farla respirare.
Valentina, manco a dirlo, se lo riprese con forza e riprese la sua opera di pompaggio, leccandomi il filetto e lo spacchetto, massaggiandomi con la punta delle dita, baciandomi le cosce e il buco del culo. Tutto il repertorio, insomma.
-Vienimi in bocca-, disse quando si accorse che stavo per sborrare. ‘Per piacere-, aggiunse poi, sorridendo.
Sorrisi pure io, dopodich&egrave le affondai il cazzo in gola, e prendendola per l’attaccatura dei capelli guidai il ritmo della pompa finch&egrave non sborrai, direttamente nell’ugola, più o meno.
Valentina si bevve tutto golosamente, si leccò dalle labbra quello che non era riuscita a inghiottire subito e continuò a succhiare finch&egrave non mi si ammosciò.
Così mi staccai da lei, le diedi una mano a rialzarsi.
-Se vuoi andare in bagno a sistemarti-, dissi, -&egrave la seconda porta in fondo al corridoio-, ma poi mi ricordai che lo sapeva benissimo.
Valentina &egrave veramente una gran figa, cazzo. Dopo aver tirato su i pantaloni, presi una sigaretta e me la fumai.
Un suo bacio sulla guancia, che accettai, e contraccambiai con una pacca sul culo. Poco fine, lo so, ma chi se ne frega.
-Ti chiamo-, disse mettendo un piede fuori dall’appartamento e tenendo l’altro ben ancorato al mio pavimento.
Stava per avvicinarsi e già vedevo la scena: lei che mi abbraccia, alzandosi sulle punte e strofinando un ginocchio contro il cazzo eccetera eccetera.
Così chiusi la porta, lei sorrideva, io pure.
In cucina mi feci il caff&egrave, poi mi concessi la seconda sigaretta della giornata. Per l’occasione l’accesi con il centone che mi aveva dato Valentina.
Cazzo che era falso l’avevo capito subito, ma sono un tipo romantico, il gigolò più dritto della zona, non un vecchio stronzo qualsiasi!

prince-jammy@hotmail.it

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