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Racconti Erotici Etero

Il convegno

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La cosa davvero brutta e noiosa dei convegni, è il dopo convegno, quando cioè tutti i partecipanti si appartano a piccoli gruppi ed iniziano a parlare solo di lavoro, commentando il convegno stesso e raccontandosi i piccoli problemi accaduti nei loro rispettivi uffici. Io non lo sopporto: Ho già la testa che mi scoppia come un pallone e non ho nessuna intenzione di lasciarmi coinvolgere e trascinare in questo orribile rituale.

Certo la prospettiva di trascorrere una serata da solo in questa città dove non conosco nessuno non è sicuramente esaltante, però non voglio gonfiarmi la testa e altro di parole, parole, parole sullo stesso argomento.

Così, fra la sorpresa generale saluto tutti e, dicendo di avere un appuntamento, mi allontano.

Sento gli occhi degli altri posarsi su di me e gli interrogativi di tutti rimbalzarmi addosso: avrà un appuntamento galante? andrà in qualche casa dove ci sono le “donnine”? o ha un appuntamento con il Direttore Generale ed è pronto a farci le scarpe a tutti? Naturalmente nessuna delle tre opzioni: semplicemente preferisco uscire da solo piuttosto che restare ancora in loro compagnia, ma questo forse loro non lo capiranno mai.

L’aria fresca e pungente di novembre mi arriva dentro come una frustata benigna e mi fa scuotere.

Non è certo il clima ideale per una passeggiata questo, per cui cerco un bar dove infilarmi, ma non uno qualsiasi, ma un bar elegante dove valga la pena sedersi a bere qualcosa di caldo prima di scegliere quale film andare a vedere al cinema.

Quando entro nel bar giusto, mi siedo infreddolito con l’intenzione di ordinare un te bollente.

Finalmente, ripresomi un po’, mi guardo intorno ed ecco che rimango colpito: al tavolo di fronte c’è una signora, che non solo è davvero molto bella, ma è anche sola!

Che sia un segno del destino che mi ha fatto entrare in quel bar e mettermi di fronte a lei!

Inizio a guardarla meglio: è molto elegante, ha un tailleur con una camicetta sotto e con la gonna sul ginocchio che, accavallando le gambe, lascia intravedere la coscia davvero ben fatta. Anche il seno, malgrado sia coperto dalla giacca, si intuisce assai prosperoso: proprio come piace a me.

Cerco di catturare il suo sguardo, perso in chissà quali pensieri, e nel contempo non smetto di ammirarle le gambe. Lei continua ad ignorare assolutamente la mia presenza.

Sembra aspettare qualcuno, certamente il suo uomo.

Mi sento invisibile, ma non so come catturare la sua attenzione. Finalmente, attirata dal cameriere che è venuto al mio tavolo per l’ordinazione, si accorge della mia esistenza e, subito, delle mie insistenti attenzioni.

Ha uno sguardo penetrante e degli occhi stupendi! Adesso, anche dopo che il cameriere è andato via, di tanto in tanto butta un’occhiata dalle mie parti, per vedere se ci sono e se insisto nel considerarla il mio sole.

Naturalmente adesso si accorta anche dei miei sguardi rivolti al suo corpo e credo ne sia lusingata.

Accavalla ancora le gambe e adesso la gonna è davvero risalita molto, per cui la coscia è quasi completamente scoperta. Mi accorgo, anche a costo di far brutta figura, di non riuscire a staccare gli occhi dalle sue gambe.

Lei, che ovviamente se n’è accorta, sembra quasi divertita di questo gioco, nel quale io sono privo di volontà: lei decide che gioco fare accavallando le gambe o guardandomi in certo modo, io sono completamente alla sua mercé.

Malgrado sono certo aspetti qualcuno, penso sia arrivato il momento di andare da lei, ma mentre sto per alzarmi elaborando mentalmente una qualche scusa per parlarle, una ragazza entra nel bar e si avvicina a lei, la chiama “Giuliana”, lei si volta, si salutano baciandosi e si risiedono.

Sono affranto da una parte, un po’ consolato dall’altra. Affranto per l’occasione che sta sfuggendo, consolato perché almeno non aveva appuntamento con un uomo.

Le ragazze ordinano da bere ed iniziano un chiacchiericcio fitto:

chissà se parlano anche di me?

Lei, infatti, ogni tanto lancia uno sguardo dalla mia parte, come per rassicurarsi che io ci sia ancora.

E dove altro potrei andare con quella calamita composta dalle sue gambe e dal suo sguardo?

Ogni tanto continua ad accavallare le gambe e, mi sembra, che ogni volta che lo fa, guardi dalla mia parte per seguire la mia reazione. Forse sto facendo la figura dell’imbecille sia con lei, sia con altri avventori che si saranno accorti di tutto. Ma non m’importa. Quando dopo un po’ si alzano per uscire, rimango un po’ indeciso su cosa fare, ma sulla porta lei si volta dalla mia parte e mi lancia uno sguardo carico di aspettative. Ancora una volta mi sento in una partita di scacchi, dove lei è la giocatrice, mentre io un pezzo della scacchiera nelle sue mani.

Infatti come un automa, mi alzo anch’io, pago in tutta fretta ed esco con il terrore di perderle.

Per fortuna dato il freddo, per le strade non c’è molta gente, così le vedo un po’ più avanti che, con incedere lento, continuando a parlare, si dirigono verso il cinema lì vicino.

Ancora una volta sulla soglia d’ingresso, lei si volta per controllare che io ci sia ancora, poi entra nell’atrio.

Non so che film ci sia, ma non me ne importa assolutamente.

Entro anch’io, faccio il biglietto di corsa e mi accodo a loro due.

Nel buio della sala la maschera fa luce.

Le due ragazze si accomodano in una fila semivuota. L’amica al primo posto, lei, il mio angelo guida, al suo fianco. Resto lì in mezzo al corridoio pensando come agire, mentre la maschera mi indica più file completamente vuote.

Per evitare problemi mi siedo nel primo posto libero che trovo, da dove, però posso controllare la ragazza.

Durante l’intervallo mi accorgo che il cinema è mezzo vuoto, così come è vuota la fila dove sono sedute le ragazze. Quando si spengono le luci, è questione di un attimo, mi alzo e decido di entrare nella fila dove sono sedute le due ragazze facendo il giro. Così facendo mi trovo seduto al fianco di lei, mia stella cometa. La manovra è decisamente strana e sospetta, visto che il cinema è mezzo vuoto, ma tanto meglio, così lei capirà inequivocabilmente. Il secondo tempo è iniziato da un po’ (chissà che film sarà: non ho visto assolutamente niente) ed io sono assolutamente imbarazzato: vorrei cercare un contatto, ma non so come fare senza scadere nella volgarità e rischiare un ceffone.

Metto la mia mano sul bracciolo e sfioro la sua quasi casualmente.

Poi, più deciso, metto la mano sulla sua.

Nessuna reazione.

Resterei così, mano nella mano per ore, ma dopo un po’, aiutato dal buio che copre il mio rossore, faccio scendere la mano sulla sua gamba. Improvvisamente sento una reazione violenta e, con un’eccitazione esagerata, il mio uccello cresce incontrollabile. Risalgo con la mano senza trovare ostacoli o reazioni e, con mia grande gioia, scopro che non ha collant, ma calze autoreggenti, per cui arrivo a toccare la sua pelle nuda e fresca.

Quindi metto la mano sulle mutandine ed accarezzo ripetutamente il suo sesso.

Poi tolgo la mano, prendo la sua e la poggio sui miei pantaloni, all’altezza giusta.

Anche lei inizia a sfregarmi i pantaloni, poi apre la zip e mette la mano dentro, al caldo, trovando subito il mio uccello al massimo dell’eccitazione.

Io rimetto la mano sotto la sua gonna, scosto le mutandine e le accarezzo le labbra.

Da lei nessuna reazione se non un piccolissimo movimento dettato da un brivido di piacere.

Allora si sposta un po’ per sistemarsi meglio, quindi infilo un dito dentro, poi due.

Restiamo così a lungo, dandoci piacere reciproco. Quando il film arriva alla scena finale, lei mi toglie la mano e si ricompone, così faccio anch’io, che già pregusto un piacevolissimo dopo serata.

Appena scorrono i titoli di coda, le due ragazze si alzano quasi di scatto, lasciandomi spiazzato.

Immaginavo che, a quel punto, saremmo usciti insieme, mentre invece mi trovo ancora una volta a doverla rincorrere. Una volta fuori passa un taxi e, come accade solo nei film americani, lei fa un cenno con la mano e quello si ferma. Mentre sta per salire lei si volta verso di me, che speranzoso aspetto un suo gesto, mi sorride, mi manda un bacio con le labbra e s’infila scomparendo rapidamente dalla mia vista e dalla mia vita per sempre. Frastornato rientro nell’albergo dove gli altri convegnisti stanno ancora discutendo di una tesi proposta nel corso della giornata e, quelli con cui ho più confidenza mi interrogano curiosi sulla mia serata.

Decido di tacere l’accaduto, tanto nessuno mai ci crederebbe ed anch’io, a pensarci bene, non sono affatto sicuro che tutto sia avvenuto realmente.

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