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Il lungo clistere della cagna

By 24 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Nel salotto le luci erano spente. Mi avvicinai ai ceri che sono sul tavolo, al centro della sala. Sebbene fosse tutto buio, potevo quasi intuire le forme delle ombre davanti a me. Allungai una mano verso il piano di legno, e la prima cosa che mi capitò fra le mani fu la scatola dei fiammiferi. Adoro i fiammiferi, quel rumore che fanno per accendere la fiamma’ Li trovo estremamente sensuali. Ne presi uno fra le mani, e quasi dovetti riparare gli occhi per quella luce improvvisa, magnetica: l’avvicinai al cero più alto, quello stretto e sottile che sovrasta la composizione e la fiamma prese a brillare. Riservai il medesimo trattamento anche agli altri due; all’improvviso una calda luce di fuoco invase la stanza, che quasi non sembrava più lei. Ero scalza, nuda e fremevo di desiderio, all’idea del trattamento che stavo per fare al mio corpo. Ci voleva del tempo, era necessario che tutti i dettagli fossero perfetti. Con passo sicuro ho abbandonato il salotto, assicurandomi che le fiamme non fossero spente: le luci dovevano essere vive.
Aprii la porta del bagno, senza accendere la luce principale, ma solo quella secondaria: mi piace di più, mi sembra più intima quando &egrave intimo ciò che sta per accadere. Aprii il cassetto, il secondo sotto al lavandino e presi il kit per il clistere anale, una pratica che svolgo almeno una volta a settimana. Presi la sacca e la appesi al perno della doccia. Infilai la canula nel suo alloggio e l’apposito beccuccio, assicurandomi che la valvola di apertura fosse chiusa.
Presi l’acqua, quella che avevo messo a scaldare sul fuoco e lasciato appena raffreddare, perché giungesse alla temperatura ideale. Lentamente l’ho colata nella sacca del clistere. Quel rumore, quella sacca che si riempie, l’idea di quello che stava per accadere invase tutto il mio corpo con un brivido di piacere che ogni volta mi atterrisce. Poco meno di due litri, questa volta. Posai il contenitore dell’acqua e mi sdraiai a terra, sul tappeto rosa del mio bagno. Mi misi su un fianco, mostrando il culo alla doccia. Amo il mio culo, così sodo, leggermente grande. Alzai la coscia, quel tanto che basta per prendere la canula e lasciarla scivolare nel mio buchino. Feci questa operazione con molta lentezza, volevo assaporare ogni centimetro di plastica che entrava nel mio sfintere, fin nel profondo, fino alle viscere. La canula entrò con facilità: non era la prima volta e certamente non sarebbe stata l’ultima. Quando tutto mi sembrò pronto, con fare sicuro, aprii la valvola. Appena appena: volevo godermi tutto il getto caldo che lentamente mi stava inondando nelle profondità del mio corpo. Desideravo che quel momento durasse il più a lungo possibile, perché &egrave una sensazione di dominio e di sottomissione allo stesso tempo. Il primo impulso &egrave quello di liberarsi, ma c’&egrave una forza dentro che ti spinge a continuare. Ancora e ancora. Ed &egrave stata quella forza che ha fatto si che continuassi a lasciar fluire quel liquido caldo. Ogni ondata un lungo brivido di piacere. La mia pancia iniziava a farsi dura, le mie gambe a irrigidirsi, ma non potevo cedere. Volevo arrivare fino all’ultima goccia di quel liquido caldo. Fu un momento molto intimo e personale. Mi resi subito conto di quando il liquidi finì di entrare nel mio corpo: il clistere fa un rumore sordo ma sottile, bisogna stare attenti’ Lentamente sfilai la canula dal culo. Che delizia sentirla penetrare e scivolarmi addosso!
Mmmm’. Il primo impulso fu quello di liberarmi ma no’ Volevo sperimentare il dominio su di me e sulla mia forza. E poi mi attendevano ancora le candele, nell’altra stanza. Sebbene fremessi, non era quella l’ultima tappa: nel frigorifero della cucina mi attendeva una zucchina, ben lavata e privata del suo capo. Fredda, ghiacciata, tenuta a dovere al fresco per quel momento. Infilarci sopra un preservativo fu un secondo, perché avevo una voglia tremenda di infilarmela davanti. Ero bagnata ed eccitata come una cagna in calore: fra le cosce un liquido caldo e denso cominciava a scivolare, liquido che mi permise di infilare la zucchina senza troppi complimenti’ ahhhhhhhhhhh che sensazione meravigliosa di pienezza. Ma non potevo godere. No. Impossibile. Intanto, il liquido nella mia pancia iniziava a far sentire la sua presenza, ma c’era ancora qualche cosa da fare, prima di potermi liberare. Tornai in sala, con le gambe larghe e il culo stretto e mi sdraiai a terra, accanto al tavolo con le candele, che oramai avevano creato una cera densa e calda. Presi la prima delle tre e me la rovesciai addosso anche in modo abbastanza maldestro. Troppo era il desiderio, troppa la necessità di un brivido violento. Urlai per l’impatto, ma anche per il piacere. Con la seconda candela fui più attenta e mi occupai del mio seno, dei capezzoli durissimi come spilli. Guardai la cera colare lentamente sudi essi e, senza staccarle gli occhi di dosso, lasciai che disegnasse geometrie addosso a me. Con la terza candela mi occupai della mia fighetta che chiedeva pietà: volevo l’orgasmo, lo volevo a tutti i costi. Non c’era bisogno di allargare le labbra, già belle distanti grazie alla zucchina che era piantata in mezzo a loro. Le inondai e la cera si mischiò ai miei umori di cagna bastarda che voleva solo godere. Fu un momento di incredibile intensità. Indimenticabile.
Ma ora era la mia pancia a chiedere pietà di me. Così, riempita dentro e fuori di qualunque liquido possibile, andai in bagno e, come una cagna mi accostai al water. Alzai una gamba e mi liberai. Completamente. Feci questa cosa tenendo lo sguardo fiero su di me, la zucchina piantata dentro di me e la voglia di essere scopata a dovere fissa nel mio cervello, come un martello pneumatico. Fu lungo e intenso, ma finalmente mi sentii libera. Ma non completa. Mancava ancora un passaggio e sapevo cosa dovevo fare. Tolsi la zucchina da me e mi sdraiai a terra.
Volevo godere, ma allo stesso tempo volevo vedere fino a che punto sarei arrivata senza toccare l’orgasmo. Così, dopo avere preso lo spazzolino da denti elettrico, iniziai a masturbare il clitoride ancora. E ancora. E il mio cervello andò in tilt. Volli resistere, senza godermi l’orgasmo che ancora langue dentro di me’ Perché sono una cagna. E una cagna deve essere scopata.
http://lacagna.altervista.org/FOTO/009.JPG

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