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Racconti Erotici Etero

il maestro di piano

By 9 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Era appena arrivata in città. L’alloggio nel quartiere universitario era esattamente come se lo sarebbe aspettato: squallido, arredato al risparmio, con le finestre dritte in faccia agli altri condomini .Va bene, pensò gettando il bagaglio sul letto, del resto la borsa di studio non permette nulla di più. Per prima cosa organizzò un giro di perlustrazione nel quartiere, così, per conoscere il panettiere, il fruttivendolo e vedere da vicino le case e chi ci abita. Si ravvivò i capelli rossi , li legò in un alto chignon fermato da uno spillone di legno africano, preparò il sorriso migliore e uscì a passeggiare in quello che per almeno tre anni sarebbe stato il suo piccolo mondo.

Era bella, una bellezza non appariscente la sua, non fosse stato per quei capelli rosso acceso, che la indicavano prima degli occhi, della bocca piccola e piena, dell’aria imbronciata e ironica. Vestiva molto semplicemente, da studentessa universitaria. Gonna di jeans, infradito e maglietta aderente. Aveva un seno prorompente, che si adattava perfettamente ai lunghi capelli rossi, facendola assomigliare ad una Lillith in attesa della notte La sua passione segreta era la biancheria intima.. Quella la affascinava a tal punto da passare ore nei grandi magazzini a tastare, accarezzare, indossare completi di tulle e pizzo, che difficilmente riusciva ad acquistare. Era bella sì, quella bellezza che traspare da chi sta bene con se stesso.

Al baretto sotto casa, si fermò per controllare se c’era la bacheca utilizzata per i cerco-offro, per le ripetizioni di latino, con le quali sperava di contribuire al suo mantenimento. Il quartiere universitario non mancava certo di punti di incontro. Appese il suo cartoncino e ne staccò uno dove si offrivano lezioni di piano.

Era una vecchia passione,ormai sopita dai troppi impegni quotidiani che l’avevano guidata ad altre scelte. Si rivide adolescente, al pianoforte. Alzare lo sgabello, sistemare lo spartito, sciogliere le spalle e regolare il metronomo.

Quanto le piaceva quel suono! Quella semplice lancetta verticale con l’astina di ferro da spostare . Alto movimenti lenti ; basso si andava veloce. Tic Tac Tic Tac, niente di più e niente di meno. E da lì tutto cominciava . Attaccavi a questo tictac la musica, come se il richiamo del tac fosse lì appostato per ascoltare le prime note. Ed era bello, perché era come se si suonasse per qualcuno, come se il Signor Tic e il signor Tac avessero pagato un biglietto in prima fila per l’audizione. Se si concentrava molto su quel suono metallico, riusciva ad accordarlo col battito del cuore e si spaventa un po’, cercando poi di distinguere quale fosse il suo e quello di accompagnamento.

Passarono un paio di settimane prima che ripescasse sul fondo della borsa il numero di telefono con la scritta “si impartiscono lezioni di piano”. Già la scritta così formale : si impartiscono lezioni.., già questo bastò a incuriosirla. Compose il numero e rispose una voce maschile, un uomo sicuramente non più giovane. Fissarono la lezione per il giorno successivo.

Arrivò trafelata all’indirizzo, in ritardo come al solito. Salì le scale di corsa, cercando di ricomporsi in fretta, aggiustandosi i capelli mentre correva al 3 piano. Suonò il campanello respirò profondamente per calmarsi e attese. Le aprì la porta un uomo, anzi sembrava un ragazzino veramente. Uno di quegli uomini che già dalla pubertà dimostrano molti anni in meno, gli eterni ragazzini, quelli che nell’età matura dimenticano il valore delle rughe.

Quanti anni poteva avere? Fece un rapido conto mentale: dunque aria da ragazzino, rughe intorno agli occhi, capelli lunghi e candidi doveva averne almeno 55. Sorrise, dall’alto dei suoi maturi 27 anni , e nascondendo un poco di malizia , si chiese se era nel posto giusto. Il maestro si presentò, molto formalmente la fece accomodare nello studio, dove unico elemento d’arredo era un pianoforte verticale, una libreria piena di spartiti e di vecchi dischi in vinile, due piccole poltroncine rosse. Riconobbe la musica di Tom Wait al pianoforte.

In maestro chiese subito a che livello di preparazione erano i suoi ricordi, e decise di iniziare a verificarne le basi. Così regolò lo sgabello , la fece accomodare e con lenti gesti aprì il pianoforte. Gli 88 tasti in avorio riposavano sotto un panno rosso, che come sollevato mosse il pulviscolo intorno svelando il loro profumo.

Iniziò a presentarle uno spartito di solfeggio, chiedendole di eseguire solfeggio cantato. Non voleva crederci. Lei era venuta per suonare il piano, per immergersi nuovamente nella musica e lui le faceva perdere tempo chiedendole di solfeggiare il Do? Eppure, si vide costretta a provare. Non si ricordava più nulla. Qual’era la sequenza dei movimenti in battere e in levare? Non riusciva a ricordarsi i gesti lunghi e lenti che accompagnavano l’esercizio. Lui se ne accorse e arrivandole alle spalle sostenne il movimento della sua mano in battere e in levare.

Il contatto le provocò un turbamento inaspettato, che crebbe con l’ampiezza del movimento. Lui era alle sue spalle, appoggiato alla schiena ben eretta e sosteneva per intero il suo braccio. Venne distratta dalle sue mani. Morbide, con dita lunghe, curatissime e nervose. Si sentì avvampare e il cuore accelerò i battiti mentre l’eccitazione cresceva. Dovette concentrarsi sullo spartito, molto attentamente per mascherare sé stessa. Continuò con un solfeggio perfetto, per la paura di un nuovo contatto fisico. Lentamente finì l’ora di lezione che mise fine anche al disagio. Si scordò dell’incontro al sapore dell’aria fresca, rimanendo incerta sul precipitoso sì con il quale aveva confermato la seconda lezione.

Il giorno precedente già era sovraeccitata. Cercò di calmarsi, in fondo non c’era motivo di alimentare la sua percezione, ma dovette uscire e rifugiarsi in un grande magazzino per cercare di evitare i ricordo delle sue mani. Si trovò ad accarezzare biancheria intima, e con un gesto colpevolmente premeditato acquistò un completo viola. Viola, si disse il colore dell’autodeterminazione, un colore notoriamente nemico delle arti e dello spettacolo.

Si preparò alla seconda lezione indossando il completo appena acquistato, che abbinò con uno scamiciato grigio, e un copri spalla viola. Sorrise allo specchio pensando al valore scaramantico di tutto quel viola.

Suonò puntuale, da brava scolaretta e con aria compita dopo i convenevoli di rito, regolò lo sgabello pronta ad un magnifico solfeggio. Ma lui aprì un nuovo spartito, e sorridendo le preparò sul leggio una sonatina Viennese di Mozart.

Panico, fu il panico assoluto. Le sue dita rifiutavano di muoversi in armonia. Lui aggiustò il metronomo e la incoraggiò appoggiandole le mani sulle spalle. Iniziò a suonare, tutto per evitare la nuova ondata di piacere nascosto che aveva provato al suo avvicinarsi. Tenne gli occhi sullo spartito ma la mente concentrata sulla sua cintura che si trova ad altezza di occhi.

Sembrava percepire il movimento del metronomo in lui che le stava vicino, ogni tanto interveniva sulle sue mani, per correggere la posizione dei polsi. Troppa l’eccitazione troppa, e in crescendo. Lui se ne accorse. Se ne accorse perché con il dito medio le accarezzò la schiena, si avvicinò alla sua nuca e le sussurrò “ ogni passaggio corretto, ogni periodo espressivo interpretato con passione ti premierò”, e le alitò nell’orecchio.

Era bagnata, decisamente bagnata, eccitata e aperta. Si impegnò come non mai, si impegnò e il copri spalla venne aperto e lasciato cadere. Tic tac il suo cuore, tic tac il suo pulsare umido e le labbra sul collo. Suonava, suonava e intanto la zip del vestito scendeva lentamente. Ogni accordo un bacio umido e una lingua carezzevole. Sentiva il calore del suo alito sul pizzo delle mutande, ormai la schiena nuda lasciava spazio alle sue mani, che scendevano ad accarezzarle il solco delle natiche. Mi sta suonando, pensò mi sta suonando e prima mi accorda al suo movimento.

Stonò, perdendo il controllo.

Lui si fermò, con calma assoluta e tirò su la zip. Sorrise di sorriso smaliziato dicendole “ naturalmente ad ogni errore si rincomincia tutto da capo”. Al termine dell’ora di lezione, le consegnò lo spartito chiedendole di ripassare per il suo bene, e la lasciò andare.

Dire che era in fiamme era riduttivo . era in fiamme per la vergogna e per il piacere che aveva provato ad ogni suo umido bacio, ad ogni dentino di zip aperto.

La situazione la stava dominando, lei così brava e precisa a gestire pensieri ed emozioni. Si ritrovò come una bambina in un gioco immaginario a provare lo spartito sul tavolo della cucina, immaginando note e accordi.

Quanto, quanto aveva atteso il giorno della lezione. Lo aveva atteso tutta la notte, e la notte precedente a quella. Aveva aperto le gambe e ripetuto gli accordi correndo sulle grandi labbra, perfezionato la chiave di basso entrando dentro quel mare umido che circondava le sue dita. Movimento in battere e in levare in levare lieve…. in levare per tutta la notte. Non riuscì a godere della sua eccitazione. Troppa immaginazione, troppa attesa e cura per i particolari. Si accarezzava e invece di lasciarsi andare pensava : “ se fossero le sue dita le sue lunghe dita, dove sarebbero adesso? “ le sembrò , immaginò per pochi istanti la sua presenza accanto a lei, e in quell’istante spinse più forte,più a fondo per cercare le sue dita dentro.

Il risveglio fu doloroso e pieno di calore represso . Si guardò allo specchio. Le narici allargate, i capelli sfatti . tutto quel desiderio percepibile fuori e dentro di lei . Si faceva paura quando l’inquietudine aveva il sopravvento sull’autocontrollo.

Avrebbe voluto avere la forza di saltare la lezione, o meglio la forza di sbagliare deliberatamente, ma l’eccitazione e la voglia di scoprire sino a che punto si sarebbe spinta la lezione le mosse i pensieri

Si preparò come se dovesse dare un’audizione, e in fondo era proprio così. Doveva dare audizione alle sue sensazioni, a queste reazioni di un corpo femminile che si mostravano esuberanti e incontrollate. Fu rapida nella decisione, non lasciò spazio ad incertezze o dubbi. Si asciugò i capelli raccogliendoli in uno chignon alto, che lasciava scoperta la nuca. Fece uscire un ricciolo malizioso dal centro dell’acconciatura e si truccò appena.. scaldò i peli del pube con l’aria calda del phon, arricciandoli con le dita. Il loro odore si diffuse nell’aria per posarsi di nuovo su lei.

Indossò una semplice camicetta di seta color magnolia, quel colore burroso di latte appena munto che ammorbidiva i contorni del seno prorompente, una lieve gonna di seta fiorata, scarpe aperte in punta, che mettevano in luce il lucido smalto rosso cupo.

Non indossò biancheria intima. Se doveva essere seduzione, doveva essere chiara l’intenzione di sorprendere il maestro. O meglio, era così smaniosa di arrivare fino al punto di non ritorno con lui da immaginarsi già l’eccitazione del momento, quando avrebbe scoperto cosa era in serbo per lui.

Era stupita da tutta questa sua eccitazione, per così dire pilotata. Come se necessitasse di conferme sul suo potere seduttivo.

Puntualissima suonò al campanello, vergognandosi per non aver calcolato che i capezzoli si sarebbero già mostrati in tutta la loro erezione. Così finì per sembrare una timida scolaretta, stringendo al seno lo spartito rossa di vergogna per tutta quella sensibilità incontrollabile.

Come sempre, i saluti furono formali e pieni di professionalità. Solo al momento di alzare galantemente lo sgabello alla giusta altezza il maestro con un largo sorriso le chiese se avesse avuto tempo, ma soprattutto voglia di studiare il pezzo.

Tutta quella spavalda sicurezza ostentata davanti allo specchio mentre decideva sulla carta di essere pronta a sedurre si trasformò in un diesis di umori che scendeva direttamente a riempirle la vagina.

Non rispose, o meglio fu capace solo di sostenere sguardo e sorriso. Alzò leggermente la gonna per accomodarsi sullo sgabello e pregò di non bagnare il tessuto. Che imprudenza non indossare biancheria! Sentiva lei stessa l’odore dell’eccitazione e il sudore iniziò a bagnarle il collo.

Che fare? Il dilemma a se stessa lo aveva raccontato mentre ancora immaginava la sua presenza. Suonare perfettamente e attendere il punto di caduta o sbagliare per paura di cadere? Solo una lieve inquietudine attraversò lo sguardo mentre apriva lo spartito.

http://www.youtube.com/watch?v=x7rITSPdi-o

Sonatine Viennese n° 1 di Wolfgang Amedeus Mozart

Il maestro sistemò il metronomo e lei sincronizzò mente, respiro e desideri. Poi iniziò a suonare.

Allegro brillante

Fu brava, iniziò bene , con il giusto ardore mentre lui si avvicinava alle spalle e stringendole delicatamente il collo si chinò per baciarle la nuca. Baci appena accennati, quasi a non volerla disturbare la sua esecuzione. Piano piano si rilassò e iniziò a godere della musica e di lui. Chiuse gli occhi, non avvertiva la necessità riguardare lo spartito, ma solo di interpretare la completa eccitazione del suo corpo.

Le sue mani le sue mani ..stavano sbottonando la camicetta così languidamente, così pacatamente che quasi contrastava l’eccitazione che ormai la faceva pulsare senza limite.

Afferrò un seno mentre con l’altra mano mise allo scoperto una parte di spalla. La mano non conteneva tutta la sua esuberanza, così utilizzò il palmo a suo sostegno, mentre tra le dita svettava il capezzolo duro e sensibile.

Iniziò ad accompagnare il movimento musicale stringendo ritmicamente il capezzolo tra le dita accrescendone il turgore.

Minuetto ( Allegretto )

Si ritrovò madida di sudore per l’eccitazione mentre lui fermò l’esecuzione per sfilarle la camicia che cadde sullo sgabello e lei col busto completamente nudo al piano mostrava tutta la sua pienezza.

Eppure continuò a suonare. A tratti spalancava gli occhi per un succhio profondo delle labbra o per un morso leggero .

Iniziò a faticare nella concentrazione all’allegretto, quando il maestro si avvicinò di lato allo sgabello e fu visibile la sua erezione attraverso gli abiti.

Trio ( espressivo)

Lui seguiva con il bacino i movimenti del metronomo, ed era ipnotica l’onda sonora che passava da lei ai fianchi e al metronomo. Un unico pulsare ritmico. Ne fu affascinata, e bastò quell’attimo quel semplice attimo di distrazione per sbagliare.

Le mani si fermarono.

Sopirò, alzando lo sguardo verso lui., sorridendo.

Quell’istante rimase focalizzato nella sua memoria , e si chiese spesso se l’errore fosse volontario o inconsapevole.

Aveva passato la mano.

Stava al maestro adesso dimostrare di saper controllare la sua eccitazione e mantenere quanto dichiarato, semplicemente rivestendola. E ricominciando da capo.

Non lo fece, non ci riuscì, lei l’aveva portato troppo oltre. Così mormorò mentre si inginocchiava davanti allo sgabello, sollevandole la gonna “ solo chi riconosce i propri errori merita una seconda occasione”.

Trio (espressivo)

Suonare con la lingua tra le cosce. Suonare con la lingua che entra possente nella sua vagina. Suonare e sentirlo bere dentro di lei. Estasi, pura estasi. Non si capacitava della qualità espressiva di quello che stava suonando , non si capacitava di quanto lungo fosse l’orgasmo che stava provando per quella sonatina viennese.

Tremò, tremò come uno spartito mosso dal vento e dovette far forza sui polsi per non stringere a forza la testa del maestro tra le cosce nell’istante in cui tutta la sua essenza si concentrò in un gemito lunghissimo e incontrollabile.

Adagio ( grazioso)

Non la smetteva, continuava a leccarla e a bere le sue scosse. La gonna era bagnata, i baffi di lui erano umidi quando si avvicinò per baciarla.

Le sciolse i capelli e inginocchiato si avvicinò ai suoi occhi. Brava, le disse ottima interpretazione.

Si ricompose, alzandosi non ancora soddisfatta del pomeriggio musicale.

Rassettò la gonna, regolò lo sgabello e prendendo per le spalle il maestro lo fece accomodare.

Ora, disse, mi faccia sentire la sua musica, mi faccia vedere la differenza di espressione, di interpretazione armonica tra chi insegna chi impara. Passò davanti al suo naso con il seno in mostra, regolò il metronomo e invitò ad esibirsi lui. Scelte un’amabile sonata.

http://www.youtube.com/watch?v=ow4SbHcPoWQ

Sonata K 310 1° in la minore

Allegro maestoso

Prima dell’inizio dell’esecuzione regolò con aria maliziosa la distanza dello sgabello dal pianoforte, e si inginocchiò. E bravo il maestro, eccitato e duro come il marmo ma impassibile nella sua esecuzione.

Slacciò i pantaloni e passando le mani sotto ai glutei lo invitò ad alzarsi leggermente per rimanere nudo al piano. L’esecuzione risentì di una leggerissima imperfezione, ma lei lasciò correre. Lo spettacolo dall’angolazione scelta era alquanto singolare : il sesso del maestro che oscillava leggermente al seguito degli accordi e sopra di lei le braccia che agilissime si muovevano sui tasti..

Si mise ad alitare su lui, sul suo sesso. Voleva vedere le gocce di sudore scendergli tra i capelli e la fronte. Tirò fuori la punta della lingua e rimanendo ferma accolse le oscillazione del bacino che ritmicamente seguivano la sonata. Che piacere vedere l’eccitazione crescere solo per quella puntina li lingua umida che toccava e sfiorava quello che era il movimento della musica.

Poi si ricordò del solfeggio, sì del solfeggio cantato in battere e levare, ed iniziò a solfeggiare sul pene del maestro. Il tempo della sonata venne adattato al battere, mentre stringendo tra i palmi delle mani tutta l’erezione che aveva davanti agli occhi , lentamente iniziò a ruotare la pelle scaldandola fino a sentirlo gemere.

Con un sottile filo di bava lucente legò la sua bocca al glande del maestro, e iniziò a passare la punta della lingua intorno alla parte scoperta e al filetto bagnato. Fu un immenso piacere adattare la lingua alla sonata vedendola ruotare intorno al filetto per allargare la pelle e accompagnarla sempre più in basso, mentre sentiva i primi gemiti frementi. La sonata era magnifica, meritava attenzione e cura. La stessa che lei mise nello spingere la pelle così dolcemente da farlo accelerare nell’esecuzione per implorarla mentalmente di smettere quella deliziosa tortura. Lei, maliziosa come non mai continuò invece ad eccitarsi della sua eccitazione.

Si sciolse i capelli e li portò davanti alla fronte. Intrecciò due ciocche al pene del maestro e si mise a masturbarlo con loro, mentre con la bocca aperta accoglieva lentamente il movimento ritmico.

Continuò il terzo movimento del solfeggio introducendo il membro nella calda bocca mentre con la lingua giocava tra le vene della pelle. Continuò succhiando e giocando al girotondo introducendo la lingua nel filetto e infine terminò con tutta se stessa spingendolo a fondo nella sua saliva.

Il levare fu dolce, dolce e lieve mentre scivolava furori da lei gocciolante. Continuò, continuò a lungo a leccare, succhiare, prima tutta pelle e poi il glande, , insistendo con la punta per penetrare al suo interno.

Fu il maestro nel concentrare le spinte ritmiche del bacino nella bocca di lei a sbagliare completamente l’accordo.

Ma non rifermò, troppo preso dal desiderio di goderle in bocca.

Fu lei, lei a fermarsi.

Subito.

Maestro, disse, “ solo chi riconosce i propri errori merita una seconda occasione”. E si alzò, lasciandolo inerme al piano.

Andò verso la porta, e voltandosi con aria maliziosa, disse “ per la prossima settimana spero che lei abbia tempo, ma soprattutto voglia di studiare il pezzo.”

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