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Racconti Erotici Etero

Il medico legale, l’ispettore, lo psicologo forense

By 12 Dicembre 2021No Comments

Roma, un giorno piovoso come tanti altri di novembre.
Per le vie di un centro ormai ombra di sé stesso cammina a passo svelto un uomo, un ragazzo. 26 anni, impermeabile nero zuppo di gocce d’acqua, occhiali sul naso, un fisico atletico, alto e asciutto, evita con maestria le mille pozze che si creano tra gli anfratti lasciati dai sanpietrini. Un’ultima svolta e raggiunge un vicoletto, dove a terra è sdraiato un corpo esanime, in una pozza di sangue simile a tempera, ormai diluito dall’acqua. Inginocchiata di fianco al corpo, con borsa medica a lato, una figura fradicia dalla testa ai piedi, la massa di capelli rossi completamente pregna di acqua e continue imprecazioni provenienti dalla scomoda posizione in cui è costretta.

“E’ il quarto nel giro di un mese e mezzo vero?” la voce del ragazzo dall’alto giunge all’orecchio del giovanissimo medico legale in modo abbastanza fastidioso

“Già, e tu continui a non cavarci un ragno dal buco” la risposta stizzita colpisce nell’orgoglio l’ispettore della Omicidi, che si avvicina e da una lieve spinta alla dottoressa con tutto il corpo, facendole perdere l’equilibrio e costringendola ad appoggiarsi a terra

“Non sai nemmeno reggerti in piedi e critichi me, guarda che mi inquini la scena” una risata sommessa e uno sguardo verso la dottoressa. Sono la coppia medico legale-ispettore che si sia mai vista in Italia. Serena, 28 anni, una laurea in medicina presa a 24 anni e una specializzazione in medicina presa a tempo di record, un tirocinio portato avanti in modo talmente brillante da esser stata subito inserita lavorativamente ad alti livelli, assegnandole un quadrante tra i più delicati della città e riservandole una competenza quasi totale. Capelli rosso fuoco, lisci e lunghi fino alle spalle, due occhi azzurri celesti e profondi, un fisico modellato da una dieta impeccabile e dalla sua passione per lo sport (più precisamente il nuoto), tra università, tirocini e praticantato aveva attirato le attenzioni di chiunque avesse la fortuna di posare lo sguardo su di lei. Salvo rifiutare ogni avance derivante dal suo stesso ambiente, nonostante continue malelingue insinuassero che si era fatta strada fino a là solo grazie alla sua bellezza e alla sua capacità nel succhiare cazzi. Dicerie a cui Giulio non aveva mai creduto, se non forse i primi 10 minuti, prima di sentirla parlare. Si erano trovati subito anche caratterialmente, riuscivano a non farsi pesare le ore che erano costretti a passare insieme, oltre al fatto che apprezzava di aver vicino una persona che avesse più o meno la sua età e non qualche vecchio barbagianni che continuava a scrivere “arresto cardiaco” sui certificati di morte.
Si punzecchiavano di continuo quando erano da soli, salvo mantenere un certo riserbo quando si appropinquavano colleghi o curiosi, cosa molto complicata in quella piovosa giornata novembrina. Loro due c’erano (uno rappresentava la polizia, l’altra la parte sanitaria, a loro si aggiungevano due barellieri ben al sicuro dentro l’ambulanza) e loro due sarebbero rimasti, nel tentativo di ricostruire il quarto omicidio in quella zona nell’ultimo mese e mezzo.

“Se l’esser stronzo valesse promozioni saresti già diventato prefetto. E comunque ho già risolto le cause di morte, identiche agli altri 3. Un colpo di pistola direttamente alla nuca, morto sul colpo” goccioloni d’acqua colavano sulla sua fronte, nonostante il tentativo di riparo sotto un balcone sporgente

“e ovviamente nessuno ha sentito nulla. Solito silenziatore. La signora che ci ha avvisato pensava fosse svenuto, è uscita per recuperare due panni che aveva distrattamente lasciato sullo stendino, non avvedendosi dell’arrivo di questo diluvio. Quando se ne è resa conto è uscita e ha visto il tizio per terra, tutta la pioggia e la distanza non le han permesso di vedere il sangue, ha chiamato voi e tu hai chiamato me. Ed eccoci qua. Hai controllato se ha documenti?” una scrollata al cappuccio che fa piovere ulteriormente addosso a Serena

“E stai attento cazzo! Comunque si, Martino D., 21 anni. Ti dice qualcosa questo nome?” lo sguardo attento rivolto al collega, cercando di capire se si riuscisse quantomeno a mettere un filo conduttore sensato in questa assurda vicenda

“Il nome non mi dice niente, ma in questi giorni ho trovato un filo conduttore che potrebbe aiutarci. Se trova riscontro anche su di lui abbiamo una pista da seguire. Dobbiamo restare qua a proposito? Andiamo in obitorio così magari riusciamo a parlare senza dover urlare. Che penso che la signora fra poco ci denunci” una sorriso abbozzato in una giornata di merda. Come sempre.

Neanche un’ora dopo sono in due spogliatoi distinti a farsi una doccia. Se fino a un paio di mesi fa si erano visti spesso, nell’ultimo mese e mezzo avevano quasi convissuto, visto che quell’estenuante indagine aveva totalmente azzerato la loro vita privata. Si erano visti nelle condizioni peggiori, appena svegli, sfatti dopo 12 ore in piedi, in mutande, nudi perché entrambe le loro case avevano un bagno solo e per comodità, visto che viaggiavano spesso su una sola auto (o moto, a seconda del guidatore e del tempo), finivano a condividere l’abitazione. Non era mai successo nulla, e nessuno dei due, visto anche il periodo, aveva mai avuto un certo tipo di attrazione nei confronti dell’altro. Anche perché in quella coppia (se così vogliamo chiamarla) c’era una variabile impazzita. Che si annuncia con la sua solita esuberanza. Miriam, 25 anni, psicologa forense assegnata di supporto nei casi in cui di mezzo c’erano omicidi seriali o pazzi scatenati. E in questo caso le possibilità sono entrambe credibili. Se Serena era particolarmente apprezzata per le sue competenze, Miriam lo era molto di più per la sua facilità di conquistare ciò che voleva usando il proprio corpo.
Non che fosse stupida, tutt’altro. Anche lei aveva delle capacità e delle competenze fuori dal comune, ma invece che rimboccarsi le maniche ha sempre preferito trovare la scorciatoia. Ma da quando era stata assegnata a quel caso si era trovata di fronte a un muro. Né Giulio né Serena la tolleravano lavorativamente, e questa cosa aveva contribuito a frustrare pesantemente la ragazza che, come unica soluzione, aveva trovato quella di sedurre il suo capo, così da tentare di riequilibrare la situazione. Cosa che aveva portato ulteriori problematiche, visto che il dipartimento di psicologia forense non aveva né il diritto né il potere di intromettersi in modo così pesante sui casi. E di fatto Miriam era rimasta scottata due volte: una dalla bassa opinione che avevano di lei i suoi colleghi e una dal dolore che le aveva causato al culo tentare di volgere a suo favore. E a nulla era valso concedersi a Giulio, che ne aveva ben volentieri approfittato, ma senza variare di una virgola il suo modo di fare a lavoro.

“Come mai sei qua di domenica e con questo tempo?” la faccia interrogativa di Giulio diceva letteralmente tutto

“Ti dimentichi sempre che collaboro anche io al caso, nonostante a voi faccia comodo non ricordarvelo, visto che non mi avete nemmeno avvisata”

“Non ci sono evidenze, ancora, che sia collegato a tutto il resto, per cui non era necessario informarti” per la prima volta Miriam era aggressiva, di solito era sempre stata arrogante e presuntuosa, ma mai rabbiosa

“Non mi pigliare per il culo, sai benissimo che è uguale agli altri, solo che ti faceva comodo non avermi tra i piedi, come sempre. Perché tu e miss Rossofuoco pensate che sia ritardata e che sia qui solo per i cazzi che ho succhiato”

Giulio alza un sopracciglio “vorresti negare che è per questo che sei qua? Non ci hai dato nessuna mano da quando abbiamo iniziato a collaborare, eppure non sei stata ancora tolta dal caso. E so benissimo quanto sei brava a succhiare cazzi, quindi è una motivazione più che sufficiente”

“Vi siete mai premurati di chiedervi qualcosa? Ho eseguito test e conosciuto varie persone vicine alle vittime, ho pagine e pagine di dossier pieni, e ve ne siete sempre strafottuti. Di tutto.”

“ORA BASTA. Io ho da lavorare, se dovete discutere andate nel mio ufficio. Fuori dai coglioni” La risposta di Serena non ammette repliche, Giulio e Miriam si eclissano nei lunghi corridoi lasciando la ragazza alla sua autopsia e continuando a discutere sommessamente

“Mi spieghi per quale motivo non hai aperto quella cazzo di bocca? Non mi sembra che tu ti sia fatta troppi problemi a chiedermi se volevo scoparti”

“Perché speravo che capiste che potevo darvi una mano in questo mare di merda. Perché ci siamo dentro tutti e 3, e ti dimentichi che chi rischia di più il culo siamo io e te, perché Serena non deve risolvere il caso, deve solo supportarci. Se questo pazzo continua ad ammazzare fottuti ci finiamo noi due, lei no. Eppure tu pendi solo dalle sue cazzo di labbra”

“Io non pendo dalle labbra di nessuno, Serena ha dimostrato subito di sapere che cazzo stesse facendo. Tu no. Tu hai dovuto prima scoparti il capo del dipartimento di psicologia forense e poi me”

“Non mi pare ti sia dispiaciuto troppo però” Miriam si morde il labbro. Per quanto odi quella situazione Giulio è l’unica persona, negli ultimi anni, con cui è andata anche perché voleva e non solo perché (dal suo punto di vista) doveva. E ripensare a quel paio di notti che avevano passato insieme le provocava sempre certe……..reazioni.

“Non ho mai detto che mi sia dispiaciuto, anzi……ma non trovo corretto il fatto che tu voglia usarlo qua”.

Anche il ragazzo la notte non l’aveva propriamente dimenticata, anche perché non aveva avuto molte occasioni di avere altre donne oltre lei, vista la delicata situazione. Alza lo sguardo e la osserva, Miriam è bassina, magra e in forma, con due seni piccoli e sodi e i capelli a caschetto, due occhi neri profondissimi e un piccolo piercing sul naso. I loro occhi giocano a inseguirsi, Giulio tenta di distogliere lo sguardo, ma non riesce. La ragazza avanza di due passi verso di lui

“Sei l’unica persona, da due anni, con cui l’ho fatto perché volevo. Mi sono intestardita a far carriera e ora mi ritrovo disprezzata. Vi farò cambiare idea, perché Serena sarà speciale, ma posso esserlo anche io” la mano di Miriam si appoggia sulla patta di Giulio e la accarezza “pensi che facciamo in tempo?”

La ragazza a malapena finisce la frase che si ritrova le labbra del ragazzo sulle sue, le dischiude rapidamente accogliendo la sua lingua vorace e famelica nella sua bocca. Sorride mentalmente, stavolta non è stata lei a sedurre lui, ma praticamente lui lei. Non riusciva a levarsi il suo sguardo dalla testa da giorni, voleva conquistarlo, non solo fisicamente ma anche mentalmente. Sapeva che era una difficile sfida, ma per la prima volta nella sua vita voleva giocare pulito. Anche perché a giocare sporco ci aveva provato e aveva solo peggiorato la situazione.

Le labbra e la lingua di Giulio accarezzano il suo interno, le mani sottili e snelle scivolano lungo il corpo e la sfiorano appena, il vestito che ha addosso le sembra un fastidioso e insuperabile ostacolo, se lo strapperebbe se potesse. Ben presto i loro corpi sono attaccati, si toccano, si sfiorano, Giulio la prende in braccio e la tira su, la gonna del tailleur sale, scoprendo le cosce, non fasciate da calze, che arrivano solo a metà. La appoggia sul tavolo, il vestito ormai scopre delle mutandine semplici, eleganti, in pizzo nero, senza nessuna pretesa di zoccolaggine ma che su di lei stanno molto bene, e mostrano una piccola striscia di peli attraverso le trasparenze. Si è sempre distinta dalle sue (poche) amiche e dalle sue ex compagne di squadra di pallavolo per non aver mai depilato completamente la sua piccola fighetta, tenendo sempre una striscia perfettamente ordinata e visibile di peli neri scurissimi.

Le labbra di Giulio scivolano lungo il collo, lo mordicchiano, lo leccano, succhiano appena la pelle. Vorrebbe fosse nuda, per godersi ogni centimetro, ma non può. E’ vestita in modo elegante, difficile da spogliare con così poco tempo a disposizione. Si guardano ancora, Miriam sorride, Giulio di rimando anche. Scende, poggia le labbra sulle calze sottili, baciando la pelle da sopra il tessuto e bagnandolo appena, risalendo fino alla prima metà delle cosce, dove la pelle è nuda. La mordicchia, la succhia, le lascia un segno sulla coscia destra leggermente più scuro di un livido. Nonostante ci siano le mutandine, l’odore secreto dalla vulva e dalla voglia di Miriam è annusabile in modo chiaro. Ha un odore forte, dominante, ma che lui ha tenuto a bada per ben due volte, conducendo le danze sempre, al punto da concedersi come non aveva probabilmente mai fatto con nessun altro. Inizia a leccare piano da sopra le mutande, non appena la lingua sfiora il sottile tessuto la ragazza sussulta, appoggiando la mano sui lunghi capelli del ragazzo e accarezzandoli, un piccolo gemito, un respiro pesante.
La lingua inizia a saettare tra le pieghe della carne e del tessuto, giocando sia fuori che dentro da esso, penetrando il bocciolo nascosto di Miriam con anche il tessuto, per poi uscire subito e tornare a giocare con la pelle delle cosce. Il tempo sembra immobile, ma le lancette nel mondo reale scorrono.
Giulio scosta le mutandine della ragazza e appoggia le sue labbra sul clitoride gonfio, strappandole un gemito più rumoroso. Inizia quasi a succhiare con le labbra, mentre con la lingua scivola dentro di lei e la rotea. I gemiti iniziano a susseguirsi, la mano stringe i capelli di più. Porta due dita tra le cosce, quando si sentono dei passi in lontananza dal corridoio. E’ Miriam a captarli, nonostante la testa stordita da una voglia immane. Con uno sforzo disumano spinge via il suo amante dal meritato traguardo e cerca di risistemarsi alla meglio, stessa cosa che fa lui, prima di scambiarsi un fugace bacio e tornare a discutere, dissimulando il più possibile, di lavoro.

La porta di apre e la figura di Serena entra nella stanza. I suoi occhi attenti perquisiscono la stanza rapidamente. Il rossore sul viso di Miriam, l’umido sulle labbra di entrambi, l’evidente bozzo della patta di Giulio. La rossa sapeva benissimo cosa era successo tra i due e non si stupiva potesse accadere di nuovo, ma vederlo così, sbattuto davanti, incrina la campana di vetro in cui si era nascosta sessualmente nell’ultimo periodo. Non era arrabbiata perché lo stavano facendo nel suo ufficio o infastidita del fatto che lo stessero facendo. Era……….invidiosa del fatto che nonostante la loro vita fosse in una situazione complessa per via del lavoro entrambi riuscivano a trovare la voglia di vivere. Cosa che lei aveva perso tanti anni fa. Ma quella visione le aveva appena fatto esplodere un Big Bang nel cervello.

Per commenti, suggerimenti o qualunque cosa scrivetemi a marcorossi95_1995@libero.it

Continua…..

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