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Racconti Erotici Etero

IL MERCOLEDI’

By 4 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Sembrava un mercoledì come tanti altri: io a guardare pensierosa la dispensa alla ricerca di qualcosa per farmi compagnia nella serata solitaria infrasettimanale a guardare la TV o un DVD.

Sono sposata da tre anni con Francesco e il nostro è un matrimonio davvero felice, ci sentiamo davvero innamorati come il primo giorno. Siamo sempre insieme, ci scambiamo continuamente baci e carezze e quando siamo in compagnia, gli amici ci dicono scherzosamente che siamo un continuo preliminare. Quando dobbiamo stare distanti per impegni di lavoro, ci telefoniamo almeno almeno quatto volte al giorno e non disdegnamo il sesso al telefono! Solo il mercoledì sera Francesco si prende una serata libera per giocare a calcetto con gli amici e a me non dispiace perchè non voglio dare a mio marito la sensazione di soffocarlo con troppe attenzioni. Così me ne stavo lì indecisa e meditabonda tra pop-corn, patatine fritte e biscotti alla cioccolata quando il trillo acuto del telefono mi ha improvvisamente scosso facendomi battere forte il cuore. Premo il bottone di risposta del cordless, dico il classico “Pronto” e quando mi sento rispondere con voce squillante “Pronto Penny, sei tu? C’è Francesco in casa?”, mi ha preso un piccolo brivido d’inquietudine: si trattava di Giulio, il migliore amico di Francesco. Perchè inquietudine? Perchè a me Giulio proprio non piace, anzi si può dire che quasi lo detesto e continuo a non capire come mai quei due possano essere così amici. Francesco è tranquillo, posato e non dice mai una parola oltre il necessario. Quando ci siamo conosciuti, mi aveva molto colpito il suo suo profondo dolore nel ricordare il tradimento della sua precedente fidanzata. Prima di frequentarci ha preteso che io lasciassi il mio ragazzo perchè non voleva essere causa di sofferenza per un altra persona. Insomma una persona specchiata e sincera. Quando siamo a letto, invece, sa trasformarsi e tirare fuori le unghie pur rimanendo molto attento alle mie esigenze e ai miei tempi e mi dice spesso che nel sesso nessuna l’ha ispirato tanto quanto me. D’altra parte c’è Giulio: disordinato, iperattivo, affabulatore e soprattutto donnaiolo impenitente. Non si contano più le sue relazioni lunghe e brevi, le sue avventure e i suoi tradimenti. E il bello è che se ne vanta pubblicamente infarcendo i suoi racconti di dettagli che suscitano sempre l’ilarità del pubblico maschile, ma che io ho sempre trovato sconci e offensivi. Spesso quando siamo in compagnia degli amici, mi ritrovo a pensare che sono stata davvero fortunata a trovare un uomo fedele e attento come Francesco.

Al telefono Giulio mi ha chiamata Penny, ma in realtà mi chiamo Penelope, solo questo nome così importante e pomposo è stato fin da bambina fonte di prese in giro e ilarià. Così ho imposto a tutti, amici, parenti e fratelli compresi, di chiamarmi Penny, e permetto solo ai miei genitori e a mio marito di chiamarmi col nome intero. Stavo dicendo appunto della telefonata: ho mascherato il disappunto cercando di essere cortese e allegra e ci siamo detti più o meno questo:
“Ciao, Giulio. No francesco non è in casa, sai che di mercoledì va a giocare a calcetto”
“Hai ragione, l’ho dimenticato. E’ che speravo di trovarlo perchè sto passando dalle vostre parti e avevo promesso di restituirgli il gioco della PlayStation che mi ha prestato mesi fa”.
Avevo dimenticato di dire che l’unica loro cosa in comune è la PlayStation e che potrebbero passare delle ore a giocarci.
“Mi spiace, non puoi ripassare domani?” ho detto con voce carica di speranza, perchè non mi andava proprio di stare sola con quel tipo.
“Il fatto è che nei prossimi giorni sarò molto impegnato e non volevo aspettare ancora per restituire il gioco. E adesso mi trovo giusto a un paio di chilometri da casa vostra…” ha risposto con voce volutamente dispiaciuta. Come al solito, quando voleva Giulio sapeva essere convincente eppoi aveva ragione che, se non si approfittava subito della sua disponibilita, Francesco avrebbe aspettato altri mesi prima di vedersi restituito il gioco!
“Ok, vieni pure” ho risposto un po’ riluttante.
“Bene, arrivo subito” e nella solita voce alta ho notato un tono diverso dal solito.
Ho aspettato quei pochi minuti mangiucchiando un paio di biscotti e mi sono tranquillizata pensando che, anche se quel tipo non mi piaceva, non significava che sarebbe dovuto per forza accadere qualcosa di male: in fondo doveva solo restituire un gioco di PlayStation e andarsene via!

Quando suonato il campanello, ho aperto la porta e mi sono trovata di fronte il solito baldanzoso Giulio.
“Oh, madama, permettete che io entri nel vostro nobile castello?”
“Certo, entra pure” ho risposto cercando di nascondere il piccolo sorriso che mi aveva strappato.
“Allora, Francesco è con gli altri scemi a tirare calci alla palla?”
“Sì, ci vanno sempre il mercoledì. Anch’io per la verità dovrei fare un po’ di sport, ma sono troppo pigra”.
“Tu non ne hai bisogno, sei perfetta già così”.
Il suo complimento fulminante mi ha provocato un piccolo rossore e me lo sarei dovuta aspettare da uno come lui, ma ciò non toglie che in quel momento mi ha anche fatto piacere. La conversazione è continuata con Giulio che mi bersagliava con le solite battute se mio marito si fidava a lasciarmi sola soletta la sera a casa e se io ero proprio sicura che il mercoledì Francesco andava al calcetto e non piuttosto “a caccia di figa” (ha usato esattamente queste parole), ecc. Io ho cercato di ribattere a tono, ma devo ammettere che quel tipo mi faceva sentire alquanto in soggezione, anche perchè non ha smesso un attimo di fare i raggi X al mio corpo: ammetto di aver approfittato del primo caldo estivo per indossare una maglietta con scollo a V, corta per lasciare lasciare scoperto il ventre piatto e soprattutto talmente aderente da far chiaramente capire che non indossavo il reggiseno, anche i pantaloncini erano corti e aderenti. Normalmente ci incontriamo in compagnia e io faccio di tutto per evitare il suo sguardo e attaccarci discorso, ma trovarmi lì sola con lui circondata dalle mura di casa mi faceva sentir soffocare, così ho cercato un diversivo offrendogli qualcosa da bere. Appena mi ha risposto “Prendo un caffè, grazie” io mi sono diretta subito in cucina pensando di prendermi qualche attimo di respiro da Giulio, convinta che sarebbe rimasto in sala a guardare la TV. Ma mi sbagliavo. Mentre riempivo la moka, l’ho sentito arrivare alle mie spalle e ha cominciato a fare apprezzamenti pesanti sul mio corpo e quanto ero sexy vestita in quel modo. Devo dire che non sono alta, ma sono ben fatta, ho le curve al punto giusto e tutti mi dicono che i capelli lunghi e neri mi rendono molto seducente: insomma ho scelto di vestirmi in modo da valorizzare bene la mia figura, mica per piacere a quel porco! Ho volutamente evitato di rispondergli convinta che avrebbe desistito, ma visto che la tattica non funzionava mi sono girata e gli ho detto:
“Insomma Giulio, smettila, non ti sembra di esagerare?” anche se ho cercato di essere dura e decisa, la mia voce aveva un leggero tremore.
“Uh, lo sai che quando ti incazzi sei ancora più carina?”.
In quel momento avrei voluto che accadesse come nei film: che il trillo del telefono o una visita inaspettata interrompa bruscamente la situazione imbarazzante. Ma nulla di questo è successo. Anzi, Giulio si faceva sempre più avanti a piccoli passi, come si facevano più esplicite le sue avance. Se prima ero in soggezione, devo confessare che allora ero in sua balìa. Ho cercato di respingerlo un’ultima volta minacciando di raccontare tutto a mio marito, ma lui era inesorabile “Ah, già Francesco, non sai quanto lo invidio per avere una bella femmina come te”.
“Se mi lasci stare adesso, prometto di non dirgli niente” mi sono illusa della forza delle mie parole, ma avevo scordato che su in tipo arrogante come lui non potevano che avere l’effetto contrario.
“Già, ma il tuo maritino non è qui a difenderti adesso, adesso lui è a giocare a calcetto e ti ha lasciata sola a casa in balìa del primo uomo entrato in casa”.
Ero in trappola tra il piano della cucina e il migliore amico di mio marito a pochi centrimetri dal mio corpo. Con decisione mi ha preso fianchi con le mani e mi ha baciata mettendomi subito la lingua in bocca. Non avrei dovuto, non avrei voluto, ma ho risposto muovendo istintivamente la mia lingua all’unisono con la sua. Quando me ne sono resa conto ho cercato di sottrarmi, ma la sua volontà e la sua forza erano maggiori delle mie. Con una mano mi ha palpata in mezzo alle natiche e con l’altra è corso sotto la maglietta ad accarezzarmi il seno. Erano tutt’altro che attenzioni galanti, anzi erano carezze volgari e frettolose, ma mi piacevano, mi piacevano da matti. La sua lingua esplorava con cura ogni centimetro dei miei denti e del mio palato e più si strusciava per farmi sentire la sua erezione più io mi avvinghiavo a lui.

Le sue mani non mi hanno lasciata in pace, mi hanno esplorata frenetriche le spalle, le tette, il ventre, le reni, le chiappe. Si è staccato da me, con decisione mi ha sfilato la maglietta e mi succhiato i capezzoli che erano già belli turgidi. Ma anche quello è durato poco: si è slacciato i pantaloni, ha tirato subito fuori il pene e, spingendomi le spalle mi ha forzata a inginocchiarmi ai suoi piedi. Allora era vero che con le donne é uno che va per le spiccie, i suoi racconti non erano solo vanterie. Il problema era che quando lo raccontava io provavo repulsione e mi domandavo che cosa ci trovassero le donne in lui, ma ora che anch’io provavo i suoi modi ero eccitata da morire. Avevo davanti agli occhi il suo cazzo un po’ più grosso di quello di Francesco, ma soprattutto bello dritto e duro. E con il glande arrogantemente scoperto. Timidamente l’ho preso in mano e ho avvicinato la bocca per dare dei piccoli colpi di lingua. Ma al solito lui non ha perso tempo: mi ha afferrato la nuca, me l’ha infilato tutto fino in gola e tenuto lì. Dopo qualche attimo (ma a me è sembrata un’eternità) ha mollato la presa e io ho cominciato a succhiarlo muovendo la testa avanti e indietro, prima lentamente e poi sempre più velocemente. Circondavo con forza le labbra e le guance attorno al cazzo e usavo la lingua per massaggiarglielo con dolcezza. Lo inghiottivo fino a sfiorare il mio naso sui suoi peli e poi gli succhiavo solo la cappella con colpi rapidi. Lo leccavo, lo mordichiavo e me lo rimettevo in bocca con volluttà. Ero sempre più fuori controllo, godevo a dare piacere a quell’uomo così arrogante e antipatico. Giulio mi ha preso per le ascelle per tirarmi sù, evidentemente aveva per me altri programmi. Ma stavolta ho opposto più resistenza, lui non se l’aspettava, così ho approfittato della sua sorpresa per aumentare il ritmo del pompino: ero nella mia cucina con in bocca il cazzo del migliore amico di mio marito, insomma una situazione compromettente, ma ero ben determinata a non andare oltre. In quel momento ho pensato che l’unico modo per non farmi prendere come una brava gattina in calore, era di farlo venire in bocca in ogni modo e così ho fatto. Gliel’ho preso in bocca, succhiato e leccato in tutti i modi possibili. Avevo i crampi alla bocca, ma ho continuato senza sosta fino e quando non l’ho sentito ansimare in modo convulso, ho sfoderato la mia specialità: ho succhiato velocemente la cappella dando rapidi colpi di lingua e masturbandolo con ampi movimenti della mano. Funziona sempre e anche quella volta ha funzionato: ho fatto sforzi titanici per contemporaneamente ricevere gli schizzi e inghiottire lo sperma tenendo ben aderenti le labbra attorno al cazzo per non far uscire nulla. Come ero ben determinata a tenermi tutta dentro quella squallida avventura: era vero che non avevo fatto sesso completo con Giulio, ma cio non toglie che per me era come aver tradito mio marito, soprattutto la sua fiducia. Quando ha finito di godere, ho leccato bene le ultime gocce di sperma dalla cappella. E sono rimasta con lo sguardo basso ad aspettare la sua reazione. Si è riallacciato i pantaloni e sistemato la camicia sbrigativamente, mi ha sollevato il mento per guardarmi bene in faccia e ha trovato niente di meglio che dirmi “Sapevo che dietro la tua aria da brava mogliettina sei una vera troia. Ah, non ho piu bisogno del caffè, grazie lo stesso”. Si è diretto verso la porta della casa e prima di uscire ha detto a voce alta quelle terribili parole “A proposito: vengo a trovarti anche il prossimo mercoledì!”. Un brivido mi è corso lungo la schiena e il cuoro ha iniziato a pompare a mille, sono corsa in bagno e mi sono fatta una doccia per lavare via quella sgadevole senzazione di sporcizia. Mi sono rivestita, ho aspettato con impazienza il ritorno di mio marito, l’ho accolto con calore e passione, l’ho trascinato in camera da letto, abbiamo fatto l’amore e io sono stata talmente sensuale e disinibita che faticavo a riconoscermi: potenza dei sensi di colpa fortissimi che provavo. E, mio malgrado, dell’eccitazione che l’avventura con Giulio mi aveva lasciata.

CONTINUA…

PER CRITICHE, SUGGERIMENTI O ALTRO SCRIVETEMI A andrea7112@hotmail.com
Dopo quell’avventura con Giulio ho passato alcuni giorni a macerarmi di dubbi e sensi di colpa: avrei dovuto dare ragione alla mia testa e proibirgli d’incontrarci ancora da soli? O avrei dovuto dare ragione ai miei sensi e lasciarmi ancora usare come una bambola senza dignità? O avrei dovuto essere onesta, raccontare tutto a Francesco e rischiare di perdere non solo mio marito, ma anche l’unica persona che veramente mi ama e mi apprezza? Ma soprattutto ero terrorizzata che Giulio al solito si vantasse in giro della sua ennesima conquista. Il sabato sera la nostra solita compagnia di amici s’è trovata in pizzeria: anche se stava seduto lontano da me, Giulio non smetteva di lanciarmi occhiate di fuoco che mi facevano sentire nuda e indifesa. A forza di sottrarmi ai suoi sguardi l’atmosfera per me si era fatta pesante e con una scusa sono andata al bagno per cercare un attimo di respiro. Mentre interrogavo la mia immagine sullo specchio del lavandino, ho visto aprirsi la porta e Giulio è entrato con spavalderia nel piccolo vano. D’impulso gli ho detto “Giulio, neanche nel bagno delle donne mi lasci in pace! Esci subito, per cortesia!”. Mentre i suoi occhi mi esploravano i centimetri di pelle tra la maglietta attillata e i jeans a vita bassa, mi ha detto “Non preoccuparti, piccola, non racconterò in giro del nostro piccolo… segreto. Anche perchè con te non ho ancora finito…” e se n’è andato lasciandomi attonita e rabbiosa. Sono rimasta lì rigida finchè un’altra cliente della pizzeria non è entrata nel bagno risvegliandomi di soprassalto dal mio torpore: ho finto di passarmi la cipria sul naso e sono tornata al tavolo a recitare la commedia della moglie soddisfatta e dell’amica serena. Fino al mercoledì successivo…

Mio marito stava per uscire quando m’è arrivato l’sms di Giulio “Fra mezza ora sn li”: sbrigativo come al solito. “Chi ti scrive?” mi ha chiesto Francesco.
“Oh, è Susy, vuole sapere se abbiamo deciso qualcosa per il prossimo weeked. Dice che deve prenotare in anticipo l’hotel e tutto quanto” rispondo senza guardarlo negli occhi.
“Quanto rompe la tua amica! Dille che c’è tempo, le faremo sapere domani”.
“Ok, dopo la chiamo”.
“Ora scappo” mi ha dato un bacio e ha aggiunto strizzando un occhio “Speriamo che anche stasera ti farai trovare pronta come la settimana scorsa”.
Mi sono sforzato di sorridergli in modo malizioso e l’ho seguito con lo sguardo mentre con borsone in spalla si lasciava alle spalle la porta di casa. Attraverso una fessura della tenda mi sono assicurata che salisse in macchina e mi sono diretta in camera. Guardandomi allo specchio ho sfruttato quella mezz’ora per ripassare il discorso che mi ero preparata con cura nei giorni addietro e che diceva più o meno così: “Caro Giulio, non so cos’hai in mente tu, ma quello che è successo la settimana scorsa non si deve più ripetere. Non è giusto per me, per te e neppure per mio marito che fra l’altro è anche il tuo migliore amico. Tu sei stato arrogante, prepotente e scorretto, ma la colpa è anche un po’ mia che sono stata debole e arrendevole. Perciò comportiamoci da persone adulte e responsabili: facciamo finta che non sia successo nulla e continuiamo a essere amici come prima. Ti chiedo solo una cosa: non dirlo mai a nessuno, soprattutto a Francesco e neanche per scherzo; mi sento così in colpa nei suoi confronti per aver tradito la sua fiducia che non riesco neanche a dormire la notte”. Ho controllato con cura anche il mio aspetto: maglietta larga con collo alto, un vecchio paio di pantaloni lunghi, spettinata e struccata, insomma ho voluto evitare a Giulio qualsiasi pretesto per riprovarci. Quando ha suonato il campanello, ho aperto la porta e l’ho fatto entrare. Si è guardato attorno ciscospetto, come per verificare che fossi sola, l’ho guardato negli occhi per rafforzare la mia determinazione e ho subito attaccato con “Ascolta Giulio, non so che idea ti sia fatto su di noi, ma devi capire che…”.
“Uhm, preparato il discorsetto?” mi subito interrotta.
“Per una volta cerca di stare zitto e ascoltare, è importante. Allora devi capire…”
“So già quello che mi vuoi dire, percio possiamo risparmiare tempo e fiato”.
Ho cercato inutilmente d’impormi, ma Giulio mi ha incalzata di nuovo “Speravi forse di scoraggiarmi presentandoti a me così sciatta? Io so guardarti benissimo dentro, perciò non credere di fregarmi col tuo aspetto dimesso e il tuo bel discorsetto” e poi ha aggiunto un sacco di apprezzamenti sul fatto che non avevo bisogno di vestirmi e truccarmi per essere attraente, che sprizzavo femminilità da tutti i pori, che ero proprio un bel bocconcino e un sacco di altre cose. La sua voce, di solito alta e prepotente, stavolta era così bassa e carezzevole che pian piano mi sono ritrovata a guardarlo negli occhi sperando che continuasse all’infinito coi suoi apprezzamenti. Ero talmente imbambolata che mi sono accorta troppo tardi che le punte delle sue dita mi sfioravano discretamente i fianchi. Istintivamente ho fatto un piccolo movimento per sottrarmi, ma le carezze della sua voce e delle sue dita e i suoi occhi penetranti avevano l’effetto di una catena d’acciaio. Mi ha circondato i fianchi senza stringermi, mi ha baciata e io all’inizio ho risposto, ma poi con un moto d’orgoglio mi sono sottratta. Prima l’ho guardato negli occhi con aria di sfida, ma poi lo sguardo è andato per un secondo ai suoi jeans stretti sotto la cintura: il suo rigonfiamento mi diceva quanto lo eccitavano i miei rifiuti, il suo viso ardente mi diceva quanto gli piaceva la sfida. E io me ne stavo lì, tesa e incerta: da un lato volevo spingere via fuorisamente quel quell’uomo ambiguo e d’altro lato ero irresitibilmente attratta da quel bastardo arrogante. Da un lato volevo prenderlo a calci e gridare al mondo quanto era viscido; d’altro lato desideravo sentire le sue mani su di me e strusciare il mio corpo sul suo. Mi ha presa per un braccio e fatta sedere sul divano accanto a lui. Mi ha stretto le mani attorno alla vita e mi ha baciata infilandomi subito la lingua in bocca. L’ho spinto via, ma non trovavo la forza di sbatterlo fuori dalla mia casa e dalla mia vita. Con voce baldanzosa ha detto “Hai proprio ragione, Penny: bando alle ciance e passiamo subito al sodo!” e con movimeto fulmineo mi ha preso la mano, ha strofinato il palmo sul suo pacco gonfio e stavolta non ho neppure fatto finta di sottrarmi. Tanto che quando ha mollato la presa per massaggiarmi i seni sopra la maglietta, ho continuato a muovere ipnoticamente la mano sù e giù per sentire quella durezza a pochi millimetri dalla mia pelle. Ho chiuso gli occhi e, mentre ripensavo a quell’uccello duro e spavaldo che avevo già tenuto tra le mie mani e le mie labbra, un calore improvviso è partito dal ventre e mi è arrivato alle guance. Giulio non mi ha dato respiro: si è slacciato i jeans e mi ha presentato trionfante il suo amico. Istintivamente l’ho impugnato e massaggiato sù e giù lentamente, avevo il respiro corto e gli occhi fissi sul quell’arnese dritto e grosso, ma evitavo volutamente lo sguardo di Giulio per la vergogna che provavo. Sì vergogna, perchè avevo pensato di liberarmi di lui con un bel discorsetto e invece mi ritrovavo con il suo uccello tra le mani e la voglia irresistibile di esserne posseduta.

Stavolta sono stata io a non frenare i miei istinti: ho abbassato la testa e l’ho leccato dallo scroto alla punta senza tralasciare un solo millimetro. E mentre mi spingeva lentamente in modo da stare inginocchiata in mezzo alle sue gambe, ho pensato che quel tipo non poteva proprio fare a meno di avere la donna ai suoi piedi! Quando poi gliel’ho preso in bocca per succhiarlo per bene, godevo nel sentirmi apostrofare da Giulio con espressioni del tipo “Forza puttanella, succhiamelo per bene”, “L’ho sempre saputo che sei una troia affamata di cazzo”, “Questo è il cazzo più grosso che hai mai provato, vero?”. Godevo nel sentire il suo uccello che s’induriva e s’ingrossava tra le mie labbra, godevo nel sentire il suo respiro affannoso e ancor di più godevo nel farmi trattare come una sua proprietà, disponibile a ogni suo volere. Provavo vergogna ed eccitazione pensando a quanto poco ci aveva messo per farmi sua superando tutte le mie finte resistenze e godevo nel sentirmi una donnaccia alla mercè di chiunque avesse avuto il fegato e la spavalderia di provarci. Sì, proprio una donnaccia mi sono sentita, mentre nel salotto di casa mia tenevo in bocca il cazzo del migliore amico di mio marito! E mi sono comportata fino in fondo da donnaccia: ho infilato la mano libera dentro le mutandine e ho cominciato a solleticare il clitoride, prima piano poi sempre più frenetica. E più freneticamente mi masturbavo, più aumentavo il ritmo e la passione del pompino strappando a Giulio sospiri e mugolii. Ero fuori controllo, non mi sentivo più una persona, ma un oggetto fatto di desiderio, passione, lussuria, sesso, finchè non sono uscite le prime goccioline di liquido dal buchino a preannunciare l’arrivo dell’orgasmo. Ho continuato a succhiare senza sosta e quando sono usciti i primi schizzi, da brava donnaccia ho stretto forte le labbra attorno al glande per farmi riempire completamente la bocca, mentre dalla bocca di Giulio uscivano rantoli animaleschi: sembrava che non finisse mai e alla fine lottando conto la nausea l’ho inghiottito tutto. Anche se si stava afflosciando, ho tenuto mollemente il glande tra le mie labbra dandogli qualche colpettino di lingua, mentre con l’altra mano completavo l’opera: va bene aver fatto godere quel bastardo, ma anch’io volevo la mia parte! Con le dita solleticavo il clitoride, lo pizzicazo, lo tiravo, lo massaggiavo tutt’attorno, finchè non ho sentito delle fortissime ondate di calore portarmi a un favoloso orgasmo. Sono rimasta lì in mezzo alle gambe di Giulio per riprendermi. E per aspettare la sua prossima mossa.

Ormai debole e sfinita, mi ha fatto sedere accanto a lui e per un attimo ho sperato in un suo gesto d’affetto che mi allontanasse l’ossessione di sentirmi una donnaccia svergogognata oppure in una semplice parola di conforto che placasse i miei brucianti sensi di colpa. Quanto mi sbagliavo: non ha trovato niente di meglio che afferarmi la mano e succhiare con gusto le dita fradice dei miei umori. Dopo averle ben ripulite, mi sono leggermente sporta verso di lui alla vana ricerca di un bacio. Con un espressione leggermente schifata mi ha detto: “Senti piccola, non ce l’ho con te, è che non mi va di baciarti dopo che me l’hai…insomma…bevuto”. Era troppo: mi sentivo usata, umiliata e sporca, ma non volevo dargli soddisfazione, così ho cercato di essere più inespressiva possibile mentre si rialzava, si riallacciava i calzoni e mi diceva: “Mi è piaciuto anche stavolta, piccola, ci vediamo la prossima settimana”. Ho aspettato che uscisse di casa, lentamente mi sono portata le braccia al petto e sono scivolata sul divano fino a trovarmi stesa su un fianco. E mi sono lasciata andare a un pianto amaro e disperato pieno di singhiozzi rabbiosi. Non capivo, non capivo il perchè di quello che era successo in quella settimana: avevo un marito stupendo, innamorato di me eppure mi ero fatta coinvolgere da quel viscido bastardo che voleva solo una parte di me. E la cosa sconvolgente era che lo desideravo, godevo a dargli piacere e a farmi trattare come un puro oggetto sessuale.

Ho guardato l’orologio a parete: cazzo, era tardissimo e Franscesco stava per rientrare. Sono corsa a farmi una doccia, mi sono messa il pigiama, mi sono infilata sotto le lenzuola e spento la luce un paio di secondi prima che Francesco aprisse la porta. L’ho sentito entrare in camera, spogliarsi e stendersi sul letto il più cautamente e silenziosamente possibile: poveretto, non aveva capito che fingevo di dormire mentre ero rosa dai sensi di colpa.

PER CRITICHE, SUGGERIMENTI O ALTRO SCRIVETEMI A andrea7112@hotmail.com Ho atteso il mercoledì successivo con animo pieno d’ansia e impazienza: l’ultimo incontro m’aveva definitivamente convinta che non avevo la forza di respingere Giulio e al contempo non potevo liberarmi da lui se non a rischio di far finire il mio matrimonio. Cosa che non volevo nel modo più assoluto. Ma soprattutto mi rodevo perchè non capivo che cos’ero per lui: la sua amante? Una delle sue tante avventure? Il brivido della trasgressione? Oppure provava qualcosa di più profondo per me e lo nascondeva dietro i suoi atteggiamenti da bastardo? E io: che cos’ero io? Non avevo neanche la scusa della noia e dell’insoddisfazione: avevo un ottimo lavoro, una frizzante vita sociale, un marito innamorato, attento a me e per giunta molto passionale a letto. Eppure ci avevo messo pochi minuti a cedere allo sbrigativo corteggiamento del suo migliore amico per il quale non ho mai neppure provato la minima simpatia! Certo, tra noi non c’era stato sesso completo, solo del sesso orale e per giunta solo da parte mia, ma non era il caso di sottilizzare: avevo tradito Francesco, ero una fedifraga e mi era pure piaciuto. E sapevo che prima o poi saremmo andati oltre.

Dopo che Francesco è uscito di casa alla solita ora, sono rimasta a sola in camera da letto davanti allo specchio, ma stavolta niente discorsi preparati, era inutile. “Però” ho pensato tra me e me rigirandomi e ammirandomi “sono proprio carina anche se ho ancora addosso l’abito dell’ufficio e il trucco di stamattina. Non c’è da stupirsi se qualcuno ci prova con me. Certo io dovrei essere abbastanza forte da resistere, ma…” il trillo del cellulare mi ha risvegliata dai pensieri, il solito sms stringato di Giulio “Fra pochi minuti sono da te”. Ho sospirato, mi sono ravvivata i capelli e ho aspettato che suonasse il campanello.

L’ho fatto entrare e sono rimasta ad aspettare la sua mossa. Siamo rimasti lì a scambiarci qualche frase banale che ora non ricordo nemmeno. Ricordo invece benissimo i suoi occhi penetranti che fissavano i miei per poi vagare sulla mia bocca, il mio seno e i miei fianchi: quel tipo sapeva mettermi in soggezione come nessun altro uomo nella mia vita. “Andiamo di là che stiamo più comodi” mi ha detto prendendomi dolcemente la mano per condurmi in salotto. Mi presa anche l’altra mano e facendosi vicinissimo a me mi ha detto “Penny, sei stupenda, lo sai? Ogni volta che ti vedo sei sempre più bella”. Più che le sue parole mi ha colpita la sua voce profonda da uomo virile e sicuro di sè. “E…ti voglio” ha poi mormorato a pochi millimetri dal mio orecchio. Qualunque avessi avuto in mente di dire, mi si è mozzata in gola. Dopo avermi baciata ho accarezzato le sue guance ruvide di barba di due giorni e ho trovato il fiato per dirgli “Oh, Gulio, ma che cosa stiamo facendo?”. Per tutta risposta mi ha baciata ancora cercando subito la mia lingua e mi sono abbandonata alla sua stretta forte sui miei fianchi: mi sono sentita svuotata, una bambola di pezza in mano a un uomo dominante. Più ci baciavamo, più i nostri corpi si strusciavano, piu aumentava la febbre della nostra passione. Non saprei dire quanto siamo rimasti così, avevo perso ogni cognizione di tempo e mi sembrava che la casa girasse vorticosamente intorno a noi. Le sue mani frenetiche mi hanno sbottonata e sfilata la camicetta e mentre la sua lingua mi esplorava l’orecchio e il collo, con gesto veloce mi ha tolto anche il reggiseno. Mi ha sollevata la gonna e il contatto della sua mano sulla coscia mi ha procurato un lungo brivido d’eccitazione; dopo avermi sflilato anche la gonna del tailleur e le mutandine, ho spinto la sua testa sul seno: ha preso in bocca un capezzolo e poi l’altro leccandoli e succhiandoli con passione, mentre le sue mani mi palpavano frenetiche i fianchi, le natiche e le cosce. Istintivamente ho allungato la mano sul suo pacco già bello gonfio, ma Giulio me l’ha subito tolta con forza: di fronte al mio sguardo interrogativo mi ha detto sorridendo “Non mi freghi: stavolta voglio di più e non mi accontenterò di un pompino!”. Approfittando del violento rossore che mi è salito in volto, si è messo dietro di me, una mano a esplorarmi il sesso, l’altra a stringermi i seni, la bocca a succhiarmi il lobo dell’orecchio. E mentre mi saliva alle narici il suo odore da maschio e mi godevo quella sensazione di essere posseduta senza scampo da quell’uomo sfrontato, m’è arrivato dritto allo stomaco il ricordo di quelle altre volte che avevo tradito Francesco. E’ vero che da quando siamo sposati, gli sono sempre rimasta fedele, ma prima, da fidanzati, erano successi alcuni episodi…

Quando ci siamo conosciuti a me piaceva tantissimo ballare, anzi si può dire che ero una vera e propria fanatica. I venerdì e sabato sera li passavo a ballare fino allo sfinimento e non c’erano discoteche, dj e clienti che non conoscessi come le mie tasche. Francesco invece non sopportava quel mondo e mi ci portava solo per farmi piacere. Solo che a volte, quando proprio non ne aveva voglia, mi ci lasciava andare a patto che mi accompagnassero i miei amici. Diceva che mi ballavo in modo così sfrenato e sensuale che non potevo non essere oggetto di approcci da parte di altri uomini. Evidentemente pensava che stare in compagnia mi avrebbe tenuta lontana dalle tentazioni e a me piaceva quel suo modo di mostrarsi geloso senza vietarmi nulla, ma le sue speranze non erano ben riposte: in quelle occasioni per tre volte mi ero data a degli sconosciuti che avevano approfittato delle mie debolezze.

La prima volta stavo seduta al banco del bar quando mi si era avvicinato un tipo alto, moro e carino: eravamo quasi la fine della nottata e io mi stavo scolando l’ennesimo cocktail. I miei ricordi sono annebbiati dall’alcool, ricordo solo che mi aveva riempita di complimenti, si era vantato di essere così amico del titolare tanto da entrare sempre senza pagare e che conosceva quella discoteca come le sue tasche. Più che le sue parole, però, mi aveva colpito il suo modo di guardarmi come se fossi un inutile soprammobile, così quando mi aveva presa per mano dicendo di volermi far vedere un posto, l’ho seguito docilmente. Dopo avermi condotto attraverso un corridoio nascosto dietro al bar, mi aveva fatto entrare in una stanzetta male illuminata piena di bottiglie di alcoolici e fusti di birra. Mi aveva spinta subito con fermezza contro una parete e iniziato a baciarmi e mettermi le mani addosso: non mi piacevano i suoi modi sbrigativi, ma sentirmi in balia di uno sconosciuto in quella squallida stanzetta fuori dal mondo mi eccitava da morire. Rispondevo con trasporto alle sue attenzioni e appena gli avevo allungato la mano sul suo pacco rigonfio, mi aveva sollevato l’orlo del vestitino, poi aveva scostato gli slip liberandomi la passera. E lì, appoggiata alla parete con le mie gambe attorno ai suoi fianchi mi aveva posseduta senza neanche darmi il tempo di dare un’occhiatina al suo uccello. Dopo essere venuto, si era tolto da me lasciando che il suo sperma colasse tra le mie cosce: in mancanza d’altro avevo usato le mie mutandine per ripulirmi per poi gettarle in mezzo alle bottiglie di vodka. Dopo avermi riaccompagnata sulla pista di ballo, mi aveva chiesto se volevo qualcosa da bere, ma ne avevo ormai la nausea, così con una scusa qualsiasi mi ero allontata da quel tipo per ritrovare la mia compagnia.

La seconda volta mi stavo al solito dimenando al ritmo della musica, quando mi ero accorta che un tizio biondo seduto ai bordi della pista mi mangiava con gli occhi: non era la prima volta, solo che di solito gli uomini erano intimiditi dal mio modo sfrenato di ballare. Questo invece dopo un po’ si era messo a ballare di fronte a me. Non posso certo dire di essere una ballerina provetta, ma dopo tanti anni di discoteca avevo imparato a muovermi al ritmo della musica e a controllare bene il corpo. Quel tipo invece ballava in modo goffo e ridicolo tanto che dopo un po’ mi era venuto da ridere: se era il suo modo di farsi notare c’era riuscito benissimo! Appena capito di avermi acchiappato, mi aveva fatto cenno di seguirlo al bar dove avevamo iniziato a parlare. Avevo così scoperto che era un tipo spiritoso non solo nel modo di ballare: in breve tempo eravamo arrivati a scambiarci battutine piene di doppi sensi senza che provassi il minimo imbarazzo. Quando, rispondendo alle sue avances scherzose, gli avevo detto che ero già felicemente fidanzata, mi aveva replicato dicendomi che allora non gli sarebbe dispiaciuto passare una notte di sesso con me: stavolta ero rimasta senza parole e il suo silenzioso e insistito sguardo mi diceva che faceva sul serio. Aveva continuato a insistere mescolando abilmente toni seri e scherzosi, ma soprattutto mi aveva colpita il fatto che non badasse minimamente ai miei deboli rifiuti: ancora una volta mi trovavo in balia di un uomo che mi trattava senza tanti complimenti come se fossi una sua proprietà. In breve, avevo accettato di andare a casa sua dove avevamo fatto sesso sfrenato per poi addormentarci assieme. La mattina dopo mi aveva riaccompagnata a casa.

La terza volta la serata era appena iniziata, io mi stavo scaldando al centro della pista quando, appoggiando male il piede per terra, mi ero procurata una storta e un uomo brizzolato sui quarant’anni mi aveva aiutato a sedermi su un divano. Mi ero massaggiata a lungo, ma non c’era niente da fare, il dolore non passava. E io ero sempre più incazzata per la serata che se ne stava andando alle ortiche, quando mi ero accorta che il mio soccorritore era rimasto vicino a me. Cercava di calmarmi e rassicurarmi, ma i suoi occhi vagavano irrimediabilmente sulle ampie zone di pelle nuda che il mio abbigliamento lasciava vedere. Quando con gesto deciso aveva allungato le sue mani grandi sulla mia caviglia accennando un massaggio, gli avevo chiesto se per caso fosse un ortopedico e lui mi aveva risposto che no, non lo era assolutamente, ma che la mia caviglia lo ispirava molto: ho sorriso e l’ho lasciato fare. Non che alleviasse il dolore, ma non so perchè la sua carezza mi intrigava moltissimo. Quando gli avevo detto che ero stufa di stare lì senza poter ballare e che sicuramente nessuno dei miei amici era disposto a portarmi a casa così presto, si era subito offerto di farlo lui. All’inizio avevo fatto finta di rifiutare per non disturbare, ma alla fine avevo acconsentito. In macchina ero rimasta a lungo pensierosa a guardare fuori dal finestrino, così mi sono accorta troppo tardi che non stava facendo la strada verso casa mia. Quando, di fronte alla mia richiesta di spiegazioni, aveva risposto che mi stava portando a casa sua perche aveva un unguento miricaloso per le articolazioni, un brivido di paura mi era corso lungo la schiena. Ma c’era qualcosa nel suo modo di fare che mi diceva che non poteva essere un maniaco, così mi era lasciata condurre docilmente a casa sua, dove ovviamente non c’era alcun unguento per le caviglie. Lì mi ero lasciata sopraffare dalla sua foga e eravamo finiti a letto dove abbiamo passata l’intera nottata.

Ero convinta che questi tradimenti non mi avessero lasciato nulla, delle semplici avventure senza senso da dimenticare il mattino successivo, tant’è che non ricordavo neppure i nomi di quegli audaci sconosciuti. Ma lì tra le mani di Giulio, provavo lo stesso brivido dell’avventura proibita, la stessa sensazione di essere trattata come puro oggetto sessuale, lo stesso incontrollato desiderio di essere posseduta senza tanti complimenti. Con la differenza che stavolta conoscevo benissimo il mio seduttore e che non si trattava neppure di un’avventura occasionale.

Appena Giulio s’è accorto che il suo trattamento gli stavo bagnado le dita, mi ha presa per mano e sistemata alla pecorina sul divano. Ho sentito che ha armeggiato alcuni secondi con la cintura e la zip dei pantaloni, mi ha preso i fianchi, ha puntato la cappella sul buchino ed è entrato in un sol colpo. E’ rimasto fermo alcuni secondi giusto il tempo di farmi abituare alla presenza di quel grosso uccello che finora avevo conosciuto solo con le mani e la bocca. E poi ha iniziato a scoparmi con forza come se fosse la cosa che desiderava di più al mondo. Io gemevo senza ritegno implorandolo di non fermarsi e lui per farmi dispetto lo toglieva e mi chiedeva “Allora puttanella, dimmi che cosa vuoi.” “Voglio il tuo cazzo, infilamelo!” “Ti va bene così?” e ricominciava a stantuffarmi con colpi profondi. Mi piaceva quel gioco del torturatore e della puttanella, perchè era così che mi sentivo: una puttanella che godeva a farsi scopare mentre il marito era ignaro fuori di casa. Giulio ha continuato a spingere e giocare con le mie voglie finchè non è venuto riempiendomi la passera con il suo sperma. Si è preso appena qualche secondo per rifiatare, ha tolto l’uccello e me l’ha strofinato su una natica come per pulirselo. Io mi sono lasciata cadere sul divano e l’ho guardato muta e ansante mentre si rivestiva velocemente e mi diceva “Sei una gran troia, Penny. Ho sempre avuto il sospetto e ora ne sono certo. Ci vediamo la prossima settimana” e se ne è uscito senza degnarmi di altri sguardi. Sono rimasta un’eternità ferma lì con la mano sul mio sesso per evitare che lo sperma uscisse e sporcasse il divano, sono rimasta lì a chidermi se ero una puttana svergognata o semplicemente una donna che soddisfaceva le sue esigenze con due uomini diversi. Ne avevo un paio di amiche così: una vita borghese e rispettabile, un marito, dei figli e un amante con il quale sfogare tutte le voglie represse. E sembravano vivere la cosa con normale naturalezza: stavo anch’io diventando così?

Mi sono alzata, sono andata a farmi una doccia, mi sono messa il pigiama e ho aspettato mio marito davanti alla TV. Quando è arrivato, gli ho dato il solito bacio, siamo andati a letto, mi sono stretta a lui e ci siamo addormentati assieme.

CONTINUA…

PER CRITUCHE SUGGERIMENTI O ALTRO SCRIVETEMI A andrea7112@hotmail.com Quella relazione nata per caso senza che io la cercassi e la volessi, mi aveva talmente presa che ormai vivevo nell’attesa della sera fatidica in cui mio marito Francesco andava a giocare a calcetto con gli amici e io accoglievo in casa Giulio, il mio amante. Amante, amante, amante, amante, amante, me lo martellavo in testa, come se la ripetizione ossessiva potesse alleviare il peso terribile di quella parola. Per qualche secondo mi sentivo sì sollevata, ma subito dopo ripensando a quello che avevo fatto con Giulio mi saliva un violento rossore sulle guance e il mio sesso si bagnava così velocemente come non mi era mai successo in passato. E questo accadeva non solo quando ero in casa, ma anche in ufficio, nel bus o al bar con le amiche, ero sempre imbarazzatissima e speravo che nessuno si accorgesse di nulla.

In fondo esaudivo più che degnamente i miei doveri coniugali e non solo a proposito di sesso: tenevo la casa in ordine, avevo imparato a cucinare, ero gentile verso mio marito. Insomma ero una buona moglie, quindi che male c’era se una volta esaurito il mio compito mi divertivo con qualche sana trasgressione? Già, ma si trattava del migliore amico di mio marito, quindi il tradimento era doppio, quadruplo…questi e altri patetici tentativi di autoassoluzione mi tenevano sveglia di per ore di notte.

Non che il sesso mi mancasse, tutt’altro, ma la verità era che il brivido che sentivo con Giulio non l’avevo mai provato con nessun’altro uomo. E che non vedevo l’ora di sentire il suo odore, le sue mani, tutto.

Quando quel mercoledì sera Francesco era uscito più presto del solito perchè aveva una commissione da fare prima del calcetto, un pensiero fulmineo mi ha trapassato il cervello. Sono andata in bagno e mi sono rasata completamente i peli del pube. Poi mi sono fatta una bella doccia e sono passata in camera da letto. Prima ho indossato una minigonna in jeans con i bordi sfilacciati, una di quelle dei tempi della discoteca, e così mini che più mini di così non si può. E poi una camicetta rossa con il collo bene aperto e i primi bottoni slacciati in modo da lasciar intravedere il seno e gli orli inferiori allacciati intorno alla vita in modo da lasciare la pancia in vista. E nient’altro, nemmeno uno di quei tanti perizomini sexy che riempivano il comò. Mi sono truccata con cura usando colori e pennelli in modo da esaltare al massimo i miei lineamenti, con un rossetto rosso lucido che più sfacciato di così non si può a completare l’opera. Ultimi tocchi: ho raccolto i capelli in due codini ai lati della testa sopra le orecchie e ho infilato un paio di scarpe con tacco 10. Mi sono guardata allo specchio e mi detta che ero proprio una troia e che se fossi andata in giro così, chiunque sarebbe stato autorizzato a considerarmi una sgualdrinella in cerca di cazzi.

Quando ha suonato il campanello, mi è corso improvviso un brivido lungo la schiena: e se fosse Francesco che rientra prima perchè la partita è stata rimandata? Oppure una visita inaspettata di mia suocera? Oppure, oppure, …? Ho guardato attraverso lo spioncino e dopo essermi tranquilizzata ho fatto entrare Giulio. Che è rimasto di sasso per la sorpresa. “Che schianto che sei oggi, Penny” ha mormorato ancora a bocca aperta.
“Ti piace l’articolo?” ho replicato atteggiando un paio di pose ammiccanti.
“Sei uno schianto, sei bellissima, proprio come piace a me…” avevo indovinato, lui mi voleva esattamente così: una puttanella disponibile ai suoi capricci. E io ero eccitata e felice di soddisfare i suoi desideri. Riavutosi dallo shock, mi si è avvicinato e mi ha accarezzata lentamente la pancia con i polpastrelli per poi afferrarmi con decisione i fianchi e baciarmi roteando all’impazzata la lingua nella mia bocca. Gli ho risposto abbracciandogli il collo e saldando il mio ventre sul suo. Le sue mani sono corse veloci sotto la gonna a palparmi le natiche e quando si sono accorte che ero senza mutandine, lui ha mosso avanti e indietro il ventre tanto per farmi sentire la sua eccitazione. Ma stavolta volevo prendere io l’iniziativa.

Ho allungato la mano sul suo pacco e gliel’ho massaggiato a palmo pieno, poi mi sono staccata dal suo abbraccio, mi sono inginocchiata ai suoi piedi e gli ho slacciato cintura e bottone dei jeans. Quindi ho afferrato con i denti il ribattino della zip e gliel’ho abbassata lentamente e mi sono trovata davanti agli occhi i boxer. Ho strofinato la punta del naso sul suo bel gonfiore, ho afferrato con i denti l’orlo superiore dei boxer e glieli ho abbassati in un sol colpo liberandogli l’uccello dalla gabbia: non era ancora duro e grosso come la altre volte, forse la mia aggressività l’aveva messo un po’ in soggezione. Ma è bastato prenderlo in bocca e succhiarlo per alcuni secondi per portarlo agli antichi splendori. Volevo rendergli indimenticabile il mio pompino, così ho continuato mettendoci tutta la passione di cui ero capace finchè Giulio non mi ha sollevata per le ascelle. Mi ha girata e mi sono abbandonata al suo abbraccio, la bocca a baciarmi il collo, una mano dentro la camicetta, l’altra in mezzo alle cosce. E quando questa ha raggiunto il sesso accorgendosi che era liscio senza peli, Giulio ha esclamato “Ah, è così, ti sei preparata per bene oggi, mia bella troietta affamata”. Con una mano ho afferrato il suo membro che si era fatto più grosso e duro e ho cominciato ad ansimare dall’eccitazone, adeguandomi al ruolo che sin dall’inizio Giulio mi aveva riservato. Mi sono divincolata dal suo abbraccio e senza abbandonare la mano dal suo pene l’ho guidato in camera da letto sculettando in modo provocante.

Lì ci siamo tolti velocemente i pochi e inutili indumenti e siamo rimasti nudi una di fronte all’altro, con Giulio che non smetteva un attimo di ricordarmi quanto fossi proprio un puttana in calore. Così tanto per farlo stare zitto, l’ho spinto sul letto e mi ci sono messa a cavalcioni strusciandomi sul suo petto villoso. Sono risalita sù fino al viso premendogli il mio sesso, liscio e glabro come quello di una bambina, sulla bocca e Gulio ha risposto dandomi delle rapide leccate al clitoride. Poi, improvvisamente mi ha afferrato l’interno delle cosce e mi ha spinta via così da ritrovarmi distesa sul letto con le gambe oscenamente sollevate e aperte: ecco finalmente il Giulio arrogante e prepotente che avevo conosciuto e che morivo dalla voglia di avere. Evidentemente aveva avuto abbastanza delle mie provocazioni e voleva tornare a essere il padrone delle operazioni: brandendo l’uccello a mò di spada, mi ha colpita le guance, il naso, la fronte, gli occhi per poi infilarlo tra le mie labbra e scoparmi lentamente la bocca. Con una mano è andato a frugarmi tra le labbra umide della figa, la sua carezza era tutt’altro che delicata e sapiente, anzi era rude e sbrigativa, ma mi eccitava da morire. E il suo grosso cazzo piantato in bocca trasformava il mio respiro affannoso in lascivi mogolii di piacere. E più mugolavo, più le sue dita diventavano frenetiche attorno al clitoride e al buchino. Improvviso come un fulmine si è staccato da me lasciandomi letteralmente a bocca aperta, si è sdraiato sul letto e mi ha fatto cenno di salirgli sopra. Ho ubbidito docilmente perchè era tutta la serata che non aspettavo altro; me lo sono strusciato sul clitoride, poi ho appoggiato il buchino sulla cappella e mi sono spinta giù: nonostante fossi già ben bagnata facevo fatica ad farlo entrare, così Giulio ha dato un bel colpo di reni ed è entrato completamente in me. Mi sono assaporata la scossa di piacere e ho cominciato a muovermi sù e giù inarcando la schiena per non perdermi neanche un millimetro di godimento, mentre le sue mani mi palpavano con forza i seni. L’ho guardato dritto negli occhi mentre il suo sguardo seguiva il movimento sempre più frenetico del mio corpo sul suo grosso uccello: si godeva la sua conquista, godeva nell’avermi trasformata da perfetta mogliettina a donnaccia vogliosa del suo cazzo. Una mano è scesa lentamente lungo la schiena, si è infilata nel solco delle natiche e un dito ha cominciato a solleticarmi attorno all’ano: un violento rossore di vergogna mi ha invasa e mi sono bloccata di colpo. Non sapevo che cosa pensare, non mi faceva male, anzi era piacevole, piacevole e imbarazzante allo stesso tempo, o forse imbarazzante proprio perchè piacevole. Fatto stà che Giulio ha risolto i miei dubbi dicendo “Ti fermi proprio sul più bello? Dai continua…” e io ho ricominciato a muovermi sù e giù, anche perchè non avevo molte alternative.

Era abile nel far gironzolare il suo dito impertinente attorno al buchino, tanto che una sensazione strana e forte mi è salita dalle viscere e mi ha fatto dirgli “Beh, che aspetti?”. Giusto il tempo di sorridere e mi ha infilato il dito nell’ano con decisione e muovendolo fuori e dentro come fosse il cazzo. Quando poi l’altra mano è corsa a massaggiare il clitoride, sono stata invasa da una volluttà e un piacere mai provato prima: ero nella morsa delle mani di Giulio mentre mi dimenavo impalata sul suo cazzo e mi sentivo intrappolata, senza scampo, condannata a un godimento senza fine. Che non ha tardato arrivare, un orgasmo talmente forte da farmi gridare e lasciarmi vuota e sconquassata, mentre le sue dita non smettevano di stimolarmi l’ano e il clitoride. L’ho pregato di smettere, così mi ha sollevata sui fianchi e fatta mettere a carponi sul letto giusto il tempo di piazzarsi dietro a me e prendermi alla pecorina. Il più bell’orgasmo della mia vita mi ha lasciata sì soddisfatta, ma anche completamente esausta e in balia del mio amante: in quel momento avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, anche darmi in pasto a una gang bang con quattro bei maschioni neri superdotati.

Mentre Giulio mi sbatteva con forza, ero ancora talmente intontita dall’orgasmo da non sentire quasi niente. Poi lentamente mi sono ripresa e ho cominciato ad ansimare sotto ai suoi colpi taurini e a incitarlo darmelo più forte. E più forte mi colpiva, più ansimavo, eravamo un unico vortice di piacere e godimento finchè con un ultimo poderoso affondo non ha esploso il suo orgasmo riempiedomi la figa col suo sperma. Ha sfilato il cazzo e mi sono abbandonata sul letto di nuovo esausta e ansante, mentre Giulio si rivestiva con calma. Sapevo che non potevo pretendere da lui alcun gesto d’affetto e d’attenzione, ma inconsciamente ho allungato un braccio come per invitarlo a stendersi accanto a me. Giulio mi ha guardato con un’espressione meno arrogante e dura del solito e mi ha detto “Mi piacerebbe rimanere, ma ho paura che Francesco ci scopra così…”. Un brivido mi ha gelato la schiena e riportato alla cruda realtà: ero sposata e avevo appena fatto del fantastico sesso col mio amante. Ho aspettato che Giulio uscisse di casa, sono andata in bagno, mi sono accuratamente lavata la vagina sul bidet e mi sono ripulita il volto dal trucco ormai sfatto. Non mi sono fatta la doccia perchè mi piaceva sentirmi addosso quell’odore pungente di sesso selvaggio. E ho aspettato con calma il ritorno di mio marito.

L’ho accolto abbracciandolo e baciandolo con sensualità. Francesco mi ha guardata con sorpresa e mi ha detto “Penny che ti succede oggi? Mi sembri una gattina in calore…” e ha risposto al mio bacio allungando la mano dentro le mutandine. Appena si è accorto del pube liscio mi ha chiesto con voce eccitata “Ehi, ti sei rasata apposta per me?” e io ho risposto “Sì, certo, ti piace?”. Bugiarda, non solo puttana e fedifraga, ma anche sfrontatamente bugiarda ero diventata. Francesco mi si è strusciato palpandomi dappertutto. Poi mi ha preso in braccio per portarmi in camera e mi ha adagiata sul letto. Mi ha spogliata lentamente di baciando ogni centimetro quadrato del mio corpo, si è sistemato in mezzo alle gambe e me l’ha leccata fino all’orgasmo. E poi… e poi abbiamo continuato a fare l’amore come non l’abbiamo mai fatto fino ad allora.

Dopo quel giorno non c’è più stato alcun mercoledì con Giulio. La settimana successiva infatti Francesco non è andata alla solita partita perchè stava male a causa di un virus intestinale. Eppoi qualche giorno dopo ho fatto il test di gravidanza: ero incinta. Da qualche mese avevo smesso di prendere la pillola perchè avevamo deciso di avere un figlio e come una sciocca mi ero fatta scopare da Giulio senza fargli usare il preservativo. Insomma, prima il pesantissimo pensiero di aver tradito mio marito e ora il terribile sospetto che il bambino che avevo in pancia non fosse suo: era troppo. Ho deciso di non rivedere più Giulio e stavolta sono stata irremovibile nonostante le sue insistenti pretese.

CONTINUA…

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