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Racconti Erotici Etero

IL PARCHEGGIO

By 27 Agosto 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Davide guardò distratto l’orologio appeso alla parete del suo ufficio che indicava di poco passate le 19: dopo aver spento il computer prese il telefono e digitò un breve sms: ‘preparati!’ scrisse. Mentre attendeva che il display segnalasse la ricezione del messaggio, sorrise al pensiero dell’eccitazione che quell’ordine imperioso avrebbe suscitato in Cristina, la sua compagna.
Dopo pochi minuti il rumore della chiave che si infilava nella serratura segnalò alla donna l’arrivo del fidanzato. Davide aprì la porta e si trovò nella penombra del corridoio, immerso in un silenzio innaturale. Poggiò le chiavi della moto su una mensola e percorse il piccolo corridoio fino a raggiungere la camera da letto: Cristina indossava semplicemente un paio di ballerine, il corpo completamente nudo, le gambe divaricate sui braccioli della poltrona e la mano destra che, languida, stava delicatamente accarezzando un ricciolo di pelo pubico. ‘Ti stavo aspettando’ sussurrò con voce roca mentre, inginocchiatasi, iniziò a procedere carponi verso il suo uomo. Arrivata di fronte a lui, sempre rimanendo prona, si alzò leggermente e gli sfilò la cintura dei pantaloni, gli slacciò i bottoni e glieli sfilò delicatamente. Iniziò ad annusare, a leccare il tessuto dei boxer che faticavano ormai a trattenerne il cazzo sempre più gonfio. Infilò una mano al loro interno, estrasse delicatamente il glande mentre con l’altra faceva cadere a terra anche quell’indumento. Rimirò per qualche istante quel cilindro di carne pulsante e poi iniziò a leccarlo. Prima la lingua si concentrò sull’asta e poi la bocca ne ingoiò dapprima la punta e poi, avidamente, arrivò a spingersi fin quasi ai coglioni, trattenendo a fatica qualche spasmo quando arrivò sino in fondo alla gola. Continuò così per alcuni minuti, alternando le mani alla bocca, succhiandolo e masturbandolo contemporaneamente, stimolandone anche il culo. Poi sentì il corpo del suo compagno fremere, vibrare: lo fissò negli occhi, deglutì quel poco di saliva che aveva in sé quasi per svuotare completamente quell’antro che, nel giro di pochi secondi, ricevette in sé un fiotto bianco e denso di sperma. Non contenta lo invitò a sedersi sul letto dove gli tolse le scarpe ed iniziò a leccargli i piedi. Glieli pulì doviziosamente leccando ogni interstizio, ogni parte di quegli arti che avevano un odore forte, pregnante che la faceva impazzire perché era l’odore del suo uomo.
‘Ora sistemati tu’ gli disse.
Davide andò in bagno a sistemarsi mentre lei rimaneva in camera indecisa su cosa indossare quella sera. Alla fine optò per una gonna bianca, aderente, ed una maglia attillata. Decise di non indossare alcun indumento intimo mentre ai piedi infilò un paio di stivali in pelle che coprivano metà polpaccio.
Salirono in auto e si diressero verso il ristorante dove avrebbero cenato quella sera. Per arrivarci fecero un lungo tragitto sino ad imboccare una stretta strada di ghiaia che costeggiava un ampio parcheggio dove, nel week end, rimanevano parcheggiati molti camion diretti alle zone industriali circostanti.
Si sedettero ad un tavolo appartato e, tenendosi la mano, iniziarono ad apprezzare le molteplici offerte culinarie che Giorgio, lo chef, aveva deciso di proporre a quei clienti ormai abituali.
Alla fine della cena, decisero di prendere il caffè seduti all’esterno del locale, in una veranda immersa nel secolare parco che circondava l’edificio. Alla fine Davide estrasse dall’interno della giacca un mezzo toscano che, dopo aver scaldato a sufficienza, accese assaporandone il retrogusto fruttato. ‘Vieni con me’ le ordinò. Cristina aveva capito che quella sera era lui il regista della loro complicità e che, cosa che amava moltissimo, a lei sarebbe capitata la parte della donna sottomessa. Erano usi organizzare dei giochi di ruolo all’interno della loro coppia per arricchire il già ampio repertorio delle loro fantasie e perversioni, tutte abbondantemente sperimentate.
Si presero per mano, incamminandosi lungo uno stretto viale alberato. Davide si sedette su una panchina lasciandola in piedi. ‘Togliti gli stivali’ le disse. Lei obbedì all’ordine. Rimase coi piedi nudi, eccitata al pensiero di cosa le avrebbe riservato quel suo compagno così amato, così fantasioso, così disponibile. ‘Cammina’ le disse. ‘Qui?’ chiese lei. ‘Certo, cammina avanti e indietro lungo questo viale e tieni gli stivali in mano’. Cristina sorrise ed iniziò a camminare lungo la distesa di ghiaia incurante di cosa i suoi piedi stessero calpestando. Continuò a camminare per qualche minuto finché, con un cenno della mano, Davide la chiamò verso di lui. Arrivatagli di fronte, il suo uomo le prese una mano e se la portò sopra i pantaloni, in corrispondenza della lampo. ‘Lo vedi, troia? Lo vedi come mi hai ridotto?’ le disse con voce pacata ma ferma. Cristina stette al gioco: ‘mi spiace, padrone! Mi spiace davvero tanto, cosa posso fare?’ rispose. ‘Ora te la farò pagare’ disse l’uomo sollevandole il retro della gonna ed infilandole, con violenza, due dita nel sedere. Quel movimento altalenante, brusco, fatto senza aver adeguatamente bagnato quel foro già tante volte violato, provocò in Cristina un piacevole dolore. ‘Seguimi’ ordinò Davide la cui voce tradiva la crescente eccitazione. Arrivati all’auto si sedette al posto di guida. Accese la loro utilitaria e uscì dal parcheggio del ristorante. Cristina appoggiò i piedi nudi al cruscotto mentre con una mano aprì la cerniera dei pantaloni del suo uomo e ne estrasse il cazzo, iniziando a masturbarlo dapprima con la mano e poi, di tanto in tanto, con la bocca. La loro corsa fu breve. Mentre era china su quel membro le cui dimensioni erano tali da renderle difficile prenderlo interamente in bocca, Cristina percepì che l’auto stava rallentando, fino a fermarsi del tutto. Una mano di Davide premuta sulla nuca la costrinse a rimanere ancora per qualche minuto in quella posizione. Poi il suo padrone la fece alzare ed iniziò a baciarla con passione mentre le mani le toglievano la maglia per poi infilarsi sotto la gonna dove furono accolte da un lago di umori che la sua figa ormai non tratteneva più. ‘Chiudi gli occhi e toglitela’ le disse. Cristina, sempre più eccitata e sottomessa, obbedì ancora una volta. ‘Ora aspettami qui’: sentì quell’ultimo ordine contemporaneamente al rumore della portiera che si apriva e si richiudeva subito dopo. Trascorse una frazione di secondo prima di un nuovo ordine: ‘scendi’ disse Davide. Cristina scese e aprì gli occhi. Si trovavano in un angolo del grande parcheggio che, poco prima, avevano rasentato per giungere al ristorante. Un angolo non del tutto buio in virtù della luce artificiale dei lampioni che illuminavano l’area che, in quel momento, ospitava una ventina almeno di mezzi pesanti. Davide si spogliò di fronte a lei lasciando che i pantaloni cadessero sulle sue caviglie. ‘Adesso girati; voglio scoparti; voglio che tutti ti sentano gridare mentre raggiungi l’orgasmo’ disse facendola appoggiare al cofano dell’auto. Si mise dietro a lei per permetterle di prendere tra le mani quel cazzo enorme ed infilarselo nella figa. Appena Cristina lo sentì dentro, avvertì immediatamente che tutta l’eccitazione provata fino a quel momento si stava trasformando in un orgasmo immediato. Davide la penetrava con sempre maggiore velocità, ascoltando i suoi gemiti e le contrazioni del suo corpo. Con sadica perfidia ogni qual volta lei stava raggiungendo il massimo del piacere si fermava, glielo tirava fuori e poi glielo rimetteva dentro. Era una tortura disperante caratterizzata da un accumulo crescente di piacere senza che però questo potesse trovare sfogo. ‘Ti prego, fammi venire’ lo implorò ricevendone, in risposta, una sberla su una natica. La posizione che avevano scelto era tale che il viso di Cristina, deformato dal piacere, fosse rivolto verso alcuni camion le cui cabine, ben presto, si illuminarono. ‘Salutali ed invitali qui’ le ordinò Davide. ‘Cosa?’ obiettò la donna più per convenienza che per convinzione: anche quella era una loro fantasia che, lo sapeva, prima o poi avrebbe voluto esaudire. ‘Fallo e basta’ le rispose scopandola con ancora maggiore violenza. Cristina, trattenendo a stento, i mugolii del piacere, sollevò una mano in cenno di saluto a quelle ombre che scorgeva chiuse all’interno di quei giganteschi mezzi. Poi la mano iniziò ad invitarli a raggiungerli. Dopo pochi minuti una, due, tre, quattro porte si aprirono e da queste scesero altrettanti uomini. ‘E ora?’ gli chiese. ‘Digli se vogliono godersi lo spettacolo’ rispose. Cristina si rivolse a quei quattro uomini ripetendone la domanda. Ricevutone una ovvia risposta di assenso, i due continuarono a scopare preda di una crescente eccitazione. Senza quasi rendersene conto, si accorsero che quella scena di sesso, quei due corpi seminudi, avvinghiati l’uno all’altro, avevano provocato una fortissima eccitazione nei quattro camionisti che, incuranti l’uno dell’altro, si spogliarono, iniziando a masturbarsi. ‘Guardali ‘ le disse Davide ‘ guarda i loro cazzi, come sono?’. ‘Il tuo è il migliore, lo sai’ le rispose sempre più affannata. Il primo a venire fu un ometto piccolo, coi baffi, che si teneva in mano un cazzo di modeste dimensioni che, però, al momento dell’orgasmo fece uscire un’abbondante quantità di sperma. I due più alti, i cui cazzi avevano dimensioni maggiori, impiegarono un poco di più. L’ultimo, un camionista italiano che era sceso da una bisarca piena zeppa di auto, invece impiegava più tempo degli altri ed il suo cazzo, probabilmente a causa della vergogna per quella situazione, si stava progressivamente ammosciando, ‘Digli che venga più vicino’ le sussurrò Davide. Cristina ormai preda di un orgasmo incontrollabile riuscì a malapena a fargli cenno di avvicinarsi. La vista di quella figa penetrata violentemente, di quei seni che ballavano all’unisono col resto del corpo, ottenne l’effetto sperato: una schiuma bianca cadde per terra mentre l’uomo profferiva bestemmie ed insulti. A quel punto Davide la girò, la fece inginocchiare a terra: le sue ginocchia caddero sullo sperma lasciato dall’ultimo autista. Lei aprì la bocca per ricevere quel cazzo che, fino a poco prima, era dentro la sua figa ed iniziò a succhiarlo. Adorava farlo dopo essere stata scopata. Adorava sentirne in bocca il sapore misto a quello dei suoi umori. Fu un pompino lento ma profondo, fatto solamente con la bocca, senza chiedere aiuto alle mani. Dopo qualche minuto sentì il corpo di Davide contrarsi, avverti che col bacino egli glielo stava infilando sempre più in fondo quasi che, dopo la figa, volesse scoparla anche in bocca. Lei ne cinse i fianchi con le mani ed aumentò la velocità fino a quando sentì la sborra del suo uomo piovergli in gola. Aspettò di bere fino all’ultima goccia, poi lo pulì coscienziosamente ed infine lo aiutò a rivestirsi. Rialzatasi, si sistemò come meglio potè i vestiti e si avvicinò ai quattro uomini che avevano ancora i cazzi, ormai quasi del tutto afflosciati, all’aperto. Li guardò uno ad uno, soffermandosi su quello maggiormente dotato: con la punta delle dita glielo sfiorò e poi, impudica, lo fissò dritto negli occhi dicendogli: ‘niente male, davvero ma quello del mio uomo è il meglio; ciao ragazzi’ e risalì in auto dove Davide la stava aspettando col motore acceso.

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