Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Il pervertito del parco

By 21 Gennaio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Camminavo lentamente, senza prestare la minima attenzione allo scenario che mi circondava. Le persone che mi passavano accanto, i rumori del traffico, i colori accesi dei cartelloni pubblicitari; nulla distoglieva lo sguardo ed i pensieri dall’ammirazione ipnotica  dei miei piedi.

Come un automa che, guidato da un software perfettamente calibrato sul tragitto, conosce perfettamente il percorso, ogni buca ed ogni marciapiede, mi diressi verso il parco.
Chi mi osservava vedeva una ragazza di carnagione chiara, il volto parzialmente nascosto dai lunghi capelli color cioccolata, esile e slanciata; resa ancora più alta dai tacchi di quei sandali acquistati qualche ora prima.

Non appena il sole cominciava a riscaldare l’aria nelle giornate primaverili, scappavo di casa ed armata di un libro, mi recavo in quel magnifico parco. Leggere lì mi rilassava, mi teneva lontana dal computer, dai gruppi di Facebook e da Milù, quel maledetto sito di racconti erotici, che ricaricavo compulsivamente ogni ora per verificare se vi erano nuovi racconti di dominazione o incesto. Ero sempre in cerca di nuove emozioni e di quella sottile eccitazione che guidava la mia mano sino alla passera costringendola ad accarezzarmi. Affamata di piacere, mi aggiravo tra le fantasie degli autori, rubando loro pensieri ed immagini per nutrire i miei orgasmi solitari. Erano mesi che la mia pelle non veniva toccata da un uomo e questo amplificava la modalità “caccia” al punto che temevo qualcuno la potesse leggere nei miei occhi.

Un passo dopo l’altro, gli occhi non si staccavano dai miei piedi. Le unghie maniacalmente curate e colorate con  uno smalto leggermente rosato. Non mi piacciono i colori accesi sulle unghie e non mi piace la pelle eccessivamente abbronzata. La carnagione bianca metteva in risalto le sottili strisce del sandalo che avvolgevano il piede, rendendolo prigioniero volontario di una gabbia di pelle.  

In prossimità della panchina che quotidianamente mi ospitava nelle mie letture, alzai gli occhi e quello che vidi mi indispettì. Un uomo, intento a leggere un libro, occupava quel posto che era diventato una specie  di seconda casa.
“Accidenti a te! Ma con tutto il parco a disposizione, dovevi proprio occupare la mia panchina?”
Piccoli rituali scaramantici mi costringevano ad una routine ossessiva e se qualcosa o qualcuno la disturbava, provavo un senso di fastidio così grande da rovinarmi la giornata.
“Alzati, alzati, alzati, vattene” pensavo mentre il mio sguardo era concentrato nella sua direzione.
Mi ritrovai a circa 5 mt da lui, immobile, non sapendo se passare oltre e cercare un’altra panchina o tornare a casa.

Quasi rispondendo a quella silenziosa preghiera, l’uomo sollevò gli occhi dal libro e mi guardò per un periodo talmente lungo che parve immobilizzare il tempo.
Lentamente chiuse il libro, si alzò e dopo un bel sorriso accompagnato da un gesto di saluto, scomparve tra gli alberi.

Mi sedetti, felice della mia piccola vittoria e, come di consuetudine, slacciai lentamente i sandali, appoggiando i piedi sulla panchina. La gonna nera a tubino si sollevò leggermente, scoprendo solo una parte delle cosce. Ritrovai il punto in cui ero arrivata il giorno prima e mi immersi nella lettura.

Con un gesto del tutto inconsapevole, la mano libera scese sino al mio piede e cominciò ad accarezzarlo delicatamente. Un massaggio leggero, entrato a far parte di una gestualità quotidiana ed inconscia, che mi procurava un piacere indescrivibile.

La mano scorreva piano sul dorso del piede, scendendo verso le dita. La pelle calda ed un po’ sudata della pianta veniva accarezzata sensualmente, provocandomi leggere fitte al basso ventre. Il movimento verso l’alto ed il basso aveva la stessa cadenza di una  piacevole masturbazione di un membro duro.  
Una masturbazione lenta, inesorabilmente lenta.
Mi piace toccare ed essere toccata. Il senso del tatto è quello che prediligo tra tutti.

Sebbene immersa in quello stato di trance, in cui tutto il mondo scompariva dalla mia mente, un piccolo movimento dietro ad un albero non troppo lontano attirò la mia attenzione.
Senza girarmi riuscii a vedere, con la coda dell’occhio, un uomo  semi nascosto.

Un Voyeur, un lurido guardone in cerca di una sega facile.
Cercai di ignorarlo.
“Se non si accorge che l’ho visto, magari se ne va” pensai mentre giravo la pagina del libro sul capitolo seguente.
“Che maiale! Chissà quante volte era lì a guardarmi ed io non me ne sono accorta!”
Le sensazioni che tutto ciò mi trasmetteva erano contrastanti. Una parte di me era disgustata da quell’uomo e l’altra era attratta dalla situazione. Volevo vedere sino a che punto sarebbe arrivato e sino a dove avrei potuto spingermi io. Sapevo che quel gesto di accarezzarmi il piede, la gonna sollevata e le lunghe gambe nude avevano attirato la sua attenzione.

Senza voltarmi verso di lui potevo scorgere che aveva i jeans slacciati e percepivo il movimento della sua mano mentre scorreva lungo il membro duro.

“Lurido pervertito” pensai.
La ragione mi portava a giudicare quello che stavo vivendo in modo negativo, ma il mio corpo reagiva in tutt’altro modo.

Piccole contrazioni precedettero l’intensa eccitazione che quella vista aveva provocato. Mi ritrovai a pensare cosa sarebbe successo se mi fossi alzata,  mi fossi diretta nella sua direzione e avessi preso quel cazzo duro tra le mani.
Per la prima volta ero la protagonista di un racconto erotico come quelli di Milù, per la prima volta IO ero il racconto.

Apparve chiara nella mia fantasia l’immagine di me, con le mani appoggiate all’albero mentre mi facevo sbattere da dietro come una troia da uno sconosciuto, e per giunta in un parco pubblico.
La gonna sollevata sopra la vita, il rumore dei colpi mentre il suo cazzo spingeva prepotentemente contro la parete dell’utero, costringendomi ad urlare di dolore e piacere, mentre mi imponevo di non farlo per non attirare l’attenzione.

Cominciai a sentire le mutandine che si bagnavano di umori e la voglia di placare quell’eccitazione crebbe sino a diventare dolorosa.

Chiusi il libro, mi voltai nella direzione dell’uomo, che riconobbi essere il tizio seduto poco prima sulla mia panchina.
“Mi stava aspettando?” pensai.

Indossai i sandali e mi alzai per dirigermi verso di lui.

Continua….

Cercatemi sul mio profilo Facebook: Piedini Adorabili

https://www.facebook.com/profile.php?id=100003399129432

 

Leave a Reply