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Racconti Erotici Etero

Il Poker

By 1 Ottobre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Il salone era pieno di fumo e le urla festose dei quattro uomini risuonavano nella stanza. Il tavolo pieno di bottiglie di birra vuote ed i posacenere ricolmi erano l’unica testimonianza del fatto che si trovavano lì da un bel po’.
Giocavano infatti da qualche ora, e la partita volgeva inesorabilmente al termine. L’ultima mano era agli sgoccioli, e solo due dei quattro contendenti erano ancora in gara.
Il piatto era ricco, il più ricco che si fossero mai conteso, eppure sul tavolo non c’erano fiches!
Le carte dovevano infatti decidere come uno di loro avrebbe trascorso le prossime due, o forse tre ore. I due eliminati scherzavano tra loro senza nascondere l’invidia per coloro ancora in gioco.
Il momento era arrivato, rimanevano solo le carte da girare, ma Carlo temporeggiava: buone carte, ma sarebbe bastata una scala al 7?
Respirò profondamente, prese coraggio e cominciò a girare piano le carte, una alla volta, cercando di capire nel volto del suo avversario se la vittoria fosse o meno sua. Doveva capire se sarebbe stato fortunato, il prescelto. Gli altri guardavano le carte come ipnotizzati, immaginando di essere loro quelli che avrebbero urlato da vincitori.
Carlo lasciò l’ultima carta sul tavolo, ci furono secondi interminabili prima che il suo avversario accennasse una qualsiasi reazione. Finalmente ci fu, alzò gli occhi dalle carte appena posate, ed esclamò con stizza: ‘Ecco il solito fortunato, non &egrave giusto, fottiti!’. Buttò le carte sul tavolo e si alzò di scatto, allontanandosi in fretta. Gli altri due si congratularono con Carlo in mezzo a risatine e battutacce.
Il padrone di casa chiese una mano nel sistemare il disordine che i giocatori avevano creato in ore di tensione e gioco. Terminato di riordinare, prese una giacca ed uscì con gli altri due, lasciando Carlo solo in casa.
Il quale non attese molto, si diresse in bagno, si spogliò e fece una doccia veloce. Si asciugò frettolosamente e senza nulla addosso si diresse verso la camera da letto dell’amico.
La stanza era in penombra e si avvicinò alla finestra, aspettando che i suoi occhi si abituassero. Impaziente cercò l’abat-jour e l’accese, guardando il letto. Lì, legata alle sponde c’era una donna bendata. I lineamenti erano nascosti dal drappo che serviva ad impedirle di vedere.
Aveva circa 30 anni, una bocca carnosa ed un delizioso nasino all’insù. Il lungo collo era scoperto dalla pettinatura, e scendendo ancora Carlo accarezzò con occhi carichi di desiderio il bel seno tondo e sodo, una quarta probabilmente, ed un ventre piatto ed invitante. Passò in rassegna le gambe, non troppo lunghe me ben fatte, soffermandosi poi sulla fica, non completamente rasata. Una strisciolina di peluria rada abbracciava due grandi labbra polpose.
Continuò per qualche istante a guardarla con desiderio: lei, il premio che aveva vinto.
La moglie del suo amico.
I patti erano quelli: a turno si sarebbero giocati la propria moglie. Nessuna di loro doveva sapere chi se la sarebbe scopata e Carlo a malincuore decise che avrebbe tenuto fede all’impegno. Avrebbe voluto dirle chi aveva vinto, che era lui ad apprestarsi nel farla godere, scopandola furiosamente. Avrebbe voluto fosse il suo nome ad essere urlato, tra i gemiti di un orgasmo.
Non riusciva a spostare gli occhi da lei, mentre rifletteva sul fatto che l’aveva desiderata da sempre, cercando in ogni modo di farsela senza perdere l’amicizia di suo marito.
Così aveva ideato quelle partite a poker. Certo, nessuno dei contendenti era portato all’idea di cedere la propria moglie, ma il sapere che c’era la possibilità di scoparsi la donna degli altri leniva l’idea di perdere per qualche ora la propria.
Mentre rifletteva si sentì tirare all’altezza dell’inguine, abbassò lo sguardo e vide il suo cazzo eretto, pronto per quella donna, per la sua bocca e la sua fica. Pronto per il suo culo. Non intendeva tralasciare nessun orifizio, l’avrebbe scopata come nessuno aveva osato fare prima, né avrebbe potuto fare in seguito. Intendeva marchiarla con il suo cazzo, e rendere la scopata che si accingeva a consumare, la migliore della sua vita!
La donna aveva sentito la porta aprirsi, cercando di capire chi fosse il vincitore. Sapeva che non le sarebbe stato detto, e tutto questo rendeva la situazione più intrigante. Ricordava di essersi infuriata quando suo marito le aveva proposto il gioco, ma anche se non l’avrebbe mai ammesso, era felice di aver accettato.
La cosa la eccitava terribilmente e la sua fica aveva iniziato a bagnarsi fin dal momento in cui la luce aveva penetrato il panno sui suoi occhi. Cercava di percepire dove fosse l’uomo, e non riuscendo ad intuirne la posizione, fremeva ancor di più nel desiderio, bramando il suo tocco.
Ogni secondo d’attesa acuiva il suo desiderio, avrebbe voluto urlare, urlare con la fica, catturando con famelica determinazione ciò che desiderava più d’ogni altra cosa in quel momento.
Il cazzo di lui, già lo immaginava mentre glielo strusciava addosso. Avvertì ad un tratto dei passi, e capì che lui era al suo fianco. Trattenne un singhiozzo d’eccitazione, iniziando a tremare vistosamente. Riusciva a cogliere l’odore del bagnoschiuma usato di recente, mescolato al sapore acre e gradevole del suo sudore. Avrebbe giurato di riuscire a cogliere il calore stesso che emanava dal suo maschio, eppure non era in grado di determinare con esattezza dove lui si trovasse di preciso.
Sussultò quando due mani si posarono sul suo seno, mani non troppo grandi, che contenevano a fatica la pienezza della sua femminilità. Sentì che lo massaggiava con cura, giocando con i capezzoli, stuzzicandoli e stringendoli con le dita.
Carlo si ritrasse, soddisfatto del primo tocco e delle sensazioni che sapeva di aver procurato a quella donna. Si avvicinò con la bocca al sesso di lei, inspirò profondamente, cercando di coglierne e trattenere il profumo. Lo trovò così delicato ed invitante che dovette compiere uno sforzo di volontà per impedirsi di gettarsi su di lei, affondando la lingua tra quelle labbra così attraneti.
Spese qualche istante prezioso per osservarla, ed intuì che lei aveva capito cosa stesse facendo, probabilmente dall’alito caldo che versava sul sesso scoperto ed umido.
Decise quindi di assaporarla sfiorandola dolcemente con la lingua. Lei ebbe un brivido quasi spasmodico, mentre la lingua di lui si insinuava con lentezza esasperante nel suo sesso, schiudendo le labbra con un tocco così leggero da sembrare inesistente. Prestò attenzione a non sposare i movimenti di lei, che cercava di abbassare il bacino, per farlo affondare in quel nido di morbida delizia. Voleva essere desiderato, in modo esasperante, quasi doloroso.
Lasciò la fica di lei, fradicia di umori e desiderio, e si portò rapidamente verso la sua bocca.
La baciò a lungo, lasciando che le rispettive lingue danzassero sfogando il desiderio. La morse e si lasciò da lei mordere, la leccò con avidità e lasciò che lei assaporasse pienamente la sua bocca, viziata dalla birra, dalle troppe sigarette, ma addolcita dal tenue sapore della sua fica.
Ad ogni guizzo della lingua, ad ogni affondo, la donna tentava di divincolarsi e liberare le mani, tirando i legacci che la serravano alla sponda del letto.
L’intento era evidente, il desiderio aveva preso il controllo sul corpo di lei, che cercava di liberarsi per poter abbracciare il suo amante, toccarlo e stringerlo a sé.
Intuendo le sue intenzioni, Carlo si scostò di nuovo da lei, lasciandola raffreddare. Senza darle modo di intuire le sue intenzioni, si riportò all’altezza del ventre, determinato a riprendere ciò che aveva sospeso.
Affondò con forza la lingua nel suo sesso, aprendolo sotto spinte sapienti, raccogliendo nella sua bocca gocce preziose di eccitazione. La leccò con minuziosa attenzione dal basso verso l’alto, accarezzando dolcemente le labbra di lei, mordicchiandole e succhiandole avidamente, risalendo con lentezza esasperante. Prese quindi il suo clitoride in bocca, succhiandolo e premendolo verso il palato, mentre la lingua lo titillava dal basso. Lo sentì inturgidirsi sotto i suoi colpi, fino a diventare un piccolo cazzo duro da stuzzicare per un tempo interminabile.
La donna inarcava la schiena, colta da spasmi incontrollabili. Cercava istintivamente di accogliere la lingua dell’uomo, come se per miracolo potesse trasformarsi in cazzo ed invaderne il sesso in profondità. Era deliziata ed al tempo stesso esasperata dalla maestria con la quale l’uomo succhiava e beveva dal suo sesso. Quell’amante rappresentava la risposta ad un sogno coltivato in tante notti di scopate frettolose e preliminari inesistenti, intuiva che ciò che l’uomo faceva non era per il piacere della donna, ma per il suo stesso, e la donna ne godeva di riflesso, grata di tanta insaziabile fame.
Senza rendersene conto aveva cominciato a muoversi e dimenarsi, accordandosi ai guizzi della lingua di lui, e la presenza delle corde acuiva il desiderio di un cazzo da afferrare, leccare e divorare con foga.
Lui portò un dito alle labbra di lei, lasciandoglielo succhiare e mordere, leccare con foga, poi iniziò a premerlo contro l’ano della donna, scivolando dentro e godendosi la sensazione di quell’invitante orifizio che si dilatava sotto le sue spinte. Trovandolo accogliente decise di infilarne immediatamente un altro, strappandole un gemito ed un urlo di soddisfazione. Intuì che la donna stava per venire, e decise di gustare con la bocca il suo primo orgasmo, insinuandole due dita nella fica, scopandole il culo con l’altra mano e succhiando avidamente il clitoride.
Lei si lasciò andare ad un orgasmo travolgente, scossa da spasmi, tirando i lacci che la tenevano bloccata. Ululò di soddisfazione come una cagna in calore, versando caldi umori nella bocca del suo uomo. Lui bevve con avidità e soddisfazione, scostandosi infine per godersi lo spettacolo: il corpo di lei ancora fremeva, e cercava di serrare le gambe per proteggere il sesso provato e scosso, ma non riuscendo, finì con l’abbandonarsi completamente.
Ora era il turno di lui di godere, le montò sopra, avvicinando il cazzo alla bocca di lei, che in tutta risposta tirò fuori la lingua, cercandolo nel vuoto che li separava. Riuscì a raggiungere la sua cappella, titillando e raccogliendo con famelica determinazione le gocce del suo piacere, trovandole deliziose. Tentò di accoglierlo in bocca, protendendo la testa verso di lui, che in tutta risposta gliela bloccò con il palmo della mano. Risalì ancora sul corpo di lei, portandole le palle alla bocca, lasciando che il cazzo duro premesse contro il suo naso, contro la sua fronte, che bagnasse le sue guance. Lei accolse le sue palle in bocca, una per volta, massaggiandole con la lingua e godendo della potenza del gesto. Un solo morso e quel maschio sarebbe stato perduto per sempre, ed al suo piacere si affidava completamente. Lasciò uscire i testicoli dalla bocca, ed iniziò a leccare ancora più giù, sforzandosi e piegando la testa. Lui intuì le intenzioni della donna, e piegandosi all’indietro lasciò che la lingua gli stuzzicasse l’ano. Lasciò gemiti di soddisfazione mentre la donna di lei abilmente lo titillava, e non volle resistere oltre: le slegò una mano e se la portò al cazzo, lasciando che lo masturbasse mentre lo leccava con tanta abilità. Libera da una spalla, benché costretta dal peso di lui, riuscì a muoversi con sufficiente foga da penetrarlo con la lingua, violando con soddisfazione lo stretto pertugio. Godette per qualche secondo della splendida sensazione, poi la scostò con forza, si rizzò sulle ginocchia ed, aiutandosi con una mano, le ficcò il cazzo in bocca. Affondò per quanto gli era possibile, godendosi il senso del possesso, la soddisfazione che gli dava l’idea di avere quella donna in suo potere, priva di aria, soffocata dal suo stesso desiderio. Prese ad uscire piano dalla sua bocca, mentre il petto di lei si gonfiava per catturare nuova e preziosa aria.
Iniziò quindi a muoversi dentro la bocca, con affondi rapidi ed irregolari, scavandole dentro e soffermandosi solo quel tanto che basta per godersi l’uso esperto della sua lingua.
Decise che era venuto il momento di scoparla. Uscì rapidamente dalla sua bocca e scivolò all’indietro, sul corpo di lei. Infilò le ginocchia sotto le cosce di lei, ed inarcò la schiena. Il suo cazzo puntava minaccioso la fica di lei. Iniziò a strusciarlo, a farlo scorrere dal basso verso l’alto, divaricando le labbra del suo sesso. Prese a sbatterlo contro il suo clitoride, ed infine lo puntò con determinazione, affondando piano, un millimetro per volta. Lei inarcò improvvisamente il bacino, nel tentativo di aumentare la penetrazione, e Carlo in tutta risposta si ritrasse, riprendendo il gioco perverso dei piaceri negati.
La donna stava impazzendo, si lasciava sfuggire gemiti di rabbia e frustrazione, mentre tentava di spalancare le cosce il più possibile, accecata dalla fame e dal desiderio.
Carlo appoggiò il suo membro sulla fica di lei, lasciando che l’asta aprisse le labbra mentre la cappella lucida gocciolava sul suo clitoride, e prese di nuovo a massaggiarle il seno, i fianchi ed il vente.
Lei non seppe resistere oltre.
‘Ti prego scopami, fammelo sentire dentro, sto impazzendo, lo voglio!’
Era quello che lui voleva, che lei pregasse per il suo cazzo, che lo desiderasse intensamente, che la scopata fosse una liberazione da una fame che non riusciva più a contenere.
Si scostò leggermente, e con un colpo secco glielo ficcò dentro, fino alla radice, accolto da una fica fradicia e desiderosa e da un gemito gutturale, profondo quanto i centimetri avidamente scavati nel corpo di lei.
Stette così per qualche secondo, godendosi l’abbraccio del sesso di lei, il tepore che si diffondeva lungo tutta l’asta, concedendosi millimetrici scivolamenti, giusto per ricordare al suo uccello che giaceva nel tempio del piacere.
Presa in modo pieno e completo, penetrata senza premura alcuna, il gemito di lei si strozzò in gola, lasciandola rapita nelle sensazioni che quel cazzo, grosso e duro, le procurava. Sensazioni nuove, o forse solo a lungo dimenticate.
Soddisfatto della sensazione, iniziò a scoparla piano, accelerando secondo il gusto ed il piacere che traeva da quella fica deliziosa. A volte affondava con forza, soffermandosi per lunghi secondi ed assaporando la sensazione del sesso violato di lei, altre volte con colpi leggeri e frequenti, per stuzzicarle l’imboccatura dell’utero. I gemiti di entrambi si intrecciavano nella stanza, e lui avrebbe voluto urlare il nome della donna, mordendosi invece le labbra per trattenersi.
Iniziò a scoparla furiosamente, facendo oscillare quel corpo dolce e burroso, mentre il seno dondolava dolcemente sotto le sue spinte e la donna respirava, gemeva in accordo agli affondi di quel cazzo a lungo desiderato.
Si fermò giusto un attimo prima di venire, uscì dal sesso di lei, ed iniziò a slegarle le gambe. La donna in tutta risposta sollevò le ginocchia e le piegò, dando sollievo alle membra a lungo provate. Carlo ne approfittò, serrando rapidamente le caviglie tra di loro.
Poi slegò l’altra mano, e girò la donna, costringendola carponi, col bel culo sporgente ed invitante, il volto ed il seno premuti contro il cuscino.
Prese a leccarle il culo, scivolando dall’alto verso il basso con la lingua, mentre con le mani teneva le natiche ben larghe. Più volte si soffermò all’altezza dell’ano, premendo piano e lubrificandolo con cura, salvo poi riprendere la corsa furiosa della sua lingua, scendendo a lambirle il sesso e poi risalendo rapidamente.
Quando fu pronta puntò l’uccello, la prese per i fianchi ed iniziò a spingere piano, facendosi strada nella sua carne. Lei cacciò un urlo, che scolorò rapidamente in un gemito di soddisfazione, mentre l’asta del suo maschio guadagnava centimetri preziosi all’interno del suo corpo. Le gambe serrate in quel modo acuivano la sensazione, facendola sentire totalmente invasa e posseduta dalla foga di lui.
Carlo continuò a pompare piano, dilatandole l’orifizio ad ogni spinta, lasciando che il dolore scomparisse completamente, attento ai gemiti ed alle sensazioni di lei.
La donna non seppre resistere oltre e venne urlando, sfogando un orgasmo repentino e violento, inatteso. Lasciò che l’orgasmo si spegnesse nel corpo della donna mentre ancora menava colpi decisi, poi si sfilò, si portò alla bocca di lei ed infine venne, gettando fiumi di sborra calda sul suo viso, sulle sue labbra, prontamente accolte ed ingoiate. Si fece ripulire per bene dalla sua lingua, poi uscì e prese i vestiti. Iniziò a rivestirsi con calma nella camera da letto, osservando quel corpo abbandonato e soddisfatto, accarezzando con gli occhi il rivolo di piacere che colava dalle cosce, il viso lucido di sudore e sperma.
Una volta rivestito si avvicinò e la baciò a lungo e con passione, staccandosi solo per slegarla, un laccio per volta, con infinita dolcezza e cura. Una volta che fu libera, e solo un drappo le copriva gli occhi, si avvicinò al’orecchio di lei e le sussurrò un’unica parola.
‘Fantastica’.
Si allontanò in fretta, senza attendere la reazione di lei, chiuse la porta alle sue spalle e si soffermò per qualche minuto in salotto. Guardò l’orologio e lottò per qualche istante con l’indecisione: avrebbe voluto tornare da lei, assaporare ancora quella fica, ma il tempo accordato stava per scadere, e presto il padrone di casa sarebbe tornato, di certo poco propenso ad accordare una dilazione.
Con rassegnazione volse un ultimo sguardo in direzione della camera da letto, uscì, salì in macchina e si allontanò dalla casa.
Lei era rimasta sul letto, ancora non aveva liberato gli occhi dal drappo che li copriva. Voleva prolungare ancora quella sensazione, concentrarsi sui sensi che la condizione aveva esaltato. Il sapore sulle labbra, il tepore del contatto con lui, il respiro ancora irregolare per il violento orgasmo. Si portò una mano alla fica, trovandola gonfia ed umida, e pensò a quanto avrebbe voluto ancora quell’uomo, per giorni e notti di interminabile piacere.
Ripensò ancora alla voce di lui, ora sapeva chi l’aveva posseduta. Chi l’aveva resa oggetto di piacere, e violandola senza remore, le aveva dato orgasmi indimenticabili. Mentre rifletteva su questo lasciò che due dita scivolassero dentro di lei, con noncuranza. Ebbe coscienza di quello che si stava facendo solo quando i primi brividi di piacere iniziarono a mozzarle il fiato, prese a stuzzicarsi il clitoride con foga, venendo ancora e leccandosi le dita madide di piacere.
Ripresasi, realizzò che non aveva più tempo, suo marito sarebbe rientrato presto. Si alzò pigramente e si diresse alla doccia, raccogliendo l’odore di lui nelle stanze che aveva attraversato.
Si sentiva placata e soddisfatta. Non solo l’atmosfera e la situazione l’avevano intrigata ed eccitata, ma quell’uomo l’aveva scopata da dio, intuendo perfettamente i suoi desideri, anticipandoli prima ancora che essi diventassero voglie concrete.
Il rumore della porta la fece ritornare a pensieri più concreti, ora sapeva cosa doveva fare. Sarebbe uscita, fingendosi offesa e insoddisfatta. Avrebbe liquidato il resoconto dell’esperienza omettendo le parti più importanti, avrebbe dimostrato fame e desiderio per suo marito. Magari si sarebbe lasciata scopare, per tranquillizzare il maschio di casa.
Ma per nessuna ragione avrebbe permesso al suo corpo di dimenticare il significato del vero piacere, ed avrebbe atteso, ogni giorno, che l’appuntamento al tavolo da gioco si ripetesse.
Sapendo in cuor suo, con feroce determinazione, di chi voleva essere il premio.

Formaesostanza@hotmail.it

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