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Racconti Erotici Etero

Il primo che passa

By 8 Marzo 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Questa sera sei proprio uno schianto!’
Mara sorrise.
Lo sapeva benissimo, visto che aveva passato un mucchio di tempo a truccarsi ed a prepararsi.
Aveva scelto con cura ogni elemento del suo abbigliamento e prima di uscire di casa si era osservata bene allo specchio.
Anche sa aveva piena consapevolezza delle emozioni che trasmetteva agli uomini quando mostrava il suo corpo, era comunque particolarmente contenta dell’apprezzamento di Federico.
C’era molto feeling tra loro due, unito ad una attrazione fisica fortissima.
No, non era innamorata, ma le piaceva da impazzire scopare con Federico ed anche lui sembrava dello stesso parere.
Quella poi era una delle serate speciali in cui lei si vestiva da troia.
Lui trovava questa espressione molto divertente e, tutto sommato, poteva anche essere azzeccata, dato l’abbigliamento che Mara indossava quella sera.
Quando erano entrati nel ristorante e Federico le aveva sfilato il lungo cappotto nero, c’era stato un momento di silenzio nella sala affollata.
La vista di quella ragazza alta e vistosa, con indosso un vestito rosso, corto, scollato, che metteva in evidenza un davanzale molto ben fornito ed un paio di belle gambe, fasciate da calze scure, aveva catalizzato l’attenzione di tutti i maschietti presenti, di ogni età.
Il signore calvo del tavolo di fronte, poi, aveva tenuto, per tutta la durata della cena, lo sguardo affondato nelle tette di Mara, che sembrava volessero schizzar fuori dal vestito da un momento all’altro.
La moglie non aveva apprezzato per nulla e ogni tanto gli lanciava delle occhiate terribili, ma lui, al massimo, riusciva a distogliere lo sguardo per pochi secondi, poi i suoi occhi tornavano a rimirare tutto quel ben di dio.
Dopo cena l’avrebbero fatto su una panchina, nella villa.
Era una cosa assurda, che due persone, vicine entrambe alla trentina, con a disposizione due case e, proprio volendo, una macchina, dovessero ridursi a scopare su una panchina della villa comunale, come due liceali sfigati.
Era assurdo ma a loro piaceva da matti ed erano disposti a correre il rischio che li sorprendesse una pattuglia della polizia, o peggio che fossero aggrediti da qualche malintenzionato.
In ogni caso, bene che andasse, erano alla mercé dei guardoni che popolavano di notte la villa, ma loro, sapendo che qualcuno potesse vederli, si eccitavano ancora di più.
Si erano trattenuti un po’, dopo aver finito di mangiare e la discussione era stata portata da Federico su un argomento molto particolare.
Lui sosteneva che una donna attraente come Mara, anche se riusciva a concentrare su di lei gli sguardi degli uomini, come era accaduto al loro ingresso nel ristorante, non era detto che, se se ne fosse presentata l’occasione reale, sarebbe riuscita a portarseli a letto.
‘Guarda quell’omino del tavolo di fronte. Ha lo sguardo fisso, incollato sulle tue belle tettone, da più di un’ora, ma sono convinto che se si trovasse solo con te, pur sapendo che la moglie non verrebbe mai a saperlo, non avrebbe mai il coraggio di allungare le mani, figuriamoci poi farsi una scopata.’
Mara, naturalmente, era di parere opposto, era sicura che sarebbe riuscita a portarsi a letto tutti i maschi presenti nella sala, e, perché no, anche i camerieri, se lo avesse voluto.
Era una discussione teorica ma un po’ scivolosa, che Federico aveva pilotato abilmente, conoscendo i punti deboli di Mara, la quale, quando era vestita in quel modo, ed aveva anche bevuto un po’ troppo, come quella sera, diventava molto disinibita e fin troppo sicura di se.
Alla fine aveva scommesso che lei sarebbe riuscita a scoparsi il primo che passava per strada.
Naturalmente, un attimo dopo averlo detto, si era pentita.
Che assurdità: il primo che passa.
Magari è un vecchio cadente, oppure un prete.
E poi, andare con uno sconosciuto, di questi tempi può essere pericoloso: malattie, infezioni, per non parlare dell’AIDS.

La vecchia Mara, quella che Federico non aveva conosciuto e di cui ignorava l’esistenza, neanche avrebbe potuto immaginare una cosa simile.
Proprio il pomeriggio del giorno precedente, per miracolo Federico non aveva scoperto la sua vecchia esistenza, quella da ‘brutto anatroccolo’.
Da un cassetto era uscita fuori la foto di gruppo di quando lei aveva fatto la maturità.
Lui aveva guardato a lungo le facce delle ragazze senza riuscire ad individuarla.
Il suo dito era passato più volte su quel viso magro, con il nasone e gli occhiali spessi, ma non era riuscito a ricollegare quella ragazza secca e brutta, con i capelli lisci, con la Mara attuale.
Alla fine lei aveva tagliato corto dicendo che quel giorno non c’era, perché aveva le mestruazioni ed un terribile mal di testa.
Proprio pochi giorni prima lo scatto di quella foto era avvenuto l’evento che avrebbe cambiato la sua vita, ed il suo aspetto.
Aveva sentito per caso la conversazione di due suoi compagni di classe.
Stavano facendo le classifiche delle ragazze: che coglioni!
‘E Mara?’
‘E chi è ‘sta Mara?’
‘Mara ‘ Pagliarani.’
Stronzo, neanche sapeva il suo nome, dopo cinque anni in classe insieme.
‘Quella è proprio inclassificabile, ma l’hai vista?’
‘Guarda che però le gambe non sono male, ed ha pure un bel culo, certo però …’
‘Senti, per scoparsi una così, bisognerebbe metterle un cuscino in faccia.
C’ha un naso che pare la befana, gli occhiali come quelli di mia nonna, i denti storti e poi, pure le orecchie a sventola, hai visto come spuntano fuori da quei capelli lisci e sempre unti?’
‘Per non parlare delle tette, che deve essersele vendute.’
‘Beh, quanto gli diamo?’
‘Diciamo un bel tre, ma solo per le gambe e per il culo, purché si usi il cuscino.’
Quel giorno, tornata a casa, aveva pianto per ore, dopo essersi guardata allo specchio, ed aveva giurato che avrebbe fatto di tutto per cambiare il suo aspetto.
Dopo l’estate, quando era andata all’università, i suoi nuovi compagni di corso avevano conosciuto una Mara già parecchio diversa.
Gli occhiali erano stati rimpiazzati dalle lenti a contatto, i denti erano in corso di raddrizzamento, sotto la spinta fastidiosa di un bell’apparecchio, che avrebbe dovuto portare per parecchio tempo.
I suoi capelli erano diventati ricci e mossi, così le orecchie non sarebbero potute spuntare fuori da quella capigliatura, neanche se fossero state grandi come quelle di un elefante.
Certo, il naso era quello che era ed il seno, moscio e piccolo, non rappresentava il massimo dei desideri maschili, ma aveva intenzione di intervenire anche su questi particolari.
Nel giro di un anno aveva prima fatto eliminare quella mostruosa gobba sul naso, poi aveva pensato al seno.
Aveva discusso a lungo con il chirurgo, che era contrario ad un ingrandimento eccessivo, che, a suo dire, avrebbe comportato problemi nel giro di pochi anni, con il ricorso ad ulteriori interventi, ma lei era stata irremovibile ed aveva ottenuto il seno che desiderava.
Ricordava ancora con emozione il giorno in cui, dopo aver buttato nel cassonetto i suoi vecchi reggiseni, era tornata trionfante, dopo una visita al miglior negozio di lingerie della città, con una serie di scatole, con scritto su un bel 5.
Ora Mara aveva tutto quello che desiderava: le gambe ed il culo erano a posto già da prima, come avevano notato quei due stronzi di compagni del liceo, si era fatta due tette da paura ed il viso non era niente male.
Il naso forse era un po’ troppo lungo, ma il chirurgo le aveva spiegato che oltre la funzione estetica, serviva anche per respirare, e che non era possibile sagomarlo a piacimento.
Comunque, ben truccata e con una buona passata di fondotinta, per nascondere brufoli ed impurità della pelle che non l’avevano mai più abbandonata dal periodo della pubertà, si presentava veramente bene, complice anche la dentatura perfetta, miracolosamente tornata dritta, dopo un anno e mezzo di apparecchio.
Una volta l’aveva contattata una sua compagna del liceo, perché avevano pensato di riproporre una cena di tutta la classe.
Aveva pensato di andarci, per far schiattare tutti di invidia e vendicarsi così di cinque anni di umiliazioni. Già si immaginava i commenti:
‘Mi chi è quel pezzo di gnocca?’
‘La Pagliarani.’
‘Ma dai, non dire cazzate, neanche ci somiglia alla befana.’
Poi, all’ultimo momento aveva deciso che era meglio troncare ogni ulteriore rapporto con quella gente ed aveva messo una scusa.

Si alzò in piedi mentre Federico le prendeva il cappotto.
Quello del tavolo di fronte era andato via da dieci minuti, lo aveva visto allontanarsi mentre litigava con la moglie.
Le erano arrivati alle orecchie solo brandelli di conversazione, ma era chiaro il motivo del loro litigio, anzi i motivi, che erano esattamente due, appena tenuti a bada da un succinto reggiseno senza spalline.
Uscì dal ristorante ancheggiando leggermente mentre si allacciava il cappotto.
Gli stivali di pelle nera, dal tacco molto alto, l’aiutavano a tenere un’andatura provocante.
D’altra parte, nelle serate in cui si vestiva da troia doveva mantenere un certo contegno, e poi, quella sera aveva bevuto più del solito e anche questo aiutava.
Si incamminarono a piedi verso la villa.
L’aria della notte era fredda e Mara rabbrividì quando da una via laterale arrivò una raffica di vento che le si infilò sotto il cappotto .
Sotto era nuda. In quelle serate particolari, infatti, lasciava a casa le mutandine e metteva un paio di autoreggenti.
Era Federico che le aveva imposto questo abbigliamento, perché sosteneva che le troie si vestivano così, e poi, scopare su una panchina con collant e slip, sarebbe stato un casino.
‘Lo vedi quel tizio che viene verso di noi? Adesso io me ne vado e tu lo fermi e gli fai la proposta.
Apriti il cappotto, così vede bene quello che c’è sotto.’
‘Cosa? Ma dai, mica dirai sul serio?’
‘Ora che fai, ti rimangi la scommessa?
Facciamo una cosa, voglio essere buono, ti concedo tre possibilità, i primi tre uomini soli che passano sul viale.
Ti do anche un consiglio, fatti pagare, sembrerà tutto più normale: sei vestita da troia e quindi si aspetteranno che tu lo faccia per denaro.’
‘Ma potrebbe essere pericoloso, con uno sconosciuto, e se mi aggredisce, potrebbe farmi del male …’
‘Nessun problema, io ti seguirò da vicino e potrò sempre intervenire.’
‘Potrei prendermi qualche infezione, l’AIDS addirittura …’
‘Preservativo! Gli fai mettere un bel cappuccetto sull’uccello a vai tranquilla’, disse Federico, mentre estraeva dalla tasca del cappotto una confezione di profilattici.
Lasciò Mara da sola, con la scatolina in mano e si allontanò.
L’uomo si avvicinava lentamente. Era vestito di scuro e portava gli occhiali.
Mara era spaventata ma, allo stesso tempo, eccitata.
E adesso che faccio? Pensò.
Lo vide meglio, alla luce di un lampione. Sembrava giovane, massimo una trentina, con gli occhiali spessi e l’aria un po’ imbranata.
Sotto il giaccone semi aperto spuntava una camicia bianca, con il colletto piccolo ed una cravatta triste con il nodo troppo piccolo.
Pensò che non amava le camicie bianche con il colletto piccolo, che detestava le cravatte tristi e che aveva un’avversione viscerale per i nodi troppo stretti.
Non le piaceva per niente. Quasi quasi preferirei provare a sedurre un prete, piuttosto che questo bamboccione imbranato.
Sicuramente Federico era nascosto lì vicino e si sarebbe accorto se lei lo avesse lasciato andar via senza provare ad adescarlo.
Già, adescarlo. è la parola giusta. Sono vestita da troia, quindi faccio la troia e gli chiedo se vuole scopare con me, facile, no?
Aveva fatto un passo di lato e gli si era parata davanti, con il cappotto sbottonato da piedi, in modo da lasciare scoperte le sue lunghe gambe.
‘Scusa ‘ come mi trovi?’
Lui si era fermato sorpreso ed interdetto.
Evidentemente era sovrappensiero e neanche aveva notato la presenza delle donna sul marciapiede che doveva percorrere.
‘Eeeh …’
Si era bloccato, con lo sguardo in basso, fisso sulle cosce di Mara, ed aveva l’espressione di uno che avesse appena visto un disco volante.
Impiegò qualche secondo a ritrovare il dono della parola.
‘Come ‘ in che senso?’
Ma è cretino questo, glie lo devo proprio spiegare?
‘Ti ho chiesto se mi trovi carina.
Con cinquanta euro puoi venire con me. Che ne dici?’
Alle ultime parole di Mara si era scosso improvvisamente, come se avesse messo un dito in una presa di corrente ed era partito quasi di corsa, allontanandosi rapidamente.
Lei lo seguì con lo sguardo, finché non scomparve, inghiottito dal buio della notte, mentre camminava rapido, scuotendo la testa.
‘Allora, ti sei giocata male la prima possibilità. L’hai spaventato poverino, sarà tornato da mamma e le avrà raccontato che una donna cattiva se lo voleva mangiare.’
‘Ti prego, Fede, è già tardi, andiamo nella villa e lasciamo perdere questa cazzata.’
‘No, mi dispiace, adesso ci vai fino in fondo, con la tua scommessa.
Oh, guarda, sta arrivando il tuo secondo cliente, datti da fare, e apri ‘sto cappotto, mica avrai paura a fargli vedere le tette?’
Federico si era allontanato di Nuovo e Mara si mise ad osservare la sua seconda possibilità.
Era un tipo alto e magro, con i capelli scuri ed un folto paio di baffi.
Doveva aver passato la cinquantina da un pezzo, ma dall’andatura decisa e veloce, sembrava in buone condizioni fisiche.
Beh, sembra meglio del bamboccione e poi, non ha l’aria imbranata di quell’altro.
Seguì il consiglio di Federico e sbottonò completamente il cappotto.
Accidenti avrebbe preso freddo.
L’uomo si avvicinava rapidamente.
Quale frase? Che gli dico per agganciarlo?
Ma importa la frase? Una donna sola, vestita in questa maniera, di notte, che ti ferma per strada, solo un bamboccione imbranato può faticare a capire cosa vuole.
‘Scusi’, questo è più vecchio, meglio il lei, ‘come mi trova?’
‘In che senso?’
Aveva detto le stesse identiche parole del primo, ma con tutt’altro tono: nella sua voce c’era un non so che di ironico e beffardo.
Si era fermato a qualche metro, di fronte a lei, e la stava osservando.
Era sicura che, anche se non sembrava averne l’aria, i suoi occhi le stessero facendo la radiografia.
‘Se mi stai chiedendo un parere estetico su di te, ti posso dire che sei una bella ragazza, se vuoi posso scendere in dettaglio, anche se non capisco il motivo della tua domanda.’
Era furbo, voleva farle mettere le carte in tavola, non avrebbe abboccato neanche questo e lei avrebbe dovuto concentrarsi sulla terza possibilità.
Basta, doveva giocare il tutto per tutto.
‘Le ho fatto questa domanda perché questa bella ragazza, per soli cinquanta euro, questa sera viene con lei.’
L’uomo non batté ciglio, si limitò a fare un passo avanti.
‘Normalmente’, aveva calcato l’accento sulla parola, ‘non vado a mignotte.’
Il termine volgare e dialettale, le era arrivato come una frustata.
Ora aveva la netta impressione che lo sguardo dell’uomo stesse rovistando nella scollatura del vestito e si sentì avvampare.
Accidenti, la faccenda si sta facendo spinosa, ma eccitante.
‘Allora, tu sei troppo carina per battere il marciapiede e sei anche troppo ben vestita, l’abito e gli stivali costano un bel po’ di soldi, per non parlare dell’orologio che hai al polso.
Che succede, ti è saltata una serata da 1000 ‘ e stai cercando di rientrare delle spese?
Oppure, mi devo aspettare qualcosa tipo una sorpresina da 30 centimetri in mezzo alle gambe?
Sei parecchio alta e quelle tette grandi e rotonde non mi convincono.’
Eh no! Questo era troppo: addirittura scambiata per un trans.
Mara si guardò intorno, il viale era deserto.
Divaricò leggermente le gambe, spinse il pube leggermente in fuori e le sue mani si posarono sui fianchi.
Le dita afferrarono il bordo del vestito e cominciarono a tirarlo su.
Scoprirono subito l’elastico delle autoreggenti. Ora il vento freddo batteva sulle sue cosce nude, mentre lo sguardo dell’uomo era sceso in basso.
‘Nessuna sorpresa’, disse Mara, mentre scopriva il suo sesso.
Rimase per diversi secondi con il vestito sollevato fino alla vita.
Una raffica di vento più forte delle altre le arrivò sulla pancia nuda e si rese conto di essere bagnata.
L’uomo aveva il portafogli in una mano e, nell’altra, teneva, piegata in due, una banconota da 50 Euro.
Mara prese i soldi e gli diede la scatolina con i preservativi.
‘O.K. Dove andiamo?’

Si incamminarono lungo il viale deserto. Mara ogni tanto si guardava intorno, sperando di scorgere Federico. Non si sentiva tranquilla, anche se trovava la cosa veramente eccitante.
Se fosse riuscita a convincere il bamboccione, sarebbe stato molto meno interessante: era sicura che sarebbe venuto in mezzo alle sue gambe, mentre cercava maldestramente di infilarsi il preservativo.
Con questo sarebbe stato molto meglio.
I suoi tacchi, nel silenzio della notte, facevano un rumore sordo e lei si sentiva sempre più bagnata.
Lo guidò, all’interno del parco, verso il loro posto segreto.
Sicuramente Federico era nascosto da qualche parte, magari dietro quel cespuglio, di fronte alla panchina.
Mara si appoggiò allo schienale della panchina e l’uomo le sbottonò il cappotto, che lei aveva richiuso durante il tragitto fino alla villa.
Le passò le mani dietro la schiena e sentì le sue dita che prendevano la lampo del vestito.
La fece scorrere in giù solo per una decina di centimetri, poi afferrò il bordo superiore del vestito e lo tirò un po’ verso il basso.
Mara si guardò i seni, a malapena tenuti dal reggiseno nero senza spalline.
Le dita dell’uomo tornarono dietro e lei sentì la chiusura del reggiseno che si apriva.
Ora le sue tettone, costate un bel po’ di soldi, erano completamente libere.
Lui ci affondò la faccia dentro e cominciò a baciarle.
I baffi dell’uomo le facevano il solletico, poi sentì la sua lingua che le leccava i capezzoli e non fu più solletico.
Lui le stava addosso e premeva contro la sua pancia.
Poteva sentire il suo pene, già bello duro, bloccato in mezzo ai pantaloni, mentre continuava a crescere e lei era sempre più bagnata.
‘Togliti il cappotto.’
‘Cosa? Ma ho freddo.’
Lui per tutta risposta la fece alzare e le sfilò il pesante soprabito nero.
‘Se passa qualcuno?’
‘Non passerà nessuno.’
La fece mettere dietro la panchina, con la pancia poggiata sull’ultima stecca di legno della spalliera.
‘Allarga bene le gambe.’
Ora me lo metterà nel culo. Non voglio prenderlo in culo da lui.
Il preservativo.
‘Il preservativo!’
‘L’ho già messo, non ti preoccupare, non mi voglio prendermi niente.
Hai anche un bel culo’, disse mentre le sollevava il vestito fino alla schiena.
Le sue mani le stavano accarezzando le chiappe.
Le dita si soffermarono proprio in mezzo.
Ecco. Ora me lo ficcherà lì.
Non voglio essere inculata da questo sconosciuto, mi farà sicuramente male.
‘Hai una bella fica, grande e sporgente. Sembra un’albicocca, di quelle belle mature, che basta infilarci le dita per aprirle in due e togliere l’osso.’
Le sue mani la stavano carezzando da dietro.
Si sentiva completamente fradicia e quando ci infilò dentro due dita, Mara cominciò a gemere senza alcun ritegno.
‘Per cinquanta euro te la cavi molto bene.’
Poi lo ficcò dentro.
Lei raggiunse quasi subito l’orgasmo, Nascosto da qualche parte, Federico si stava godendo la scena.
La stava sbattendo forte e la stecca di legno della panchina, che premeva contro la sua pancia, le faceva male.
Non ti rompere, ti prego, non ti rompere.
Il preservativo, per fortuna, aveva tenuto. L’uomo le era venuto dentro, ma non ci sarebbero state conseguenze.
Non le disse neanche ciao.
Buttò il preservativo usato per terra, si ripulì con un fazzolettino di carta e si richiuse i pantaloni.
Mara lo vide allontanarsi e sparire nel buio del parco deserto.
‘Bravissima, sei stata bravissima.
Dai sbrighiamoci, che ho una voglia di scoparti, che non ce la faccio più.
E non dire di no, questa sera voglio ficcartelo anche nel culo.’ Dopo quella prima volta, c’erano state diverse altre serate simili.
Ormai Mara sui era lanciata nell’avventura, aveva preso coraggio, anche se le restava una paura folle che si potesse rompere il preservativo e lei potesse prendere qualche malattia.
Federico aveva provato più volte a spiegarle che l’eventualità che ciò accadesse era remota, che lui comprava sempre i migliori, assicurandosi che fossero stati prodotti da poco, visto che aveva letto che, con il passare del tempo, il materiale gommoso poteva diventare rigido e quindi più fragile, ma lei non era convinta del tutto.
Aveva migliorato anche la tecnica di adescamento.
Meglio di mille parole, valeva sfoderare un gran sorriso e, contemporaneamente aprire il cappotto, già sbottonato in anticipo, e far salire lentamente il vestito fino alla vita.
La vista della sua cosina, leggermente dischiusa ed umida, sormontata da un ciuffetto di peli, che lei periodicamente tagliava con cura, convinceva quasi tutti a sganciare i 50 Euro richiesti, visto che erano molto pochi gli uomini che andavano via sdegnati, dopo questa esibizione.
Il giorno prima Federico le aveva fatto un regalo.
Quando aveva aperto la scatola di cartone e ne aveva tirato fuori il contenuto, era rimasta delusa.
Aveva sempre detestato gli stivali sopra il ginocchio, perché li trovava irrimediabilmente volgari.
Federico aveva insistito perché lei li provasse. Gli stivali, di finta pelle bianca, arrivavano sul davanti a metà coscia, mentre dietro superavano la giuntura del ginocchio di qualche centimetro.
‘Ho pensato che potresti metterli questa sera. Il tuo normale abbigliamento da troia è troppo elegante e potresti suscitare sospetti, come già ti è capitato.
Ti ho preso anche un vestito che andrà benissimo per l’occasione, oltre a qualche gioiello in tono con il resto.
Il vestito era un completo, camicetta e minigonna di un colore rosa ‘Barbie’ vistosissimo, indossato insieme agli stivali bianchi avrebbe tolto ogni dubbio anche ad un seminarista, sul mestiere di quella ragazza alta e mora.
Quelli che Federico aveva chiamato gioielli erano dei pezzi di bigiotteria da quattro soldi e specialmente l’orologio, enorme, a forma di cuore e dello stesso colore del vestito, era quanto di più pacchiano lei avesse mai visto.
Questa volta Mara si fece un trucco diverso, pesante e dai colori molto più marcati rispetto a quello solito.
Prima di mettersi il cappotto si diede un’ultima occhiata davanti allo specchio del bagno.
Le sue belle tettone sembrava quasi che volessero schizzar fuori dalla camicetta, molto aderente e parzialmente sbottonata.
Camminando poi si sarebbero messe in movimento perché, su consiglio di Federico, aveva deciso di eliminare il reggiseno.
Provò la mossa segreta: la minigonna rosa salì lentamente e bastò poco per scoprire il suo sesso.
Ora è asciutta e chiusa, ma quando verrà il momento sarà bagnata a sufficienza, per risultare irresistibile a chiunque, pensò.
Avevano fatta abbastanza tardi e così si fermarono a mangiare qualcosa in un fast food.
Faceva freddo e piovigginava.
Gli stivali, di finta pelle dura e gelida non le riparavano a sufficienza le gambe e maledisse l’idea che aveva avuto di non indossare le calze.
Federico le diede un bacio sulla guancia e si allontanò.
Ora era sola.
Una puttana che aspettava il suo cliente, di notte, lungo un viale alberato e deserto.
Cominciava a piovere, accidenti, questa sarebbe stata una bella complicazione.
Passarono tre ragazze. Ridevano e chiacchieravano tra di loro. Le diedero soltanto un’occhiata mentre la superavano.
Eccolo. Stava arrivando sull’altro marciapiede e procedeva con passo spedito.
Mara strinse forte la scatolina dei preservativi, custodita nella tasca del cappotto e traversò la strada.
Non era male, un bel ragazzo dal fisico atletico. Se avesse accettato ‘
L’aveva notata senz’altro, visto che c’erano solo loro due in giro.
Quando lui era a pochi metri Mara agì rapidamente.
‘Ciao!’
Si era fermato un attimo, forse cercando di capire dove avesse conosciuto questa ragazza che lo aveva appena salutato.
Lei aveva aperto il cappotto nero. La camicetta e la gonna rosa sotto la luce del lampione sembravano quasi fosforescenti.
Mara allargò leggermente le gambe, spinse il ventre in fuori ed iniziò a far salire la gonna.
L’uomo si era bloccato come incantato ed aspettò che la ragazza finisse di scoprirsi.
Lei rimase così, con le mani sui fianchi, aspettando che lui dicesse qualcosa.
Sapeva che ce l’aveva fatta, se non era scappato subito, sarebbe rimasto lì.
‘Quanto vuoi?’
‘Cinquanta.’
Si diressero insieme versa la villa, proprio mentre iniziava a piovere.
Mentre entravano nel grande parco pubblico, Mara vide con la coda dell’occhio la sagoma di Federico che li seguiva a distanza e questo la tranquillizzò.
Sotto la fitta alberatura la pioggia quasi non riusciva a filtrare, meglio così, pensò lei.
Lo condusse al solito posto. Intorno alla panchina era pieno di fazzolettini e profilattici e sapeva bene che la maggior parte erano stati usati da lei e dai suoi clienti.
L’uomo sembrava molto impaziente e la spinse subito contro la panchina, ficcandole le mani sotto al cappotto.
Si avventò sulla camicetta di Mara.
Lei, durante il tragitto, aveva tenuto maliziosamente aperto il cappotto facendo in modo che lui potesse osservare bene i suoi grandi seni che ballavano liberi dentro la camicetta.
Sembrava quasi impazzito e, mentre le strizzava le tette dopo averle aperto completamente la camicetta ‘
‘Ma che cazzo combini …’
‘Scusa, scusa, mi dispiace, non sono riuscito a resistere.’
Mara lo scostò bruscamente, aveva la gonna e le cosce piene del suo sperma.
‘Guarda che hai combinato. E ora come faccio?’, disse mentre cercava disperatamente di pulirsi con un fazzolettino.
‘Dammi solo cinque minuti e vedrai che andrà meglio …’
‘Cosa? Mi hai rovinato il vestito, mi hai riempito le gambe con questa robaccia, ti do cinque secondi per sparire alla svelta.’
Lui se ne andò di corsa, armeggiando con la lampo e la cintura dei pantaloni, nel tentativo di rimettere a posto il suo uccello che aveva fallito per troppa precipitazione.
‘Tutto bene?’
Federico, che aveva seguito tutto al riparo di un cespuglio, era comparso all’improvviso.
‘Bene un corno, guarda che casino che ha combinato ‘sto stronzo.’
‘Le tue tettone lo hanno mandato fuori giri’, disse ridendo, ‘levati la gonna e cerca di darti una pulita alle gambe, che ora ci penso io a te.’
Mara si sfilò la minigonna rosa poi si fermò un attimo.
‘Aspetta, questa mi è andata proprio di traverso, non è tardi’, disse guardando l’orologio rosa a forma di cuore, ‘torno sul viale e me ne faccio un altro.’
La temperatura si era abbassata e, senza la pur minima protezione della gonna, cominciava a sentire freddo.
Erano dieci minuti buoni che se ne stava lì, in mezzo al freddo, ma non passava nessuno.
Forse era meglio lasciar perdere.
Eccolo.
Un uomo stava venendo verso di lei. Camminava lentamente, con il bavero del cappotto alzato per proteggersi dal vento.
Quarantenne, piccolo di statura, aria dimessa.
Certo il primo si presentava molto meglio, ma se doveva pensare al risultato ‘
Il ciao ostentato e squillante di Mara risuonò nella strada deserta.
Lo spettacolo questa volta fu breve e fulminante, visto che non c’era più una gonna da sollevare lentamente.
Come lei aprì il cappotto, l’uomo si trovò al cospetto delle sue lunghe gambe nude in mezzo alle quali troneggiava la fica rosea e bella spalancata.
Il ciuffetto di peli era un po’ stropicciato ma lei aveva appena fatto in tempo ad asciugarsi con i fazzolettini, non poteva certo pettinarlo.
Fece uno strano sorriso, alla vista di tanta grazia e si informò sulla tariffa praticata.
Non era convinto del posto che gli proponeva Mara, perché diceva che ne conosceva una migliore, ma lei ribatté che o lì o niente.
‘Maledizione! è occupato.’
Sulla panchina era seduta una coppietta intenta in tenere effusioni.
Che cazzo ci facevano sulla sua panchina?
‘Non vorrai aspettare mica che se ne vanno. A cento metri da qui conosco un posto molto meglio.’
A questo punto dovette accettare per forza, sperando che Federico riuscisse a seguirli.
‘Ma è chiuso!’
Erano davanti ad una vecchia costruzione in muratura, dall’aria abbandonata.
Sulla porta di ferro arrugginita c’era un bel lucchetto dall’aria solidissima.
‘E’ rotto, guarda.’
Prese il lucchetto e lo aprì, poi spinse la porta che girò sui cardini cigolando.
Mara non era per niente tranquilla, ma non aveva scelta.
La spinse contro il muro e le aprì il cappotto.
La luce di un lampione filtrava da una finestra con i vetri rotti, nella parte più alta della parete di fronte, illuminando parzialmente la scena.
Le sbottonò subito la camicetta e cominciò al palparla.
‘Hai un sacco di bella roba e non vedo l’ora di ficcartelo dentro.’
‘Va bene, va bene, però ricordati il preservativo.’
‘Non mi piacciono i preservativi.’
‘No, aspetta, non voglio farlo senza, è troppo pericoloso, se non ti sta bene di ridò i soldi.’
‘Sarà molto più pericolo per te se non lo fai.’
Mara sentì qualcosa di freddo sul petto e abbassò lo sguardo. La lama stretta e lunga di un coltello affilato si era posata in mezzo ai suoi seni.
‘Allarga bene le cosce e non ti muovere.’
Obbedì, terrorizzata.
Si sentiva come se la sua cosina si fosse improvvisamente chiusa ed essiccata.
Il rumore secco di una lampo che veniva aperta, poi si sentì schiacciare contro il muro.
Era grande e duro e glie lo aveva infilato dentro di colpo.
Sperò che durasse poco, come quell’altro, ma sembrava sapere il fatto suo e voleva far fruttare bene i cinquanta euro sborsati.
Lentamente Mara si rilassò, e riuscì a non pensare alla mancanza del preservativo e, soprattutto, a quel coltello affilato in mezzo ai suoi seni.
Le ritornò la paura solo quando lo sentì accelerare il movimento. Allora lo supplicò di tirarlo fuori, cercò anche di allontanarlo spingendolo con la braccia, ma inutilmente.
Alla fine le venne dentro, inondandola di sperma.
Quando si allontanò da lei, Mara vide la sua faccia sorridente e soddisfatta ed il suo cazzo, ancora eretto, in mezzo ai pantaloni abbassati.
‘Non ho ancora finito con te. Inginocchiati.’
Il bagliore della lama del coltello la convinse ad ubbidire.
Lo sperma che le stava colando fuori, scendeva lungo le sue cosce nude e si infilava dentro gli stivali di finta pelle.
Glie lo piazzò in mezzo i seni e poi li schiacciò insieme, uno contro l’altro, con le mani.
‘Muoviti, su e giù. Così, brava.’
Stava tornando duro e vedeva la punta, mano mano che cresceva, avvicinarsi sempre più al suo viso.
All’improvviso si fermò e mollò la presa, così i suoi seni, non più trattenuti dalle mani dell’uomo, ricaddero verso il basso.
Mara, al chiarore della luce del lampione vide i segni rossi lasciati dalla pressione delle dita dell’uomo.
‘Ora finisci con un bel pompino e poi te ne torni a casa.’
Lei fece cenno di no, disperatamente, con la testa e si ritrovò la lama poggiata di piatto su una guancia.
‘Preferisci forse che ti apra la faccia con questo?’
Mara chinò il capo e spalancò la bocca.
Era grande, duro e bagnato.
‘Succhialo bene.’
La lama del coltello ora spingeva sulla sua pelle.
Mara iniziò a succhiare e la pressione si allentò.
Pensò alle malattie che si stava prendendo sicuramente, poi lui poggiò di nuovo il metallo freddo del coltello sul suo viso, mentre con la mano libera la prendeva per i capelli, cercando di farle muovere la testa in su ed in giù.
‘Su, da brava, inizia a darti da fare.’
Mara cercò di non pensare e cominciò a muoversi.
Era troppo grande e si sentiva soffocare, ma sapeva che non aveva scelta.
Su e giù, su e giù. Lo sentiva vibrare e farsi più grande.
Su e giù, su e giù. Tra un po’ sarebbe venuto, riempiendole la bocca di sperma.
Su e giù, senza fermarsi.
Smise solo quando sentì lo sperma che le schizzava sul palato, per poi riempirle la bocca.
‘Brava. Un ottimo lavoro. Mi spiace per il coltello, ma a me piace farlo così.
Non ti avrei mai rovinato quel bel musetto.’
L’uomo si scansò, si richiuse i pantaloni e sparì alla sua vista.
Quando Mara trovò la forza di rimettersi in piedi, si accorse che in mezzo ai seni aveva una banconota da 50 ‘, piegata in due.
Federico la trovò la dentro, in quella vecchia costruzione abbandonata, sporca e disperata.
Quella sera sarebbero andati dritti a casa. Dopo la brutta avventura del tizio con il coltello, avevano interrotto le serate per parecchi mesi.
Mara era terrorizzata ed aveva fatto un mucchio di esami clinici, che non avevano portato a nulla. Quando alla fine si era convinta di averla scampata, era ormai estate inoltrata.
Federico le era stato vicino, cercando di sostenerla nei momenti di sconforto e, alla fine, il suo ottimismo aveva dimostrato di aver ragione delle paure della donna.
Nonostante tutto, però, non aveva il coraggio di ricominciare.
Lui aveva insistito, le aveva spiegato che si era trattato di un caso disgraziato, ma lei non se la sentiva.
Quel giorno era sola, lui era fuori città dai suoi genitori e Mara ne aveva approfittato per fare le pulizie generali dell’appartamento.
Sotto al letto c’era un mucchio di polvere.
Quando con la scopa spinse fuori lo scatolone, le venne un nodo alla gola.
Dopo quella maledetta sera, aveva messo via gli stivali bianchi e non li aveva più tirati fuori.
Brutti e volgari. Erano stati proprio loro a portarle sfiga.
Aprì la scatola. Si vedeva un miglio lontano che erano di plastica. Una robaccia cinese fatta in qualche scantinato.
Ci passò sopra un dito. Solo una pazza avrebbe pensato di infilarseli con il caldo che faceva.
In compenso l’altra volta, che era inverno, ci era quasi morta di freddo.
Si sedette sul letto ed infilò gli stivali.
Si guardò allo specchio, sollevando il vestito che usava per casa.
Quando la sera, dopo cena uscì di casa, con addosso un impermeabile leggero, che le arrivava sotto al ginocchio, sapeva benissimo dove sarebbe andata.
Sotto indossava il completino rosa di quella sera.
Al momento opportuno l’impermeabile sarebbe finito piegato nella borsa, piuttosto grande, che aveva con sé. Non poteva certo uscire di casa combinata in quella maniera.
Dovette aspettare parecchio tempo sul viale, perché l’estate, con il clima migliore, c’era molta più gente in giro.
Anche se era una serata abbastanza fresca, era pur sempre estate. Ogni tanto apriva un po’ l’impermeabile, cercando di far entrare un po’ d’aria.
Ecco, ora non c’è quasi più nessuno in giro.
Si spostò in un angolo appartato e si tolse l’impermeabile.
Finalmente un po’ di fresco.
Era prudente quello che stava facendo?
Da sola, senza la presenza di Federico, poteva essere pericoloso, anche se, l’unica volta che aveva avuto problemi, lui non era potuto intervenire.
Voglio provare, poi se va tutto bene, quando torna gli do la bella notizia, che possiamo riprendere le nostre serate speciali.
Passò una coppia anziana e la donna le rifilò un’occhiata gelida e sprezzante.
Ora senza più la protezione di qualcosa che celasse il suo abbigliamento, era come se avesse un cartello al collo con scritto PUTTANA.
Passarono tre giovani preti di colore. I primi due distolsero lo sguardo mentre il terzo la fissò a lungo, attraverso gli occhiali con la montatura d’oro.
Forse è meglio lasciar perdere, ora mi rimetto l’impermeabile e torno a casa.
Un momento, forse ci siamo.
Un uomo, solo, si stava avvicinando.
Maglietta e jeans, sembrava parecchio giovane.
Non si era accorto di lei, aveva le cuffie nelle orecchie e sembrava perso nell’ascolto della musica.
Vide solo all’ultimo quella ragazza vestita di rosa, appoggiata ad un lampione.
Come cazzo si fa a portare gli stivali con questo caldo.
Però, è una fica niente male ‘
‘ oh, cazzo, ma che fa?
I suoi pensieri si erano accavallati in rapida successione.
Si era fermato di colpo e uno degli auricolari si era sfilato dall’orecchio e penzolava sulla sua maglietta.
Lei si era sollevata la gonna, fino all’ombelico.
Sotto era nuda e con le dita stava giocherellando con la sua fica umida e spalancata.
‘Oh cazzo!’, questa volta lo aveva detto ad alta voce.
Lei si era messa a ridere e gli aveva fatto cenno di avvicinarsi.
‘Cinquanta, 50 ‘.’
Un’espressione di delusione comparve sulla faccia di lui.
‘Cinquanta? Cazzo non ce l’ho. Non ci arrivo.’
Era molto giovane, diciotto, al massimo venti.
‘Quanto hai?’
‘Venti ‘ aspetta’, aveva tirato fuori il portafogli e stava contando, ‘… ventiquattro’
Se ne stava lì, davanti a Mara, con lo sguardo affondato nelle tette che spuntavano fuori dalla camicetta, in attesa del verdetto.
‘Va bene, dammi ventiquattro.’
Accidenti, si stava svendendo, ma il tipo le stava simpatico e poi aveva necessità di ricominciare, di rompere il ghiaccio.
Il ragazzo sembrava eccitatissimo, sicuramente non l’aveva mai fatto con ‘ sì, con una puttana.
Speriamo che non mi viene sulla gonna come quell’imbecille dell’altra volta.
La panchina, per fortuna era libera.
Aveva un bell’uccello, grande, dritto e duro.
Quando lei si era un po’ sbottonata la camicetta aveva avuto un tale sussulto che Mara pensò che non avrebbe neanche fatto in tempo ad infilargli il preservativo.
Cominciò a masturbarlo.
Come prevedeva durò pochissimo e riuscì a malapena a tamponare gli schizzi con un fazzolettino.
Buttò via il fazzolettino pieno di sperma e si ripulì le mani con un altro pulito.
‘Lo sai che ti devi mettere il preservativo, vero?’
Lui fece cenno di sì con la testa, gli stava già tornando duro.
Era così su di giri che gli tremavano le mani, così alla fine fu lei ad infilarglielo.
Lo fecero in piedi, appoggiati alla panchina e il ragazzo gli lo spinse dentro con energia, poi, tenendole le cosce completamente allargate con le mani, cominciò a pomparla per bene.
Tutto sommato durò abbastanza e quando lei pensò che poteva bastare, si sbottonò completamente la camicetta.
La vista delle sue tettone la mandò letteralmente fuori di testa e venne subito, con la testa affondata in mezzo ai suoi seni.
‘Lo possiamo fare ancora?’
Per soli ventiquattro euro ti ho pure fatto una sega, ora non esageriamo, pensò Mara.
Poi, vedendo il suo sguardo supplicante, ‘ti faccio un giochino che ti piacerà, togliti il preservativo.’
Il ragazzo ubbidì prontamente e lei si inginocchiò.
Quando gli mise l’uccello tra le tette e lo strinse, ebbe un fremito.
Tornò quasi istantaneamente in erezione e lei cominciò a lavorarselo.
Era grande, quasi quanto quello del bastardo che si era fatto fare il pompino minacciandola con il coltello.
Ora era lei che comandava il gioco, non se lo sarebbe messo in bocca, meglio non sfidare la sorte due volte di seguito, anche se il ragazzo al massimo era andato con qualche compagna di scuola.
Fece appena in tempo a metterci una mano, altrimenti le avrebbe riempito la faccia di sperma.
Prima di andar via promise che sarebbe tornato il giorno dopo, con 50 ‘.
Lo vide allontanarsi da solo, nel parco, mentre lei cercava di pulirsi le mani ed i seni.
A casa, dopo essersi fatta una doccia, si masturbò a lungo nel letto.
Se ci fosse stato Federico, sarebbe stato molto meglio, comunque, era tornata in piena forma, pronta per nuove avventure.

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