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Racconti Erotici Etero

Il Problema

By 1 Maggio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Premessa: probabilmente il lettore aggiornato sui racconti di Rebis avrà sicuramente avuto modo di leggere della mia relazione con A. (narrata in La Sveltina nel bagno, Storia vera).
La storia presente si colloca temporalmente qualche mese dopo la fine della mia relazione con A.
All’epoca l’idea di “Relazione seria” si era già decomposta, discostata dal desiderio di non soffrire mai più per un concetto tanto bello e terribile come l’amore.
Essenzialmente, il mio desiderio era di fare sesso. Molto. Con donne delle più svariate stirpi e nazioni.
Purtroppo però, A era stata un caso eccelso, una giovane affine a me come poche altre. E molte altre invece mi schivavano, ritenendomi indegno di attenzione.
Così, visto il mio desiderio e la mia situazione, mi rivolsi alle professioniste del settore.
Non fu poi così difficile. Superato il blando e banale bigottismo che m’aveva sempre impedito di approcciarmi a tale risma, avevo rapidamente preso confidenza con l’ambiente e la natura di tali incontri.
Puro e semplice buisness? Non sempre. Con alcune di quelle donne ancora conservo amicizia (e talvolta persino una forma di libertino affetto che sfocia in un sentimento simile a quello provato per A)
Ma sicuramente spesso lo era stato.
Basilarmente, pagavo, ricevevo ciò per cui avevo pagato e me ne andavo dopo qualche breve istante di conversazione ed essermi rivestito.
Poi, le cose cambiarono. (fine della Premessa)

Maledizione!
Lo strepitio mentale si accompagnò all’espressione della giovane mentre eiaculavo su me stesso.
Lei pareva delusa. Io lo ero, senz’ombra di dubbio.
-Tesoro, capita.-, disse la ragazza.
Capelli scuri, occhi chiari. Era una come tante. Ricordo solo che era italiana, seno piccolo, capelli lunghi, corpo delicato dalla pelle diafana.
Tutte cose che, fino a quel giorno avevano fatto sì che, alla vista del suo corpo nudo, mi montasse un’erezione priapea.
Purtroppo quel giorno però il programma era stato disatteso e lei si era ritrovata il mio membro ancora relativamente piccolo e molliccio eruttante il mio seme anzitempo.
Mentre mi ripulivo, pensavo tra me e me che fosse stato solo un caso. Un maledettissimo e normale incidente di percorso. Sgradevole ma nulla più…
Un problema passeggero, questo pensavo.
E purtroppo mi sbagliavo.

Cinque giorni dopo (ero particolarmente arrapato, complici i film porno e i racconti erotici che leggevo) tornai, scelsi un’altra ragazza. Stavolta una ucraina.
Capelli castano scuri con sfumature nere, viso sexy. Seno prosperoso. Poche parole.
Arrivammo in camera. Ci spogliammo, faccemmo la doccia, io mi sdraiai sul letto e lei prese ad accarezzarmelo. Io le sfiorai i seni e lei rispose accentuando i tocchi.
-Non…!-, troppo tardi!
Ancora, pochi movimenti e venni con uno spruzzetto pietoso. Lei cinguettò che se volevo potevo pagare per un secondo round. Io mi limitai a dire “no” e a uscire, con lei che gongolava, beatamente ignara.
Morale sotto i tacchi e portafoglio alleggerito.

Naturalmente il problema si faceva serio. E non potei fare a meno di iniziare interrogarmi.
Ancora viandante inconsapevole in quel territorio che era la conoscenza del mio corpo, pensai alle peggiori ipotesi. Ero divenuto impotente. Ero improvvisamente divenuto frigido…. Tutto fu contemplato, persino l’ombra di una possibile omosessualità latente sprigionata ora dal troppo sesso.
Invocai l’oracolo Wikipedia e iniziai a cercare.
Imponendomi razionalità. Lucidità.
Non potevo essere gay: non mi si rizzava vedendo un uomo nudo. E non ero frigido: nella solitudine della mia casa, le immagini lussuriose di corpi femminei intrecciati in atti amorosi suscitavano reazioni perfettamente nella media. Allora cos’era?
Infine, con una breve ricerca, due parole mi si stamparono a fuoco nella mente.
Eiaculazione precoce.
Le due parole che, al giusto tempo, scuotevano le vite di molti uomini e ora era giunto il mio momento.
Il mio turno di affrontare quel problema. Il Problema.
Naturalmente inziai a leggere e cercare soluzioni.
Non mi sarei fatto fermare da quell’ostacolo.
Avrei trovato un modo e sarei tornato a volare alto nel cielo del lussurioso godimento!
Non volevo Viagra o eccitanti vari. Volevo potermela cavare con le mie sole forze, mentali o fisiche.
Soprattuto perché, se avessi dovuto trionfare grazie a qualche eccitante, probabilmente sarei rimasto dipendente da esso. No, non era accettabile.

Tornai laggiù con animo combattuto, pensando che stavo andando a buttare altri soldi nella totale assenza di soddisfazione. Quella volta fu una moldava la mia scelta. Il solo vederla mi aveva fatto leggermente alzare il membro. Sorrisi. Allora forse non era detta l’ultima parola. Sì, quella me la sarei sbattuta, me lo giurai in tutte le lingue che conoscevo.
Lei, viso carino e piccolo, capelli neri lunghi, corpo longilineo, seno piccolo ma relativamente florido e sguardo passionale, sorrise mentre salivamo.
Parlammo del più e del meno, con me che pensavo a quanto c’avrei goduto e lei che rispondeva con calma.
Entrammo in camera, ci spogliammo, ecc ecc e…
Anche stavolta, fiasco. Appena lei cercò di mettermi il comdom finì col venire al suo tocco.
Eccheccazzo! No! Non lo accettavo!
Così feci la sola cosa che potevo fare.
-Voglio rifarlo.-, dissi, consapevole che mi sarebbe costato. Lei sorrise e mi manipolò ottenendo un’erezione sufficiente appena il mio pene si riprese.
Mi cavalcò mentre io, decisamente pensieroso, mi dicevo che dopotutto non era andata così male.
Infatti era andata anche peggio.
Non fraintendetemi, avevo goduto, me l’ero fatta, tutto come da copione salvo che c’era voluto il doppio del capitale. Una spesa eccessiva, purtroppo.
Tornai a casa abbattuto.

Il Problema divenne il centro del mio universo mentale. L’incognita al centro del più grande ragionamento che avessi mai osato fare. Chiamai in campo il mio medico, il mio psicologo e altri.
Tutti mi dissero che il problema non sussisteva se non nella mia testa. Se era così, la soluzione era semplice.
La mia testa doveva sparire. Durante il sesso dovevo essere decapitato. Divenire puro istinto.
Piantarla di farmi paranoie ed entrare a cazzo duro, letteralmente.

Tornai al locale.
“Non pensare.”. “Non pensare.”. “Non pensare.”.
-Ciao.-, disse una voce. Accento indecifrabile. Mi voltai. Cavolo. Bionda, un po’ più bassa di me ma decisamente piacente. “Non pensare.”.
Perché no? Presentazioni rapide, frasi di rito.
E via che si sale.
“Non pensare.”. Durante la salita non pensai a niente.
A malapena ascoltai quel che diceva la giovane al mio fianco. Spagnola, tra l’altro.
Arrivammo in camera e ci spogliammo. Con fierezza, il mio membro era tornato a ergersi. Mi misi il preservativo e, brutalmente, la penetrai.
Non eravamo sul letto, c’eravamo appena spogliati. Eravamo in piedi. Io che la pompavo da dietro, avvolto dalle pieghe della sua vulva, lei che anismava, cercando di farmi entrare di più. Strinsi i seni della spagnola. Il mio cervello sconnesso registrò a sbalzi una serie di particolari.
Lei che gemeva, il mio cuore che pompava feroce, il tatuaggio sulla sua schiena, i suoi seni tra le mie mani poi una mia mano che le colpì la natica destra con foga. Ansiti, gemiti di entrambi. Un amplesso bestiale.
Poi esplosi. Con un ringhio, quasi.
Un vento simile al Witheout artico sbriciolò tutto, cancellò ogni cosa nell’orgasmo più bello che avessi avuto da quelche tempo a quella parte.
Mi sedetti sul letto e dovetti forzarmi a non crollare all’indietro. La spagnola sorrise. Sorrisi anch’io.

Purtroppo il mio idillio ebbe vita breve.
La spagnola che incontrai dopo quella che mi aveva regalato un godimento simile, non fu partecipe di una bella esperienza. Ancora, l’eiaculazione precoce mi fotteva. In più, la stronza mi chiese più soldi di quanti pattuiti in partenza.
Ero punto e a capo.

Grazie a Wikipedia, appurai che il mio problema poteva avere cause mentali. E in effetti, ragionai, il mio desiderio di sesso era divenuto forse meccanico.
A furia di andarci così, continuamente, forse stavo uccidendo la volontà da parte del mio corpo di godere, obbligandolo a fare indigestione di sesso.
Nel dubbio, presi a leggere libri sulle pratiche del sesso taoista. Non mi aiutarono: i cinesi sostenevano che ci fosse solo un certo numero di eiaculazioni a cui un uomo aveva diritto. Oltre quel numero, l’eiaculazione intaccava la vitalità dell’uomo stesso accorciandone la durata vitale.
Ovviamente decisi di darmi un tono e diminuire le mie visite a quelle gentil donzelle, anche solo per salvaguardia del mio portafoglio. Ma, quando successivamente, tornai a calcare quel luogo, l’esito fu il medesimo. Porca puttana!!!
Sviscerai testi su testi. Non solo taoisti. Anche tantrici.
Avrei risolto quel problema. L’avrei fatto, fosse stata l’ultimo atto della mia vita!
Le settimane passavano. Testi. Lettura.
Tantra, Tao, Kamasutra…
Film porno. Jada Fire, India, Nyomi…
Racconti erotici. Scritti e letti. Seghe.
E ovviamente, immancabilmente. Il fiasco.
Roba da psicosi. Incominciai a temere davvero che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato.

Uno spiraglio si ebbe quando conobbi una giovane che veniva dai Caraibi. Costava un po’ ma li valeva tutti. Purtroppo, anche lei, dopo un po’ assistette a pietose e imbarazzanti godimenti precoci da parte mia. Incominciai a pensare che forse dovevo farmi monaco. Dimenticarmi di tutta quella storia.
Dedicare la mia vita a qualcosa di più alto.

Poi lo capii. Non fu un’illuminazione graduale.
Fu il Kensho di un amante. Una rivelazione.
Io non ero mica solo! C’era una donna con me!
E se fino a prima avevo visto quella donna come l’elargitrice di un servizio, ora incominciai a vederla come qualcos’altro. Come un’amante. Come una dea.
E se un mortale vuole avvicinarsi al divino, deve prima offrire qualcosa. Fare offerte nel suo tempio.
E il tempio era il corpo.
L’offerta era il piacere che io potevo portare.
Così lo feci. Mi ci annullai.
Fu con quella giovane italiana quella con cui tutto era cominciato che lo feci. Smisi di vedere le mie sensazioni come il centro di tutta la situazione e spostai la mia attenzione sul dare piacere a lei.

Incominciai accarezzandola. La giovane gemette. Io non mi fermai. Accarezzai il suo corpo come fossi un vasaio che modellava l’argilla.
Lei sarebbe stata il mio capolavoro.
La baciai. Lei era una delle poche che dava baci in bocca. Una cosa rara oltremisura. Di cui ero grato. Scesi con le mani dietro di lei.
Schiena così perfetta, al confronto con la mia affetta da scogliosi. Natiche magre che le davano un’aria da ninfa dei boschi. Le cosce. Le caviglie. I piedi. Poi di nuovo in su. Senza farsi distrarre.
Ignorando l’esigenza, la necessità bestiale di godere.
Scesi con la lingua sul suo petto, gratificando i seni e i capezzoli di umide carezze. I gemiti di lei divennero espressioni di godimento.
-Non fermarti…-, sussurrò. No, mai.
Scesi. Stomaco, ombelico. Pube. E poi eccola.
La vulva. Il cancello vulvare che mi separava dal piacere. Ma io ero solo e unicamente un postulante.
Per entrare dovevo prima dare. Offrire.
Leccai. In modo inesperto. Aiutandomi con le dita.
Lei non ci badò. Non particolarmente.
Mi sentivo un toro. Assurdamente non ci avevo perso di erezione. Anzi…
Possibile? Possibile che fosse così semplice?
Possibile che bastasse dimenticarsi di sé per essere esattamente come si desiderava?
Annientai il dubbio. Calpestai il muro di ferro.
Non contava. Non ora. Non adesso che mi accingevo a sciogliere il dubbio. A cambiare tutto.
-Pronta?-, chiesi. Non so ancora perché lo dissi. Fu subitaneo. Comunque, lei annuì. Io entrai. Cercando di essere delicato. Non sono sicuro ancora oggi di esservi riuscito. Ma lei comunque parve apprezzare enormemente. E a quel punto mi fu chiaro.
Rimasi dentro di lei per un istante. Uscì quasi del tutto. Rientrai. Uscì di nuovo, rientrai ancora.
-Aspetta.-, disse lei. Si mise carponi. A pecorina.
Improvvisamente mi prese l’ombra del panico. Non l’avevo mai fatto e temevo di poter sbagliare buco.
Lei mi afferrò il membro e mi guidò. Le entrai dentro.
Ogni parvenza di calma fu spazzata via.
-Aaahhh-, lei pareva aver goduto. Io non ancora.
Ma ero prossimo e mi sfilai da lei. Volevo fare qualcosa di diverso. Le sue profondità accoglienti erano state fantastiche ma volevo concludere in modo diverso. In un modo da ricordare.
Sfilai il preservativo giusto in tempo e venni con uno schizzo grigio-perlaceo eccezionalmente copioso. Lei sorrise. Le avevo imbiancato le natiche.
Era stato eccelso. Stupendo. Giacqui immobile accanto a lei, completamente soddisfatto.
Il meglio venne quando lei disse che io ero dotato di un dono rarissimo. Una capacità suprema di dedicarmi all’amata che in molti era assente.
E sebbene si possa pensare che tali parole fossero mero imbonimento, non potei fare a meno di sentirmi fiero per quelle splendide lodi.
E fiero sono ancora.

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