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Racconti Erotici Etero

Il regalo di Gioia

By 12 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Prima della lettura…

Questo &egrave il primo racconto che pubblico (ma non il primo che scrivo), ne seguiranno altri forse, ma intanto voglio dedicare questo alle lettrici di Milù, e sono tante, quelle che condividono l’amore per il proprio fondoschiena/sedere/culetto/posteriore e quello degli altri/e come il sottoscritto, quelle che storcono il naso solo all’idea della penetrazione ma portano il perizoma, quelle che nei momenti di piacere solitario indugiano col dito sul buchetto, quelle che non l’hanno mai fatto senza sapere il motivo e quelle per scelta, quelle che l’hanno scoperto per caso e da quella volta amano il coito anale più di quello tradizionale, quelle che sorridono quando l’amica racconta che l’ho fa spesso col marito e gode e loro restano in silenzio, quelle ancora vergini, quelle che hanno voglia di provare chissà quando, quelle che oltre l’imbarazzo e la vergogna si godono volentieri una bella peretta o una sculacciata sul culo, tutte insomma, tutte quelle che si riconoscono in Gioia, la protagonista, e perché no, anche ai colleghi maschietti!
Il racconto &egrave ispirato da un’amica, dal suo culo in realtà….

Esperienze personali, voglie vissute o che sognate di realizzare e commenti sono benvenuti, scrivetemi.

‘Ora rilassati’

Doveva solo rilassarsi…

Adesso ricordava.

Quella mattina lui l’aveva aspettata come sempre vicino la macchina del caff&egrave e sorridendogli come un ragazzino pestifero le aveva mostrato il pacchettino.
‘Cos’&egrave?’ aveva chiesto lei sorpresa.
‘Oggi &egrave la festa degli innamorati e questo &egrave il mio regalo per te.’ poi aggiunse ‘non aprirlo qui. Ti aspetto alla stessa ora nel mio ufficio. Buona giornata’
Era San Valentino. E lui, Andrea, un bel giovane brillante e dall’aspetto sicuro, suo amante da qualche mese nonché complice di una relazione che voleva tenere il più segreta possibile, le aveva consegnato davanti a tutti i colleghi un regalo! Si stupiva di sé per aver accettato la sua corte fin dal primo giorno; lei sposata, una donna che aveva passato i quaranta da un po’ con un trentenne laureato e avviato alla carriera nell’azienda in cui lei faceva la semplice impiegata da anni, eppure quel suo modo di fare spavaldo e impertinente l’aveva stregata.
E poi, aveva saputo dare una scossa alla monotonia della sua vita che ormai era diventata una discesa lenta e costante verso la noia della vita coniugale. Forse di questo le era maggiormente grata, di aver alimentato la fiamma della passione che da tempo si era assopita e rischiava di spegnersi.
Durante tutta la mattina Gioia fantasticò su cosa poteva contenere il misterioso pacchetto. Era avvolto in un’appariscente carta argentata e mille stelline luccicavano ai riflessi del sole, mentre un nastro rosso terminava in un bel fiocco morbido.
Nella pausa pranzo vinta dalla curiosità si allontanò dalle altre e lontano da occhi indiscreti sciolse il nodo.
Trovò una scatoletta senza scritte e chiusa da due gancetti.
Si immaginò un prezioso o un qualche oggetto costoso, come già altre volte le aveva regalato, e invece no, quale fu la sua sorpresa quando vi trovò dentro quelle che non sembravano altro che tre normali palline rosse di diversa misura.
Che voleva dire!? Erano sistemate nelle loro sedi di velluto nero e sembravano unite tra loro da uno spago bianco.
Scoppiò in una risata tra lo stupita e il divertita per la sorpresa e si promise che alle cinque gli avrebbe chiesto il significato di quello strano dono.

‘Su rilassati, da brava’
Adesso ricordava.
Adesso era piegata sul tavolo di quell’ufficio e lui la teneva da dietro sussurandole nell’orecchio parole che non sentiva nemmeno.
Era bella Gioia, glielo diceva sempre, l’età le aveva donato quella maturità e quella femminilità che solo il tempo donava alle più fortunate insieme ai segni degli anni più belli: il seno tanto generoso e che non si poteva non notare sotto la giacca del tailleur e un viso materno avvolto fra i lunghi capelli ramati, e poi, la cosa che anche le amiche e le colleghe le invidiavano di più erano le sue gambe armoniose e appena tonde sulle cosce e, in effetti, le dicevano spesso che aveva un ‘gran bel sedere’. Anche Andrea glielo aveva detto con insistenza negli ultimi tempi.
E non avevano torto. Aveva fianchi ampi e tondi che sfociavano in un sedere straordinariamente pieno, sodo e sensuale, così eccitante al di là di ogni immaginazione; il contrasto tra il suo volto pulito, la sua naturale timidezza e la sfrontata sensualità delle sue candide, tonde natiche era letteralmente esplosivo.
Nella penombra del meriggio la piccola stanza formale incominciava a scaldarsi e sentiva la schiena inumidirsi di sudore mentre lui l’aiutava a togliersi la giacca.
Spesso avevano passato un’ora di passione fra quelle pareti ma quella sera sentiva le mani e la voce di lui farsi più insistenti e audaci come mai prima ed era spaventata all’idea di abbandonarsi completamente a lui.
Non vedeva il suo viso ma sentiva la sua bocca stropicciarle il lobo e tirare l’orecchino e due mani salirle fin sotto il seno fra i bottoni della camicetta e scendere giù le coppe.
Il respiro forte e la presa ferma la costringeva immobile con il capo chino mentre le sue mani le spingevano il viso contro il piano della scrivania costringendola a piegare il busto, aprire un po’ le gambe e involontariamente sporgere in fuori il bel sedere.
‘Che intenzioni hai?’ gli disse quasi senza fiato.
‘Niente che non sia per il tuo piacere’ fu la risposta che la lasciò nel dubbio più totale.
Andrea aveva davanti ai suoi occhi quello che da tempo era l’oggetto dei suoi desideri più proibiti e di cui, per paura delle reazioni, non aveva fatto partecipe la bella Gioia che forse non avrebbe gradito, immaginava, attenzioni così particolari a una parte del suo corpo così intima.
Il cotone celeste delle gonna si tendeva sui fianchi per disegnare un colle alto e tondo sulle chiappe della donna, che adesso veniva sottolineato dalle dita birichine che lo percorrevano lungo le pieghe della stoffa che pian piano era venuta su scoprendo un pochino le gambe.
In questo sembrava aiutato dal caldo che aveva evidentemente stimolato la sudorazione in quella zona del corpo rendendo la stoffa trasparente tale da indovinare il colore del perizoma e il fosso fra le natiche.
Tutto mentre la gonna veniva scesa ai suoi piedi e una carezza le scostava i capelli dal viso per baciarla.
‘Hai proprio un bel culo!’ fece ridendo e appioppandogli un buffetto su una natica.
Restò per un attimo a guardare lo spettacolo di quelle cosce che terminavano in un fondoschiena così superbo e generoso, dalla curva pronunciata e dalla forma sporgente, ‘a paperotta’ diceva lui, disturbato solo in cima dal triangolino di pizzo nero delle mutandine sgambate.
Chinato dietro di lei ammirava incantato la sinuosa sporgenza percorrendo con le mani i fianchi prima, poi le cosce fin sotto dove una piega della pelle segnava l’inizio delle natiche alzandole e rilasciandole mentre ne tastava la durezza, poi iniziò a percorrere il bordo delle mutandine cercando l’elastico superiore.
Gioia, che all’inizio era rimasta passiva e insensibile davanti alla sorpresa mista all’imbarazzo per l’insolita situazione che si era creata, incominciò a provare un calore nel grembo che sentiva aprirsi a schiudere il suo fiore bagnato e inebriante di dolcezza.
Poi il perizoma scese fino alle ginocchia per arrestarsi lì, in quella posizione che a Gioia ricordava quando era bambina e sua madre, donna severa e tradizionalista, le praticava lavande e clisteri nel retto, ma quello che la turbava era la sua mano lunga e rugosa che sovente la graffiava all’interno delle cosce, e sempre le lasciava le mutande così, a mezza coscia, diceva che era più umiliante.
‘Oh ohh!’ – ammirò – ‘Hai portato il regalo?’ Senza aspettare la risposta vide sul tavolo la scatoletta e la prese.
‘Adesso scoprirai a cosa servono queste palline, apri le gambe’
Gioia fece come voleva, tirando al massimo il sottile indumento alle sue ginocchia.
‘Non mi fare male, ti prego, fai piano’
Aveva il cazzo che gli scoppiava nei pantaloni tanto era eccitato, ma era solo l’inizio, adesso veniva il bello.
Con i pollici separò le due rotondità aprendole bene, e lì vide sul fondo delle stupende natiche e nascosto nel solco il piccolo buchino del sedere di Gioia, così indifeso e delicato.
Smise di guardarla e si decise a iniziare a preparare la strada per il gioco che aveva in mente.
Senza avvisarla minimamente puntò l’indice all’ano vergine e spinse deciso.
‘Ahhia!…Andrea!’
‘Ssss!’ fece indispettito – ‘tieni le chiappe aperte piuttosto, invece di parlare’
E così fece. Non osava disubbidire, anche se aveva paura, sapeva che se avesse fatto i capricci proprio ora l’avrebbe perso e non voleva.
‘Mamma bella, quanto sei stretta!’ mentre le girava l’indice nel retto cercando di aprirle maggiormente l’anello in modo che entrasse un secondo dito – ‘rilassati, accidenti, se no rendi tutto più difficile!’
Lei ce l’ha mise tutta, e provò a rilasciare i muscoli dell’addome.
Appena lui lo capì spinse il secondo dito aiutato stavolta da un po’ di gel che aveva previdentemente spalmato attorno all’ano inviolato.
Gioia tremava vistosamente, scossa da brividi che le correvano lungo la schiena e che partivano proprio da laggiù, da quel piccolo buchino nascosto nel solco del suo bel sedere tondo, a cui nessuno mai prima d’ora aveva prestato tanta attenzione e interesse per il suo culetto di brava moglie quarantenne, mentre ora sentiva l’ano bruciarle, reso infiammato da quelle due dita che continuavano a girare come per allargare ancora l’apertura che a lei sembrava dovesse strapparsi da un momento all’altro.
Poi un plop e le due dita d’improvviso uscirono e Andrea vide sorridente quel piccolo muscolo restare aperto, boccheggiante e vibrante, in attesa di qualcosa che lo riempisse… Lei sentendosi vuota immaginava che adesso il suo giovane amante l’avrebbe presa lì, senza rispetto alcuno per la sua intimità e il suo orgoglio, riteneva che quell’atto, la sodomia, fosse un vero sopruso nei confronti di una donna, un atto vigliacco per sottometterla al maschio oltreché doloroso.
Ma non ci fu niente di tutto questo, qualcosa di freddo invece si appoggiò nel mezzo delle natiche e scivolò dentro.
‘Oooohhhh!’ sussultò sorpresa.
‘Da brava, amore, resta giù che c’&egrave ne sono altre due che aspettano di entrare nel tuo caldo culo’ rise.
[Continua… presto]

Esperienze personali, voglie vissute o che sognate di realizzare e commenti sono benvenuti, scrivetemi.

Questo &egrave il primo racconto che pubblico (ma non il primo che scrivo), ne seguiranno altri forse, ma intanto voglio dedicare questo alle lettrici di Milù, e sono tante, quelle che condividono l’amore per il proprio fondoschiena/sedere/culetto/posteriore e quello degli altri/e come il sottoscritto, quelle che storcono il naso solo all’idea della penetrazione ma portano il perizoma, quelle che nei momenti di piacere solitario indugiano col dito sul buchetto, quelle che non l’hanno mai fatto senza sapere il motivo e quelle per scelta, quelle che l’hanno scoperto per caso e da quella volta amano il coito anale più di quello tradizionale, quelle che sorridono quando l’amica racconta che l’ho fa spesso col marito e gode e loro restano in silenzio, quelle ancora vergini, quelle che hanno voglia di provare chissà quando, quelle che oltre l’imbarazzo e la vergogna si godono volentieri una bella peretta o una sculacciata sul culo, tutte insomma, tutte quelle che si riconoscono in Gioia, la protagonista, e perché no, anche ai colleghi maschietti!
Il racconto &egrave ispirato da un’amica, dal suo culo in realtà….

Esperienze personali, voglie vissute o che sognate di realizzare e commenti sono benvenuti, scrivetemi.

Anellino

Adesso capiva la bella Gioia. Le avrebbe infilato nel culo vergine le tre palline contenute nella scatola, tre dure sferette di plastica rosse tenute insieme da un filo bianco, di cui una, l’ultima, era grande quanto un mandarino!
Quel pensiero venne distolto da quello che stava accadendo alle sue spalle, le mani di Andrea le stavano come ‘frizionando’ il sedere, infatti, aprivano e chiudevano le due natiche spingendole all’insù per far meglio entrare la seconda pallina che ormai era piantata nel solco profondo proprio sopra il buchetto caldo e umido della donna spinta dai pollici di lui a forzare l’ostacolo; ma era troppo per il culetto di Gioia, fino a poco fa inviolato, quella noce era troppo grande!
‘Ahi ahhh … ahi… mi fa male… noooo… smettila!’
‘Zitta! Senti come sei fradicia’ – passandole due dita sullo spacco della fica – ‘e non ti piace! Fai la brava e apri le gambe’
Dopo tanti tentativi l’anello sembrò cedere e la parte più larga della pallina entrò dentro spalancando il muscolo in maniera impressionante; Andrea con gusto sadico trattene la sfera dallo scivolare risucchiata nelle viscere a metà, guardò l’orifizio che sembrava spaccarsi mentre la donna gemeva lamentandosi.
Gioia si sentiva umiliata per quel trattamento, ma non poteva negare che ciò era gradito alla sua passerotta, come la chiamava lui, che fremeva dal piacere colando il suo miele profumato lungo quel lembo di carne che la divide dall’orifizio posteriore e un forte odore nella stanzetta.
Ma il culo le bruciava troppo ormai e lui tentò a tutti i costi di infilarle l’ultima pallina, enorme, sapendo che solo uno sfintere super rilassato e allenato avrebbe potuto accoglierla, e forse nemmeno.
Appena lei se ne accorse tentò di impedirlo a tutti i costi…
‘No ti prego! quella no! mi spaccherai, ti prego!’
Fece qualche tentativo, ma fu inutile, il buchetto era ancora aperto per la pallina precedente e non sembrava richiudersi, liscio e umido era come violato e segnato da quel passaggio violento e innaturale mentre la povera donna piangeva.
‘E va bene, smettila di frignare però, adesso ti levo le palline’
Voleva bene a Gioia e il sentirla piangere l’aveva fatto desistere – ‘Però’ – continuò serio – ‘ti meriti una punizione per esserti comportata come una bambina!’
‘Oh Andrea!’ gemette ‘che vuoi farmi ancora?!’
‘Sculacciarti!’ – ‘sculacciare questo bel culo come faceva la tua mamma quand’eri piccola!’
Stupita, non fece in tempo a protestare che volò sulle sue ginocchia e ricevette una trentina di sculaccioni che la fecero urlare e piangere come una bambina.
Durò poco, poi le disse di rivestirsi e andarsene e che l’avrebbe aspettata l’indomani, un bacio e si lasciarono.

Gioia lasciò l’ufficio ancora incredula per quello che le era capitato e sfregandosi le chiappe arrossate si incamminò verso la fermata del 13; doveva far presto per arrivare a casa prima del marito, come sempre.
Sul bus le sembrava che tutti mentre la guardavano sapessero cosa le aveva fatto Andrea, pur senza nemmeno conoscerlo; sapevano come si sentiva, offesa e imbarazzata per quelle attenzioni maniacali per il suo fondoschiena tanto ammirato, ma anche addolcita dall’orgoglio che provava ora nel sentirsi ancora così desiderata da un giovane.

Alle sei arrivò lui, gessato e calmo come tutte le sere.
‘Ciao amore, dove sei?’
‘Come andata?’ ‘oh… ma che cos’&egrave? &egrave per me?’
‘Certo, &egrave San Valentino! Su forza, scarta!’
Ancora presa dai ricordi dell’incredibile pomeriggio trascorso, aveva quasi dimenticato la ricorrenza.
Era una scatola grande come quella dei sigari, con due gancetti dorati, l’aprì e per poco non svenne, non poteva credere a quello che vedeva, non si sarebbe mai aspettata un regalo del genere da suo marito!
Incredibile, c’erano tre palline rosse come quelle regalatele da Andrea!
‘Ma che hai? E’ uno scherzo, su, non penserai mica che ti abbia regalato tre gomitoli di lana, no!’ – fece sorpreso – ‘tieni, questo &egrave il regalo vero; buon San Valentino Gioia’.

Fine

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